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Autore: Barbara Baumgarten    13/12/2015    1 recensioni
Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato Twilight se a parlare fosse stato Edward. Ecoo che, allora, ho deciso di ripercorrere l'intera vicenda con gli occhi del vampiro.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Edward la prese per mano e la condusse al campo, anche se questo termine, con molta probabilità, era riduttivo. La zona di gioco era il doppio più grande di un diamante regolare e le basi distavano tra loro centinaia di metri. Di sottecchi Edward guardò lo sguardo meravigliato di Bella che non si capacitava delle dimensioni e sorrise. Gli altri della famiglia erano già lì, pronti per la partita e quando li videro arrivare corsero nelle rispettive basi. Bella rimase al fianco di Esme, mentre Edward correva per prendere posizione.

Alice, al centro di quell’enorme diamante, guardava il cielo plumbeo in attesa del primo tuono. Edward era felice: aveva i muscoli tesi nella posizione, pronto a scattare non appena il gioco fosse iniziato. Era la prima volta che giocava per fare “bella figura” o, meglio, che giocava per impressionare una persona che non fosse una Cullen. Come tutti i maschi amava la sfida e la vittoria, e giocare somigliava sempre più ad una battaglia che ad un divertimento.

“E’ il momento”, annunciò Alice. Dopo pochi istanti, un tuono rimbombò fra le montagne, cupo e profondo. Bella guardò il cielo, intimorita. Tutti i Cullen si misero in posizione, pronti per l’inizio del game ed Esme diede il via.

“D’accordo”, disse la donna con voce squillante, “Prima battuta!”

Alice fece roteare il braccio e lanciò la prima palla. L’azione fu talmente veloce che Edward sorrise nel vedere Bella completamente scioccata. La mazza di Emmett sibilò fendendo l’aria senza colpire la palla.

“Strike uno!”, disse Esme e un sorriso beffardo accese il volto di Alice. Emmett strinse la mazza in alluminio, nervoso. Seconda palla. Come la prima volta, Alice fece roteare il braccio e la palla venne lanciata ad una velocità impressionante. Emmett mosse la mazza e colpì: un tuono venne sprigionato da quel contatto, talmente forte che Bella ebbe un sussulto. La palla si innalzò come una meteora sul campo e si disperse nel giro di pochi istanti nel bosco. Edward si era già messo in movimento: correva tenendo gli occhi fissi sulla palla e schivando i grandi tronchi secolari. Balzava fra i rami e usava i tronchi come basi d’appoggio per i suoi balzi. Sapeva che avrebbe preso la palla prima che Emmett giungesse in casa base: se il fratellone era il battitore migliore della famiglia, nessuno era veloce come Edward. Oltretutto, il vampiro aveva bisogno di far belle figura perciò ci mise ancora più grinta. La palla era vicina e con un ultimo salto Edward l’afferrò nella mano.

“Out!”, sentì la voce di Esme che eliminava Emmett e sorrise.

L’inning proseguì ad un ritmo che Bella non poteva comprendere: i Cullen si muovevano rapidi, tanto che la ragazza non riusciva a vedere praticamente nulla. Quando giunse il momento della battuta di Edward, il vampiro corse verso Bella sorridendo.

“Ti stai divertendo?”, le chiese. Era elettrizzato: stava giocando e lo stava facendo sotto l’occhio della sua amata. Era strano come Bella riuscisse a farlo sentire normale. In effetti, Edward non ricordava l’ultima volta in cui aveva provato quel senso di tranquillità che in quel momento lo faceva sorridere come un ebete. Era felice e tutto sembrava andare per il verso giusto.

Alla battuta c’era Carlisle che stringeva la palla, pronto ad avere il via da Esme, mentre Edward faceva roteare la mazza. Erano pronti quando Alice, di colpo si fermò con sguardo assente. Tutta la famiglia puntò i propri occhi sulla vampira, in attesa di conoscere un responso che, evidentemente, speravano di non avere.

“Alice?” chiese Esme nervosa ed Edward strinse visibilmente la mascella.

“Si spostano molto più velocemente. Ci hanno sentiti giocare e hanno fatto una deviazione”. A quelle parole, gli occhi dei Cullen si tinsero di preoccupazione. Edward ebbe un sussulto e la paura cominciò a salire. Alice aveva tenuto sotto controllo il piccolo gruppo di nomadi che stava lasciando una scia di sangue alle proprie spalle. Li aveva visti lasciare la contea e per questo motivo aveva dato il via libera per la partita. Ma non avevano fatto i conti con i rumori del gioco: quelli che per un orecchio umano erano tuoni, per un vampiro era una partita di baseball. Edward cominciò a darsi dello stupido per aver portato Bella lì e velocemente cercò di pianificare la fuga della ragazza. Doveva riportarla a casa immediatamente, prima che i nomadi la vedessero, altrimenti la promessa che aveva fatto a Charlie sarebbe andata in fumo e con essa sarebbe crollata anche la vita di Edward.

Così, il vampiro cominciò a cercare di sentire i pensieri dei nomadi per conoscere la posizione e le intenzioni. Il suo sguardo divenne una maschera di paura quando si rese conto che non avevano tempo.

“Far quanto?”, chiese allarmato Carlisle notando lo sguardo cupo di Edward.

“Meno di cinque minuti. Stanno correndo… vogliono giocare”. Il suo cervello cercava di trovare una soluzione ma per la prima volta nella sua vita faceva fatica a ragionare. Il timore di non riuscire a difendere Bella gli annebbiava la mente, rallentando i ragionamenti. Carlisle intuì la difficoltà di Edward e lo guardò fiducioso.

“Puoi farcela?”, gli domandò Carlisle. Edward poté leggere nei pensieri del padre l’idea che aveva in mente: mettersi sulle spalle Bella e correre a perdifiato via da lì. Ma non avrebbe funzionato perché nella corsa Edward avrebbe lasciato una scia inconfondibile dando la possibilità ai nomadi di scattare nella caccia. L’odore di Bella era forte… no, scappare in quel momento non sarebbe servito.

“Quanti sono?”, domandò Emmett ad Alice.

“Tre”.

“Allora lasciamo che arrivino!”, disse l’orso diventando un fascio di muscoli tesi e gonfi. Edward lesse nella mente di Emmett: scontro. Era un’eventualità che dovevano cominciare a metter in conto e il vampiro vagliò le varie possibilità, cercando conforto nelle statistiche. La famiglia Cullen non era una clan guerriero e non amava scontarsi. Le battaglie portavano sempre vittime e loro preferivano rimanere vivi piuttosto che rischiare di perdere qualche membro per una cosa che poteva essere evitata. Tuttavia, in quella situazione, sembrava che lo scontro non potesse essere rimandato. I tre nomadi erano selvaggi e senza scrupoli ed Edward poté leggere nella mente della sua famiglia un unico pensiero fisso: salvare Bella. I Cullen avrebbero potuto contare sul numero e sulla motivazione, ma Edward era spaventato. Lottare e tenere sotto controllo Bella sembravano due cose difficili da fare, eppure il vampiro doveva riuscire. Lo doveva a Bella e lo doveva a se stesso. Aveva trascorso anni di solitudine aspettando la ragazza e ora che l’aveva trovata non voleva perderla.

“Sciogliti i capelli”, disse Edward a Bella, “Rimani immobile, stai zitta e non allontanarti da me, per favore”. Il vampiro sperava di poter coprire l’odore di Bella facendo in modo che i nomadi nemmeno la notassero. I capelli avrebbero coperto il rossore delle guance e se fosse rimasta ferma e in silenzio, sarebbe passata per la vampira che non era.

“Non servirà”, disse a mezza voce Alice, “Il suo odore si sente fin dall’altro capo del campo”. Edward strinse la mascella, preoccupato. Con lo sguardo cercò Bella che, terrorizzata, si era messa dietro di lui. Non doveva perderla. Sentì una rabbia montare dentro di sé, talmente forte, che sapeva di non poter controllare: se i nomadi avessero voluto lo scontro, lui li avrebbe decapitati. Punto.

La partita continuò falsamente, mentre tutti tendevano le orecchie verso il bosco. Edward fissava un punto indefinito agli occhi di Bella, ma sapeva essere il punto dal quale i visitatori sarebbero arrivati.

“Mi dispiace, Bella”, le disse mortificato, “E’ stato stupido, irresponsabile esporti a questo rischio. Mi dispiace tanto”. Vi erano paura e rimorso in quelle parole appena sussurrate. Edward non si sarebbe mai perdonato per quell’errore.

Mentre scrutava nel nulla, smise di respirare e le sue pupille si dilatarono per la tensione. Contemporaneamente, tutti i componenti della famiglia si fermarono. Bella non sapeva nemmeno dove guardare ed Edward poteva sentire il cuore di lei battere all’impazzata. Non ce l’avrebbero fatta. Non sarebbero riusciti a nascondere Bella. La consapevolezza del fallimento gli fece male, si sentiva un idiota e privo di perdono per quello che avrebbe fatto e che sarebbe accaduto.

Dal confine della foresta, sbucarono tre vampiri che si schierarono ad una dozzina di metri l’uno dall’altro. Due maschi e una femmina. Assetati.

Edward si maledisse per l’ennesima volta mentre si preparava allo scontro. Bella doveva rimanere viva.

 

   
 
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