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Autore: Liz    05/03/2009    11 recensioni
Per voi lui non ha tangibilità, è un’esistenza che si fa chiamare Maverick sui forum e nelle chat, e il cui detto è “Sono troppo vecchio per queste stronzate!”.
Vi siete conosciuti per caso, non ne conoscete né l’aspetto né il nome, ma ci parlate da mesi e solo con lui riuscite a sentirvi bene. Suvvia, quella sensazione di totale abbandono, di completa appartenenza e dipendenza… com’era la vita prima di Maverick? Neanche lo ricordate.

Reila odia Evan largamente ricambiata fin dal giorno in cui sono nati; le loro vite persistono così, in questo equilibrio stabile e bilanciato, ormai da anni.
Ma che fare quando si scopre che il proprio amante virtuale, alias “uomo dei sogni”, è proprio Evan?
Ci sono diverse scelte: buttarsi dal balcone, buttare lui già dal balcone, fare finta di nulla o cambiare radicalmente.
Evan sa cosa fare, ma per Reila ognuna di queste opzioni è sbagliata. Che sia il destino a scegliere ancora una volta, quel destino che li ha voluti anche vicini di casa…!
E forse, se ci si impegna, anche nel proprio nemico si può trovare un’occasione per crescere.
>>DAL CAPITOLO 19 [ULTIMO CAPITOLO] "Il cuore di Reila andò a fuoco nel sentire come l’aveva chiamata: “amore”. La bionda alzò il viso raggiante e gli diede un leggero bacio sulla bocca, alzandosi in punta di piedi quanto più poteva per raggiungerlo."
GRAZIE A TUTTI!!
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6- I swear you never be lonely

 

Come promesso, capitolo dedicato a Valentina78!!! Brava *_*

E

van era sempre stato un bambino particolare.

Non aveva amici particolarmente fidati con cui crescere assieme, ma era sempre attorniato da molti bambini attirati dal suo fascino strano.

A scuola non era mai stato isolato: rideva e giocava con tutti, tranne che con quell’unica bambina bionda che sorrideva sempre.

Tornava a casa correndo attraverso i prati verdi smeraldo che gli parevano immensi, assorbendo il più possibile il calore del sole al tramonto.

Ma, da quando riusciva a ricordare, appena entrava in casa quest’equilibrio si annullava totalmente.

Quante volte aveva aperto la porta con quelle sue manine tremanti, sperando di trovare una ricca cena gustosa, salutando con gioia la madre.

E quante volte aveva trovato la casa completamente vuota, occupata solo dall’eco del suo “Sono tornato, mamma!”…

 

Evan si rigirò nel letto, incapace di prendere sonno.

Buttò uno sguardo sulla sveglia che segnava le 4 e 30 del mattino, e poi sul cellulare: 1 nuovo messaggio.

Sospirando pesantemente tra i fruscii delle lenzuola si mise seduto e prese in mano il telefono, ben immaginando chi potesse essere il mittente.

“Ti prego, Evan. Fallo almeno per papà” citava l’sms mandato da suo fratello Erik.

A dire il vero lui ed Evan non erano propriamente fratelli, avevano in comune solo il padre.

Il ragazzo rimase in silenzio ad osservare il piccolo schermo scuro, troppo stanco per pensare.

Se Evan ripensava alla sua infanzia vedeva sua madre con un uomo diverso ogni settimana e suo padre felice con un altro bambino. Rammentava delle notti insonni passate rannicchiato in un angolo del letto, immerso nel buio e nei cigolii metallici continui del letto di sua madre e del suo nuovo compagno.

Si ricordava con precisione ogni pensiero che gli era passato per la mente in quei momenti e ogni volta riusciva a recuperare un dettaglio sempre più disgustoso.

Suo padre se n’era andato quando aveva cinque anni, senza preavviso o motivazioni: solamente, una mattina si era alzato e aveva fatto le valigie, assediato dalle domande disperate della moglie.

Kaleb Williams aveva semplicemente trovato un’altra donna, l’aveva messa incinta, e ora non poteva più vivere con persone che fingeva di amare. Così, con la valigia in mano, era passato davanti al figlio, uscendo dalla sua vita con carezza distratta sui capelli, ed era sparito dietro la porta.

Sua madre, Debra Williams, si era accasciata a terra avvolta in un vestito bianco largo e un poco sgualcito, con lo sguardo blu oltremare perso nel vuoto: occhi che Evan rivedeva spesso nei suoi sogni, occhi spalancati, tremanti, disperati. Occhi di chi aveva perso la ragione.

Evan era rimasto in piedi davanti alla donna, non capendo bene la situazione.

Aveva ripetuto “Papà deve partire? Andiamo in vacanza? Ma poi torna vero?” molte e molte volte.

Debra aveva digrignato i denti e aveva tirato uno schiaffo al suo bambino, facendolo cadere per terra. Si era alzata prepotente davanti a lui e l’aveva guardato con odio.

               È colpa tua se tuo padre se n’è andato. Non ti ama, non ti vuole.

    Perché sei un’esistenza inutile, incapace di comunicargli sentimenti di affetto.

È tutta colpa tua.

Gli aveva detto questo, con voce rotta ed irata.

Da allora Evan aveva visto il padre solo di nascosto, mentre giocava a pallone con un bambino più piccolo di lui. Rideva, lo incoraggiava, accarezzava il cane che correva scodinzolante.

Evan si nascondeva dietro degli alberi e lo osservava per un po’.

Poi tornava a casa, trovava seduto alla sua tavola uno sconosciuto che gli prometteva di portarlo a giocare al parco come un padre devoto, e che picchiava Debra perché aveva finito i soldi.

Lui si rannicchiava sotto le coperte, nel buio, chiuso nella sua piccola stanza e aspettava che le voci finissero.

Qualche volta i suoi nonni lo prendevano con loro per un po’, ed era sempre felice di andare via con loro. Però sua madre puntualmente tornava a prenderselo e lo riportava di nuovo in quella casa vuota.

Appena raggiunta la maturità Evan aveva lasciato sua madre e si era trasferito in città, vivendo di mille piccoli lavoretti che gli permettevano di arrivare a fine mese solo con qualche piccolo problema.

Piano piano era riuscito a mettere da parte un po’ di soldi e con un amico aveva aperto il locale.

E ora… ora Kaleb Williams era venuto a cercarlo, e con lui suo “fratello”.

Perché voleva fargli da padre solo ora? Evan non riusciva proprio a capirlo.

Appoggiò il telefono sul comodino e si accucciò sotto le coperte, cercando di riflettere su qualcos’altro che gli mettesse buon umore.

Non fece in tempo a capire di stare pensando a Reila che cadde subito profondamente addormentato.

~

Erik Williams era un ragazzetto di 21 anni, coi capelli castani chiari chiari e gli occhi azzurri e grigi dal taglio particolare. Un po’ piccoletto forse, dalla pelle pallida e morbida: sembrava un bambino un po’ troppo cresciuto.

Ma non si deve lasciarsi ingannare dai sensi.

Erik era un uomo. Sicuro di sé, capace di dire “grazie” e “sì” sinceramente, determinato, fermamente convinto che una buona azione al giorno ti garantisce una vita felice.

La sua famiglia era composta da lui stesso e suo padre, Kaleb Williams, un tempo sposato con un’altra. Sua madre era morta qualche anno prima per probelmi di cuore. Erik Aveva pure un fratellastro, un tale Evan, ma l’aveva visto di sfuggita solo due volte.

E in quel momento, non sapeva come né perché, si trovava sotto casa del fratello in compagnia di una donna bionda dall’espressione un po’ tonta, che l’aveva chiamato affermando di volerlo aiutare a ricongiungere Kaleb ed Evan.

Erik lo faceva perché voleva davvero bene a suo padre e non sopportava di vederlo soffrire inutilmente.

Quella donna, Reila, l’aveva chiamato all’improvviso e gli aveva chiesto di trovarsi per parlare di quella storia. L’aveva portato sotto casa di Evan e ora stava davanti a lui in silenzio, sconvolta dalla rivelazione che le aveva appena fatto.

«E…Ed Evan non lo sa…?» chiese lei a un certo punto, con la voce sottile tremante.

Erik negò col capo e abbassò gli occhi: ormai era una realtà che aveva accettato e riusciva a non starci più così male, anche se il cuore mancava un battito ogni volta che ci pensava.

La ragazza annuì comprensiva «Io so che non ho il diritto di ficcare il naso nelle questioni della vostra famiglia, ma vorrei davvero aiutare Evan. Mi ricordo di come si arrabbiasse ogni volta che suo padre veniva nominato, e ricordo anche come fosse la situazione con sua madre. Io non ho mai voluto male ad Evan e per questo… vorrei che superasse questa cosa»

Erik la guardò ammirato e sorrise «Vuoi proprio bene ad Evan, vero?»

Reila balzò per la sorpresa ed arrossì violentemente «EEEH? N-no… cioè, sì, ma siamo amici! Non è che non gli voglia bene… ma siamo amici da poco, ecco»

Il ragazzo rise divertito. Era proprio una tipa strana «Bè, allora dici di salire e parlare faccia a faccia con mio fratello?» chiese alla fine, un po’ agitato.

«Sì. Secondo me è meglio sempre dire le cose in faccia subito» rispose lei prontamente, con decisione «Allora io vado. Fammi sapere, ti prego!»

«Certo» disse Erik, scorrendo con gli occhi nomi sul citofono in cerca di quello giusto.

«Ah… potresti evitare di parlare di me ad Evan?» domandò lei, mentre si allontanava, con gli occhi luccicanti.

Mentre il ragazzo annuiva confuso la voce metallica di Evan uscì dal citofono.

«Evan? Sono Erik, tuo fratello»

~

Silenzio.

La totale assenza di alcun tipo di suono, a parte quello del traffico cittadino.

Evan giocherellava con l’orologio da polso, mentre sentiva crescere sempre di più l’imbarazzo che gli dava la visita improvvisa di Erik, che ora sedeva comodo davanti a lui.

Non erano mai stati così vicini.

A dire il vero non si erano mai neanche visti granchè.

Evan non aveva dubbi sul perché fosse lì, ma sentiva una strana sensazione di inferiorità che lo devastava.

A un certo punto il biondo si schiarì la voce e intrecciò le mani, prima posate sulle gambe.

«So bene che sai perché mi trovo qui, sono state spese molte parole sull’argomento»

Evan lo guardò con astio «Appunto. Sia a te che a papà ho detto più volte che non…»

«Almeno ascoltami» lo interruppe il fratello, fissandolo con gli occhi innocenti uguali ai suoi «Tu non sai nemmeno di cosa stai parlando»

«Cosa? Come pensi che debba reagire alla ricomparsa di un padre che per venti anni ha fatto finta che io non esistessi?!» urlò Evan furibondo. Era Erik che non sapeva di cosa stava parlando: lui aveva avuto un padre e una famiglia. Era lui che non poteva capirlo!

«Certo, comprendo la tua reazione. Ma non sai nemmeno il motivo…» rispose Erik calmo.

«Ah, c’è anche un motivo. Non è spontaneo…» sbottò il moro, sempre più arrabbiato.

«Papà sta per morire»

Silenzio.

Queste parole rimasero sospese nell’aria come se avessero un corpo e un peso.

«…cosa?» chiese Evan sconvolto, senza riuscire a comprendere bene il concetto.

«È ricoverato all’ospedale. Ha il cancro» disse d’un fiato il biondo.

Evan si guardò in giro disorientato, senza sapere cosa dire, senza sapere se dovesse dire qualcosa.

«Per questo vuole riabbracciarti. Non vuole rimpianti nella sua vita. Vuole sistemare tutti i suoi errori per andarsene con un sorriso»

«Papà… ha il cancro?» ripeté Evan per metabolizzare la scoperta.

Erik chinò il capo «Sì. Purtroppo è stato diagnosticato troppo tardi: ormai è all’ultimo stadio, ed è questione di pochi mesi…»

Evan si portò le mani al viso, mentre sentiva il proprio corpo stagnare in una sensazione di terribile impotenza.

Suo padre stava per morire.

Non poteva lasciar morire un uomo con rimpianti. Doveva, e voleva, fare in modo che se ne andasse contento.

«…Va bene» soffiò fuori, infine.

Erik lo guardò sbalordito «Portami da lui».

 ~

Le sette di sera.

Reila prese in mano il cellulare che la reclamava e rispose alla chiamata di Evan, tremante. Chissà com’era andata con suo padre…

«Pronto?» esordì titubante.

“Ciao Reila, sono Evan”

«Ah, ciao…»

“Volevo scusarmi per l’altro giorno. Sono stato antipatico, volevi solo aiutarmi…”

«No! Non preoccuparti…»

“Volevo anche dirti che ho deciso di dare a mio padre una seconda possibilità”

Reila sussultò per la sorpresa. «Davvero?! Oh Evan, ma è stupendo!» esultò felice.

“Grazie… ma dimmi, non è che con questa storia e con Erik centri un po’ tu?” buttò lì Evan, quasi sovrappensiero.

Beccata. «Eh?»

“Sul serio Reila, non devi mettere il naso in faccende che non ti riguardano. La mia vita la gestisco da solo” rispose lui, con tono leggermente freddo.

«Ma…» balbettò la bionda, che venne subito interrotta.

“Se vuoi interferire con la vita altrui trovati qualcun altro!”

Reila abbassò lo sguardo, ferita dal tono ostile del ragazzo. Eppure erano amici, ormai…

Rendendosi conto delle proprie parole per il silenzio della bionda, Evan si sentì in colpa. “Ah… no. Non così… non volevo” si scusò sincero.

Reila esitò un attimo su cosa dire.

«Ti sembra che tuo padre abbia preferito Erik a te, vero? Ma credo che tutti abbiano diritto a una seconda opportunità. Per quanto sia difficile, per quanto questo possa ferirci nell’orgoglio…»

Evan rimase un attimo senza parole. “…Sai, non sei poi così stupida come sembri”

Reila arrossì «Eh? G-grazie…?»

In quel momento il campanello di casa della ragazza suonò.

«Ah, questo dev’essere Alex… devo andare»

“… Va bene. Ciao”

Alex… non sapeva perché ma quel nome lo irritava parecchio.

Chiuse la telefonata premendo con rabbia il tasto rosso e osservò dalla finestra del proprio appartamento Reila scendere per strada e raggiungere l’uomo, che la aspettava vicino alla macchina.

C’era qualcosa di viscido in Alex, qualcosa che gli faceva prudere le mani.

Non era assolutamente giusto per Reila…

~

«Si può sapere che hai?» sbottò Alex irritato.

«Eh?» rispose sorpresa Reila, alzando il viso dal proprio piatto.

Il moro sbuffò «È tutta la sera che sei sovrappensiero e non parli. Cos’è successo di così drammatico?»

La ragazza chinò di nuovo la testa e non rispose.

La verità era che non riusciva a smettere di pensare ad Evan: come si sentiva per la storia con suo padre?

                                La mia vita la gestisco da solo

Quel “da solo” le stringeva il cuore in una profonda tristezza.

Evan riteneva davvero di essere solo? Avevano fatto la promessa di diventare amici…

All’improvviso scattò in piedi, facendo spaventare Alex.

«Ah… scusami, devo scappare» disse lei con decisione, con la mente già lontana.

«Cosa? E dove devi andare?» domandò Alex, col viso rosso di rabbia e stupore.

Lei lo guardò indifferente «Da Evan» e scappò via, correndo.

~

Dlin dlon

Evan si alzò a malincuore dal divano ed andò ad aprire la porta del proprio appartamento, rimanendo sconvolto nel trovarsi davanti una Reila tanto elegante quanto sudata e senza fiato, come se avesse corso chilometri.

«Reila?»

La ragazza si appoggiò esausta allo stipite e, con la mano, gli fece segno di aspettare un attimo mentre riprendeva fiato.

Evan sorrise di cuore.

La bionda alzò il viso e lo guardò con decisione «Evan! Non sei più solo! Renditi conto che non sei più solo! Ora hai qualcuno che ti abbraccia quando piangi, ti rimprovera con affetto quando sbagli! Hai qualcuno con cui vivere, mangiare, ridere!»

Il ragazzo la guardò sbigottito.

«E io voglio essere una di quelle persone! Voglio essere una persona con la quale mangi volentieri una pizza, e guardi un film ridendo! Vorrei far parte della tua vita, perché non sei solo e non lo sei mai stato» concluse Reila, rimasta ancora senza fiato e col cuore a mille, mentre Evan scoppiava a ridere.

«Non dirmi che stai ancora pensando a quella storia… non sono più un bambino!» disse lui, tra le risate.

La ragazza lo guardò confusa ed imbarazzata «Ah… eh… s-scusa…?» balbettò, mentre il moro continuava a ridere di gusto.

All’improvviso da dietro Evan spuntarono due ragazzi che abbracciarono il moro con slancio «Ehi Evan! Chi è questa qui?! La tua amante…? Che rubacuori!!» esclamarono prendendolo in giro.

Reila osservò Evan sorridendo dolcemente mentre questo insultava i suoi amici.

Non ha ancora completamente perdonato suo padre… suppongo ci vorrà del tempo.

A un tratto uno dei due amici si avvicinò ad Evan e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, curioso. «Evan, ma quella non è Reila?»

Il moro annuì, confuso.

«Da quando ti tratta così? Era veramente preoccupata!»

Evan lo guardò stranito, arrossendo leggermente. Volse lo sguardo alla ragazza che lo salutò con un sorriso. «È… complicato».

 

 

 

 

 

 

Note totalmente inutili

Ebbene, mi scuso infine per l’assurdo ritardo di questo altrettanto assurdo capitolo.

Mi dispiace davvero tanto non riuscire a dedicarmi di più a questa storia, ma davvero, non ci riesco…

La scuola non lascia respiro e se ho un pomeriggio libero esco col mio ragazzo… insomma, non c’è un attimo di pace che mi consenta di svaccarmi davanti al pc e lasciar scorrere a ruota libera le dita sulla tastiera.

Date la colpa ai prof e a lui quindi, non a me +lol+ Ma penso che i ritmi saranno più o meno questi… spero di ridurli, comunque.

 

Per il resto, finalmente sono entrati in scena Erik e il papà *O*

Non vedevo l’ora di scrivere del signor Williams! Non è una figura del tutto positiva, però mi piace tantissimo. È un signore molto buono e… umano, credo.

La situazione c’è sviluppata velocemente, vero? Ma va bene così, va bene così.

 

Grazie ai 57 preferiti e ai 1000 lettori *_______* vi adoro!!

E ora passiamo alle mie raison d’etre!!

S chan: Ehehehehehe… per sapere il passato di Reila devi aspettare ancora un poco. Credo rimarrete sconvolti che proprio una come Reila abbia fatto una cosa del genere. Vedremo *w*

Per quanto riguarda Alex… Certo che Reila avrebbe dovuto reagire, ma non… come dire… aveva paura. Ho provato anche io la stessa esperienza (lo ammetto, è autobiografica XD) ed è davvero nauseante… anche se si vorrebbe staccargli la lingua a morsi non si trovano le forze. Almeno per me è stato così… Grazie per i complimenti!! *_* non è vero che sono così brava XD

Per quanto riguarda il “sapere già le trame” è molto utile, davvero :) Prendi carta e penna e cominci a scrivere quello che succede nei vari capitoli, molto sommariamente. Lo trovo molto comodo soprattutto per organizzare le idee e per non creare confusione nella trama! A presto!

Black Lolita: ah, mi dispiace che sia accaduto anche a te +sorregge nel dolore comune+ non è una bella esperienza… per quanto riguarda Reila: neanche io riuscirei a stare con qualcuno senza sentimenti, ma lei ha visto crollarsi il mondo addosso dopo la “scomparsa” di Maverick e dato il suo TERRORE di rimanere sola non riesce a reagire…  eh, ve l’avevo detto che Reila a lungo andare sarebbe risultata pesante anche se tenera XD Ciu!!

Meikucch: Credo che questo capitolo ti piacerà, è tutto sul tuo amato Evan *___* grazie per tutto l’appoggio che mi dai, sei un angelo *_* Socia pawa per la vita!!

BLU REI: Ehehe, speri davvero che la mia vena sadica si sia esaurita qui? XD Ormai dovresti conoscermi bene e quindi saprai che Reila dovrà passarne ancora tante *w* grazie per i complimenti ^///^ Ciu!

Lorelei_88: Grazie per tutti i complimenti, sei davvero dolce *__* Sì, ho letto anche io Ultimi raggi di luna (ed è stato davvero bellissimo *_*), ma non è lei a cui mi sono ispirata per Reila…! Ritenta XD Ciu!

Purple: uuuuh *///* Grazie mille!! Sono felice che la mia storia e le mie “creature” ti piacciano XD Eh, su Alex c’è da parlare molto! È molto complesso come personaggio… ci divertiremo *w*

BabyzQueeny: XD Come già detto, il passato di Reila arriverà tra un po’. Non tantissimo, ma neanche pochissimo. Una via di mezzo insomma XD su Evan hai perfettamente ragione v_v “Io AMO questa storia...Cioè ma dico come fai? Scrivi beneee” Oh bè, non credo di essere così brava ^_^’’ grazie comunque!! Ciu

Sheila84: Come vedi sei stata accontentata, il passato di Evan è stato risolto subito XD

Levsky: Succederà una cose del genere ad Alex… ma non sarà Evan (SPOILEEEER O_O)

Valentina78: ECCO LA NOSTRA VINCITRICEEEEEEEE *________________* Proprio così, la canzone era Serenata rap di Jovanotti!! Complimenti :D e grazie ^///^

Kaho_chan: °///° oh mamma, addirittura? Grazie, io… io … grazie XD Sì, hai ragione, i banner sono presi da un’artista di DA ( http://shel-yang.deviantart.com/ ) che io AMO con tutta me stessa :)

 

 

So di non avere alcun diritto di chiederlo, dato l’immenso ritardo che ho sempre nel postare, ma… COMMENTATE *_________________*

 

“Dimmelo allora! Dimmi che mi ami!” “… non posso.”

 

Alla prossima!!

   
 
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