Serie TV > Da Vinci's Demons
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Autore: _armida    14/12/2015    3 recensioni
“Sono stupito, non credevo che un bel faccino riuscisse anche a maneggiare un’arma con tale bravura”, disse il Conte.
Elettra provò a tirarsi su, ma finì per andare ad urtare contro la lama della spada, ferendosi leggermente uno zigomo.
“Dovete stare attenta, non volete di certo rovinare tutta questa bellezza così”, aggiunse allontanando la spada dalla faccia della ragazza. Doveva dargliene atto, era davvero bella. Non lo aveva notato prima, quando Grunwald l’aveva portata all’accampamento priva di sensi, era troppo preso dal chiedere al garzone di Da Vinci dove si trovasse la chiave.
Fece cenno a due guardie svizzere di tenerla ferma, mentre lui la perquisiva in cerca di altre armi nascoste. Non ne trovò, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa che la ragazza teneva nella tasca sinistra dei pantaloni: si trattava del suo blocco da disegno. Quando fece per sfogliarlo, una moneta, contenuta al suo interno cadde a terra; non si trattava di una moneta comune, era in oro e presentava sulla sua superficie la faccia di un dio pagano. La raccolse e la osservò accuratamente.
“Cosa sapete riguardo ai Figli di Mitra?”
VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA SU WATTPAD
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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Capitolo XXIII: Sodomita, parte II

La mattina dopo...

Elettra picchiettava nervosamente il piede a terra, mentre si guardava in giro per la l'aula del Palazzo di Giustizia dove si trovava: tra poco avrebbe testimoniato in favore di Leonardo. 
Osservò lo spazio intorno a lei: c'era molta più gente, rispetto al giorno prima e, ormai, per assistere all'udienza, vi erano solo posti in piedi. Sorrise a Vanessa, Nico, Zoroastro ed Andrea seduti in seconda fila. Leonardo, sotto lo sguardo attento di suo padre, le fece l'occhiolino. Per un attimo i suoi occhi, vagando per la sala, si incrociarono con quelli del Conte Riario, ma ruppe subito quel contatto. 
Guardò Francesco Pazzi che camminava avanti e indietro proprio davanti a lei: sembrava spazientito dal fatto che il giudice non si fosse ancora deciso a dichiarare l'inizio dell'udienza.
Elettra sospirò: non sapeva davvero che domande aspettarsi dal Pazzi. Piero le aveva detto, quella mattina, fuori dal tribunale, che le Guardie della Notte avevano perquisito la bottega di Leonardo e preso alcuni appunti 'incriminanti'.
'Respira, sorridi e sii gentile. Respira, sorridi e sii gentile...', pensava. Subito dopo l'agguato aveva il terrore degli occhi degli altri addosso. Poi, con il tempo, aveva imparato a sopportarli. Alle feste le piaceva avere gli occhi di tutti puntati addosso ma, in quel momento, era come se fosse tornata bambina. Cominciava ad avere il respiro corto.
Il giudice diede il suo benestare e l'udienza ebbe inizio.
Elettra chiuse un attimo gli occhi, concentrandosi il più possible per calmare il ritmo delle proprie pulsazioni e quella sgradevole sensazione della gola che lentamente le si restringeva. 
Doveva aiutare Leonardo e, già che c'era, dare una bella lezione a quel lecchino del Pazzi e al Conte. E doveva farlo restando l'affabile e gentile collaboratrice della Signoria. Quindi sorridere, fare qualche battutina -sempre nei limiti della decenza-, cercare di mantenere l'espressione da cerbiatto innocente e convincere le persone in aula quel giorno che Leonardo fosse innocente.
Pazzi si avvicinò a lei e quel suo solito sorrisino da lecchino scomparve, lasciando spazio ad un ghigno che non prometteva niente di buono. Teneva in mano alcuni fogli, probabilmente presi dalla bottega di Leonardo.
"Ricerche più accurate su Leonardo Da Vinci hanno portato alla luce altre parti di una mente contro natura", incominciò. "Questi disegni erano nello studio di Da Vinci", disse sventolandoglieli davanti. 
Elettra aguzzò la vista, per cercare di capire cosa raffigurassero, ma essi erano troppo lontani. "Francesco, permettete?" chiese candidamente.
Il Pazzi glieli passò di mala voglia. "Mi rincresce molto, madonna, mettervi in queste condizioni, che di certo non si addicono ad una giovane donna del vostro rango"
"Leccaculo", commentò Zoroastro dalla tribuna, facendo ridere Vanessa.
Elettra osservò con attenzione gli schizzi di Leonardo; piegò la testa leggermente di lato e si concentrò, cercando di pensare in fretta alla sua prossima mossa. "Sinceramente, non capisco proprio cosa abbiamo questi disegni di incriminante", disse con tono innocente, lasciando di stucco il Pazzi.
"Non notate con quali dettagli il pervertito ha ritratto l'anatomia maschile?", chiese l'altro.
"Ma se un'artista non utilizzasse questi dettagli, come potete anche solo pensare che si possa raggiungere la perfezione di un David di Donatello o di un Apollo del Belvedere?", chiese, osservando la platea davanti a lei e cercando conferma delle proprie parole, tra le tante facce che la scrutavano attente. "Gli studi di anatomia sono necessari, di qualsiasi parte atomica si parli"
Sul volto di Francesco Pazzi si formò un sorriso aguzzo, un misto tra rabbia e intimidazione. Elettra gli rispose con uno dei suoi caldi sorrisi.
Si stava svolgendo una sottile guerra, all'interno dell'aula di tribunale, fatta di sguardi e finta cordialità.
"E cosa sapete dirmi di questo quaderno, che è stato trovato riposto in uno scomparto segreto", riprese il Pazzi, mostrandole uno dei blocchi per gli appunti di Leonardo.
Alla ragazza si gelò il sangue nelle vene, quando lo vide. Lo conosceva troppo bene, quel quaderno: in esso Leonardo aveva scritto tutto quello che avevano scoperto sui figli di Mitra. Anche lei vi aveva scritto.
Da Vinci, al vedere il proprio blocco per gl appunti, si alzò di colpo in piedi, osservando il Pazzi in cagnesco.
Nonostante stesse tentando con tutte le sue forze di rimanere impassibile, Elettra non potè impedire alle proprio mani di tremare, quando prese il quaderno che Francesco le porgeva. Si mise a sfogliarlo: ogni singolo disegno, annotazione ed appunto li avrebbe fatto rischiare il rogo. 
"Dovete scusare le condizioni delle prove, ma chiaramente l'accusato ha tentato in tutti i modi di impedire la divulgazione di queste riproduzioni pagane, bruciandole", disse il Pazzi. 
Elettra prese un lungo respiro. 'L'avevo detto a Leonardo che saremmo finiti sul rogo insieme'. Quando alzò gli occhi da quei fogli, il suo sguardo era deciso e determinato più che mai. "Cosa volete chiedermi a riguardo, Francesco?"
"Una testa d'animale su un corpo d'uomo. Un Dio pagano. E non solo uno, decine. E' l'adorazione di un eretico", rispose.
"In realtà sono solo delle semplici ricerche che io e Leonardo stiamo portando avanti"
Nella sala calò il silenzio.
Elettra vide il Conte Riario spalancare gli occhi per lo stupore e poi farle segno di stare zitta, di fermarsi finchè poteva. Anche Da Vinci ebbe la stessa reazione.
"Il dio pagano qui rappresentato è Mitra, una divinità romana". No, non avrebbe dato retta a nessuno dei due. "E le rovine del tempio romano appena fuori città erano il luogo di culto dedicato a questa divinità e..."
"Ammettete di essere un'eretica, quindi?", la interruppe il Pazzi.
'Eretica libera pensatrice, per l'esattezza', pensò.
"No, non sono un'eretica, come non lo è Leonardo"
"Non si tratta di un'adorazione ma solamente di studi a fini artistici", disse Piero. Avrebbe dovuto bloccare Elettra molto prima. Aveva sbagliato ed ora doveva cercare di tamponare il più possibile i danni.
"Davvero?", lo prese in giro il Pazzi. "Io dico che non solo questo pervertito pratica la sodomia,  ma anche la stregoneria. Alla corte chiedo dunque di considerare la condanna a morte"  
Elettra prese un lungo respiro. Cosa le aveva detto Zoroastro? Che un discorso peggiore di quello di quel frate non poteva farlo. Zo si era sbagliato. Aveva fatto di peggio.
Ora, l'unica cosa che poteva salvare la pelle a Leonardo, era seguire il suo folle piano.
 
***
 
Nel pomeriggio...

"Siete andato troppo oltre". La voce del Conte Riario era poco più che un sibilo, un sibilo affilato, da far venire i brividi. Pazzi non gli era mai piaciuto e sapeva che non avrebbe esitato un attimo a voltare le spalle ai propri alleati, per il proprio tornaconto; ma mai si sarebbe aspettato una simile ribellione, quando sapeva benissimo che l'appoggio di Roma era essenziale, per diventare Signore di Firenze. "Avevo chiaramente detto di avere dei progetti per Leonardo Da Vinci. Doveva essere solo arrestato, non messo al rogo"
"Questo è nelle mani della corte", rispose il Pazzi, sprezzante. "Ho pensato che potremmo rincarare la dose, contro Lorenzo: più la Signoria apparirà debole, più sarà  facile per la mia famiglia salire al potere", continuò nonostante le occhiatacce del Conte. "Per esempio, potremmo far arrestare quell'impertinente della nipote di Becchi per stregoneria...". Pazzi non riuscì a terminare di esporre il suo piano, bloccato da Riario che lo aveva preso per il colletto della camicia e sbattuto contro il muro.
"Voi non la toccherete. Avete capito bene, Pazzi?", disse in modo intimidatorio.
Dopo una lunga occhiata, lo lasciò andare. Riario prese un lungo respiro. Cosa gli stava succedendo? Non aveva mai agito così d'istinto ma, quando si trattava di lei, diventava un damerino pronto a menar le mani. Era letteralmente esploso, prima. Prese un lungo respiro, cercando di calmarsi. Guardò Pazzi che si allentava nervosamente il colletto della camicia, nel tentativo di prendere più aria.
"Quella sgualdrina vi ha letteralmente stregato, Conte"
Avrebbe potuto buttarlo nuovamente con le spalle al muro, oppure fargli assaggiare l'affilata lama della sua spada o dello stiletto, ma preferì trattenersi. Arrabbiarsi ulteriormente non avrebbe fatto altro che confermare le parole del Pazzi.
"Sarei curioso di sapere cosa ne pensa il Santo Padre, riguardo a questa storia"
Riario rispose a quell'ulteriore provocazione con uno dei suoi soliti sorrisi freddi.
Il Pazzi sorrise fra sè e sè. "Come pensavo". Si mise a camminare avanti e indietro per la sala. "Sarebbe un peccato se il Santo Padre lo venisse a sapere e accadesse, disgraziatamente, qualcosa a quella povera ragazza"
"Cosa volete, Pazzi?"
"Firenze, ovviamente"
"Come da patti"
"E un esercito"
"Si potrebbe fare"
"E la testa di Lorenzo e Giuliano de Medici e di Leonardo Da Vinci" 
 
***
 
Quella sera...

Elettra scostò leggermente il pesante tendaggio di velluto rosso che copriva il palco: lo spettacolo sarebbe iniziato a breve e il giardino di Palazzo della Signoria era ormai stipato all'inverosimile di persone di ogni rango. Era anche quella la bellezza di Firenze: trovare fianco a fianco, come se niente fosse, nobili e semplici contadini. Era quell'atmosfera leggera e felice, che quella sera lei e Giuliano volevano comunicare ai sovrani spagnoli.
La ragazza sussultò quando qualcuno le appoggiò una mano sulla spalla: temeva sempre di ritrovarsi Riario alle spalle. Si girò, trovando il rassicurante volto di Giuliano. "Tutto bene?", le chiese, notando il suo pallore. 
Elettra annuì.
Il giovane de Medici sapeva benissimo che quella non era la verità ma, ormai, conosceva bene Elettra e sapeva che era meglio lasciarla in pace: se avesse voluto parlare, glielo avrebbe detto. "Andiamo a fare il discorso d'inizio ai nostri attori", le disse, passandole un braccio intorno alle spalle.
"Attori, attenzione". Giuliano si trovava in piedi su una cassa di legno. "Metteremo in scena il Decamerone questa sera, però non in tutte le sue parti". Dalla  piccola folla che si era raccolta intorno a lui provennero alcuni lamenti e borbottii. "Mi è stato consigliato di rimuovere tutte le scene immorali, per rispetto ai nostri regali ospiti", pausa ad effetto, "Solo che Firenze non è casa loro. E' casa nostra! O apprezzeranno la recita, o se ne andranno", disse con un ampio sorriso. "Fate dunque in modo che rimangano solo le storie più sconce e volgari"
"Eccellenza che dirà vostro fratello?". Andrea appariva parecchio preoccupato e, ad Elettra, sembrò essere impallidito.
"Si contorcerà dalle risate come tutti gli altri", rispose Giuliano.
"E poi mi licenzierà", aggiunse sarcastica Elettra. 
"E del maiale che facciamo?", chiese Vanessa.
"Rimane. Che cos'è la nostra città senza un maiale o due?"
 
***

Le luci si spensero e il sipario si alzò, lasciando così spazio alle due figure ai lati del palco di entrare in scena. 
Appena gli spettatori videro Elettra e Giuliano, scoppiarono in una fragorosa risata: la ragazza indossava abiti chiaramente di foggia maschile mentre, il giovane de Medici, era strizzato in uno stretto e scollato corsetto rosso fuoco, con un ampia gonna con tanto di strascico. Aveva un'espressione sofferente e, con le mani, tentava inutilmente di mettere il bustino in modo più comodo o di allentarlo. Una volta arrivato sul palco, finse di non aver notato prima la folla sottostante e, immediatamente, il suo volto assunse un'aria stizzita e si mise più composto, nel tentativo di assomigliare ad una vera regina, come la corona sulla sua testa faceva pensare. "Cosa ci fa qui tutta questa plebaglia?", chiese stizzito; ricordava una certa regina spagnola...
"Lo spettacolo, Vostra Altezza. Rammentate?", disse Elettra.
"Certamente. Osate forse pensare che io sia una smemorata?!", urlò in falsetto.
"Io non intendevo..."
"Volete forse essere condannato per stregoneria?". Giuliano si girò verso il pubblico. "Cosa devo fare per trovare un consorte alla mia altezza?". 
Elettra, nel frattempo, teneva lo sguardo basso, fingendosi un re mortificato ed intimidito dalla propria moglie. Da quel poco che aveva visto in Spagna, non era di certo il re a portare i pantaloni...
Giuliano sbuffò e, mantenendo quell'aria stizzita, si alzò leggermente l'orlo della gonna e si allontanò verso il fondo del palco. Arrivato quasi alla fine, scoppiò a ridere e si rigirò, tornando di fianco ad Elettra che, scomparsa quell'espressione da cane bastonato dalla faccia, rideva anche lei.
"Buonasera, buonasera.", dissero. "Questa sera vogliamo farvi un dono da parte di Firenze: il Decamerone di Boccaccio. Ma per il vostro bene abbiamo scelto di non presentarlo in tutte le sue parti". Anche dagli spettatori, come dagli attori poco prima, si alzarono dei sussurri di protesta. "Cento storie richiederebbero un tempo notevole e non volevo che gli sfortunati in prima fila fossero ammorbati dal puzzo di Maurizio il Pastore". Dalla folla si sentirono parecchie risa.
"Io propongo un caloroso applauso per il nostro Maurizio, che non si è mai perso uno spettacolo", disse Elettra, cominciando ad applaudire. "Un bell'applauso, dai. Se no, questo Natale, rischiamo di rimanere senza l'agnello da fare arrosto", aggiunse facendo l'occhiolino al pastore. 
"Questa sera potrete cogliere il vero spirito di Firenze: la sua fede e le sue virtù, insieme alle sue libertà e alle sue volgarità. Godetevi il Decamerone", concluse Giuliano che, insieme alla ragazza, fece un'ampio inchino agli spettatori.
Dopodichè, tra loro e la folla, calò un sottile sipario nero. Un'intensa luce venne direzionata sui due, permettendo agli osservatori di vedere solo le loro ombre, proiettate sull'ampio lenzuolo nero.
"Riprenditi subito questa diavoleria!", disse Giuliano, tentando di allentare lo stretto corsetto. "E ridammi i miei abiti"
"Quante storie solo per un corsetto!", ribattè Elettra, cominciando a spogliarsi. Si tolse prima la giacca, poi gli stivali e i pantaloni ed infine anche la camicia, rimanendo completamente nuda.
"Tu non puoi sapere cosa si prova, strizzati qui dentro!"
"Certo che lo so, sono una donna"
"Ma piantala, tu non metti mai i corsetti. E dammi una mano a togliermelo!"
Elettra sbuffò, fingendosi spazientita. Si mise dietro Giuliano e cominciò a slacciargli il bustino.
"Dovevi per forza spogliarti così?", disse il giovane de Medici.
La ragazza sbuffò di nuovo, incrociando le braccia sotto al seno e facendo un passo indietro.
"Non che io non apprezzi, anzi", si affrettò ad aggiungere.
Elettra tornò ad armeggiare con il corsetto. "Cosa ci trovate di così eccitante, voi uomini, nello slacciare un corsetto? Io lo trovo snervante", chiese.
"Il ben di Dio che c'è sotto, ovviamente", fu la pronta risposta del de Medici.
Quando il bustino fu completamente aperto, Giuliano si lasciò andare in un sospiro liberatorio e, alla velocità della luce, si tolse l'abito, porgendolo ad Elettra, indossò i propri vestiti e scese dal palco.
 La ragazza restò sul palco, osservando con l'aria stizzita l'abito. Lo teneva con due dita, il braccio teso, in modo da averlo il più lontano possibile dal corpo, neache fosse un pannolino sporco. Alla fine lo lasciò cadere per terra e scese dal palco.

"Siamo andati magnificamente", disse Giuliano, appena vide Elettra. Le porse immediatamente una vestaglia da indossare.
"Visto? E tu che non eri convinto", ribattè lei, dandogli un'amichevole gomitata nelle costole.
"Là fuori ci sono persone con le lacrime agli occhi dal ridere!" 
 
***

Mentre lo spettacolo continuava, Elettra decise di farsi un giro per la tribuna d'onore dove vi erano seduti i sovrani spagnoli, Gentile Becchi, i signori di Firenze e il Conte Riario. Voleva saggiarne le opinioni. E sapere se aveva ancora un lavoro. E poi era troppo curiosa di vedere la faccia di Riario: Vanessa le aveva detto di averlo visto con gli occhi spalancati dallo stupore e leggermente più pallido del solito, durante la scenetta dello spogliarello con Giuliano. 
"Cosa ne pensate, per ora, dello spettacolo?", chiese con un largo sorriso, a Ferdinando d'Aragona.
Lui la osservò con un sorriso a trentadue denti. "Non ho mai riso così tanto come stasera. Ho le lacrime agli occhi dal ridere"
"Quindi ho ancora un lavoro, vero, Vostra Eccelenza?", disse ironica a Lorenzo. 
Becchi la guardò scuotendo la testa.
"Per questa volta...", rispose Lorenzo. Tentava di rimanere serio, ma la piega delle sue labbra lo tradiva.
Elettra si sedette proprio di fianco a Riario, tra lui e Gentile Becchi. Indossava ancora la vestaglia; accavallò le gambe e lo spacco di aprì, mostrandone una fino a metà coscia.
Rise fra sè e sè, osservando Girolamo umettarsi le labbra, nervoso, e lanciarle occhiate furtive.
Dopo un po' si alzò e gli passò lentamente davanti, ancheggiando un po'. La vendetta era un piatto che andava servito caldo. Molto caldo.

***

Mezzanotte...

Elettra salì sul palco: ora toccava a lei fare la sua parte nel piano di Leonardo per salvarsi la pelle. La sua figura eterea era così in contrasto con quello che avrebbe detto e con quello che sarebbe successo. 
Indossava una veste bianca, fatta in un tessuto talmente sottile da sembrare impalpabile e semitrasparente; il trucco era leggerissimo e, a completare il quadro, indossava due ampie ali bianchissime, simili a quelle di un angelo. Sembrava davvero un angelo, con quell'aurea d'innocenza.
Srotolò lentamente la pergamena che teneva in mano e cominciò a leggere.
 
"Calandrino aveva un suo poderetto non guari lontan da Firenze, che in dote aveva avuto dalla moglie, del quale, tra l’altre cose che sù vi ricoglieva, n’aveva ogni anno un maiale; e era sua usanza sempre colà di dicembre d’andarsene la moglie e egli in villa, e ucciderlo e quivi farlo salare.
Ora avvenne una volta tra l’altre che, non essendo la moglie ben sana, Calandrino..."


La mezzanotte scoccò e, puntualissima, un'immagine comparve nel cielo nuvoloso di Firenze: era di un uomo. Stava sodomizzando un maiale.
"Guardate!", disse Elettra puntando il dito verso l'alto, "Guardate, Calandrino! Calandrino, cosa mi combini?"
Gli spettatori scoppiarono in fragorose risate. Anche lei, nonostante cercasse con tutte le sue forse di mantenere quel'espressione angelica ed innocente, non potè fare a meno di lasciarsi scappare qualche piccola risata.
L'immagine restò nel cielo per alcuni secondi e poi, come era arrivata, scomparve.
La folla applaudì vigorosamente, alcuni si alzarono anche in piedi.
Elettra fece un profondo inchino ed uscì di scena.
 
***

"Oh, quale confusione sopraggiunge col chiaro. Porta a me l'oscurità non lontano. Con così tanto da sapere, ognuno di noi imparerà, che ci sono le migliori sorprese nell'oscurità"


Vanessa concluse lo spettacolo spegnendo la candela che teneva tra le mani; istantaneamente calò il sipario.
Elettra e Giuliano si guardarono, sorridendosi soddisfatti: finalmente avevano concluso. E avevano concluso in bellezza.
"Magnifica", disse Giuliano alla rossa. 
"Uno spettacolo mirabile, Vostra Eccellenza. Con quell'immagine in cielo: non ho mai visto niente di simile", si complimentò Quattroni, nel frattempo arrivato dietro le quinte.
"Per questo dovete ringraziare Elettra, quell'idea è stata sua. E, ad essere sinceri, ha fatto una sorpresa a tutti quanti"
"Non ho fatto niente di particolare", ribattè lei. L'unico da ringraziare veramente era Leonardo. Ma ovviamente non poteva dirlo.
"E' pura magia!", disse Giuliano.
"E' vero, è magico!". Vanessa saltò al collo del giovane de Medici e, dopo essersi guardati per un attimo negli occhi, le loro labbra si toccarono in un dolce bacio.
Elettra e Quattroni si guardarono, imbarazzati. Nel mentre, in sottofondo, si sentiva la voce di Andrea che si complimentava con gli attori.
La ragazza osservò malinconica la coppietta. "Scusate", disse per congedarsi. Aveva bisogno di stare da sola e di prendere un po' di aria fresca.

***

I giardini di Palazzo della Signoria erano un'immagine magnifica: entrare nel suo labirinto era un po' come entrare nella Foresta Incantata delle favole; fiori, piante, giochi d'acqua. E a coronare il tutto vi era cielo, tornato finalmente sereno. Quella sera sembrava che anche la Luna e le stelle brillassero più del solito, quasi volessero partecipare alla gioia che Elettra provava.  
"Leonardo, sei un fottuto genio!", disse felice, osservando quella miriade di puntini bianchi, sopra la sua testa, quasi come se Da Vinci fosse proprio là, e potesse sentirla. Aveva un sorriso a trentadue denti, in quel momento.
"Ho immaginato che l'artista fosse collegato a quell'immagine in cielo. Ora ne ho la conferma"
Elettra sobbalzò, a sentire quella voce alle proprie spalle. Si girò, osservando il Conte Riario con un'espressione fredda e distaccata. O almeno quello era il proposito. Sentiva il proprio respiro diventare più corto, gli occhi cominciavano a pizzicarle e le mani tremavano impercettibilmente. "Cosa ci fate voi qui?", chiese, facendo ricorso a tutto il suo autocontrollo.
"Tu ed io dobbiamo parlare, mia diletta"
"Non avete il diritto di darmi del tu", ribattè lei. "Non più". C'era una nota amara, in quelle sue ultime parole.
"Elettra, io...", disse mentre le si avvicinava. Tese una mano, nel tentativo di sfiorare la sua, tremante.
"No!". La ragazza fece alcuni passi indietro e ritrasse di scatto la mano.
 Girolamo l'aveva seguita con tutte le buone intenzioni: voleva dirle che, sì, l'idea di far arrestare l'artista per sodomia era sua, che non aveva alcuna intenzione di farla soffrire ma che, se ora sulla testa di Da Vinci pendeva la condanna al rogo, non era colpa sua. Voleva metterla in guardia da Francesco Pazzi, sia per lei, che per le persone a cui era legata. Ma la sua cocciutaggine, unita al fatto di averlo rifiutato così, gli fecero cambiare idea.  
Non le avrebbe chiesto scusa. No, non lo avrebbe mai fatto. Non aveva fatto niente di che, solo svolto un ordine del Papa. Era il suo lavoro, svolgere gli incarichi che il Santo Padre gli affidava. Non doveva chiedere scusa a lei perchè aveva svolto il suo lavoro.
Prese un lungo respiro, tentando di calmarsi. "Tu... voi non avete idea di quello che ho dovuto fare, per proteggervi. Di come mi sono esposto e di quello che ho dovuto promettere a Pazzi perchè vi lasciasse in pace"
"Voi non..."
"Lasciatemi continuare, per  favore. Dopo il vostro maldestro tentativo di aiutare Da Vinci, fingendovi sua complice, Francesco Pazzi voleva denunciarvi per stregoneria; sono riuscito miracolosamente a convincerlo a desistere. Tuttavia, ho dovuto pagare  pegno: ho dovuto promettere molto, forse troppo, a quell'uomo"
"So cavarmela da sola. Non c'era bisogno del vostro galante aiuto", ribattè lei, sarcastica.
"Certo, magari sarete anche riuscita a scagionare vostro zio e Da Vinci, ma un'accusa di stregoneria è tutt'altra cosa, rispetto ad un'accusa di tradimento o sodomia: se foste denunciata come probabile strega, non sarà la repubblica di Firenze a giudicarvi, ma la Santa Inquisizione, che risponde solamente a Roma. Neanche Lorenzo de Medici potrebbe intervenire concedendovi la grazia e, anche se riusciste a fuggire da Firenze, sareste comunque cercata anche nelle altre città. E se per caso l'inquisizione vi trovasse... non oso neanche immaginare cosa potrebbe farvi". C'era dolore, nelle parole del Conte, ma anche rabbia. Perchè Elettra non riusciva a capire la gravità della situazione? "Si, certo. So cosa state pensando", continuò. "Serve una confessione, per essere incriminata come strega e voi, non avete alcuna intenzione di confessare ma, stare pur certa che vi faranno cambiare idea. Siete forte e testarda e, magari, potete resistere per i primi giorni o per le prime settimane ma, di fronte a giorni e giorni di torture e atroci dolori, cosa farete? Capirete che non vale la pena di vivere in quel modo e confesserete, direte di sì, che avete fatto ognuna delle cose per le quali siete accusata. Perchè sarà più facile, vi sentirete come se vi foste tolta un macigno dal petto e, per un istante, per un solo istante, avrete l'illusione di essere libera", la osservò, per capire cosa le stesse passando per la testa in quel momento. "Tutti crollano, è inevitabile", disse amaramente. "Poi verrete condotta sulla pubblica piazza, dove vi attenderà la pira. Verrete legata ad essa e cosparsa d'olio e, mentre il fuoco vi brucia le carni fino alle ossa e voi lancerete urla strazianti, la folla sottostante farà festa. Strana natura, quella umana". La guardò profondamente negli occhi. "Cosa pensate di fare, dunque, madonna?"
Elettra lo guardava con quella che poteva chiamarsi paura. Cosa fare? Lei non lo sapeva. I problemi aveva imparato ad affrontarli solo quando le si paravano davanti, non prima. Sbattè più volte le palpebre, pensando alla prossima mossa. Il suo cuore le diceva di avvicinarsi a Girolamo e piangere sul suo petto tutte le lacrime che, a stento, stava riuscendo a trattenere; ma il suo cervello le diceva di no, che non poteva farlo: lui aveva causato troppi danni, alla sua vita e a Firenze. 
Elettra alzò i suoi occhi, ormai appannati, incontrando quelli del Conte: anche nei suoi grandi occhi color nocciola, così freddi e distanti, poteva leggere la paura per l'avvenire. "Perchè non mi lasciate semplicemente andare e vivere la mia vita?", chiese con un filo di voce.
"Abbiamo un patto, che ci lega", rispose lui, pacato.
"Questo patto è andato ben oltre il previsto"
"Volete che giunga al termine, vero?"
Elettra annuì.
"Bene", disse Riario, seccato. "Allora guardatemi negli occhi e ditemi che non mi avete mai amato"
Lei lo osservò, titubante.
"Fatelo, e sarete libera"
Elettra raccolse tutte le sue forze e gli si si avvicinò, guardandolo negli occhi. "Io... io non vi ho mai amato, quello che c'era tra noi era solo un contratto", sussurrò velocemente, cose se, così facendo, fosse meno doloroso; in realtà ogni singola parola era come una pugnalata dritta al cuore, per entrambi. Indietreggiò, dandogli le spalle. Non voleva che Girolamo vedesse le lacrime che le rigavano il viso. "Ora tocca a voi, Conte" 
"Dichiaro il vostro debito nei miei confronti estinto". Le passò di fianco, a lunghi passi, e, senza degnarla neanche di uno sguardo, si diresse verso il Palazzo.
Ed Elettra restò sola, a guardare quel cielo tornato nuovamente nuvoloso.

***

La mattina dopo...

Elettra si trovava nuovamente in quell'aula di tribunale. Aveva un aspetto orribile, con quelle due grandi occhiaie violacee: non aveva dormito, quella notte. Dopo l'incontro con Riario era corsa a casa, piangendo e, aveva continuato a farlo, fino alle prime luci dell'alba. 
In quel momento si trovava seduta tra Vanessa e Zoroastro che, stranamente, si era trattenuto dal commentare la sua faccia stravolta. Probabilmente, anche Zo riusciva a provare un po' di pietà.
Sapeva che c'era anche il Conte, in aula quel giorno, ma si sforzò con tutta sè stessa di non voltare la faccia per cercare il suo sguardo. Era finalmente libera di ritornare alla sua vita. Ma, allora, perchè si sentiva così vuota?
Il giudice entrò nel salone e, immediatamente, calò il silenzio. 
"Ha una camminata strana", disse Elettra.
"Prova tu, a restare bloccato per ore dentro un maiale", ribattè Zo.
"Anche volendo sperimentare, non posso", rispose lei, sarcastica. Per quando male potesse stare, quel suo sarcasmo non l'avrebbe mai abbandonata. E poi, con affianco Zoroastro, non si riusciva proprio a restare con il morale a terra.
Andrea tirò un'occhiataccia ad entrambi, intimandoli, per il loro bene, al silenzio.
Elettra osservò il giudice mentre scandagliava pensieroso la folla, indeciso su cosa dire. "L'imputato è stato accusato di... devianza ed eresia", disse. "Dopo le dovute considerazioni la delibera di questa corte è che non è stato possibile dimostrare la colpevolezza dell'imputato. Dichiaro dunque nulle tutte le accuse contro Leonardo Da Vinci". Appena ebbe finito, il giudice uscì di fretta dall'aula, probabilmente spavento da quello che lo attendeva nell'immediato futuro: tradire il Pazzi e il Conte Riario era molto rischioso.
"Beh, sono un genio", esordì Zoroastro, alzandosi dalla panca su cui era seduto. Elettra era certa che si sarebbe vantato di 'Aver parato il culo a Leonardo Da Vinci', per tutta la vita.
"Puzzi di cacca di pipistrello", gli fece invece notare Vanessa, divertita. Quello era un brutto colpo per l'autostima del moro.
Elettra si guardò intorno, sollevata che tutto fosse andato per il verso giusto. Notò tra la folla il Conte Riario che confabulava con Francesco Pazzi; si mise ad osservarli molto attentamente. Sentendosi di colpo osservati, i due uomini si girarono verso di lei. Elettra gli sorrise ad entrambi, esibendosi in un perfetto sorriso strafottente alla Leonardo Da Vinci.

***

Quella sera...

L'atmosfera al Cane Abbaiante sembrava più caotica del solito o, almeno, a Elettra sembrava così, mentre festeggiava il rilascio di Leonardo.
"A Firenze, dove puoi sodomizzare chiunque e dovunque e farla franca". I brindisi di Zoroastro erano sempre molto originali.
"Agli amici che lo rendono possibile", aggiunse Leonardo, alzando il proprio boccale di birra, seguito a ruota da Elettra, Vanessa e Nico.
"Salute"
"Sono fortunato ad avervi", disse Leonardo dopo una lunga sorsata di birra.
"Rammentalo quando mi laverai la merda di pipistrello dal culo", ribattè Zo, divertito.
Per tutta risposa Leo gli sputò addosso dell'altra birra, facendo ridere l'intero gruppo. 
Si stavano divertendo. O forse, pensò Elettra, quella era solo un'illusione? Non si sentiva depressa e persa, come i giorni passati, però aveva qualcosa che non andava. Il poco entusiasmo di fronte al proprio bicchiere di vino bianco, ne era la prova: ne aveva bevuto un piccolo sorso, durante il brindisi, e poi aveva continuato a rigirarselo tra le mani. Era come se avesse perso la voglia di vivere. Probabilmente sarebbe tornata la ragazza ridente e spensierata di prima, ma ci sarebbe voluto del tempo, perchè la ferita si rimarginasse.
Osservò Leonardo sparire velocemente. Poi Zo correre a scommettere sulle lottatrici seminude che, in quel momento, stavano dando spettacolo a suon di schiaffi; seguito a ruota da Nico, sempre preoccupato che l'amico si cacciasse in qualche guaio. Infine dalla porta d'entrata, fece il suo ingresso Giuliano e Vanessa corse subito da lui. Il giovane de Medici sorrise ad Elettra, prima di concentrare tutta la sua attenzione sulla rossa.
E così, Elettra rimase sola al tavolo; in serate normali sarebbe sicuramente andata con Zo e Nico ma, quella, non era una serata come le altre. Bevve lentamente il proprio bicchiere di vino e si avviò verso il bancone, per pagare. Disse all'oste di metterle in conto anche quello che avrebbero poi bevuto Leonardo e Zoroastro; come sempre, sarebbe passata il giorno dopo a pagare i propri debiti.
"Te ne vai di già?". La voce di Da Vinci le giunge da dietro le spalle, mentre ritirava alcuni spiccioli nella bisaccia. Sembrava sorpreso.
"Si... è stata una giornata faticosa", rispose Elettra. "Dì agli altri che non mi sentivo tanto bene e che sono andata a casa"
Leonardo la osservò mentre indossava il proprio mantello. "Dobbiamo parlare", disse.
"Di cosa?". Elettra ormai era quasi alla porta.
"Di te e dei tuoi comportamenti"
"Leo, te l'ho già detto: sono solo stanca. Dammi qualche giorno e starò bene"
"Siediti", le disse indicando un tavolo vuoto.
La ragazza lo squadrò, cercando di capire cosa avesse in mente. Gli obbedì e si sedette dalla parte opposta, rispetto al geniale artista. Lo guardò, aspettando che dicesse o facesse qualcosa.
"Lo hai lasciato, vero?"
Elettra sbattè più volte le palpebre, dalla sorpresa. Come faceva Leonardo a sapere del Conte Riario? "Non so di cosa stai parlando", disse, assumendo la sua solita aria innocente.
"Sto parlando di Riario, Elettra. Di te e di lui. E non mentirmi: con me certe cose non funzionano". Il tono di voce di Da Vinci era pacato e dolce.
La ragazza annuì. "Il contratto è finito", aggiunse con un filo di voce. Sentiva che gli occhi erano tornati a pizzicarle.
Leonardo quasi rise ma, al vedere l'espressione triste di Elettra, si trattenne. "Quello tra voi non era solo un contratto"
"Si, era solo quello", ribattè lei.
Da Vinci scosse la testa. "No, tu lo ami"
"Leo, l'amore è solo un impedimento", disse Elettra mentre gli occhi le divennero lucidi. "Guarda dove ci ha portato: io e Riario, tu che rischi ogni giorni la ruota pur di stare anche solo per pochi secondi con Lucrezia e, guarda quei due". La ragazza gli indicò Giuliano e Vanessa, che si scambiavano tenere effusioni qualche tavolo più in là. "Pensi che potranno restare per sempre insieme? Giuliano, prima o poi, sarà costretto a sposare qualche nobile viziata e Vanessa?". Elettra guardò l'artista negli occhi. "L'amore serve solo a farci soffrire"
Leonardo, per la prima volta in vita sua, non sapeva cosa dirle.
La ragazza si alzò, sospirando. "Domani parlerò con mio zio. Mi aveva dato tempo fino al mio ventesimo compleanno, per vivere la mia vita, poi mi avrebbe trovato un marito", si appoggiò allo stipite della porta, quasi non avesse la forza di reggersi in piedi da sola. "Tanto vale toglierci il pensiero e farlo subito"


Nda
Sono in ritardo con la pubblicazione (come mio solito) ma, questa volta, ho delle attenuanti. Visto che occuparmi di una sola storia, con il poco tempo che ho, non mi bastava, mi sono data alla scrittura di altre due nuove storie. E, in più, ho già completato la sorpresa per Natale :D (dai, questa, come attenuante, è proprio buona).

Ps Se, per curiosità, volete andare a dare una sbirciatina alle mie due nuove storie, sono queste: Fronti opposti e Guerriera
   
 
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