Crossover
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Autore: Odinforce    17/12/2015    5 recensioni
In un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto in passato. I vincitori torneranno al loro mondo, siano i buoni o i malvagi. Saranno disposti ad obbedire alla volontà di Nul?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Image and video hosting by TinyPic Capitolo 26. Fratellanza
 
« Perché voi alchimisti dovete essere così? Il principio dello scambio equivalente è completamente privo di senso, non ti pare? »
« Ugh... »
« Io non voglio darti metà della mia vita... voglio darti tutta la mia vita. »
« Wi... Winry... »
« Pika? »
Edward Elric aprì gli occhi. Era disteso a pancia in giù su quella che sembrava terra, resa umida dall’acqua che scorreva fino alle sue ginocchia. La vista era ancora sfocata e non riuscì a distinguere granché. Confuso, si voltò verso il punto in cui aveva udito una voce: una piccola sagoma gialla si trovava a pochi centimetri dalla sua faccia... probabilmente un animaletto, ma non riusciva ancora a metterlo a fuoco.
« Pika-pika! »
« Uuh... Winry... sei tu? »
« Pika...chuuuuu! »
Una scossa elettrica lo investì in pieno un istante dopo. Ed scattò in piedi e per qualche secondo non capì più nulla, urlando per il dolore. Tutto cessò pochi attimi dopo; il ragazzo rimase in piedi, semiparalizzato per il dolore e la sorpresa, il vestito fumante per la scarica ricevuta.
« Masseimpazzita? » gridò di fronte a sé. « Per poco non mi facevi arrosto! Che diavolo di problemi hai, Winry... oh? »
Finalmente aveva messo a fuoco l’ambiente. Si trovava sulla riva di un fiume, in un’area boscosa: era da solo, o almeno così credeva... in effetti era l’unico umano lì presente. La creatura che aveva scambiato per la sua amata, e che lo aveva appena fulminato, era un piccolo animaletto giallo ai suoi piedi: alto una quarantina di centimetri, aveva l'aspetto di un roditore, con un corpo arrotondato, zampe corte e una coda a forma di fulmine. Aveva un musetto dall’aria graziosa, con piccoli occhi neri rotondi e le guance rosse. Fissava Ed con aria curiosa, mentre le sue guance emettevano piccole scintille.
Il ragazzo rimase immobile a fissarlo, incerto sulle sue intenzioni.
« Pika-pika! » fece l’animaletto, agitando una zampa anteriore.
« Ehm... ciao » rispose Ed. « Tu cosa... chi sei? »
L’animaletto voltò la testa verso il bosco.
« Pipipi! Pipipi! » gridò, come se fosse rivolto a qualcuno.
« Eccomi, arrivo » rispose una nuova voce da dietro gli alberi. Ed scattò in guardia, ma era comunque sollevato di sentire un’altra voce umana nei paraggi: forse non era rimasto solo, dopotutto...
Il sollievo andò in frantumi non appena il nuovo arrivato sbucò dalla vegetazione. Non era affatto un umano, ma una specie di lucertolone alto quasi un metro; la sua pelle era di colore arancione acceso ed i suoi occhi, grandi e circolari, erano verde chiaro. Camminava ritto sulle zampe posteriori, dotati di tre grossi artigli ciascuna come quelli anteriori; aveva anche una coda grossa e tozza, con la quale bilanciava il peso nell’andatura. Il rettile si avvicinò tranquillo al roditore giallo, fissando Edward con aria curiosa.
« Oh, ma guarda » esclamò il lucertolone con la sua voce gracchiante. « Un essere umano! Uhm, è più piccolo, questa volta. »
« Pika-chu... » fece il roditore, rivolto a lui.
Ed s’infiammò nel giro di un istante.
« Piccolo? Chi sarebbe piccolo?? Ma ti sei visto, brutta specie di rospaccio? Tra noi due sei tu quello che deve essere visto con una potentissima lente d’ingrandimento! »
« Ehi, io non sono un rospo! Sono un Digimon! »
« Tra poco diventerai una digifrittella, non appena avrò finito di calpestarti... »
« Pipipi! Pika-chuuu! »
Il roditore giallo si pose in mezzo ai due, ormai sul punto di venire alle mani. Ed e il Digimon si fermarono, notando le scintille accendersi sulle guance del piccoletto.
« Non è cattivo, dici? » disse il Digimon, sospettoso. « Ne sei sicuro? »
« Pikapi! »
« No che non sono cattivo! » ribatté Edward. « Sono solo un ragazzo sperduto in un posto sconosciuto... immagino che questa non sia Amestris, vero? »
Il lucertolone scosse la testa, e nel frattempo si tranquillizzò.
« No, mi dispiace. È chiaro che vieni da un altro mondo, proprio come noi due. A proposito, io sono Agumon, e lui è Pikachu. »
« Pika-chu! » fece il roditore giallo, divenuto amichevole.
« Ehm... piacere » disse Ed. Il ragazzo s’inginocchiò per osservare meglio le due creature, ma il suo tentativo di analizzarli andò a vuoto. « Ma voi che cosa siete? »
« Be’, te l’ho detto, io sono un Digimon » rispose Agumon. « Un mostro digitale. Mentre Pikachu, invece, è un Pokemon: un mostro tascabile. »
Ed tacque, incerto. Quelle parole non significavano nulla per lui, ma accettò le nuove informazioni su di loro senza obiettare.
« E tu, invece, chi saresti? »
« Oh! Giusto, io mi chiamo Edward... Ed, per gli amici. »
« Piacere di conoscerti, Ed. Benvenuto nella Foresta di Ghibli! »
Foresta... di Ghibli?
Ed si guardò intorno, spostando lo sguardo in varie direzioni, anche verso l’alto. Alberi, erba e acqua dominavano l’ambiente che lo circondava: non era che una normalissima foresta, almeno in apparenza. Sentiva il rumore del vento, deboli cinguettii e stridio di insetti, tipici suoni della natura incontaminata. Il fogliame sopra la sua testa era così fitto che non vedeva il cielo, ma era certo che non avrebbe comunque visto il sole, dato che ancora si trovava nel regno di Nul. Oltretutto era rimasto da solo, con l’unica compagnia di quei due strani esseri che aveva incontrato.
L’alchimista non riusciva a capire come fosse arrivato in quel luogo. Si sentiva già fortunato ad essere scampato alla distruzione del Titanic, quasi perfettamente illeso, ma il sollievo era messo a dura prova dal timore di aver perso i suoi compagni. Dov’erano gli altri Valorosi? Anche loro si erano messi in salvo? Quanto si era allontanato da loro?
Non aveva risposte, purtroppo...
« Pika pika? » fece Pikachu, rivolto ad Agumon.
« Hai ragione, meglio tornare subito indietro. Senti, Ed, ti sei perso? Hai bisogno di aiuto? »
« Oh? Ehm, sì... non mi dispiacerebbe una mano, in questo momento » ammise il ragazzo.
« Vieni con noi, allora » propose Agumon. « Poco più avanti c’è il nostro rifugio, lì accogliamo tutti quelli che si perdono nella foresta. »
« Un rifugio? Allora ci sono altri umani laggiù? »
« Certamente. »
Bene... forse troverò Sora e gli altri, laggiù.
« Va bene, ragazzi » disse Ed. « Verrò con voi... fate pure strada. »
Poco dopo, il trio si era messo in cammino all’interno della foresta. Edward seguì Agumon e Pikachu senza parlare, anche se i dubbi ronzavano in gran numero nella sua testa: preferiva rimandare le domande una volta giunto a destinazione, per non perdersi inutilmente in chiacchiere con creature che faticava ancora a comprendere. Oltretutto, l’alchimista veniva distratto a più riprese dal panorama, del quale ora poteva notare nuovi dettagli: la foresta era abitata da molte creature, di varia forma e colore; molte assomigliavano a uccelli e insetti, molto più grossi del normale e con colori vivaci. Alcuni parlavano, altri si limitavano a emettere strani suoni, proprio come Pikachu; si muovevano tra gli alberi e i cespugli con assoluta sicurezza, come se facessero parte dell’ambiente.
« Guarda, un altro umano... »
« Bulba-saur? »
« Quanto è strano! »
« Digle-diglett! »
« Sun-flora! »
« Strano e piccolo... »
Ed sentì i loro versi e voci dappertutto. Lo stavano osservando, ma restavano al loro posto, rassicurati dal fatto che fosse accompagnato da Pikachu e Agumon; quest’ultimo, notando l’aria ansiosa di Ed, gli spiegò che l’intera foresta ospitava molti Pokemon e Digimon.
« ...tutti quelli sopravvissuti, noi compresi » disse serio.
« Ah, capisco. Dunque la guerra ha colpito anche voi, eh? Mi dispiace... »
S’interruppe, non sapendo cos’altro potesse dire. Ed non poteva nemmeno immaginare che razza di sciagura avesse colpito tutti loro: creature che, dal suo punto di vista, erano innocenti alla pari degli animali a cui era abituato.
Perché Nul ha coinvolto anche loro?
« Siamo arrivati! » disse la voce di Agumon nel frattempo, riportandolo alla realtà.
Il trio era giunto in una radura, al centro della quale sorgeva un maestoso albero di canfora. Ed alzò lo sguardo, incantato da tale bellezza, ma il grande tronco si perdeva nel fitto fogliame della foresta, ancora impenetrabile dalla luce del sole. Era un luogo molto bello, apparentemente libero da costruzioni artificiali; poi l’attenzione del ragazzo fu rivolta su una casetta ai piedi dell’albero: era una normalissima casa in legno a due piani, dipinta di rosa e con la scritta Kame House sulla facciata principale.
« Yuhuu! Siamo tornati! » gridò Agumon in quel momento. « Ragazzi, ci siete? Abbiamo un nuovo ospite! »
Una voce maschile rispose pochi secondi dopo.
« Eccomi, Agumon, sono qui. »
Un ragazzo sbucò dal retro della casa, con un cesto di panni tra le mani. Era alto, con corti capelli neri e con indosso un grembiule sopra un’uniforme scolastica; lo sguardo nei suoi occhi era intimidatorio, tanto assomigliava a quello di un delinquente. Ed cercò di non farci caso, ma ebbe lo stesso una brutta impressione nei confronti di quel ragazzo.
« Oh, ma guarda » disse il ragazzo, notando la presenza di Ed. « Erano settimane che non vedevo un altro umano. Non sono in molti quelli che riescono a raggiungere la foresta. Benvenuto, comunque... io mi chiamo Riuji Takasu. »
E gli tese la mano con fare amichevole. Ed, sempre più sorpreso, la strinse.
« Io sono Edward, Edward Elric. Piacere di conoscerti. »
« Piacere mio » aggiunse Riuji. « Naturalmente avrei preferito incontrarci in un luogo migliore di questo. Purtroppo sembra che siamo entrambi reduci da una catastrofe. »
Ed chinò leggermente il capo, consapevole dell’amara verità.
« Già... dunque ci siamo solo noi in questa foresta? Non ci sono altre persone? »
« Be’, non proprio. A dire il vero ci sarebbe anche... »
« Edward... Elric? »
Una nuova voce, stavolta femminile, attirò l’attenzione dei presenti. Ed, Riuji, Pikachu e Agumon si voltarono verso un punto tra gli alberi, dal quale era apparsa una ragazza. Un po’ più bassa di Ed, aveva grandi occhi azzurri e lunghi capelli biondi, con un ricciolo che penzolava davanti al suo viso gentile. Era magra ma aveva curve molto generose, messe in evidenza dalla corta canottiera rosa che indossava sopra una lunga gonna azzurra. Camminava a piedi nudi sull’erba, con in mano un cesto pieno di funghi. Lo sguardo dolce che era solita sfoggiare era in quel momento offuscato dallo stupore, mentre fissava Ed.
« Non ci posso credere... Edward Elric, sei proprio tu? »
« Ehm... sì, sono io » rispose l’alchimista, sorpreso. « Ma tu... chi sei? Come fai a conoscermi? »
La ragazza si avvicinò di qualche passo.
« I miei fratelli... mi hanno parlato molto di te » disse. « Io sono Catherine... Catherine Elle Armstrong. »
« Armstrong? » ripeté Edward, e un’enorme sorpresa s’impadronì di lui. Nel frattempo posava lo sguardo su quel capello riccioluto sulla fronte di Catherine, e in un attimo le immagini di due persone esplosero nitide nella sua mente: un energumeno senza capelli e dai grandi baffi biondi, insieme a una donna vestita da militare dallo sguardo gelido... due fratelli, accomunati da quel minuscolo particolare. Un capello biondo arricciato.
« Aaaah! Ma certo! » esclamò improvvisamente Ed, puntando il dito contro Catherine. « Tu sei la sorella del maggiore Armstrong e del generale Olivier! »
Catherine si limitò ad annuire. Il silenzio cadde improvvisamente su tutti quanti, come se nessuno fosse più in grado di parlare. Poi, inaspettatamente, Catherine lasciò cadere il cesto e si gettò addosso a Edward, stringendolo in un abbraccio che quasi lo stese; nel frattempo era scoppiata in lacrime.
« Grazie al cielo... grazie al cielo! » singhiozzò. « Per tutto questo tempo ho temuto di essere l’unica... di essere sopravvissuta solo io. Non potevo, non volevo crederci! »
Ed rimase senza parole. Aveva trascorso giorni interi in un incubo senza fine, fatto di viaggi interminabili e duelli all’ultimo sangue contro strani personaggi. La parte peggiore era indubbiamente lo scontro con suo fratello Alphonse, convinto per qualche strana ragione che lui fosse il responsabile della sciagura. Dopo la visita al Cimitero dei Mondi, inoltre, aveva cominciato a credere che il suo stesso mondo fosse stato distrutto... che nessuno fosse sopravvissuto, eccetto lui e Al.
Ora, tuttavia, la ragazza impaurita stretta al suo petto metteva in dubbio tutto questo.
« Mi... mi dispiace, Catherine » riuscì a dire nel frattempo. « Mi dispiace tanto. Non avevo idea... non sapevo che fossi stata coinvolta anche tu in questa guerra. »
Catherine alzò il viso rigato di lacrime.
« Guerra? Quale guerra? »
« Non lo sai? » chiese Ed, perplesso.
« Ehm, forse sarà meglio metterci comodi » intervenne Riuji, facendosi avanti « e parlarne con calma davanti a un piatto di zuppa. Dopotutto, è ormai ora di pranzo. »
« Beh... ottima idea » osservò l’alchimista; in effetti solo ora si rendeva conto di quanto avesse fame.
Poco dopo, erano tutti riuniti intorno ad una pentola messa sul fuoco, accanto alle radici dell’albero. Edward stava seduto tra Riuji e Catherine, e insieme a loro stavano anche Pikachu e Agumon, insieme ad altri Pokemon e Digimon che vagavano per la radura; come Pikachu, in grado di emettere scariche elettriche, anche gli altri sembravano dotati di poteri.
L’attenzione di Ed fu attirata da una creatura in particolare: una bestia molto grossa simile a un leone, coperto da pelo castano che s’infittiva formando la folta criniera che copriva il collo. Sulla schiena aveva degli spuntoni grigi, da cui partiva una nuvola di fumo che formava la sua coda; aveva enormi zampe feline, dotate di artigli retrattili. Tutto questo lo rendeva una bestia orgogliosa e al tempo stesso letale... qualcuno da rispettare alla sola vista. Edward rimase senza parole mentre costui si avvicinava con calma a Catherine, la quale gli accarezzò subito la criniera senza paura.
« Oh Entei, bentornato » gli disse con un sorriso dolce. « Sei arrivato appena in tempo. Guarda, abbiamo un nuovo ospite tra noi! Lui è Edward. »
Entei rivolse all’alchimista un’occhiata, fiutandolo per una manciata di secondi. La bestia chiuse e riaprì gli occhi, chinando il capo come per salutarlo.
« Ehm... ciao » fece Ed, leggermente impaurito. « Lui cosa dovrebbe essere? » aggiunse sottovoce, rivolto ad Agumon.
« Lui è un altro Pokemon » rispose lui. « Uno potente, leggendario secondo la gente del suo mondo. Cerca di non provocarlo, ok? »
« Oh, Entei non farebbe del male a una mosca » ribatté Catherine, continuando ad accarezzarlo; il Pokemon sembrava apprezzarlo, visto che nel frattempo si metteva seduto accanto a lei. « Ma è pronto a proteggerci tutti, se saremo in pericolo. »
« È stato lui a portare qui Catherine, due settimane fa » spiegò Riuji, mentre mescolava la zuppa di verdure che cuoceva nella pentola. « Ha molto a cuore questo posto... e sembra essersi affezionato anche a lei, ormai. »
Ed tacque di nuovo; non era più abituato a stare in un ambiente così pacifico e tranquillo. Tutta quella quiete, quelle creature straordinarie che sedevano accanto a lui, sembravano impedirgli di scegliere da dove cominciare: aveva molte domande e dubbi da sciogliere, ma nel frattempo lo stomaco continuava a brontolare. Riuji soddisfò subito la sua tacita richiesta di cibo, porgendogli una ciotola fumante di zuppa. Ed ringraziò e cominciò a mangiare: con sua grande sorpresa, quella roba era squisita; sembrava opera di un cuoco provetto, e non di un giovane con la faccia da teppista come quello seduto al suo fianco. Indubbiamente, Riuji Takasu era un tipo pieno di sorprese.
« Allora, Edward » domandò il ragazzo poco dopo, durante il pasto. « Mi è parso di capire che tu e Catherine vi conoscete... dunque provenite dallo stesso mondo? Mi piacerebbe conoscere la tua versione dei fatti su questa faccenda; hai parlato persino di una guerra. »
Ed annuì e attaccò a parlare, raccontando di come si fosse unito ai Valorosi e del viaggio insieme a loro per trovare Nul, fino al naufragio. Parlò della sfida lanciata dal misterioso individuo, e di Alphonse, reclutato per combattere nello schieramento avversario. L’alchimista parlò a lungo, anche dopo aver terminato la sua ciotola di zuppa; Catherine e Riuji ascoltarono con attenzione, supportati dalla presenza di Agumon, Pikachu ed Entei.
« Capisco » mormorò Riuji, al termine del racconto. « Dunque le cose stanno così... non avevo idea di quanto fosse tragica la situazione. Purtroppo non so nulla di tutto questo, né dei compagni a cui ti eri unito durante il tuo viaggio... se fossero giunti fin qui, lo avremmo saputo sicuramente. Finora non avevo mai sentito della serie di battaglie organizzate da questo Nul... lo stesso vale per Catherine. »
« Strano » osservò Ed. « Certo, nemmeno io e gli altri miei compagni lo sapevamo all’inizio, ma poi lo abbiamo scoperto durante il viaggio. Come hai fatto a tenerti fuori da tutto questo? »
« Perché io non sono un eroe. Voglio dire, non sono come te... non ho salvato alcun mondo, né compiuto grandi imprese come hai fatto tu. Sono sempre stato un normalissimo ragazzo di Tokyo, con una vita normale a cui mi piacerebbe tanto tornare. »
Lo sguardo di Ed si riempì di stupore. Si voltò a guardare Catherine, che tuttavia rimase impassibile.
« Non ho nulla a che fare con la battaglia di cui parli » riprese Riuji. « Io provengo da un mondo normale: certo, anche laggiù la vita è dura e non mancano le difficoltà... ma purtroppo, non ci sono mai stati tipi come te... eroi. Io avevo la mia vita, e mi piaceva; avevo appena finito il liceo, e mi ero innamorato della ragazza più straordinaria della città. Taiga. Quante ne abbiamo passate insieme... quante, prima di nutrire sentimenti l’uno per l’altra! Lei se ne andò per un po’ di tempo, ma poi ritornò da me. Non avrei potuto essere più felice, quando la ritrovai davanti a me.
« Ma è stato allora che il mio mondo ha cessato di esistere. Avevo appena riabbracciato Taiga, quando è accaduto: un’ombra gigantesca ha ricoperto il cielo, spegnendo il sole e ricoprendo la città nelle tenebre; ricordo un vento fortissimo che spazzava via ogni cosa, e l’urlo di Taiga mentre scompariva nel caos che si era scatenato intorno a me. Tutto è diventato buio, e al mio risveglio mi sono ritrovato nella città dei Senzavolto. Intorno a me c’erano solo macerie e silenzio, e nessuna traccia di Taiga... né delle altre persone a me care; non ho trovato nulla che mi fosse utile, a parte quella. »
Riuji indicò la Kame House, suscitando nuovo stupore in Edward.
« E come hai fatto a portartela dietro? »
« Non so come funziona, ma ha un dispositivo che la trasforma in una capsula tascabile; ho pensato che fosse comodo, avere a disposizione una casa portatile. Così ho vagato a lungo, fino ad arrivare qui. La Foresta di Ghibli mi ha accolto volentieri, per proteggermi dal caos che regna su questo mondo. »
Ed non trovò nulla da dire. Il racconto di Riuji, la sua storia, non erano molto diversi da ciò che aveva sentito da altri personaggi incontrati nei vari luoghi; ciò che lo sconcertava, tuttavia, era l’apparente, assoluta normalità che caratterizzava quel ragazzo. C’era sicuramente lo zampino di Nul dietro tutto questo... ma perché aveva portato un tipo come Riuji Takasu nel suo mondo caotico? Se non era un eroe né un malvagio, perché lo aveva strappato dal suo luogo d’origine?
E perché la stessa sorte era toccata a Catherine? Edward tornò a guardare quella graziosa fanciulla, ora intenta a coccolare Pikachu sulle sue ginocchia; anche lei contribuiva a rendere la situazione priva di senso.
Questa storia diventa sempre più pazzesca... forse c’è ancora qualcosa che non sappiamo.
« E a te, Catherine? » domandò l’alchimista. « È capitato lo stesso? »
La ragazza si voltò a guardarlo, e annuì dopo aver abbandonato il sorriso.
« Sì » disse. « Ero appena tornata ad Amestris con la mia famiglia, al termine di quella battaglia avvenuta a Central City. Avevo ripreso la mia vita di sempre, quando ho visto succedere lo stesso fenomeno descritto da Riuji: l’ombra, la tempesta, e poi il buio. Alex, Olivier, i miei genitori... li ho visti svanire nell’oscurità insieme a tutto ciò che mi circondava. Quando ho ripreso i sensi mi sono ritrovata nel Cimitero dei Mondi: intorno a me non c’era nessuno... solo i resti della mia casa, e molte armi di famiglia. Non sapevo cosa fare... mi sentivo persa: credevo di essere l’unica superstite della mia famiglia... e forse di tutto il mondo. Non sarei sopravvissuta così a lungo, se non avessi incontrato Entei. »
Il Pokemon leggendario, seduto al suo fianco, sbuffò piano.
« E loro? » chiese infine Ed, accennando a Pikachu e Agumon.
« Anche loro sono dei sopravvissuti » rispose Riuji. « Hanno perso i loro mondi d’origine, proprio come è accaduto a noi. I Pokemon provengono da un mondo in cui le persone possono catturarli, allenarli e farli combattere per divertimento; Pikachu apparteneva per esempio ad un giovane allenatore divenuto molto famoso... »
« Pika-pika! » fece il roditore giallo, improvvisamente irritato.
« Ehm... Pikachu dice che non “apparteneva” a nessuno » intervenne Agumon. « Lui era un grande amico del suo umano, non il suo animale da compagnia. »
« Certo, scusami. Sta di fatto, comunque, che il suo amico è scomparso insieme al resto del suo mondo. Solo lui e pochi altri Pokemon – quelli che vedi qui – sono sfuggiti a questo fenomeno.
« Agumon e gli altri, invece, provengono da Digiworld, un mondo digitale parallelo a quello umano. Anche i Digimon si trovavano spesso a contatto con gli umani, quando il loro mondo era in pericolo: i Digimon non erano in grado di difenderlo da soli, perciò venivano reclutati dei bambini per sconfiggere i nemici di Digiworld. Agumon faceva parte di un gruppo formato da Digimon e “Digiprescelti” per eliminare l’ultima minaccia su entrambi i mondi. Aveva anche lui un partner umano, proprio come Pikachu. »
« Tai... »
Agumon si fece triste mentre diceva quel nome. Ed tacque di nuovo, sapeva benissimo quello che provava. Lui aveva perso fin troppe persone care... e l’idea di aver perso forse un mondo intero non migliorava la situazione.
« Vorrei tanto poter fare qualcosa » disse poco dopo. « Non solo per me, ma per tutti voi. Io e i miei compagni, i Valorosi, siamo stati scelti per combattere in una battaglia voluta da Nul... ma non intendiamo fare il gioco di quel maledetto. Abbiamo giurato di trovarlo e costringerlo a riportarci a casa, nei nostri mondi; ma ora... solo ora mi rendo conto di quanto sia egoista la nostra scelta. Qui non si tratta solo di tornare a casa... si tratta di salvare tutti: tutte le vittime del gioco di Nul! »
Si voltò a guardare Catherine, che ricambiò con uno sguardo ammirato.
« Non permetterò a Nul di continuare la sua folle guerra contro i mondi » dichiarò Ed, alzandosi dal suo posto. « Lo troverò, a costo di rivoltare questo mondo come un guanto. Riporterò tutti indietro, Catherine, te lo prometto... tu ed io, e anche Alphonse, ritorneremo a casa! »
La ragazza annuì con orgoglio. Lo stesso fece Pikachu, ancora accoccolato tra le sue ginocchia.
« Pikachuuu! »
« Eheh... certo, mi farebbe comodo un po’ d’aiuto in questa impresa » ammise l’alchimista. « Per prima cosa devo ritrovare i miei compagni, ma non saprei da che parte cominciare. Voi conoscete questa foresta, ragazzi, perciò accetto suggerimenti sulla direzione da prendere. »
Catherine, Riuji, Pikachu e Agumon si scambiarono un’occhiata incerta. Entei, invece, alzò lo sguardo, indirizzandolo verso il grande albero di canfora.
« Uhm, non credo che servirà a molto » commentò Agumon, intercettandolo. « Finora non ha mai fatto niente... non è nemmeno mai sceso da lassù. »
« Di chi stai parlando? » chiese Ed.
« Del nostro vicino di casa, Totoro » rispose Riuji. « È il guardiano della foresta, ha accolto tutti i Pokemon e i Digimon sopravvissuti, insieme a noialtri. Non so molto di lui... nelle leggende è noto per essere una specie di spirito custode, d’animo mite e gentile; ma solo in pochi possono vederlo, ad esempio gli esseri innocenti... come i bambini. »
« Ah... quindi noi non possiamo vederlo? »
« Certo che possiamo. Le cose, qui, funzionano diversamente dai nostri mondi d’origine... ormai dovresti saperlo. Ad ogni modo, Totoro non potrà esserti d’aiuto. »
« È molto triste, ultimamente » aggiunse Catherine. « Se ne sta per tutto il tempo sull’albero senza fare nulla, fissando il vuoto. Anche lui ha perso il suo mondo, e questo non gli piace: si sente in trappola, incapace di venirne fuori... il massimo che può fare è accogliere gli altri sbandati nella foresta. »
Ed lanciò un’altra occhiata all’albero. Per quanto le parole dei ragazzi fossero convincenti, lui non poteva certo rinunciare così facilmente; era sempre stato un tipo testardo, e portava ancora addosso le cicatrici delle sue scelte. Ogni sguardo posato sui suoi automail gli ricordava fino a che punto fosse in grado di spingersi. Ecco perché, mantenendo l’aria decisa, si avvicinò con sicurezza al grande albero.
« Voglio parlargli comunque » dichiarò Ed, voltandosi verso i ragazzi. « Devo provarci, almeno. »
« Pikapi! »
Pikachu si era fatto avanti, lasciando la compagnia di Catherine. Ed vide il Pokemon passare a gran velocità tra le sue gambe e arrampicarsi su per il tronco; una volta salito sul ramo più vicino, si voltò a guardare l’alchimista, facendogli chiaramente segno di seguirlo.
Ed sorrise.
« Ehe... fammi strada, amico! »
Batté le mani e le poggiò sul tronco: il legno si trasmutò al suo comando, e lungo il tronco apparvero piccoli gradini che salivano verso l’alto, fino in cima.
« Buona fortuna, Edward » disse Catherine con voce ansiosa.
Il ragazzo le mostrò un pollice levato al cielo, prima di voltarsi e proseguire. La scalata fu semplice, ma richiese una notevole quantità di tempo; l’albero era ben più grande di quanto Ed immaginasse. Continuava a seguire Pikachu, che proseguiva verso l’alto saltando tra i rami con l’agilità di uno scoiattolo; lo invidiò parecchio in quel momento, mentre lui faceva del suo meglio per non guardare in basso. Ormai erano così in alto che il fogliame copriva la visuale verso il suolo; non doveva mancare molto, ormai...
Alla fine, il ragazzo e il Pokemon sbucarono fuori dal fogliame. L’aria fresca riempì di nuovo i loro polmoni mentre si affacciavano sulla cima dell’albero di canfora. Una vista mozzafiato dominò innanzitutto il loro campo visivo: la Foresta di Ghibli nella sua interezza si estendeva davanti a loro, in ogni direzione; una meravigliosa distesa di alberi a perdita d’occhio. Un panorama magnifico, reso cupo soltanto dalla solita coltre di nubi grigie che ricopriva il cielo di Oblivion.
« Pika! »
Ed si voltò alla sua destra, attirato dalla voce di Pikachu. Trovò subito ciò per cui era venuto: Totoro era lì accanto a loro, seduto sul fogliame.
Era ben diverso da come Ed lo aveva immaginato. Aveva l’aspetto di un grosso animale, alto quasi due metri, ricoperto di pelo grigio; aveva due piccoli occhi rotondi e lunghe orecchie, simili a quelle di un coniglio. Sembrava l’incrocio tra un orso, una talpa e un procione.
Ed cercò di avvicinarsi, facendo attenzione a dove metteva i piedi; non era facile muoversi sulla cima di un albero, con pochi fragili rami sotto le sue scarpe. Alla fine fu abbastanza vicino da farsi notare; Totoro, che fino a quel momento era intento a fissare il panorama, gli lanciò un’occhiata inespressiva.
« Ehm, ciao. Tu devi essere Totoro, giusto? Io sono Edward, molto piacere. »
Il ragazzo gli tese la mano, ma Totoro non fece nulla; aveva l’aria triste, si vedeva, proprio come aveva detto Catherine.
« No? Va bene, non c’è problema. Voglio solo parlarti per qualche minuto; io mi metto comodo qui... perché so già che mi ascolterai. »
Ed si sistemò come meglio poteva accanto a Totoro, fissando nel frattempo l’orizzonte come faceva lui.
« Gli altri mi hanno parlato di te » disse Ed. « Dicono che qui comandi tu. Certo, dev’essere una gran noia, stare qui per tutto il giorno ad osservare il panorama... ma sono certo di aver visto passatempi peggiori.
« Mi dicono che sei triste, Totoro, e credo di sapere perché. Riconosco quello sguardo... è lo stesso che portano tutti coloro che hanno perso qualcosa – o qualcuno – di molto importante. Immagino che ancora una volta sia opera di Nul... con la sua guerra deve averti portato via ciò che avevi di più caro. »
Una pausa. Ed sperò di sentire qualche risposta, ma nulla accadde. Anche Pikachu restava in silenzio, aspettando gli sviluppi della situazione.
« Eppure, davanti a me vedo molto più di un grosso animale taciturno » riprese il ragazzo. « Se aguzzo la vista, infatti, vedo un’intera foresta, verde e rigogliosa, abitata da un gran numero di creature straordinarie. Vedo un popolo intero di superstiti, tutti qui riuniti grazie a te. Hanno perso il loro mondo, i loro cari, proprio come noi... ma sono vivi, perché tu li hai salvati. Ti sei preso cura di Catherine, di Riuji... e per questo ti ringrazio. Guarda ciò che hai fatto, Totoro: davvero non significa niente per te? »
Ancora silenzio. Totoro lanciò un’altra occhiata a Ed, che nel frattempo restava serio.
« Ah, non sono bravo a restituire il buonumore agli altri » ammise l’alchimista, grattandosi il capo. « Vorrei che il mio amico Sora fosse qui, certamente lui saprebbe fare di meglio. Mi manca tanto. Mi mancano tutti loro... i miei amici, il mio mondo... mio fratello. Vorrei tanto poter tornare da loro, ma ho bisogno di aiuto; so che tu puoi darmelo, Totoro... perciò ti prego, aiutami. Aiutami, affinché io possa salvare tutti quanti. »
Ed sospirò dopo l’ennesima pausa.
« Senti, io capisco bene quello che provi. Quel dolore... il dolore che si prova di fronte a una terribile realtà, è lo stesso che si prova quando commetti un grave errore. Perciò posso dirti questo: non s’impara nulla da una lezione senza provare dolore, proprio come non puoi guadagnare senza sacrificare qualcosa in cambio... ma, quando superi il dolore e impari la lezione, ottieni in cambio un infallibile ed insostituibile cuore d'acciaio. Puoi credermi senza alcun dubbio: hai ragione a sentirti triste, ma non potrai restarlo in eterno. Tu hai perso un mondo, Totoro... ma non hai perso tutto. »
Ed tacque, non avendo altro da aggiungere. Aspettò a lungo, sperando con tutto il cuore che Totoro si riprendesse grazie alla forza di quelle parole; il vento si alzò durante questo intervallo, soffiando forte tra le fronde.
Ma nulla accadde. Totoro tornò a fissare il panorama con occhi tristi.
Ed sospirò di nuovo.
« Uff... come parlare a un muro » disse, deluso. « Peccato, ma valeva la pena tentare. Mi trovo prigioniero di un mondo dominato da un folle che ci sfida al suo gioco mortale... sono naufragato in una foresta sperduta chissà dove, in compagnia di buffi animaletti e di un castoro gigante che ha perso la lingua... mi domando come potrebbe andare peggio. »
Un tuono echeggiò in lontananza e, quasi puntualmente, iniziò a piovere. All’inizio erano solo poche gocce d’acqua, ma in pochi minuti aumentarono di numero, trasformandosi in un autentico acquazzone.
« Ovviamente sì... poteva andare peggio » commentò Ed. Pikachu si mise subito al riparo sotto la cappa del ragazzo, ma Totoro restò immobile al suo posto.
« Non dovresti restare qui con questo tempaccio. Spero che almeno tu abbia un ombrello! »
Totoro ficcò una mano tra il fogliame e tirò fuori qualcosa, mostrandolo a Ed. Era un ombrello nero, rotto in vari punti.
Ed sospirò.
« Va bene, dammi qua... forse non posso far nulla per il tuo morale, ma per il tuo ombrello sì. »
Batté le mani e toccò l’ombrello, che subito fu avvolto da un bagliore rosso. Quando svanì, l’ombrello era come nuovo, tornato integro grazie al potere dell’alchimia. Lo sguardo di Totoro si riempì di stupore, che aumentò ulteriormente quando lo aprì.
Ed, consapevole di non avere più nulla da fare, ridiscese l’albero insieme a Pikachu. Era a corto di idee, ma non intendeva rassegnarsi; in qualche modo ne sarebbe uscito, come aveva sempre fatto.
 
Poco dopo...
Catherine e Riuji erano rientrati nella Kame House, riparandosi dal temporale caduto improvvisamente sulla foresta. Gocce di pioggia grosse come monete picchiarono sulle travi e sulle finestre dell’abitazione; i due ragazzi cercarono di non badarci, occupandosi di comuni faccende domestiche.
La porta d’ingresso si spalancò all’improvviso, e una figura entrò in casa subito dopo. Catherine e Riuji si voltarono a guardarlo, sorpresi: era Edward, bagnato fradicio per la pioggia, lo sguardo cupo.
« Ed » mormorò Catherine, sollevata. « Com’è andata? Sei riuscito a parlargli? »
Ed non rispose, ma si avvicinò a lei.
« Ed? Va tutto bene? »
Wham.
Aveva appena finito di parlare, quando un pugno le fu sferrato in pieno stomaco. Riuji vide Catherine accasciarsi subito al suolo, priva di sensi; Ed restò immobile sul posto, un sorriso maligno dipinto sul suo volto.
« Ed? Ma che ti è preso? »
Il biondo si avvicinò a lui, rapido come un fulmine; sentì un gran dolore al ventre, e tutto divenne buio.
Agumon aveva visto tutto dall’esterno della casa. Era inorridito, non riusciva a credere all’accaduto: perché Ed aveva aggredito i suoi amici? Forse si erano sbagliati... era pericoloso! Doveva fermarlo prima che fosse troppo tardi, ma gli occorreva aiuto; il Digimon si allontanò di soppiatto, percorrendo la radura in cerca di rinforzi...
Aveva appena raggiunto l’albero di canfora, quando vide Edward e Pikachu venir giù dal suo tronco.
Com’era possibile che fosse già lì? Eppure era nella Kame House un attimo fa...
« Ehi, tu! » ringhiò Agumon, nascondendo la sorpresa. « Fermo dove sei! »
« Uh? Che ti prende, Agumon? »
« Pika-chu? »
« Non riuscirai a fregarmi come hai fatto con gli altri! Ho visto cos’hai fatto! »
Ed e Pikachu si scambiarono un’occhiata incerta.
« Di cosa stai parlando? »
« Ti ho visto! » ribatté Agumon furioso. « Hai aggredito Riuji e Catherine! Maledetto... non avremmo dovuto fidarci di te! Pikachu, allontanati da lui! »
« Cosa? E quando lo avrei fatto? Sono stato tutto il tempo in cima all’albero... ma che diavolo è successo? »
Ed non riusciva a capirci nulla. Prima la pioggia, ora ci si metteva anche Agumon che lo accusava di un’assurdità. Davvero lo aveva visto aggredire Riuji e Catherine? Non aveva senso...
Un gran rumore attirò l’attenzione di tutti. La porta della Kame House era caduta a terra con un tonfo, sfondata da qualcuno che si trovava all’interno. Una sagoma massiccia venne fuori, illuminata in quel momento dal bagliore di un fulmine temporalesco.
Ed lo riconobbe subito.
« Alphonse? »
« Ben ritrovato, fratellone » esclamò la voce di Al dall’armatura vuota. Ed, Agumon, e Pikachu scattarono in guardia, allarmati dalla nuova presenza.
« Pika pika? »
« Non ne ho idea » rispose Agumon. « Non l’ho mai visto in vita mia, ma sento che è molto cattivo. »
« Aspettate, non fate nulla per ora » intervenne Ed, facendosi avanti. « Al, che ci fai qui? Come hai fatto a trovarmi? »
« Mi sono messo sulle tue tracce fin dal nostro ultimo incontro » rispose il fratello, avanzando piano verso di lui. « Avevi parecchio terreno di vantaggio, ma non mi sono mai fermato... dopotutto, la tua eliminazione è attualmente la mia massima priorità! »
Dannazione, pensò Edward sconvolto... è ancora manipolato da Nul?
« Non voglio combatterti, Al! Perché non riesci a capire? Io non c’entro nulla con quello che ti è accaduto! La nostra sfida è stata organizzata da Nul! Ti sta usando... ti ha ritrasformato in armatura e messo contro di me per il suo puro piacere! »
Al non lo ascoltò. L’armatura lanciò un urlo e affrettò il passo, lanciandosi a gran velocità contro Ed. Il ragazzo schivò il suo pugno per un soffio, scansandosi di lato. Al colpì il suolo con una forza enorme, facendo un buco per terra.
« Non vuoi combattere? Mi sta bene » replicò Al, gelido. « Sarebbe ancora meglio se tu restassi fermo, così finalmente potrò staccarti la testa... »
« Baby meteora! »
Una grossa palla di fuoco eruppe dalla bocca di Agumon e colpì Al in pieno. Il colpo gli staccò l’elmo dal resto del corpo, facendolo volare lontano.
Alphonse rimase sbilanciato per un attimo, ma riprese subito l’equilibrio. L’attacco di Agumon non gli aveva provocato alcun danno visibile, complice anche la pioggia che indeboliva gli attacchi di fuoco. L’armatura andò con calma a recuperare l’elmo, caduto poco lontano; mentre si chinava per raccoglierlo, Edward notò qualcosa di strano, e la verità cominciò finalmente ad affiorare.
« Ma... tu non sei... tu non sei Al. »
L’armatura si voltò a guardarlo, dopo aver rimesso l’elmo a posto.
« Cosa? »
L’ira cominciò a montare nel cuore di Edward Elric, ormai consapevole della realtà.
« Tu non sei Al! » esclamò, puntandogli contro un dito accusatore. « L’ho visto chiaramente mentre ti chinavi a raccogliere la testa: all’interno dell’armatura dovrebbe esserci il sigillo di sangue, quello che ho usato per legare ad essa l’anima di Alphonse tanto tempo fa... e tu non ce l’hai! »
Al rimase immobile sul posto, impassibile; lo stesso fecero Pikachu e Agumon, incerti sulla situazione.
« Non puoi essere mio fratello » continuò Ed, sempre più furioso. « Sei un impostore... uno in grado di assumere le sembianze altrui. Ecco perché Agumon credeva di avermi visto aggredire Catherine e Riuji, poco fa... eri stato tu, spacciandoti per me! E conosco una sola persona al mondo – anzi, un solo mostro – in grado di trasformarsi in altre persone. Ora mi è tutto chiaro. Mi hai ingannato per tutto questo tempo, facendomi credere fin dall’inizio che tu fossi Alphonse... ma ora il gioco è finito. Giù la maschera, Envy! »
Per qualche istante regnarono il silenzio e la pioggia su quella radura. Poi Alphonse scoppiò a ridere, sempre più forte; mentre lo faceva, il suo corpo brillò di luce rossa, e in un istante assunse un aspetto completamente diverso.
Ora, Edward, Pikachu e Agumon avevano di fronte il vero nemico: appariva come un adolescente pallido dai tratti androgini, il fisico esile e slanciato. Aveva un viso appuntito, sottili occhi fucsia e lunghi capelli neri sfrondati, tenuti stretti all'altezza della fronte da una bandana. Indossava degli abiti scuri attillati, e sulla coscia destra recava un marchio rosso: l’Uroboro, il simbolo dell’immortalità. Il marchio degli Homunculus, la razza che avevano messo in pericolo il mondo di Edward Elric. Ora il ragazzo aveva di fronte uno di loro, forse il più antipatico di tutti: Envy, l’invidioso, tornato dalla morte per perseguitare l’Alchimista d’Acciaio ancora una volta.
« Alla fine mi hai beccato » commentò Envy, che nel frattempo continuava a sghignazzare. « Oh be’, è stato bello finché è durato... però ammettilo, il mio inganno ti ha sconvolto parecchio! »
Ed non disse nulla, dominato com’era da un miscuglio di pensieri che vorticavano nella sua testa. Ora molti dubbi acquistavano finalmente chiarezza: Envy era entrato in gioco fin dall’inizio; era lui il misterioso mutaforma di cui i Valorosi gli avevano parlato, quello che aveva aiutato Natla ad affrontare Lara a Burton Castle. E aveva preso le sembianze di Alphonse per confonderlo, al Cimitero dei Mondi, con l’intento di ucciderlo più facilmente; ma non poteva usare l’alchimia, e l’intervento degli altri Valorosi lo aveva costretto alla ritirata. Fino a quel momento, dove finalmente aveva scelto di rivelarsi per ciò che era in realtà.
Inaspettatamente, Edward sorrise, pur mantenendo l’aria di sfida.
« E ora che ti prende? » fece Envy, perplesso. « Come fai ad avere ancora la forza di sorridere, dopo ciò che ti ho fatto? »
« Hehe... ho una buona ragione per farlo » rispose Ed. « Sorrido perché sono felice... molto felice. Sono felice di sapere che tu non sei Al, ma solo un maledetto Homunculus... lo stesso che ho affrontato e distrutto tempo fa. Sono felice perché ora potrò affrontarti come si deve... e ti assicuro, Envy, che non avrò nessuna pietà! »
« Bene! Sai, dopo il nostro ultimo scontro ho ricevuto una lavata di capo dal mio superiore, Nul. Non gli è andato giù il fatto che avessi preso l’iniziativa. Ha suggerito quindi di unire le forze con i miei alleati, per potervi distruggere tutti insieme... ma ad essere sinceri mi stavano tutti sulle palle. È davvero un bene che tu e i tuoi amichetti vi siate separati. Questo rende tutto più semplice... rende più privata la nostra vecchia disputa! »
Envy scattò in avanti, pronto a sferrare un pugno contro il suo avversario. Ed, tuttavia, era pronto: aspettò che l’Homunculus fosse abbastanza vicino, lo afferrò per il braccio e sfruttò lo slancio per eseguire una proiezione, mandandolo a sbattere contro un albero. Il ragazzo non perse tempo; batté le mani e trasmutò il suo automail, facendo apparire la solita lama sul braccio. Era tempo di chiudere la partita una volta per tutte.
In pochi istanti cominciò a infuriare lo scontro, il più violento che la Foresta di Ghibli avesse mai subito. Da una parte Envy, creatura semi-immortale dotato di una forza immensa e capace di mutare aspetto; dall’altra Edward, affiancato dai fedeli Agumon e Pikachu che, seppur estranei alla situazione, avrebbero dato la vita per difendere la loro nuova casa. L’Homunculus si lanciò in un nuovo attacco frontale dopo essersi rialzato, schivando una nuova palla di fuoco del Digimon; raggiunse Ed, che gli sferrò un fendente con l’automail; Envy parò il colpo e si allontanò di qualche passo. Pikachu ne approfittò per colpirlo con una scarica elettrica.
« Pikachuuuu! »
« Aaaargh! »
Envy rimase dov’era, stordito dall’attacco. Il suo corpo, bagnato dalla pioggia, aveva reso più efficace i poteri elettrici del Pokemon. Ed ne approfittò per trasmutare il terreno ai suoi piedi, e una moltitudine di mani di terra si avvinghiarono al corpo dell’Homunculus per tenerlo fermo. Envy si riprese e si liberò dalla presa, ruggendo furioso.
« Perché lo fai, Envy? » gridò Ed contro di lui. « Perché mi combatti ancora? È ovvio che hai dato retta a Nul, ma perché? Perché hai accettato di combattere in questa guerra? »
Envy scoppiò a ridere un’altra volta; ora più che mai il suo ghigno somigliava a quello di un folle.
« Perché se vinco... se ti uccido... tornerò in vita » rispose. « Non capita tutti i giorni di ottenere una seconda possibilità, no? Solo un completo idiota rifiuterebbe una proposta del genere... e io non vedo l’ora di tornare indietro! »
L’Homunculus sferrò un pugno al terreno, facendolo tremare e spaccare con una forza enorme; Ed, Agumon e Pikachu balzarono via appena in tempo, evitando per un pelo il raggio d’azione. Per l’alchimista era tutto fin troppo familiare: era come un’eco alla lunga serie di scontri con la razza di Envy, gli Homunculus... creati, guidati e controllati dal loro Padre per il suo diabolico piano.
« Vorresti davvero tornare indietro? » domandò ancora Ed. « Ad Amestris? Alla tua vita di prima? Tu non ce l’avevi neanche, una vita... nient’altro che un’esistenza priva di senso! Hai dimenticato cosa è successo nel nostro mondo? Eri solo un burattino nelle mani di tuo padre... il tuo scopo era aiutarlo nella sua missione; ti stava usando, proprio come ha fatto con gli altri Homunculus! Lui voleva ottenere il potere assoluto... una cosa che non intendeva certo dividere con voi! »
Envy rimase dov’era. Di certo le parole di Edward cominciavano a catturare la sua attenzione.
« Non puoi sapere com’è andata, naturalmente » proseguì il ragazzo. « Abbiamo sconfitto il Padre, lo abbiamo annientato... lui e tutti gli altri Homunculus sono spariti dal nostro mondo. Siete morti tutti, lo capisci? E tu... tu stesso hai scelto di morire dopo aver capito che invidiavi noi umani. Perciò dimmi, Envy... sei davvero disposto a tornare in un mondo pieno di umani, dove non avresti più nessuno scopo? »
L’Homunculus tacque per qualche secondo, ma poi scoppiò nuovamente a ridere. Era davvero fastidioso.
« Certo » ammise nel frattempo. « La considero davvero una seconda, splendida occasione... l’occasione di poter ricominciare daccapo. Dici che il mondo è ora libero dagli Homunculus? Mi sta bene! Vorrà dire che vivrò come un umano... vivrò la tua vita, Edward Elric. Già, dopo che ti avrò ucciso prenderò il tuo posto: la tua casa, i tuoi amici, la tua ragazza... uhm, a pensarci bene è meglio ucciderla subito, prima che mi scopra. Prenderò tutto ciò che voglio! »
Detto ciò, Envy cambiò nuovamente aspetto, trasformandosi in una copia esatta di Ed. L’alchimista ebbe appena il tempo per meravigliarsi di ciò, quando il suo avversario si scagliò ancora una volta contro di lui. I due caddero a terra e rotolarono per diversi metri sull’erba, ma ormai il danno era fatto: Pikachu e Agumon non riuscivano a distinguere il falso dall’originale; non sapevano più chi attaccare.
I due Ed si rialzarono, staccandosi dalla presa. Uno di loro si rivolse ai due piccoli aiutanti.
« Ragazzi, sono io quello vero, attaccate l’altro! »
« Cosa? No, sta mentendo! » ribatté l’altro. « Io sono Ed, lui è Envy, attaccate lui! »
« Bugiardo sarai tu, maledetto Homunculus! »
Pikachu e Agumon spostarono lo sguardo diverse volte tra i due avversari, visibilmente confusi. Era proprio una situazione di stallo.
« Pika...? »
« Puoi dirlo forte, amico » commentò Agumon. « Ora non so proprio quale nanetto aiutare. »
Un Edward Elric s’imbufalì all’improvviso.
« CHI SAREBBE IL NANETTO??? »
« Aha! Beccato! Baby meteora! »
Il Digimon sputò una nuova palla di fuoco dritto contro l’altro Ed, quello che non si era alterato alla parola “nanetto”. Il ragazzo fu colpito in pieno petto; Pikachu seguì l’esempio di Agumon e scagliò un altro fulmine. Envy cadde a terra, riacquistando nel frattempo le giuste sembianze.
« Whoa! Grazie, ragazzi! » commentò Edward, sollevato. Un attimo dopo si era scagliato su Envy, approfittando del vantaggio: unì i palmi delle mani ancora una volta, pronto a dare il colpo di grazia all’Homunculus. Sapeva cosa fare per distruggerlo definitivamente...
Ma Envy aveva ancora una carta da giocare. Era ancora a terra quando il suo corpo subì una nuova trasformazione, ben diversa da quelle che aveva mostrato finora: Edward fu spinto all’indietro mentre l’Homunculus diventava sempre più grande, occupando gran parte dello spazio offerto dalla radura. Dopo mezzo minuto, l’Alchimista d’Acciaio e i suoi alleati potevano ora osservare Envy nella sua vera forma: una mostruosa creatura verde, alta più di cinque metri dotata di quattro braccia e quattro gambe, una lunga coda muscolosa ed una grossa testa canina provvista di una fitta criniera scura e due grandi occhi maligni. La sua schiena trasudava di miriadi di corpi deformi di esseri umani, vittime – come Edward ben sapeva – della trasmutazione che aveva permesso al Padre di ottenere la Pietra Filosofale. Con la sua mole sovrastava il campo di battaglia, arrivando a sfiorare il tetto di foglie.
All’improvviso, le cose si erano complicate di brutto.
Maledetto... pensò subito Ed, inorridito. Può ancora assumere questa forma?
« MUORI, EDWARD ELRIC! »
Il ruggito di Envy squarciò il silenzio, seguito da una poderosa zampata che si abbatté sul punto in cui un attimo prima c’era Ed. L’alchimista si era scansato appena in tempo, ma il mostro aveva già sferrato un nuovo colpo; Ed fu scaraventato contro un albero e cadde sull’erba, troppo forte per non sentire dolore. Lo sentiva in tutto il corpo, insieme al sapore del sangue nella sua bocca; forse aveva persino qualche costola incrinata. Cercò subito di rialzarsi, ma il suo automail alla gamba aveva subito danni profondi; non riuscì a rimettersi in piedi.
Envy torreggiava su di lui, l’aria famelica e soddisfatta, come un predatore pronto a ghermire la sua preda. Era finita...
« Pikachuuuu! »
« Baby meteora! »
Pikachu e Agumon erano intervenuti un’altra volta. Envy fu distratto, ma stavolta resistette ai loro colpi; ormai quei due esserini erano insignificanti, per lui, ma era meglio sbarazzarsene una volta per tutte. Sollevò un’enorme zampa, pronto a schiacciarli...
« Kyaaaaaah!!! »
Con la vista offuscata dal dolore, Edward scorse una sagoma minuta scagliarsi a gran velocità su Envy, colpendolo al muso con una forza enorme; l’Homunculus finì con la faccia a terra, ma non era ancora finita. Si levò un ruggito tremendo nell’aria, e qualcosa di grosso balzò fuori dagli alberi: la creatura sparò un potente getto di fuoco dritto contro Envy, facendolo urlare per il dolore.
« Ed, stai bene? »
Il ragazzo era sul punto di svenire, ma riconobbe la voce. Era Riuji, chino su di lui con aria preoccupata; anche Pikachu e Agumon lo avevano raggiunto. Ed riacquistò lentamente conoscenza, abbastanza per capire cosa stava succedendo: in pratica, erano arrivati i rinforzi. Envy era ora alle prese con il maestoso Entei; la bestia leonina era evidentemente dotata di poteri basati sul fuoco, con il quale tempestava l’Homunculus di fiamme ardenti. Ma fu la persona davanti a lui a causargli il massimo stupore: era Catherine, l’aria completamente diversa da quella con cui si era presentata; il suo sguardo era duro, combattivo, molto simile a quello di sua sorella Olivier; indossava inoltre dei tirapugni argentati dotati di cerchi alchemici... gli stessi usati dal fratello Alex.
Image and video hosting by TinyPic « Catherine? Ma cosa... tu... »
« Pensavi che io e gli altri saremmo rimasti con le mani in mano mentre quel mostro distrugge la nostra foresta? » dichiarò Catherine con un sorrisetto. « Sì, sappiamo chi è e di cosa è capace » aggiunse, intercettando lo sguardo stupito di Ed.
« Ci aveva aggrediti poco fa in casa, spacciandosi per te » spiegò Riuji. « Ma Catherine è molto più forte e resistente di quanto sembra, e si è ripresa in pochi minuti. Inseguendo l’impostore abbiamo visto il vostro scontro, e tutto è diventato più chiaro... così abbiamo chiamato rinforzi per aiutarvi. »
Ed si guardò intorno. Ora si rendeva conto che Entei e Catherine non erano gli unici intervenuti nello scontro; insieme a loro, infatti, c’erano un gran numero di Pokemon e Digimon, spuntati da ogni direzione. Ognuno di loro attaccava l’Homunculus con le loro tecniche, combinandole insieme per arrecargli il massimo dei danni.
« Primeapeeee! »
« Gargomitra! »
« Pikachuuu! »
« Missili sibilanti! »
« Scytheeeer! »
« Gooolem! »
« Baby meteora! »
E infine Catherine, lanciatasi alla carica contro Envy ancora una volta. La ragazza colpì il terreno ai suoi piedi, facendo emergere un’enorme cumulo di terra che assunse la forma del maggiore Armstrong; la statua colpì Envy sul muso con un potente gancio destro, prima di frantumarsi e ricadere al suolo.
« Incredibile! » esclamò Ed, al culmine dello stupore. « Sai usare l’alchimia? »
« Certo » rispose Catherine orgogliosa. « Questa è l’alchimia artistica della famiglia Armstrong! Me l’ha insegnata il mio fratellone, ma non l’avevo mai praticata prima d’ora. »
Incredibile... la parola risuonò a lungo nella mente di Edward, ma non intendeva restare fermo ad aspettare ulteriori sviluppi. Dopotutto, quella era la sua battaglia... se qualcuno doveva sconfiggere Envy, questo compito spettava a lui, e a lui soltanto. Perciò, ignorando il dolore e le ferite, l’Alchimista d’Acciaio si rimise in piedi, pronto all’ultimo atto.
« Grazie » disse a Riuji, respingendo le sue mani che lo costringevano al suolo. Unì i palmi e riparò l’automail danneggiato con un solo tocco, facendolo tornare come nuovo. Entei atterrò al suo fianco, e si chinò per invitarlo a montare sulla sua groppa; il ragazzo obbedì subito. Insieme si scagliarono su Envy, ormai disorientato per i troppi colpi subiti; il Pokemon sputò un’enorme palla di fuoco sulla sua schiena, che esplose con un botto fragoroso. Ed saltò dalla groppa di Entei, unì i palmi e li posò sul punto dell’impatto; una scarica di luce rossa avvolse l’Homunculus, che gridò ancora più forte di prima e cadde a terra.
« Aaaargh!!! Maledetto... non riesco a muovermi... che diavolo stai facendo? »
« Te la faccio pagare cara, naturalmente! » rispose Ed, furioso come non mai. « Ti sei spacciato per mio fratello... hai aggredito i miei amici... e hai minacciato la persona che mi è più cara al mondo. E non ho dimenticato che fosti tu a uccidere il maggiore Miles Hughes! Questo... è per tutti loro! »
I Pokemon e i Digimon più vicini si ritirarono, mentre Ed eseguiva un’ultima trasmutazione. Unì i palmi ancora una volta e afferrò l’enorme corpo di Envy; ci fu un nuovo bagliore rosso, più forte del precedente, e l’Homunculus cominciò a liquefarsi sotto lo sguardo di tutti i presenti. Ed ricordava perfettamente che gli Homunculus erano esseri creati dalla Pietra Filosofale, e che per eliminarli occorreva distruggere questa. Ricordava tutto... compreso il modo per distruggere la Pietra, come gli aveva insegnato il dottor Marcoh in passato.
Ora la storia si stava ripetendo.
Entei recuperò Edward e insieme tornarono a terra, mentre il nemico rimpiccioliva a vista d’occhio; una gran quantità di liquido scarlatto sgorgava dal suo corpo deforme. In pochi secondi, era tutto finito: Ed, Catherine, Riuji e gli altri abitanti della foresta assistettero all’ultima trasformazione di Envy, ormai sconfitto: quando i resti della Pietra Filosofale si dissolsero nell’aria, ai loro piedi in mezzo all’erba non restava che un piccolo esserino verde, dotato di otto zampe, una coda, grandi occhi e una bocca con denti seghettati.
« Ugh... no... non di nuovo » piagnucolò Envy con una flebile vocetta stridula. « Non di nuovo... non di nuovo! »
« Invece sì, Envy » dichiarò Ed, avanzando minaccioso verso di lui. « È finita, di nuovo. Era inevitabile, la storia doveva ripetersi: come una volta eri un burattino nelle mani del Padre, ora lo sei stato per Nul. Ti ha usato, proprio come fece il tuo creatore... e allo stesso modo, hai fallito. »
Il suo piede calò spietato sulla creaturina, ma questi lo scansò all’ultimo momento.
« No, no, no! Non è finita! » protestò Envy, che subito prese a sgattaiolare tra i fili d’erba. « Non è affatto finita! Mi riprenderò, ti ritroverò, ti ucciderò e... gaaah! »
Un Pokemon simile a un uccello si era avventato su di lui, agguantandolo con il suo becco. Un attimo dopo aveva già spiccato il volo, portandoselo via. Ed e gli altri udirono ancora la vocetta terrorizzata di Envy, mentre l’uccello si allontanava tra gli alberi.
« No, fermo... che cosa vuoi fare? No... no... nooooo! »
Smise di gridare, non appena il Pokemon lo ingoiò tutto intero.
Ora era davvero finita. Il gruppo restò in silenzio per una manciata di secondi, poi Edward prese la parola e nel frattempo crollava a terra in ginocchio.
« Hehe... bene. Credo di potermi permettere di svenire, adesso... »
Riprese i sensi poco più tardi, sdraiato su un morbido divano all’interno della Kame House. Catherine, Riuji, Pikachu e Agumon erano vicino a lui, e lo fissavano con aria sollevata. Il ragazzo non sentiva quasi più dolore: le sue costole erano sembravano nuovamente integre, anche se non sapeva spiegarsi come. Riuji spiegò di averlo curato con una medicina ricavata dall’uovo di un Pokemon chiamato Chansey, in grado di far recuperare la salute in breve tempo. Ed rimase al suo posto, ma nel frattempo aveva bisogno di fare chiarezza su quanto era accaduto: lo scontro con Envy, terminato con la sconfitta di quest’ultimo, non aveva cambiato lo stato delle cose.
« Il mio avversario è morto » dichiarò Ed alla fine. « Questo significa che avrei vinto la sfida organizzata da Nul, e dunque avrei diritto di tornare a casa. Eppure qualcosa non torna. »
Si voltò a guardare Catherine, dal cui sguardo era evidente che pensavano la stessa cosa. Lei ricordava di aver visto il loro mondo cadere nell’ombra, come se fosse stato distrutto; possibile che Amestris non esistesse più? Erano davvero bloccati laggiù per sempre?
« Non resta che una cosa da fare » riprese l’alchimista. « Dobbiamo trovare Nul, come avevo stabilito fin dall’inizio con gli altri Valorosi. Lo costringeremo a rimettere tutto a posto, in un modo o nell’altro. Io sento che non tutto è perduto... finché saremo vivi, ci sarà ancora speranza. »
Gli altri sorrisero intorno a lui, e Edward si ritrovò a ricambiare. Lui stesso era sorpreso per una tale dose di ottimismo... forse doveva ringraziare Sora per questo, dato che per tutto il tempo passato insieme non aveva quasi smesso di sorridere. Perciò, senza altro da aggiungere, Ed si alzò in piedi, pronto a rimettersi in cammino.
Non appena mise piede fuori, ebbe una nuova sorpresa. Davanti alla Kame House era apparso Totoro, insieme a un’enorme folla di Pokemon e Digimon riuniti intorno a lui. Il guardiano della foresta ora sfoggiava il sorriso più largo che Ed avesse mai visto, tanto da stupirsi che avesse una bocca così grande; con una zampa reggeva l’ombrello aperto, benché avesse smesso di piovere da tempo.
Riuji e Catherine, apparsi sulla soglia alle spalle di Ed, divennero increduli non appena lo videro.
« Totoro! » esclamò la ragazza, che corse subito verso di lui per abbracciarlo. « Sei sceso dall’albero, finalmente! È fantastico... ora non sei più triste, vero? »
Totoro non rispose, ma continuando a sorridere posò la zampa libera sul capo di Catherine. I Pokemon e i Digimon intorno a loro esultavano felici, compreso Entei.
« Credo che sia merito tuo, Ed » suggerì Riuji con aria lieta.
« Cosa? Ma... credevo che le mie parole non fossero servite a nulla. Al massimo ho potuto riparargli l’ombrello! »
« E questo deve aver fatto la differenza, credo. Totoro sembra riconoscere i significati maggiori nei gesti più piccoli... e non dimentichiamo che hai appena salvato la foresta e tutti noi. Ora le cose cambieranno, ne sono certo. »
Ed annuì, pur non essendo del tutto sicuro di aver capito; dunque si avvicinò a Totoro, sperando che finalmente potesse aiutarlo. Il ragazzo non ebbe nemmeno bisogno di chiedere, perché il guardiano della foresta sapeva già cosa fare: spalancò la bocca e inghiottì un’enorme quantità d’aria, gonfiando il petto di parecchio; poi lanciò una sorta di richiamo assordante che fece vibrare ogni cosa nei paraggi. I ragazzi furono costretti a tapparsi le orecchie, tanto era forte.
Per qualche secondo sembrò non fosse accaduto nulla. Poi, all’improvviso, dagli alberi spuntò fuori qualcosa di enorme, fermandosi a gran velocità proprio accanto a Totoro: era un gigantesco gatto sorridente, con il corpo a forma di autobus dotato di finestre e sedili, e una grande coda folta; i suoi grandi occhi brillavano, proprio come i fari di un veicolo.
I tre ragazzi fissarono il nuovo arrivato a bocca aperta.
« E questo chi è? » domandò Ed. « Un altro Pokemon? O un Digimon? »
Il gatto-autobus emise un lungo miagolio.
« Questo è il Gattobus » rispose Agumon con un sorriso. « Dice che vi porterà ovunque vogliate, se scegliete di salire a bordo. »
Ed, Catherine e Riuji si scambiarono un’occhiata incerta. Totoro e il Gattobus rimasero fermi sul posto, aspettando pazientemente la loro decisione.
« Be’, se può aiutarmi a tornare dai miei amici, ci sto » disse Ed, sollevato. « Voi che ne pensate? »
« Sono d’accordo » convenne Riuji. « Anch’io salirò a bordo. Io... devo ritrovare Taiga; non sarò dotato di poteri magici, né ho una forza micidiale come te, Catherine... ma ho una certezza che supera di gran lunga tutto questo. Io sono sicuro che Taiga è qui da qualche parte, in questo mondo... e mi sta aspettando. »
Ed annuì con orgoglio.
« Voi mi avete aiutato molto... tutti voi » disse, rivolgendosi all’intero gruppo. « Il minimo che posso fare per sdebitarmi è aiutarti nella tua ricerca, Riuji; perciò andremo innanzitutto a recuperare Taiga, sei d’accordo? »
« Be’ io... certamente! Grazie infinite! »
Il Gattobus miagolò ancora, attirando la loro attenzione. Il cartello sopra la sua testa, usato per indicare la prossima destinazione, fece comparire la scritta “AISAKA TAIGA”. I due ragazzi, nuovamente sorpresi, si avvicinarono per salire a bordo.
Catherine, tuttavia, rimase dov’era, insieme a Pikachu e Agumon.
« Non vieni, Catherine? » domandò Ed.
« Non posso, mi dispiace » rispose la ragazza, rammaricata. « Là fuori è troppo pericoloso per una come me... per quanto mi piacerebbe, non posso seguirti in questo viaggio. »
« Certo che puoi! » ribatté l’alchimista. « Ti ho visto combattere poco fa, sei stata incredibile! Sei all’altezza di tuo fratello e di tua sorella, una degna erede della famiglia Armstrong. Saresti sicuramente di grande aiuto. »
« Proprio per questo devo restare qui. I Pokemon e i Digimon hanno bisogno di me, e io devo proteggerli; la Foresta di Ghibli è uno dei pochi posti sicuri in questo mondo caotico... e deve restare in piedi finché tu non avrai rimesso le cose a posto. »
Ed cercò di replicare, ma si accorse di non avere altro da dire. Catherine era riuscita convincerlo subito; aveva perfettamente ragione. Per questo si ritrovò ad annuire subito dopo, senza aggiungere altro.
« D’accordo. »
Ormai era giunto il tempo dei saluti. Catherine, Pikachu e Agumon corsero ad abbracciare i due amici in partenza; anche Entei si avvicinò, il quale emise un verso gioioso.
« Fa’ attenzione là fuori, Ed » disse Catherine mentre lo abbracciava. « Anche se sei piccolo, sei grande e forte come il mio fratellone... aveva ragione su di te, perciò ti prego... torna sano e salvo! »
« Lo farò, Catherine... promesso. »
« Pikapika! »
« Buona fortuna, ragazzi! » esclamò Agumon, agitando le zampe.
« Ciao, amici... e grazie di tutto! » terminò Riuji.
La porta del Gattobus si richiuse, e un attimo dopo iniziò la sua corsa. Ed e Riuji dovettero reggersi forte per non cadere; l’animale sfrecciava a una velocità incredibile, addentrandosi nella foresta come un razzo. In un attimo si erano lasciati alle spalle tutti quanti: Totoro, Catherine, Entei, Pikachu, Agumon e tutti gli altri abitanti della foresta. Nuovi amici che salutavano festosi, speranzosi di vederli tornare sani e salvi, un giorno.
Presto sarebbero giunti a destinazione, nel luogo in cui si trovava Taiga.
Nel frattempo, una figura alata si trovava sulla cima dell’albero di canfora, giunto appena in tempo per osservare l’improvviso mutamento degli eventi. Nul rimase immobile al suo posto, leggermente contrariato: le cose stavano prendendo una brutta piega... nonostante si fosse già preparato a tale evenienza. Poteva ancora intervenire e portare via Edward Elric, ma tutto sommato era meglio lasciarlo andare: per una fortuita coincidenza, si stava dirigendo nel posto desiderato.
 
 
 
Spazio Autore: rieccomi qua! Scusate se ci ho messo più tempo del previsto, ma questi capitoli individuali diventano davvero lunghi... di questo passo ne avrò per tutto il periodo natalizio, hehe.
Allego anche questa volta un’immagine che raffigura i protagonisti principali di questo capitolo: stavolta si tratta di un collage di varie immagini ufficiali (a parte Catherine che avevo disegnato di mano mia in un altro lavoro), spero che vi piaccia insieme al resto della storia.
A presto!
   
 
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