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Autore: cartacciabianca    06/03/2009    2 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Le sue Cronache, tra le sue braccia






Nel pomeriggio, dopo pranzo, Elena si recò nella biblioteca.
Trovò la sala alquanto silenziosa e spopolata; chissà dove erano tutti quei saggi che di solito si aggiravano per quelli scaffali, si chiese. O meglio, chissà dove erano andati a far casino tutti quelli assassini!
La ragazza curiosò un po’ in giro, adocchiò qualche testo interessante e ben presto raggruppò tra le braccia un mucchietto pesante di libri. Poggiò il tutto sul tavolo al centro della biblioteca, dove fu sorpresa di trovarvi due giovani incappucciati con la testa china sulle le pagine.
La ragazza li osservò in silenzio e immobile, ma i due parevano molto assorti, così si sedette a distanza e cominciò a sfogliare qualche riga.
La luce del sole penetrava dal grosso lucernario sul soffitto e allungava i suoi raggi magnifici per tutta la biblioteca. Si diffondeva il canto degli uccellini appollaiati sul tetto, assieme ai bisbigli indistinti di altri possibili visitatori della biblioteca.
Il pulviscolo atmosferico e la polvere galleggiavano nell’aria minuziosamente, ed Elena starnutì.
Uno dei due si voltò a guardarla solo un istante prima di tornare allo studio.
La ragazza si concentrò sulle parole di ciò che stava leggendo e scoprì quel testo parecchio interessante.
Erano le cronache di un assassino dal nome anonimo. Elena lesse l’intestazione con attenzione e scoprì che costui nell’anonimato aveva scritto di sua mano quel testo sperando che qualcuno lo leggesse. Ebbene, Elena ora c’era ed era tanto curiosa di sapere come se la passava un assassino di medio rango durante i suoi primi addestramenti.
Lesse che il poveretto era stato strappato dalla famiglia a soli cinque anni. I suoi genitori l’avevano dato disperso quando il piccolino si era allontanato dalla madre mentre ella faceva compere nel mercato di Damasco. Il giovane si era allontanato dal centro della città finendo nei distretti poveri, ove si era imbattuto con un soldato ubriaco che gli aveva puntato la spada contro.
Lì era intervenuto un assassino, e da quel momento il piccolo ragazzo non si era più allontanato dal suo mentore.
Elena lesse interessata di come questo assassino divenne presto il suo maestro. Egli veniva nominato dall’autore come il “Dio”. Perché l’anonimo scrittore narrò in quel testo che Elena lesse con tanta voracità di aver imparato da lui così poco da poter essere nominato solo “Angelo”. L’anonimo assassino aveva scritto di voler aspirare alla sua bravura, ma Elena era curiosa di sapere in primis quale fosse il nome di entrambi, sia allievo che maestro.
L’allievo era cresciuto al fianco del Dio durante tutti i suoi anni di gioventù, apprendendo da lui ogni qual si voglia uso d’armi. Elena arrivò al nono capitolo senza troppa fatica e con ancora tanta voglia di leggere dentro che nessuno l’avrebbe potuta fermare.
Questo paragrafo delle Cronache l’aveva scritto con tanto amore il Rafik di Gerusalemme di venti e più anni prima. Egli narrava delle missioni compiute dell’allievo e di come questo apprendesse alla lettera i consigli del suo maestro.
Elena pensò alla sua permanenza ad Acri e a come il Rafik si era impegnato nell’aggiornare repentinamente sia le sue che le Cronache di Altair. Era un uso comune, si disse, perché nell’ala della biblioteca ove aveva trovato il testo anonimo, aveva pescato molte Cronache di tanti altri assassini, soprattutto anonimi.
Elena, immersa fino al collo nella lettura e persa tra l’inchiostro delle parole, lasciò che il tempo corresse via senza che se n’accorgesse.
Uno dei due assassini si allontanò dal tavolo con il libro sotto braccio e lasciò la biblioteca.
Elena alzò gli occhi dagli scritti e lanciò un’occhiata al ragazzo rimasto lì a leggere come lei.
Questo incontrò il suo sguardo e sorrise da sotto il cappuccio, poi tornò allo studio.
Elena notò che era di rango piuttosto alto: quasi paro al suo maestro e gli mancavano solo i cinque pugnali da lancio sulla spalla. Il volto giovane e serio celato dall’ombra scura del cappuccio, gli occhi assorti nella lettura.
La ragazza non si lasciò distrarre ulteriormente, ma quando si accorse di essere arrivata all’undicesimo capitolo e lesse la prima riga, sobbalzò.
Questa frase iniziava con un discorso diretto dell’anonimo autore. Diceva: “Kalel diede me un gran dispiacere. Non credei possibile quello che aveva fatto. Il mio Dio diede me un gran dispiacere…”.
Si stava riferendo a suo padre, Elena l’aveva inteso bene, ma possibile che Kalel avesse salvato quel ragazzo dal soldato ubriaco e fosse stato poi suo maestro? E se quelle fossero le Cronache di suo fratello? No, non poteva essere, quel testo non apparteneva al suo fratello occulto dall’anonimato. Egli non aveva mai avuto una famiglia a Damasco. Elena comprese che suo padre, nei tempi della sua massima maestria, aveva dato insegnamenti ai novizi allo stesso modo di come Altair stava facendo con lei. Elena lesse le parole dell’allievo di suo padre con cura, cercando di estrapolare da quelle complicate riflessioni personali cosa l’avesse turbato tanto.
Scoprì che l’anonimo si stava riferendo all’amore nato tra Kalel e la Dea Alice, che l’anonimo chiamava la “Serpe”.
Ecco spiegato il tatuaggio che Elena portava sul braccio sinistro.
“Serpe assisteva ai miei allenamenti, Serpe mi derideva quando il mio Dio mi batteva a duello, Serpe era alla mensa seduta sempre accanto al mio Dio, Serpe, Serpe, Serpe! Sfidai Serpe a duello. Serpe mi schiacciò a terra e il mio Dio rise di me. Serpe era … una Serpe…” le parole di un assassino tormentato dalla presenza assidua di una Dea troppo piena dal suo amore. Quel punto di vista le fece male, perché scoprì che Kalel era stato parecchio ingiusto con il suo allievo. Non riuscì a credere che quella Serpe così piena di sé fosse sua madre, ma forse l’anonimo scrittore aveva gonfiato a suo vantaggio la storia, esprimendo un giudizio che traboccava di rabbia e furore a causa degli allenamenti sprecati e il tempo perso.
Elena lesse di quanto l’assassino fu felice dell’esilio di Kalel e Alice, ma quel punto fu troppo.
La ragazza chiuse il libro con violenza e lo andò a mettere al suo posto, esattamente dove l’aveva trovato. Tornando a sedersi, si ritrovò da sola in tutta la biblioteca.
Meglio così, si disse alzando le spalle, e aprì il prossimo libro guardandosi attorno circospetta. Eppure non si sentiva affatto sola, anzi…
Questo nuovo avvincente testo erano le Cronache di un assassino poco convinto di quello che faceva. Si lamentava spesso nella maggior parte dei capitoli, di quanto uccidere fosse la cosa più straziante del mondo, insomma, dopo tutto… l’autore anche questo anonimo, sembrava vedere il lato apocalittico della confraternita. Nei suoi scritti, nella sua calligrafia tremolata e incerta, Elena colse la paura angosciante della prossima missione, e il timore di stringere tra le mani una nuova piuma linda da macchiare.
Quando si fu stancata anche di quel medesimo testo senza informazioni interessanti, Elena si costrinse a mettere apposto tutti i libri fin ora scelti e a cominciare da capo la ricerca.
Saziò la sua curiosità in un’ala nascosta della biblioteca, dove grandi scaffali polverosi erano chiusi da spesse grate di metallo, cui era possibile accedere senza alcun tipo di serratura o chiave. Così Elena allungò una mano e passò il dito sui dorsi dei testi, scorrendo con gli occhi i titoli più interessanti.
Da un sondaggio ben accurato, la ragazza scoprì che quelli scaffali traboccavano di Cronache scritte sugli assassini più abili, o meglio quelli di rango alto e che aspiravano all’omicidio perfetto.
Elena sobbalzò.
Mancavano dei testi, in un angolo in basso a destra. Gli spazi vuoti erano attraversati da ragnatele e sopraffati dalla polvere, e il buio lasciava i fori necessari per inserirvi due grossi volumi.
Ecco le Cronache mancanti che la spia aveva pensato bene di portare a Corrado.
Già, la spia… cacciò quei pensieri, non le andava a genio di rovinarsi la giornata, anche se avrebbe dovuto dire a Tharidl chi si celava nell’anonimato e sgattaiolava per la fortezza rubando informazioni preziose. Avrebbe dovuto spezzare la catena svelando il nome di Minha. In lei si muoveva il timore che non fosse realmente lei. Insomma, parlandoci chiaro, quella volta Corrado aveva utilizzato il Frutto dell’Eden per generare l’illusione di suo padre ancora vivo. Come poteva sottovalutare il fatto che anche la visione di Minha poteva essere scherzo del Potere del Frutto? Se Corrado l’avesse fatto apposta indirizzando le sue accuse contro una donna innocente? Cacciò quei pensieri.
Elena si chinò in ginocchio e notò che, accanto a quei fori scuri, c’erano altri testi che portavano un solo nome: Altair.
La ragazza afferrò il primo tra tutti i volumi e si sedette nell’angolo tra lo scaffale e la parete di pietra. Incrociò le gambe e aprì ad una pagina qualunque…

Giorno del peccato. Ha ucciso.

Titolo interessante, pensò lei con malinconia.


Mondo che brucia, fiamme eterne che lo avvolgono. Il Rafik non può aiutarlo, è solo a questo mondo e nessuno può aiutarlo. È marchiato a vita, e il suo animo si perde nell’oscurità. Mi ha chiesto lui di scrivere questo. Ha ucciso.


Elena chiuse il libro lentamente.
Non avrebbe dovuto, insomma… quanti avevano osato leggere quelle pagine? Se c’era una grata, poteva altro non essere un avvertimento, un gran cartello con scritto: alla larga, questi testi possono indurre alla depressione.
E così era, perché leggere sarebbe stato disonorevole nei confronti delle persone cui appartenevano quelle parole, ma anche straziante da un punto di vista oggettivo per il lettore.
La ragazza si sollevò afflitta.
La curiosità l’avrebbe lacerata, ma non poteva, si disse che non poteva. In fondo al suo cuore, sapeva che avrebbe scoperto molto se avesse continuato a leggere, ma quel troppo sufficiente per lasciarle dentro un vuoto immenso.
Ripose il libro dove l’aveva preso e s’incamminò verso il centro della biblioteca, sedette al tavolo e congiunse le mani sul ripiano.
Rimase in silenzio, lanciò un’occhiata a quelli scaffali tanto ombrosi, ma si riscosse, perché ci stava ripensando.
-Elena-.
Voce familiare la chiamò e la ragazza si voltò … parli del diavolo, spuntano nel corna, pensò.
Altair le venne al fianco ed Elena si alzò, cogliendo l’espressione del suo maestro alquanto seria e contenuta.
-È successo qualcosa?- domandò con innocenza. L’aveva vista! L’aveva beccata! Ahi, ahi…
L’assassino tacque pensieroso, poi disse: -Ti ricordi di aver preso un certo impegno, vero?- chiese.
Elena scosse la testa. –Quale?- fece stupita. Quale a parte diventare una Dea, servire e riverire la setta, ammazzare, combattere, allenarsi, farla pagare a Rhami. Cancellò l’ultimo punto: già fatto.
-Il Maestro vuole che assistiamo al raduno per discutere del Frutto- proferì rigoroso.
Elena impallidì. –Sì, è vero… ho accettato- ora ricordava. Ma quella notte le erano passate per la mente tante altre piccole novità che non aveva avuto modo di riflettere più di tanto su questa nuova responsabilità.
Curvò le spalle. Le sarebbe piaciuto avere altro tempo libero, ma la sua stupidità (nell’aver accettato l’incarico) chiamava a rapporto.
Altair addolcì lo sguardo e le perse il mento in una mano, sollevandole il viso. –Sei sicura? Puoi anche rinunciare, non sarò certo io ad obbligarti-.
Elena lo fissò negli occhi alcuni istanti, e in testa le si agitarono le poche parole appena lette. –Ecco…- mormorò, ma ricacciò quell’insicurezza e quei pensieri, allontanando il braccio dell’assassino da lei. –No. Verrò alla riunione e farò la mia parte. Ho tanto da… dire a riguardo- pronunciò compiaciuta.
Il suo maestro annuì e si avviò; Elena lo seguì.

Il convegno aveva luogo in una delle sale secondarie e che circondavano quella delle cerimonie. Vicino all’ingresso principale del salone, erano radunati una dozzina di saggi dalla veste bianca, alcuni assassini di rango alto e delle guardie, immobili davanti ai battenti ancora chiusi. C’era un gran baccano di sussurri, voci e chiacchiere che si diffondeva per tutta la fortezza.
Altair si fermò ed Elena arrestò il passo al suo fianco.
-Reggimi il gioco, quando saremo dentro- disse lui.
-Quale gioco?- domandò confusa.
-Fidati, e forse otterremo quello che vogliamo-.
Elena scosse la testa. –Quello che vogliamo o… quello che volete voi?- squadrò il profilo perfetto del suo mentore.
-Quello che è meglio per tutti- sbottò lui voltandosi.
All’appello mancava solo il Gran Maestro, che comparve dopo poco alle loro spalle.
Con lui, avanzò tra la folla Adha che portava un cofanetto di legno decorato stretto in grembo.
Elena colse un gioia luminosa affiorare sul viso del suo maestro. Chissà cosa stava pensando.
La donna indossava un abito bianco con ricami purpurei e i capelli legati in una treccia che le cadeva sulla spalla. Il viso sereno ma serio, le labbra carnose strette in un sorriso tra fierezza e timore.
Tharidl Lhad schiuse i battenti della sala e la calca di illustri saggi e assassini si rovesciò nella stanza, andando ad occupare in silenzio i posti attorno alla lunga tavolata unica.
Le guardie si sistemarono accanto alle vetrate enormi che davano sul cortile interno, circondarono le pareti della sala, e stettero immobili come statue.
Saggi e assassini si alternarono di posto ed Elena fu costretta a prendere parte al tavolo con accanto due vecchi omuncoli bassi quanto lei.
Adha a capo tavola da un lato e Tharidl dall’altro.
Il raduno ebbe inizio.
Un saggio si levò in piedi senza attendere. –Teniamolo qui! Non c’è altro luogo cui disponga della sicurezza necessaria! Il nostro esercito è meglio attrezzato ad un combattimento!- sbottò.
Un assassino prese la parola. –I nostri fratelli a Gerusalemme sono abbastanza neutrali! Mandiamolo lì- gridò.
-Non se ne parla!- saltò in piedi un altro Angelo. –Propongo di lasciare che i Falchi lo portino in Italia! Abbiamo una sede lì abbastanza celata nell’ombra, se ne prenderanno cura a dovere- disse.
-In Italia?- rise un saggio alzandosi. -Quella terra tormentata dalle rivolte e preda di piccoli e frammentati regni feudali che crollando di continuo sotto il potere altrui?! Neppure morto permetterei una cosa del genere!-.
Il saggio che aveva parlato per primo soffocò una risata. –Ha ragione, in Italia…-.
Elena si strinse nelle spalle, sentendosi piccola piccola.
Altair era seduto alla destra di Adha, che tra le mani stringeva possessiva il cofanetto tanto prezioso.
I due amanti si sussurrarono qualcosa che la ragazza non colse, ed Elena lanciò un’occhiata al capo opposto del tavolo, ove Tharidl taceva fermo.
La sala fu preda del caos in poco tempo, mentre tre fazioni contendenti si schieravano gridando ai quattro venti il loro volere.
C’era chi voleva tenere il Frutto a Masyaf, unica sede centrale che tenesse abbastanza uomini da poter respingere un attacco.
Altri sostenevano che venisse portato… perché in Italia non le era tanto chiaro!
Gli ultimi, una piccola minoranza, chiedevano che il Frutto viaggiasse senza sosta per il Regno come avevano deciso alla morte di Al Mualim.
Qualcuno diede con violenza un pugno al tavolo, che barcollò attirando l’attenzione e il silenzio dei presenti.
Elena si voltò, e vide che il suo maestro si era alzato e aveva entrambi i palmi aperti poggiati sulla superficie di legno. Lo sguardo basso, la schiena dritta. –Basta! Basta!- serrava i denti.
Adha lo guardò sbigottita. –Altair…- mormorò la donna, alquanto stupita.
Elena s’irrigidì quando Altair alzò gli occhi e li passò svelti su di lei. Sentì un brivido percorrerle la schiena, e deglutii. Perché la fissava?
Altair parlò, composto: -Elena, diglielo tu- disse.
La ragazza si nascose al meglio nel cappuccio, ma ormai saggi e assassini la contemplavano attendendo una risposta.
-Cosa?- balbettò Elena.
Altair chiuse i pugni. –Diglielo che cosa hai provato utilizzando quei poteri, di’ loro come sono andate le cose!- digrignò.
-Io…- Elena stava per esplodere, e dentro di sé si maledisse per non aver cambiato idea su quella maledetta riunione! –Non ne sono in grado- proferì.
-Non ne sei in grado?- ripeté Adha spaventata.
Altair poggiò una mano sulla spalla della donna. –Lascia fare a me- le disse, ed Adha annuì, avvicinando il cofanetto ulteriormente al suo petto.
L’assassino la fulminò ancora una volta coi suoi occhi neri. –Non ne sei in grado perché quello che hai passato è stato terribile, non è così?- si allungò verso di lei ed Elena lo colse nel fare l’occhiolino.
Dove voleva arrivare? E la ragazza si ricordò le loro parole prima di entrare nella sala.
-Sì- fece timida.
Altair annuì soddisfatto.
-Io non capisco!- sbottò un Angelo, e puntò il dito contro Altair alzandosi. –Se la ragazzina non sa reggere un po’ di stress, che qualcuno l’accompagni di fuori! Qui siamo tra adulti!- disse scorbutico.
Elena si sentì avvampare. Qualcuno la insultava e lei era troppo sotto i riflettori per infierire ancora. Era troppo in imbarazzo per reagire.
Un saggio si levò dal suo seggio. –Penso la stessa cosa. Una Dea non è mai stata abbastanza privilegiata ad assistere questa conversazione. E con le vostre parole, mastro Altair, non ho idea di dove vogliate arrivare! Ella ha forse provato i poteri del Frutto?!- rise.
-Non lo sapevate?- proferì un altro Angelo della Morte.
Il saggio scosse la testa. –Oh, allora cambia tutto… scusate. Sono d’accordo con Altair, forse questa Dea può davvero aiutarci a comprendere al meglio a chi affidare il Frutto-.
Altair scosse la testa. –No! Basta!- sbottò ancora, furioso. –Dovremmo distruggerlo! Ecco!-.
Fu Adha ad alzarsi. –Sei impazzito?!- gridò.
Il silenzio provocato da quelle parole durò ben poco, perché tutti i membri seduti a quel tavolo si alzarono e cominciarono a strillare l’uno contro l’altro.
Adha conversava accanitamente con il suo amato, che le illustrava sulle dita di una mano i motivi per cui avrebbero dovuto distruggere il Frutto dell’Eden.
Le guardie attorno si scambiarono occhiate sgomente.
La ragazza si portò le mani alle orecchie. Possibile che anche nella confusione più assordante non ci fossero suoni? Vedeva le bocche muoversi, ma da esse usciva solo un sibilo insopportabile sommato al caos di parole confuse e senza senso.
Elena si girò: Tharidl sembrava dormire. Gli occhi chiusi, le braccia conserte. Solo lui avrebbe potuto arrestare quel bordello.
La ragazza si alzò e senza farsi notare, si avvicinò al vecchio Maestro.
-Maestro!- strillò poggiando una mano sulla sua spalla.
Lui, ancora con gli occhi chiusi, rispose: - Hmm ?-.
-Siete sveglio, Maestro?!- fece stupita.
-Certo- le disse avvicinando le labbra all’orecchio di lei.
-E cosa state aspettando? Fermare questa pazzia! Non li sentite?- domandò.
-Sì-.
-E cosa state aspettando?!-.
-Siediti, Elena e pazienta al tuo posto, a breve ti sarà tutto più chiaro…- le indicò la sua sedia, ed Elena tornò lì.
Nel momento in cui sedette, un assassino batté i palmi sul tavolo. –Non resterò un minuto di più! Ci rinuncio, fate come volete, non m’importa!- dicendo così, il giovane Angelo lasciò la sala con passo scattante.
Il Maestro sorrise compiaciuto.
Dopo pochi minuti due saggi si strinsero la mano e uno di loro disse: -Che qualcun altro scelga dove nascondere l’oggetto che causerà la fine del mondo. I nostri nomi, se permettete Maestro, non saranno tra costoro acciari!- e anche quei due si avviarono fuori dal salone.
La stanza si svuotò troppo in fretta.
Elena rimase a guardare in silenzio.
La confusione andava affievolirsi man a mano che attorno al tavolo comparivano sempre più posti vuoti.
Saggi e assassini rinunciavano, sgomentati, a prendere parte a quella riunione che sapeva solo di grida e baggianate. Fin quando…
Le uniche voci in sala erano quelle di Altair e Adha.
-Straziante?- sbottò lei.
-Sì, è straziante. Dovresti provare!- rise lui con aria di sfida.
-Stanne certo, uno di questi giorni me lo faccio tagliare il dito!- si beffò la donna.
-Portare quell’affare qui è stato straziante, ed ora sarebbe bene distruggerlo! E tu lo sai!- le prese il mento con una mano.
Adha si divincolò dalla presa guardandosi attorno.
Il salone taceva, il tavolo era vuoto e solo Elena, il Maestro, alcuni saggi e alcuni assassini ancora vi sedevano.
Elena ora capiva perché Tharidl le aveva detto di aspettare. Il 90% dei partecipanti all’assemblea se l’era filata per il troppo casino.
La ragazza cominciò a sorridere.
Altair tornò a sedersi di colpo. –Ah, non me ne sono accorto- borbottò sorpreso.
Tharidl scoppiò in una fragorosa risata. –Ebbene, ora possiamo tornare alle questioni-.
-Sono onorato di aver preso parte a questa conversazione, Maestro, non me ne andrei per nulla al mondo- disse un assassino portandosi il pugno chiuso al cuore.
Tharidl gioì ancora. –Non credere che ti alzerò di rango, per questo-.
Il giovane si strinse nelle spalle chinando il capo.
-Assurdo- proferì Altair. –Non credevo che avrebbe funzionato, quando me ne parlaste, Maestro- disse guardando il vecchio.
Questo si sistemò più comodo. –Conosco abbastanza affondo molti di voi e ancor meglio il genere umano- si vantò.
Adha rise, e la sua risata acuta rimbombò nella sala. –Ovviamente- arrossì sfiorando con le dita il braccio del suo amato.
Tharidl batté le mani una volta. –Siamo pronti a cominciare?- chiese.
Elena si allungò sul tavolo. –Cominciare cosa?- domandò in un sussurro.
Tharidl si alzò. –Il destino del mondo è stato abbandonato nelle nostre mani. Saranno in così pochi a prendere la decisione, e sono fiero di annunciare che ne sono parecchio contento-.
-Elena- la chiamò il suo maestro, e lei si voltò.
-Spiega a Tharidl e ai presenti quali poteri ha il Frutto. Tu che l’hai toccato e ne hai piegato la volontà…- mormorò.
Il silenzio cadde inaspettato sulla tavola, ed Elena tornò con la schiena poggiata alla sedia. –Non so che dire, ho solo avuto paura in quel momento. Ho pensato che avrei potuto mettere fine alla Guerra Santa soltanto pensandolo, ma qualcosa dentro di me, forse una piccola parte di buon senso- sorrise –mi ha detto di non esagerare, ricordandomi cosa accadde ad Al Mualim e a Corrado per la loro avidità di potere…- alzò gli occhi e si guardò dai partecipanti che la fissavano interessanti.
Un assassino inarcò un sopracciglio. –Allora non stavate… scherzando!- sbottò sbalordito, e si rivolse a Tharidl. –Costei ha padroneggiato davvero il Frutto!- aggiunse agitato.
Tharidl rise, di nuovo. –Siete voi mio caro quello troppo ottuso da non aver afferrato il motivo della sua presenza!-.
L’assassino stette muto.
-Tornando al sodo. Elena- la chiamò Adha con voce melodiosa.
La giovane si girò verso di lei lentamente. –Io vorrei che sia distrutto- disse.
A quelle parole, Altair si alzò. –Avete visto? Ella non è stata affatto condizionata dalla mia proposta né tanto meno dalle altre. In lei bolle solo la paura che qualcuno, anche il più fidato dei Falchi, possa approfittarne! Fino ad ora non successe nulla per mera fortuna, ma in futuro potrebbe essere rischioso! Non temo i nostri nemici, ma i nostri alleati!- sentenziò soddisfatto.
-No-.
Chi aveva parlato? Possibile che Elena non avesse tenuto conto di quella voce? Che non si fosse mai accorta che Fredrik era uno degli assassini che ancora presenziavano.
L’Angelo sollevò il volto che fu ben visibile alla ragazza, che era seduta esattamente di fronte a lui.
-Mi spiace fratello, ma io non sono d’accordo- disse serio.
Altair tornò a sedersi. –Fredrik, mi pareva di averne discusso- sibilò.
-Vai influenzare la ragione altrui, Altair?!- sbottò un altro assassino.
Elena fissò Fredrik con insistenza, fin quando occhioni verdi non la notò. La salutò con un gesto del capo e guardò verso l’incappucciato che aveva appena parlato.
-Affatto!- rispose il suo maestro all’offesa. –Fredrik, perché?- lo interpellò.
Fredrik s’incupì, e l’ombra del cappuccio si allungò sul suo volto. -Ci ho ripensato, e sono restato qui per difendere le mie posizioni, Altair. Però lo ammetto, mi sono lasciato influenzare troppo da te e dai nostri allenamenti assieme. Mi spiace, ma voto perché il Tesoro dei Templari venga custodito qui o lasciato ai Falchi- dichiarò.
Altair, interdetto, non seppe che aggiungere.
-Dunque, ricapitolando- fece Tharidl. –Abbiamo una Dea e un solo assassino su quattro che vogliono distruggere il Frutto. Un saggio che vuole sia portato in Italia, due Angeli che desiderano venga restituito ai Falchi, e quanti a favore perché resti qui?- domandò.
Adha alzò la mano.
-Perché?- bisbigliò Altair.
-Perché privare il mondo del suo pennello? Può un pittore dipingere senza pennello?- rispose lei schiva.
-Pennello?!- eruppe lui agitato. –Pennello!- si passò le mani sul volto, cercando di calmarsi. –Pennello…- si ripeté straziato.
Assieme ad Adha, votarono che il Frutto restasse lì due saggi e un assassino.
Tharidl assentì. –Obbiezioni?-.
Tutto tacque per diversi istanti.
-Sì, io!- alzò Elena la voce.
-Illuminateci, Dea- fece Adha armoniosa, ma i suoi atteggiamenti da mammina le davano solo fastidio.
-Posso assicurarvi che a Corrado non mancano gli uomini per tentare un nuovo attacco!- gridò con coraggio. – Egli fa parte di un’antica alleanza che vive tuttora! I Templari un tempo guidati da Roberto de Sable sono ancora tra noi!-.
Un boato di voci si diffuse nella sala.
Elena si batté una mano un fronte. –Non tra noi qui!- sbottò.
-Ah!- sospirò un assassino.
Elena prese fiato. - D’altro canto…- poteva farcela, poteva dirlo, avrebbe trovato la forza, pagandone tutte le conseguenze. –Io so chi è la spia-.
Prima quelli di Altair, poi tutti gli occhi dei presenti balenarono su di lei.
Elena balzò in piedi come una molla. –Non ne sono certa, ovviamente…- si apprestò a dire.
Altair si sollevò. –Perché non me l’hai detto?- la rimproverò.
La Dea trasalì. –Ripeto, non ne sono certa!- proferì con più voce.
Tharidl fece un gesto di stizza. –Spero solo che di chiunque tu stia parlando  non sia seduto a questo tavolo!- disse.
Elena pensò a Minha, e in chissà quale meandro della biblioteca fosse a rubare le Cronache di altri assassini. –Minha- sussurrò.
Adha si alzò di colpo e andò verso le porte della sala.
-Adha!- la chiamò Altair.
-Quella strega non vivrà un solo istante di più senza presenziare a questa conversazione!- sparì fuori dalla stanza e lo strascico del suo vestito bianco si perse sulle scale.
Tharidl fece un cenno alle guardie, alcune delle quali seguirono la donna di corsa fino ai piani superiori.
Altair si voltò a guardarla, ed Elena tentò di evitare il suo sguardo.
-Stupida! Perché hai aspettato? Chissà quanti danni avrà avuto modo di arrecare in questi giorni!- la riprese avanzando verso di lei.
Elena si appoggiò al tavolo. –Mi dispiace, ma Corrado aveva generato al meglio l’illusione e ho creduto che Minha fosse parte della mia immaginazione, mi dispiace!- sentì le lacrime salirle dalla gola, ma si trattenne.
-Era la prima cosa che avresti dovuto fare! Sapevi quanto tenevo a conoscere quel nome!-.
Sapevi quanto tenevo a conoscere quel nome… buffo sentir pronunciare quelle parole dal suo maestro di armi.
Elena no riuscì più a frenarsi. Odiava il fatto di essere lì allo stesso modo di come odiava la sua demenza, che solo nelle ultime 48 ore aveva fatto più danni di una mandria di cavalli inferocita che corre per la biblioteca. Non resistette.
-Ho detto che mi dispiace!- una sola lacrima le rigò il volto, e le sue braccia si lanciarono da sole ad avvolgere il collo del suo maestro, che sul momento s’irrigidì.
Elena pianse contro il suo petto caldo mentre lui, incerto, le poggiava una mano sulla schiena; alla fine l’abbracciò dispiaciuto, ma comunque distante.
-Ho dato il mio voto- pronunciò un saggio alzandosi. –Con permesso- fece un inchino rivolto al Maestro e abbandonò la tavola.
-Questa discussione sta diventando alquanto deprimente- sbottò un assassino raggiungendo il saggio.
Altrettanto fecero Fredrik e i restanti presenti.
Elena continuò a singhiozzare inondando la veste bianca del suo insegnante delle sue lacrime. –Distruggerlo, dobbiamo distruggerlo; non c’è altro modo, non c’è altro modo… Corrado verrà a riprenderselo, e con lui chissà quanti altri tenteranno…- ripeteva gemendo.
-Lo so- Altair le accarezzò la testa, incerto sui suoi movimenti. –Lo so- ripeté con voce soave.
Perché l’aveva fatto? Si chiese, ma ciò che più la turbava era… perché aveva osato farlo solo quando Adha se n’era andata?
Eppure non riuscì a staccarsi da lui, e dalla presenza così calda del suo corpo. Le era mancato qualcuno che l’abbracciasse, le era sempre servito qualcuno che l’abbracciasse. Marhim avrebbe fatto ritorno a breve, assieme ad Halef, e finalmente lei avrebbe avuto un po’ di compagnia. Eppure, stretta tra le braccia dell’uomo che le aveva insegnato a difendersi, si sentiva cento volte meglio di quando abbracciava suo padre.


   
 
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