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Autore: cartacciabianca    07/03/2009    3 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Ritratti





Tharidl, unico rimasto in sala a parte qualche guardia, si alzò e li venne vicino.
-Altair- lo chiamò, e l’assassino alzò gli occhi dalla ragazza incontrando quelli del vecchio.
-Maestro- fece lui mentre Elena lo stringeva con più forza. I suoi singhiozzi andavano affievolirsi, ma la ragazza insisteva col restargli attaccato. E Altair non riuscì a privarsi di quel contatto, sia per compassione che per immenso piacere nel averla così vicina.
-Non ho preso una vera e propria decisione- disse il vecchio serio. –speravo che la minoranza rimasta oggi in sala bastasse, ma mi sbagliavo. Il parere di tutti deve essere ben accolto, e credo che questa assemblea debba ripetersi in futuro- proferì grave.
-Quando mi chiamerete, noi ci saremo- dichiarò l’assassino sfiorando con una mano la schiena della giovane. –E lei sarà più preparata, ve lo garantisco- mormorò.
-Mi dispiace, mi dispiace- continuò a ripetere lei. –So che è stata colpa mia, mi dispiace…- gemette voltandosi, ma le sue braccia cingevano ancora il petto del suo mentore.
-Non disperare; quello che è accaduto oggi in questa sala è solo una piccola parte di quello che vedremo nella prossima seduta. Elena, vorrei tanto che tu ci aiutassi a comprendere cosa si cela dietro la natura del Frutto, poiché rischiare che qualcuno ne sfiori i poteri potrebbe indurlo alla tentazione. E non sai quanto sono sorpreso che tu abbia resistito alla seduzione del Frutto del Peccato- Tharidl le poggiò una mano in testa e le carezzò una guancia. –Come hai fatto?- domandò, e all’inizio Elena fu turbata da quella richiesta.
-Come hai fermato la tua ricerca avida del potere che il Frutto cela quando tutti quanti coloro che lo usarono prima di te non riuscirono ad arrestare la loro ingordigia solo sulla soglia di quella porta? Come?- proseguì Tharidl in tono profetico.
Ecco spiegata quell’assurda domanda. Il suo Gran Maestro voleva sapere perché Elena non aveva voluto avere accesso alla promessa di eterna felicità del Frutto. Ebbene la risposta a quella domanda l’aveva.
-Non era quello che cercavo…- sibilò.
Tharidl, interdetto dalla sua risposta, indietreggiò. –Che cosa vai cercando, Elena?- chiese ancora.
Altair la guardò dall’alto ed Elena si staccò lentamente da lui, accompagnata da una sua mano che la teneva stretta per un fianco.
Avvertì che quello era il momento giusto, e Tharidl avrebbe dovuto sparare quel nome!
-Mio fratello, sto ancora cercando mio fratello!- svelò con fierezza.
Tharidl si appoggiò con i palmi allo schienale di un seggio, volgendo i suoi occhi stanchi verso di loro. –Potete andare. Ho molte nuove novità di cui occuparmi che richiedono la mia attenzione- disse in un sussurro.
-Andiamo- Altair la strinse nuovamente a sé, tirandola con lui fuori dalla sala.
-No!- tentò lei di ribellarsi. –Giuro che se ci avessi pensato prima, avrei chiesto alla lampadina di darmi quel nome! Voglio sapere chi è mio fratello! Maestro!- gridò mentre il suo insegnanti d’armi la trascinava con sé nel corridoio.
Le sue urla si persero sulle scale, rimbombando per tutta la fortezza.
Altair la mise con le spalle al muro e la ragazza tacque d’un tratto.
-Piantala di gridare- disse.
Lei distolse lo sguardo, poiché i loro visi erano troppo vicini l’uno all’altro e quella vicinanza ora la irritava.
-Posso sapere cosa ti è preso? Non potevi tenerti dentro la crisi di pianto e metterti a frignare una volta sola nella tua stanza?!- la rimproverò.
-Tanto a te cosa importa- borbottò lei, e Altair sgranò gli occhi. –Non vedi l’ora di sbarazzarti di me e dei miei insegnamenti, Corrado morto o no non fa differenza- aggiunse.
Il suo maestro fece un passo indietro, lasciandole aria, ed Elena poté staccarsi dalla parete.
-Potresti anche smetterla di dubitare delle scelte di Tharidl. Se egli non vuole dirti chi tuo fratello sia ci sarà un motivo, e non credere di essere l’unica a pensare che sia solo un pazzo! Io mi sono abituato all’idea già da un pezzo, e dovresti arrenderti alla sua ragione anche tu, chinando la testa e cercando di moderare prima di tutto te stessa- sbottò.
Parole sacrosante, pensò Elena.
-Scusatemi- sussurrò e, come Altair le aveva detto di fare, chinò la testa. –Avete perfettamente ragione, sono una sciocca!- si tirò i capelli.
Altair annuì ridendo. –Non era il genere di risposta che mi attendevo, ma fa nulla- le sorrise.
Chissà dove trovava tutta quella gioia, si chiese Elena.
-Non voglio snervarti ulteriormente- proferì lui ad un tratto. –Se c’è qualcosa che devi fare, un posto che devi visitare prima di cena, sappi che hai il pomeriggio libero- fece per avviarsi su per le scale, diretto chissà dove, ma Elena lo fermò stringendogli la mano.
Altair si voltò, scostandosi dalla presa.
Elena lo guardava con occhi di cucciolo bastonato, il suo sguardo azzurro si perdeva in quello castano e buio del suo maestro.
-Che c’è?- fece lui.
-Veramente… non ho nulla da fare, e mi chiedevo se potevamo riprendere gli allenamenti- suggerì.
-Non sei stanca?- chiese.
Lei scosse la testa.
-Io sì, ma non posso certo rifiutare- rise incamminandosi verso il piano terra, ed Elena lo seguì.


L’alba e le sue sfumature arancio avvolsero cielo e terra.
Il canto degli uccelli entrava nella stanza diffuso da una fredda brezza che sapeva d’inverno, ed Elena si strinse sotto le coperte.
Un brivido le attraversò il corpo facendole venire la pelle d’oca e un tremito arrivò fino al collo. Quella ventata le aveva fatto male, si disse cercando di sistemarsi al meglio tra le lenzuola che cominciavano a diventare troppo leggere per il clima.
Erano solo a metà novembre e già tirava un’aria così ghiacciata. Pensò che non avrebbe voluto esserci a dicembre.
Strinse le braccia attorno al suo corpo e stette con gli occhi chiusi, in un tepore di sonno che sarebbe durato ancora poco.
Non le andava di alzarsi per scoprire da quale finestra aperta era entrato quel gelo assurdo, la stanchezza dovuta agli allenamenti del giorno prima e la pigrizia accumulata nel riposo si facevano sentire ed erano capaci di influenzare la sua mente a dir poco convinta di sé.
Che cos aveva sognato quella notte? Mah, tanto non aveva nient’altro da fare, e non appena Adha fosse venuta a svegliarla, Elena non sarebbe stata capace di opporsi al suo tono tanto arzillo che ogni mattina era capace di buttarla giù dal letto senza troppa fatica. Eppure, Elena provava gratitudine per i suoi gesti che delle volte le davano sui nervi, perché Adha era la madre che non aveva mai avuto, in un certo senso. Pensare in quel modo a quella donna non la fece sentire a suo agio, e non seppe proprio perché.
Tornando a noi, che cosa aveva sognato quella notte?
Ora ricordava, ma il suo sogno era avvolto da una nube di mistero per quanto riguardasse sia l’inizio che la fine. Ricordò vagamente di aver intravisto suo padre, cosa che non la sorprese affatto, e di essersi recata nella biblioteca, sfogliando con malizia le sue Cronache. Poi quel filo apparentemente logico si era spezzato, lasciando spazio al volto giovane di Elika. Perché aveva sognato Elika? E pensandoci era parecchio che non si vedevano. Elena aggiunse ai suoi vaghi ricordi di quel sogno di aver visto la ex assassina aggirarsi nella fortezza, coperta da una veste bianca molto simile a quella che Elena aveva portato durante i suoi primi allenamenti con Altair. Le stessi vesti trasgressive che erano piaciute molto a Rhami. Ecco l’oggetto centrale dei suoi incubi. Quella notte Elena aveva sognato Rhami e l’ultima volta che si erano visti, ovvero durante il duello, e aveva sognato (se fosse esistito il verbo derivato dalla parola “incubo” l’avrebbe sostituito al verbo sottolineato) che le loro labbra si toccassero di nuovo. Quale orrore, pensò.
Inconsciamente i suoi sogni potevano rispecchiare i suoi desideri? Ovvio che no, ma solo le sue paure, come in questo caso. Ecco che cosa la stupì: nonostante fosse più forte e abile di lui, Elena aveva ancora timore di Rhami. Si disse che il ragazzo era abile nell’approfittare dei suoi momenti di debolezza, soprattutto quando era parecchio stanca… se Elena non fosse rimasta vigile di se stessa e del suo bisogno d’affetto, Rhami se ne sarebbe avvalso, e lì sarebbe diventato tutto alquanto spiacevole.
Ma ormai era sciocco pensare a tutto ciò: Marhim stava tornando, e assieme a lui chi le dava gioia coi suoi comportamenti assurdi, ovvero Halef.
I suoi due salvatori, gli Angeli che la trassero in salvo dalla strada polverosa nei pressi di Gerusalemme, quando aveva smarrito il cammino e si era abbassata ad implorare un Dio in cui non aveva mai creduto affinché la portasse con sé nell’Eden.
Era stata una stupida se credeva di poter mettere fine alla sua vita in quel mondo. Si dava della stupida molte volte anche ora, e non si era mai biasimata di questo.
Sorrise ripesando alla parte piacevole e terminale del suo sogno, ricordando d’un tratto. Aveva sognato suo fratello e come se lo immaginava il suo io più profondo: un ragazzo che le somigliava in tutto, nel portamento, nel modo di parlare e anche nella maniera di proporsi agli altri, valere a dire timidamente e poco sicuro di sé. Rise, perché mai era riuscita a fare un ritratto tanto schizzinoso di qualcuno in cui si sentiva immedesimata. Di caratteristiche fisiche, ricordava di aver intravisto un volto sereno e una mano pronta a sollevarla quando cadeva. Nient’altro se non occhi di ghiaccio come quelli di lei e capelli castani che… le piaceva… portare… disordinati.
Rhami. Era il ritratto compiuto di Rhami!!!
La ragazza scattò in piedi, e poggiando i piedi scalzi a terra, un nuovo brivido la percosse. Andò a guardarsi allo specchio e non poté credere di aver pensato tutto quello. Non poté concepire che le somiglianze tra lei e quel giovane tutt’altro che blando le somigliasse. Ma le caratteristiche fisiche non bastavano. Rhami era il suo esatto contrario: estroverso, prepotente e strafottente. Non poteva essere…
Elena ammirò la sua immagine riflessa nello specchio, squadrando ogni singola parte del suo corpo troppo simile a quello del ragazzo che più odiava di tutta la confraternita. Non riusciva a crederci, non ne aveva la forza.
Si sarebbe tinta i capelli, gettata negli occhi una polvere colorante ma mai avrebbe accettato che Rhami fosse suo fratello. Dopo quello che era successo, poi…
I suoi occhi azzurri che desiderò fosse altro si spostarono alla finestra e la ragazza vi si sporse dopo aver aperto le vetrate. Forse era stato uno spiffero a darle tutti quei tremori di freddo, si disse.
Il sole stagliava i suoi raggi chiari sulla valle, proiettando le ombre delle nuvole sulle colline e allungando quelle delle montagne sul regno.
Lasciò la sua stanza e si affacciò ad una delle finestre del salotto.
Sotto di lei notò con stupore che il cortile interno era deserto, a parte qualche guardia di pattuglia e gli arcieri sulle mura.
I colombi si appollaiarono sul tetto della torre, stettero lì qualche istante, poi si librarono in cielo in uno stormo compatto.
Gli uccelli migravano a sud, si dirigevano verso il calore dell’Africa e i suoi mille deserti. Beati loro che possedevano le ali per volare, a lei sarebbe piaciuto imparare.
A proposito di imparare a volare, com’è che Altair aveva chiamato quel buffo modo di saltare giù da una torre? Si chiese. –Volo del… volo del falco?- scosse la testa ridendo, la sua memoria aveva ricordo solo dei dettagli meno graditi di quella bella giornata ad Acri.
Minha… un altro nome interessante, pensò. Chissà quale assurdo destino sarebbe toccato alla giovane. Elena era così poco convinta che non fosse lei, che l’immaginazione del Frutto l’avesse accecata. Come avrebbe scontato la sua condanna? Tharidl avrebbe sentenziato di ucciderla? Si tempestò di domande, scoprendo che mettersi sotto pressione era quello che meglio le riusciva dopo cacciarsi in situazioni impossibili.
Adha, anche quando il sole fu bello alto nel cielo azzurro, non si fece vedere.
Elena pensò che era alquanto strano così si vestì di fretta e sentenziò di aver bisogno di saziare il suo stomaco brontolante. La cena del giorno prima era andata giù nello stomaco troppo velocemente, avvertiva un gran vuoto e il suo pancino si lamentava spesso.
Una volta scese le scale che portavano agli appartamenti delle Dee, restò a bocca aperta.
Ricordate i corridoi tanto silenziosi che ospitavano le stanze degli Angeli? Ove sembrava sempre notte perché le tende non venivano mai riavvolte e le porte delle camere erano sempre chiuse, vi ricordate? Ebbene, ad Elena parve di trovarsi in tutt’altra ala della fortezza.
Come prima cosa una confusione assordante che non seppe spiegare come mai non se n’era accorta quand’era ancora di sopra. Poi assassini, a bizzeffe e di rango differente che si spostavano agitati e in gran numero da una stanza all’altra, correndo per il corridoio e aumentando il disordine.
Le tende erano avvolte e nel corridoio entrava la luce chiara e potente della tarda mattinata.
La ragazza indietreggiò sulle scale quando si sentì pungere dagli sguardi di almeno una trentina di assassini.
Avrebbe raggiunto la sala mensa ancora viva? Si chiese, e le sue guance scoperte per via del cappuccio che non aveva fatto in tempo a mettersi si arrossarono in una maniera assurda.
Che cosa ci faceva lì tutta quella gente? Non erano stanze riconosciute solo agli assassini degni di chiamarsi Angeli? Eppure Elena notò che la maggior parte di loro aveva il cappuccio e la veste grigia, segno di un rango pari a Marhim, ovvero basso.
La Dea avanzò distrattamente nel corridoio: la colazione chiamava, e si chiese se tutti gli assassini che la guardavano avessero già mangiato oppure quella fosse la fila per la mensa.
La ragazza tirò un gran sospiro di sollievo: arrivò alla fine del corridoio e trovò le scale come le ricordava, ossia silenziose.
C’era qualche giovane che faceva su e giù da un piano all’altro, un numero ristretto di assassini che conversavano davanti all’ingresso dell’infermeria e qualcun altro che si affacciava rilassato dalle scali a guardare il piano di sotto.
Elena attraversò quell’ala della fortezza calandosi il cappuccio sul volto e in breve giunse alle porte della mensa che, come si attendeva, traboccava d’incappucciati.
La ragazza sobbalzò: c’era un tavolo meno popolato degli altri, in disparte in un angolo della sala, accanto alle vetrate. Vi sedevano tre figure magre e aggraziate, una delle quali Elena riconobbe per i suoi capelli ricci e bellissimi.
La giovane assassini procedé in avanti, andando in contro ad Elika.
Certo che era strano, pensò; se non ricordava male, ad Elika non era permesso mettere piede nella fortezza. E chi erano quelle altre due che sedevano assieme a lei?
Elena si avvicinò, lentamente e con cautela, cercando di scorgere altri dettagli per quanto riguardasse le due ragazze.
La prima, seduta di fronte ad Elika, indossava un vestito corto fino alle ginocchia, delle ballerine ricamate e la sua veste blu oltremare faceva contrasto coi suoi occhi di mandorla che teneva bassi. Capelli biondi legati in una cipolla alta da un fermaglio con alcuni nastrini azzurri.
La seconda, l’unica tra le tre che portasse i pantaloni, sedeva non sulla sedia ma sul tavolo. Alquanto mascolina, pensò Elena notando i suoi occhi verdi e la sua pelle poco ramata. I capelli corti che le arrivavano alle spalle e il portamento, nonostante l’apparenza poco femminile, parecchio aggraziato. Sedeva sì sul tavolo, ma molto composta e stretta nelle spalle, intenta in una chiacchierata amichevole con la ragazza bionda. Sopra ai pantaloni, a coprirle il petto magro di poco seno aveva una maglia a collo alto e un giubbetto.
Quelle tre donne la incuriosivano parecchio, possibile che…
-Elena!- Elika gioì voltandosi e venendo verso di lei. L’abbracciò ed Elena non riuscì ad impedirglielo, sarebbe stato scorretto.
La ragazza riccia le passò una mano sul volto. –Sono contenta di vederti, ti prego! Siedi con noi!- la prese sotto braccio facendola accomodare accanto a lei.
-Kamila, questa è Elena- Elika le presentò la ragazza bionda, che le fece un sorisetto roseo.
-E lei è Leila Muna, ma tu puoi chiamarla Leila e basta! Non le piace essere oggetto di… desiderio- le bisbigliò all’orecchio.
-Ti ho sentito- bofonchiò la ragazza dalla pelle scura e gli occhi verdi seduta sul tavolo. –Piacere di conoscervi, Dea Elena- inchinò la testa.
La giovane Dea si fece piccola piccola, sentendo il peso del braccio di Elika attorno alle sue spalle pesare sempre di più.
-Che cosa ci fai qui?- domandò rivolgendosi ad Elika.
La sua amica fece un gran sospiro guardando le altre due. –Secondo voi possiamo dirglielo?-.
Leila scosse la testa, sedendo finalmente sulla sedia. –No, lascia che sia Tharidl a farlo- disse.
L’altra annuì. –Già, e scommetto che è parecchio affamata! Guardate, sta perdendo colore!- rise Kamila.
Elika gioì. –Hai ragione- e pizzicò una guancia all’assassina.
Elena stava vivendo un incubo. Meglio i baci di Rhami a quella tortura! Si disse, ma pensandoci…
-Che cos’è che deve dirmi il Maestro?!- domandò confusa.
-Non fare troppe domande, per adesso limitati a mettere qualcosa nello stomaco- Elika le passò del pane, una scodella di latte e dei cereali in un bacinella. –Mangia, poi Leila ti accompagnerà da Tharidl. Io e Kamila dobbiamo vedere una persona- sorrise maliziosa, e Kamila con lei.
Elena stette in silenzio, circondata dalla confusione della sala mensa, sette in silenzio, ma dentro continuava a ripetersi che la sorpresa più grande doveva ancora arrivare, e il peggio non era ancora passato.
Finì in fretta, voleva sbarazzarsi di quella situazione imbarazzante al più presto.
Due donne estranee e una ex assassina della confraternita la fissavano scambiandosi battutine su di lei, battutine certamente non offensive, ma purtroppo fastidiose.
Chissà da dove saltavano fuori quelle due, si domandò, ed era ben intenzionata a chiedere spiegazioni a l’unico che “forse” le avrebbe detto perché.
Elika si alzò e assieme a lei anche Kamila.
-Bene, ora noi andiamo. Leila, abbi cura della nostra giovincella!- rise Kamila abbracciando la ragazza dalla pelle scura.
Leila ridacchiò. –Voglio sapere ogni dettaglio, ogni sua espressione contorta!- gioì.
Elika si sistemò i capelli su una spalla. –Andiamo, Kamila? Sennò si fa tardi. Leila, al mercato oggi pomeriggio, non mancare!- le disse mentre si allontanava con Kamila al fianco verso le scale.
Leila salutò con la mano. –Contateci-.
Elena si alzò dal tavolo traballante. Stava diventando tutto piuttosto strano e curioso da quelle parti. Chi stava andando a far visita Elika? Basta, doveva smettere di torturarsi la mente di domande. Poi se le dimenticava e non le porgeva al Maestro.
-Tu hai finito, vero?- domandò Leila indicando la scodella vuota di latte che Elena aveva lasciato.
-Sì- borbottò lei.
-Seguimi- si avviò.
-So la strada!- sibilò e sperò che la donna non l’avesse sentita, ma non fu così.
Leila si voltò continuando a camminare a mo’ di gambero. –Anche io, sai?- rise minuziosamente.
Davvero?!
Elena la seguì fino allo studiolo del Maestro, ma durante il tragitto accadde un fatto insolito.
Gli assassini che incontravano sulle scale si inchinavano, due volte. La prima rivolta alla donna che Elena seguiva pari passo e la seconda rivolta a lei, giovane Dea.
Era tremendamente turbata da quello.
Leila arrestò i suoi passi scattanti sotto il colonnato che si anticipava allo studiolo. –Ferma- le disse.
Elena lanciò un’occhiata più avanti e notò con stupore che Tharidl stava parlando a bassa voce con un assassino.
Quando il giovane si voltò dopo aver proferito un inchino, Elena osservò Adel che silenziosamente si allontanava dallo studiolo.
Adel + fortezza = ritorno di Marhim. Fece un paio di conti veloci, ma era ben intenzionata a non fuggire via così per andare ad abbracciare il suo amico. Quella domanda tanto antipatica quanto i soggetti che riguardava… Chi erano quelle donne? Perché Elika era nella fortezza?
-Avanti- Leila la superò e si fermò davanti alla scrivania del Maestro, che sedeva comodo scrivendo su un testo dalle pagine bianche.
Alzò gli occhi -Leila- mormorò il vecchio compiaciuto.
La donna poggiò le mani sul tavolo e, con fare superiore, avvicinò il suo volto a quello del vecchio. –Quando possiamo tornare in servizio?- domandò maliziosa.
-Sei così impaziente, Leila? I tempi sono cambiati, non aspettarti ciò che hai lasciato- arrise Tharidl. –La cerimonia si terrà domani, non disperate nel frattempo- tornò a scrivere, ma una sua svista veloce cadde su di lei, ed Elena avanzò dal buio delle colonne, e la luce che penetrava dalle vetrate la illuminò.
Tharidl scattò allora in piedi. –Che cosa le hai detto?! Sembra sconvolta!- sbottò indicando la giovane Dea.
Leila scoppiò in una risata fragorosa, e la sua voce acuta rimbombò nella sala. –Nulla, si stava giusto chiedendo cosa ci facciamo Elika, Kamila ed io qui- mormorò schiudendo le labbra.
Tharidl si passò nervosamente una mano sulla barba. –Elena- chiamò.
La Dea chinò il capo. –Maestro, è vero. Elle insistono perché siate voi a spiegarmi cosa non l’ho ancora capito- fece agitata.
Leila si sollevò dal tavolo accostandosi alla ragazza. –Sicura?- le bisbigliò all’orecchio, tremendamente pignola. E le sue risa si diffusero tra le mura della roccaforte ancora una volta.
In breve tempo Elena aveva inquadrato e dipinto il ritratto di quella donna come una ragazza tremendamente piena di sé e dei suoi punti di riferimento, ovvero la forza di un gruppo, formato da Elika e Kamila. Bulla! Ringhiò, e avrebbe voluto gridarglielo in faccia, ma Leila si allontanò sulle scale.
-Maestro!- strillò quando la donna e il suo ancheggiare furono abbastanza lontani.
-Cosa?!- chiese lui turbato.
-Chi sono costoro? Elika non aveva acceso alla fortezza, se non sbaglio!- eruppe.
-Infatti- parlottò il vecchio sedendosi pesantemente sullo sgabello dietro la scrivania.
Elena avanzò decisa. –Che cosa sta succedendo? E se non vi dispiace vorrei andare a salutare alcuni miei amici appena tornati con Adel, quindi vedete di accorciare!- non si trattenne.
E tutta la ramanzina di Altair della sera prima sul rispetto che doveva al Maestro? Che fine aveva fatto? Mah, non sapeva…
-Vi prego, se non volete darmi spiegazioni o perle di saggezza, almeno permettetemi di andare…-.
-No, volevo infatti discutere di questa mia decisione con te e col tuo maestro, ma egli ancora riposa- disse il vecchio assorto nei suoi pensieri.
Eh no! Per una volta che sperava che accorciasse la cosa dicendo: “no Elena, ogni cosa a suo tempo” Tharidl se ne usciva con “certo, resterai inchiodata qui ad ascoltare le risposte alle tue curiosità così da posticipare il tuo rincontro con Marhim e Halef!”. Mentalmente lo mandò a quel paese, ma aspetta un attimo… Altair ancora riposava?
Elena rimase con un’espressione interdetta in volto, e Tharidl rise.
-Il poveretto è più stanco di quanto credi, Elena; ed entrambi noi non possiamo neppure immaginare quanto sia straziante starti dietro nei tuoi addestramenti!- si beffò.
Quella battuta la fece ridere, e Tharidl approfittò della sua gioia per dire: -Va’, quando Altair si sarà svegliato parleremo di perché Elika, Leila e Kamila sono qui. Puoi raggiungere Marhim e Halef nel cortile, te lo concedo-.
E da quando le serviva il suo permesso?!
Elena scattò, di corsa, sulle scale senza neppure salutarlo con le buone maniere. Gioiosa in viso ed estasiata da quelle parole, Elena giunse nel cortile sporgendosi dalla balconata, e li vide.
Un gruppo di assassini compatto riunito vicino alla recinzione per gli addestramenti. Era il gruppo di Adel, che sedeva su una roccia e parlava dall’alto ai suoi discepoli.
Marhim e Halef, assieme ai loro compagni, lo guardavano dal basso annuendo alle sue prediche e critiche.
Elena si gettò di sotto, si fece largo tra la folla.
-Eh, guarda un po’ chi c’è…- Halef si voltò e poggiò una mano sulla spalla del fratello.
Marhim non ebbe neppure il tempo di voltarsi completamente che Elena gli si gettò al collo stringendolo a sé come una bambola.
Marhim perse l’equilibrio all’indietro e finì col sbattere contro la recinzione dell’arena, sedendovi. –Elena!- gioì.
Lei rideva commossa, affondando il viso nell’incavo del collo del ragazzo. –Così in anticipo, e meno male!- sbottò.
Le braccia di Marhim si strinsero attorno ai suoi fianchi mentre tentava di alzarsi. Quando fu di nuovo dritto, Elena gli lasciò prendere fiato indietreggiando.
-Ehi, e a me?- Halef alzò le sopracciglia, ed Elena si apprestò a scompigliargli i capelli. –Dovevo tacere, va…- borbottò l’assassino.
Marhim la prese per mano e la tirò a sé, abbracciandola di nuovo. –Allora- mormorò al suo orecchio. –Come è andata ad Acri? Voglio sapere tutto, ogni particolare!- anche lui pareva non contenere l’armonia di quell’incontro dopo troppo, troppo tempo! (Una settimana e poco più).
-Non vedevo l’ora di poterlo raccontare a qualcuno…- sospirò Elena.
Si strinse con delicatezza al suo corpo, e non le importava se Adel, Halef o chiunque altro assassino la stesse guardando. Chissà dov’era Rhami ora… si chiese. Le sarebbe piaciuto vedere la sua faccia in quel momento, ma staccarsi da Marhim non le era concesso.
Fu lui a scostarla dolcemente ed Halef si schiarì la voce.
-Bene, bene- rise Adel dall’alto della roccia, le gambe a penzoloni. –Ecco perché volevi tornare così di fretta!- la sua risata si diffuse nel cortile, ma non sovrastò abbastanza la confusione che facevano le altre miriadi di combriccole di assassini.
Elena si strinse al fianco del ragazzo sorridendo. –Posso rubartelo un attimo, Adel?- chiese.
Marhim la guardò torvo.
Adel curvò la testa da un lato. –Va bene, ma fa’ in fretta. Avevo intenzione di…- Elena non lo lasciò completare.
Afferrò Marhim per la manica della veste e lo tirò tra la folla, trascinandolo fino dentro la fortezza. Una volta nella sala d’ingresso, Elena proseguì sulle scale e svoltò nella biblioteca. Marhim camminava dietro di lei in un silenzio turbato.
La ragazza doveva sì raccontargli di Acri e della sua missione compiuta, ma doveva come prima cosa chiarire alcuni piccoli punti di questioni lasciate in sospeso.
Entrarono di soppiatto nella biblioteca ed Elena proseguì fino al centro della stanza, assicurandosi che fosse vuota, poi si voltò.
Marhim teneva lo sguardo a terra, afflitto. Probabilmente aveva capito di cosa stavano per discutere.
-Mi spiace- cominciò lui. –Non sarei dovuto partire senza avvertirti. Sei arrabbiata?- alzò il viso e si sorprese di vedere Elena tutt’altro che arrabbiata.
La ragazza si appoggiò al tavolo. –Che dici, scemo!- rise, e Marhim con lei.
-Già, sono uno scemo- borbottò.
Elena andò a caccia dei suoi occhi, che il giovane si ostinava a tenerli bassi. –So perché te ne sei andato, e ti ringrazio di non aver detto una parola- proferì grave, sciogliendo il suo sorriso.
Marhim sospirò, restando fermo di fronte a lei come una statua.
-Quella sera non mi sentivo in me e Rhami ne ha solo approfittato- sbottò lei stringendo i pugni. –Ma gliel’ho fatta pagare. Se ieri fossi stato qui, l’avresti visto coi tuoi occhi!- gioì gustando quelle parole.
E Marhim fece altrettanto. –Che cosa mi sono perso?- ridacchiò.
La ragazza le raccontò del duello in ogni minimo dettaglio, senza rifarsi però all’accaduto di quella notte. Qualcosa le impedì di parlargli di quando Rhami era venuto a farle visita, e si disse che era meglio così. Particolari imbarazzanti non erano ammessi.
-Va bene, va bene, basta ti prego! Mi sto sbellicando!- si piegò dalle risate, mentre lei lo guardava commossa.
-Ma dimmi- il rossore sul suo viso si affievolì. –Come è andato l’itinerario?- domandò interessato.
Elena gli narrò per filo e per segno della sua settimana fugace alla corte di Corrado. Dal suo primo borseggio finito nel panico alle partite di scacchi con Hani.
-Hani! Certo, ora mi ricordo. Halef e lui frequentavano gli stessi addestramenti. Deve avertelo detto- fece lui.
Elena annuì, riprendendo il discorso.
Arrivata al punto dell’Illusione e all’incontro con Corrado nella sala delle armi, Elena raccontò a lui più dettagli di quanti non ne avesse dati al Rafik quando era stata portata in salvo da Altair. Sentiva di poter condividere con Marhim qualunque timore l’avesse accarezzata durante la prigionia. Gli disse di come stava per cascare nella trappola che Corrado le aveva teso, di come avrebbe accettato di servirlo e riverirlo come spia se lui avesse tenuto in vita il suo “fittizio” padre.
Rovesciò nel racconto gran parte della sua rabbia.
-Siediti- le disse ad un tratto Marhim e si sistemarono comodi al tavolo.
Non c’era molto da dire se non accennare alla riunione del giorno prima, collegandola al fatto che avesse imbracciato i poteri del Frutto.
Marhim sgranò gli occhi. –Sul serio? Certe notizie non arrivano mai troppo lontano…- disse.
Elena sorrise. –Non è stato semplice, e ora Altair confida in me per far ragionare i saggi e gli assassini. Quel coso luminoso deve essere distrutto- sbottò.
-Non sono d’accordo- mormorò lui assorto. Il ragazzo guardava un punto indistinto alla sua destra, scrutando tra gli scaffali come se cercasse qualcosa, o qualcuno…
Elena lo colpì sulla spalla con una pacca violenta. –Ahi!- fece lui.
Lei lo contemplava furiosa. –Come non sei d’accordo?! Non capisco qual è il problema che avete tutti quanti!- gridò, ma Marhim le poggiò una mano sulla bocca.
-Abbassa la voce- le sussurrò.
Lei si guardò attorno. –Che c’è?- sibilò sorpresa.
-Niente, niente… scusa- tolse le sue dita dalle sue labbra sorridente.
Elena, confusa, deviò argomento: -Senti- cominciò, e lui si fece attento.
-Sai nulla di Elika, una certa Leila, Kamila…-.
Marhim si voltò verso di lei d’un tratto. –Come sai questi nomi?- domandò.
Lei si strinse nelle spalle. –Non so, questa mattina le ho sorprese tutte e tre nella mensa- affermò.
-Buffo- commentò lui.
-Perché?-.
Marhim stava per aggiungere qualcosa, quando dietro di loro avanzò una figura nel buio.
I due scattarono in piedi, proferendo entrambi un inchino col capo.
-Maestro- sibilò Elena.
Altair si fece avanti ai raggi del sole e si fermò di fronte ai ragazzi.
L’assassino stringeva sotto braccio un testo antico, e volse un’occhiataccia ad entrambi. –Elena- chiamò con voce solenne.
Lei fece un passo avanti e Marhim uno indietro. –Non vi avevo sentito arrivare, scusate maestro- parlò sottovoce.
Altair alzò il mento fiero. –Avanti, vieni; il Maestro voleva parlarci- dicendo così, l’Angelo si avviò verso l’ingresso della biblioteca, sparendo poi sulle scale.
Elena si girò verso di lui, ma Marhim le strinse un polso. –C’è qualcosa che non mi hai detto?- chiese sbigottito.
-No, non credo…- parlottò confusamente, poi sorrise caldamente. –Mi piacerebbe metterti alle armi, uno di questi giorni. Non avrò un cavolo da fare se non prendere parte alla cerimonia di domani, e mi sono completamente dimenticata di come combatti- fece maliziosa.
-Va bene. Quando, dove?- disse con aria di sfida.
La ragazza si allungò sulle punte e gli schioccò un bacio sulla guancia. Il contatto della sua pelle liscia con la barba giovane del ragazzo la solleticò ed Elena allungò le labbra in un sorriso armonioso. –Quando vuoi- terminò.
Incredibile, ma Marhim cambiò completamente colore! La sua pelle abbronzata si arrossò abbastanza da far scoppiare Elena dalle risate. –Va… bene- balbettò.
-Ci vediamo dopo!- gli scompigliò i capelli e la ragazza seguì il suo maestro trotterellando.
Una volta qualcuno le aveva detto che i tempi duri stavano tornando… ebbene, per lei erano appena finiti!




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Elika95 sta pensando a perché abbia deciso di interrompere il chappo in questo punto, ma si convince di avere troppe idee anche per l’altra ff e di doverle mettere su carta al più presto. Quindi, bando alle ciance. Spero che questo aggiornamento sia stato piacevole ma anche riflessivo. Leila, Elika e Kamila hanno in comune qualcosa, ma sta a voi scoprirlo nel prossimo capitolo! Muhahahaha! Quanto sono bastarda!

Un ringraziamento ai migliori utenti di questo sito e non mi stancherò mai di ripeterlo!

Saphira87
goku94
Lilyna_93
Carty_Sbaut

X Saphi: è vero, Altair non era riuscito a distruggere il Frutto perché era controllato da quelli dell’Abstergo che lo usavano come una marionetta. Però nella mia storia ormai il primo Frutto l’hanno trovato, ma ricordo che ce n’è un secondo lì nelle vicinanze… Il rapporto tra Elena e Alty arriverà ad un punto cruciale nei prossimi capitoli, perché ho anche intenzione di alzare il rating. Insomma, ho avuto un certo sogno piuttosto agitato a riguardo… comunque dove sei finita?!?! Qui ho aggiornato tutte e due le ff e mi mancano le tue faccine sconvolte su msn e le tue recensioni! Fatti sentire, però sappi che non è un problema… per ora. Perché lo diventerà se entro domenica sera non posi il nuovo chappo, sono stata chiara?!?! Mi piacerebbe tanto leggere la Lemon prima del ritorno a scuola, dato che questa settimana ho avuto le vacanze “bianche”. Eh, sì… è per questo che ho avuto tempo di scrivere come una matta, lasciandomi gran parte dei compiti all’ultimo momento… ç_ç Un saluto, e … ci si becca su msn!

X goku94: sì, quello era proprio un deficiente: se ne è andato dicendo che la conversazione diventava deprimente, e poi anche Fredrik e gli altri assassini hanno fatto lo stesso, lasciando Tharidl, Elena e Altair, assieme a qualche guardia, soli nella sala. O.O Anche a te dico che potrei alzare molto probabilmente il rating nel giro dei prossimi capitoli. Però che emotions! Insomma, spero che questo chappo sia piaciuto a te ad altri. Ci si becca su msn. Ciau!

X tutti gli altri: se non lasciate recensioni come faccio a chiarirvi poi nei ringraziamenti i punti successivi? So che avete i vostri problemi e che solo una matta come me riesce ad aggiornare da un giorno all’altro… -_- ma fatevi sentire, Dio!

Qui da Elika è tutto. Passo la linea allo studio e vi ringrazio per la collaborazione.

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