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Autore: Adeia Di Elferas    21/12/2015    1 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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~~ “Vostra moglie ha preso Castel Sant'Angelo – stava dicendo Paolo Orsini, per la centesima volta da quando era sorto il sole – ne abbiamo la certezza e sappiamo che questo fatto ha sconvolto il Sacro Collegio. Non ci resta che raggiungerla e così avremo salva la vita e il futuro!”
 Girolamo Riario non ascoltava il suo alleato, anzi, stringeva gli occhi infastidito, mentre continuava a scrivere la missiva indirizzata proprio al Sacro Collegio.
 “Cercate di ragionare...!” insisteba Paolo Orsini, sudando a profusione, malgrado il caldo non fosse ancora opprimente: “Non commettete una sciocchezza...!”
 Ciò che a Paolo Orsini premeva maggiormente era riuscire a mantenere la promessa fatta a Caterina Sforza. Se solo avesse potuto imporsi sull'esercito come quando lo comandava contro i Colonna, non ci sarebbero stati problemi. Ma i fatti recenti avevano fatto sì che Girolamo prendesse ufficialmente il comando delle truppe che li avevano seguiti fino a Ponte Mollo e ora quell'uomo insensato aveva già cominciato a farli retrocedere, sempre di più e sempre più velocemente.
 Caterina Sforza aveva preso Castel Sant'Angelo da nemmeno un giorno e sarebbe stato il momento ideale per raggiungerla, mentre Girolamo non faceva altro che allontanarsene.
 “Siate ragionevole...!” tentò per l'ultima volta Paolo Orsini, mentre il Conte firmava in calce la sua infida lettera.
 “Siete voi, quello che ha perso la ragione.” ribatté Girolamo, chiudendo il messaggio: “Se credete che esporrò la mia persona e il resto della mia famiglia a un pericolo così grande, siete un pazzo.” e così dicendo chiamò una delle staffette e vi affidò la lettera.
 “Che cosa state inviando?” chiese Paolo Orsini, teso.
 Girolamo si sistemò due boccoli dietro le orecchie e rispose, con leggerezza: “Sto inviando la chiave della nostra salvezza.”

 La luce del sole era ancora pallida nel cielo, eppure il Sacro Collegio era già riunito, ed era al gran completo.
 Benché la sala fosse piena di porpore, nessuno pareva intenzionato a prendere in mano la situazione. Tutti aspettavano che fosse il vicino a prendere per primo la parola, in parte per paura di commettere qualche fatale errore, in parte per non inimicarsi ulteriormente i prelati rivali.
 Anche se i cannoni di Castel Sant'Angelo non erano visibili dalle ampie finestre della sala, tutti loro se li sentivano puntati contro e tutti loro sapevano che ogni respiro poteva essere l'ultimo.
 Seccato dall'attesa che stava lentamente vanificando l'ora incredibilmente mattutina dell'adunata, Rodrico Borja si risolse ad alzarsi in piedi e battere le mani per richiamare l'attenzione.
 Tutti quanti, anche quelli che non lo sopportavano, si trovarono a tirare un sospiro di sollievo e accomodarsi sugli scranni per ascoltare meglio.
 “Eminenze – cominciò lo spagnolo – come tutti voi, questa notte ho vegliato in cerca di un'illuminazione.” 
 In realtà aveva dormito molto profondamente e solo al risveglio aveva deciso cosa proporre nel corso della riunione, ma tanto valeva darsi un po' di importanza...
 “Credo di aver individuato chi, tra noi, sia più adatto a portare le nostre proposte e i nostri ordini alla Contessa Riario.” annunciò Rodrigo Borja.
 Improvvisamente l'aria tornò elettrica e tutti quanti temevano di venir chiamati in causa da un momento all'altro.
 “Come tutti voi, penso che sia chiara una cosa: la Contessa Riario, in fondo, è solo una donna. Certo, ha agito con ardire e di questo siamo tutti consapevoli. Ma senza il marito, quanto può riuscire a resistere? Bene, io dico, sfruttiamo il suo lato più... Vulnerabile, per così dire. Mandiamo a lei dei volti noti, persone di cui si fida e per cui prova affetto. Chi meglio di loro potrebbe convincerla a desistere?”
 Il gelo che si respirava in quella sala era incredibile. Molti, moltissimi dei presenti potevano dirsi in qualche modo imparentati con Caterina o almeno con suo marito. Solo in pochi si permisero di rilassarsi.
 Rodrigo Borja fece volutamente una lunga pausa, per godersi quell'attimo di panico generale e per studiare meglio il volto di Giuliano Della Rovere, l'uomo che, in quel momento, lo irritava sopra ogni cosa. Era lì, sulla sua sedia, gli occhi mezzi chiusi, il volto lucido e una grassa mano appoggiata sotto al mento...
 “Dunque io propongo che sia il Cardinale Raffaele Sansoni Riario, primo cugino dei Conti Riario, a parlamentare con la Contessa.” terminò Rodrigo Borja, indicando con un ampio gesto della mano l'atterrito prescelto.
 Raffaele, ben memore dell'ultima volta in cui era stato scelto per fare qualcosa, ovvero quel maledetto giorno in cui era morto Giuliano Medici, si curvò appena e si fece pallidissimo.
 Nessuno parve dar peso a quella reazione, anzi, tutti si dissero subito d'accordo, congratulandosi addirittura con lo spagnolo, che aveva così velocemente individuato la persona più adatta a svolgere quel compito.
 “Allora, Cardinale?” chiese Rodrigo, rivolgendosi direttamente al malcapitato.
 Questi si fece coraggio e si alzò, ma quando parlò, la sua voce pareva più lo squittire di un topolino che non la voce di un uomo di ventiquattro anni: “Chi? Io?”
 Rodrigo fece una risata calda e breve: “Suvvia, non siate così modesto! Sappiamo bene quanto siete legato ai Conti, ai vostri primi cugini!”
 “A dire il vero...” si permise di dire Raffaele, le mani strette sul petto: “Non sono che un misero cugino alla lunga con il Conte. Non credo di essere la persona giusta per...”
 “Credete forse che il Sacro Collegio sia in errore, nel credervi un uomo giusto e affidabile? Credete forse che il Sacro Collegio stia commettendo un errore? Dobbiamo forse credere che la vostra fedeltà sia verso i Conti Riario, piuttosto che verso la nostra Santa Madre Chiesa?!” esclamò Rodrigo Borja, cambiando repentinamente tono ed espressione.
 Raffaele Sansoni Riario si curvò ulteriormente, come se temesse delle percosse, e si affrettò a squittire: “No, no, io mai, non mi permetterei mai, io, no...”
 “E dunque sia!” concluse Rodrigo Borja, tornando a sorridere: “E se loro eminenze concordano con me, vorrei preparare personalmente il nostro giovane Cardinale all'arduo compito che l'attende.”
 Come si aspettava, nessuno si oppose e così il Cardinal Borja poté richiamare a sé il giovane spaventato e spiegargli passo a passo come fare e cosa dire.
 
 Nella saletta in cui gli era stato detto di ritirarsi, Raffaele si stava tormenando il crocifisso che teneva al collo. Il metallo prezioso gli scivolava dalle dita sudate e di quando in quando gli pareva che la vista gli si oscurasse. Perchè proprio lui? Di tutti quelli che avrebbero potuto... Perchè non Giuliano? Chi meglio di lui, per piegare la volontà di Caterina Sforza?
 “Ascolta ragazzino – cominciò Rodrigo Borja, senza più coprire il proprio accento spagnolo, mettendogli paternalmente una mano sulla spalla e dimenticando di colpo tutte le formalità – la cosa che devi fare con quella maledetta è molto semplice.”
 Ben lungi dall'aver voglia di recriminare sui termini usati dal Cardinal Borja, Raffaele Sansoni Riario annuì lentamente, mentre i crampi allo stomaco gli facevano stringere le labbra e pulsare le tempie.
 “Prima di tutto – sussurrò Rodrigo Borja – tu rappresenti la Chiesa, non so se mi spiego. La Chiesa, forse l'associazione più potente di questo mondo, che diamine. Quando sarai davanti a lei, devi metterlo in chiaro, va bene?”
 Raffaele annuì appena più convinto, mentre Rodrigo si abbandonava a un paio di bestemmie in spagnolo, prima di riprendere: “Nemmeno un re si opporrebbe alla Chiesa, quindi pensa lei, una donna sposata a un...”
 Raffaele sgranò gli occhi nel sentire la serie di improperi volgari e cattivi che il Cardinale rivolgeva a Girolamo Riario, ma non li commentò.
 “Ecco, tu devi farglielo capire, a questa grandissima...” e ci fu un lungo elenco di titoli onorifici anche per la Contessa e anche stavolta Raffaele preferì non recriminare.
 “Ecco, devi dirle che non c'è altro modo se non venire qui e parlamentare direttamente con l'intero Sacro Collegio.” concluse Rodrigo, dando un piccolo scossone alla spalla del giovane.
 Raffaele si accigliò: “Ma si era detto che le avremmo dato ordine di...”
 “Sveglia, giovanotto!” esclamò Rodrigo: “Tu convincila che deve venir qui a trattare con noi, e appena mette anche solo un dito fuori da Castel Sant'Angelo, le guardie che ti faranno da scorta la prenderanno di peso e la metteremo nella più fetida delle celle!”
 Raffaele Sansoni Riario guardava in silenzio Rodrigo Borja. Quell'uomo parlava sul serio. Voleva davvero ingannare Caterina...
 “Ma se lei si rifiuta di uscire?” chiese il giovane, paventando una possibilità secondo lui molto probabile.
 “Fai in modo che non si rifiuti. Sarai giovane, ma sei un Cardinale, no? Sfrutta il tuo potere! Minacciala, se necessario! Dille che ammazeremo i suoi figli uno a uno davanti ai suoi occhi... Ehi, ma che hai?!” fece Rodrigo, scuotendo il giovane Cardinale, che sembrava in procinto di svenire.
 “Se non te la senti di minacciarla – ritratto Rodrigo – falle promesse! Promettile di tutto! Dille di sì a ogni cosa, prometti oro, terre, onori...! Tanto alla fine marcirà in una cella comunque!”
 Raffaele comincicava ad avvertire uno strano senso di nausea. Si sentiva un infame, ancora prima di aver preso parte a quello che gli pareva un omicidio per procura.
 Ma aveva scelta?
 Le parole di Rodrigo Borja gli tolsero ogni dubbio: “Girolamo Riario, sua moglie e tutti i loro figli sono morti che camminano, ragazzo mio. Non si torna indietro. Hanno osato troppo. Se tu ti dimostrerai volenteroso, farò in modo che ai Riario e ai Della Rovere rimasti non accada nulla. Insomma, preferisci che ti taglino la testa o che dei cugini che a mala pena conosci finiscano sulla forca?”
 La testa di Raffaele girava come se fosse stato in barca. Era una situazione paradossale, eppure sapeva cosa doveva fare...
 “Va bene. Farò come dite.” accettò infine il giovane Cardinale e Rodrigo Borja, con una sonora risata, gli fece i complimenti e lo accompagnò di nuovo nella sala del consiglio.
 
 Caterina stava osservando Roma e il Vaticano da una delle postazioni di guardia.
 Era lì da prima che il sole sorgesse. Quella notte aveva cacciato dal Castello Codronchi. Le erano bastate poche parole per capire che quell'individuo non avrebbe avuto il coraggio di diventare un collaboratore del nemico, quindi non si era data pena di farlo eliminare. Era bastato allontanarlo, per fortuna.
 La città era ancora avvolta da una strana aura. Sembrava in una situazione di stallo, in bilico. O forse era lei a vederla così.
 Si sarebbe aspettata, da un momento all'altro, l'arrivo di un messaggio da parte di suo marito, o almeno da parte di Paolo Orsini. Invece nulla. Nessuno si era ancora messo in contatto con lei, neppure quei pavoni del Sacro Collegio.
 Ciò significava solo una cosa: tra i porporati di Roma doveva essere scoppiato il caos.
 Si accarezzò lentamente la pancia, mentre il figlio che portava in grembo scalciava con impazienza. Oh, quanto avrebbe voluto risolvere in fretta la questione. Se solo Girolamo si fosse dato una mossa, avrebbero potuto comandare l'inizio del Conclave e far scegliere un papa adatto a loro. Allora Caterina sarebbe stata libera di pensare al suo bambino e non avrebbe avuto più paura di dover partorire nel mezzo di una battaglia...
 Una sola cosa, fino a quel momento, le era davvero piaciuta. Quella notte, prima del sorgere del sole, mentre osservava i palazzi di Roma, si era sentita incredibilmente potente. Malgrado le gambe gonfie e la nausea, malgrado il mal di testa e la stanchezza.
 Così come, mentre correva la piazza, Forlì era stata sua, solo sua e di sua figlia Bianca, che ancora doveva nascere, così Roma, quella notte, era stata sua, solo sua e del suo bambino non ancora nato.
 Mentre faceva questo ragionamento, vide un drappello di uomini in armi attorno a quello che sembrava un Cardinale, avvicinarsi al trotto a Castel Sant'Angelo.
 Cercò di mettere a fuoco, per capire di chi si trattasse, e quando riconobbe il cugino di suo marito, Raffaele, quasi scoppiò a ridere.
 'Si sono accapigliati per quasi un giorno intero' pensò tra sé, ridacchiando: 'per poi scegliere quel codardo come alfiere?'
 Sospirò e andò a cercare Attilio Fossati per istruirlo su come accogliere il caro Cardinale Raffaele Sansoni Riario.
 

   
 
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