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Autore: Ledy Leggy    23/12/2015    1 recensioni
"Non è che posso aiutarvi? Cioè adoro lavorare all'FBI, ma sono più in stile criminale." Si intromise Neal.
"Lo faresti davvero?" Chiese Elsa sedendosi accanto a lui.
"Perché no?" Chiese lui con un sorriso.
"Ad esempio perché ti ho preso in ostaggio e rapito." Osservò Elsa sorridendo a sua volta.
"Con una pistola scarica: hai tutto il mio rispetto."
Genere: Azione, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mozzie-Dante Haversham, Neal Caffrey, Nuovo Personaggio, Peter Burke
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 16

Riunione Ufficiale



 

 

 

Due anni dopo...

"Sicuro di volerlo fare?" Chiese Elsa guardando verso l'aeroporto.

"No, e tu?" Chiese Neal nervoso.

"Per nulla." Elsa respirò profondamente.

"Ah ecco." Neal mise le mani in tasca.

"Facciamo un'altra volta magari." Disse Elsa girandosi e dando le spalle all'aeroporto.

"Ehi, dove vai!" La fermò Neal.

Elsa si girò ancora una volta verso l'aeroporto.

"Hai ragione. Dobbiamo andare." Disse decisa.

Camminò spedita verso l'aeroporto, poi si girò verso il padre.

"Beh? Non vieni?" Chiese.

Neal mise il cappello e la seguì.

"A che ora parte?" Chiese poi guardando l'orologio mentre entravano nell'aeroporto.

"Tra circa un'ora: abbiamo tutto il tempo per cambiare idea altre sette volte." Rispose Elsa.

"Forse anche otto." Ribadì Neal.

Elsa si sedette una poltroncina e cercò di non agitarsi troppo.

"Se continuo così mi verrà il mal di pancia." Disse dopo poco.

Neal rise sedendosi accanto a lei.

"Se vuoi puoi prendere un sonnifero." Le consigliò lui.

"No, odio le pasticche. E poi col mal di pancia ho una scusa per non mangiare l'orribile cibo dell'aereo." Disse Elsa soddisfatta. "Due anni fa, quando sono venuta in qua, ho fatto finta di dormire per tutto il tempo per non mangiare." Spiegò poi.

"Non ti bastava dire che stavi male?" Chiese Neal ridendo.

"Così poi insistevano a portarmi tè e camomilla? Molto meglio il mio metodo." Sorrise Elsa.

"Chi ci viene a prendere in aeroporto?" Chiese Neal, all'apparenza del tutto tranquillo.

"Ed e Margot. Poi domani... cioè l'indomani rispetto a quando saremo là, cioè oggi... no dopodomani... accidenti al fuso orario! Vabbè il giorno dopo andremo a casa di Peter, dove dovrebbe esserci anche Mozzie." Rispose Elsa.

"Mi agita solo l'idea." Sospirò Neal.

"Non si direbbe." Osservò Elsa squadrandolo. "Comunque sanno già che sei vivo. Non sanno che andrai lì, ma sarà piacevole comunque. Almeno tu avevi una ragione per sparire." Osservò Elsa.

"Anche te." Ribatté Neal indicando se stesso.

"Già, e forse avrebbero apprezzato se gliene avessi parlato..." Sospirò Elsa.

"Non gli hai detto nulla di questi due anni?" Chiese Neal curioso.

"Niente di importante. Anche se sono sicura che mi hanno tenuta d'occhio, ad esempio su tutti i giornali." Disse Elsa poggiando la testa sulle mani.

Neal alzò le sopracciglia.

"Allora in effetti potrebbero non essere felicissimi." Osservò.

Elsa gli tirò una gomitata.

"Tu dovresti supportarmi!" Bofonchiò, girandosi in modo da dargli le spalle.

Neal la abbracciò da dietro ridendo.

"Stavo scherzando!" Le disse poi.

Elsa si appoggiò a lui e lo guardò dal basso all'indietro.

"Sinceramente, ti arrabbieresti molto?" Chiese Elsa facendo gli occhioni dolci.

"Sono sicuro che ti capiranno." Disse lui tirandole un paio di pacche sulle spalle.

"Che vuol dire sì." Elsa si alzò sbuffando. "Alzati, andiamo a fare il check in."

 

"I signori passeggeri sono pregati di sedersi e allacciare le cinture di sicurezza. L'atterraggio avverrà in dieci minuti. La temperatura attuale a New York è di 23 gradi centigradi..."

"Elsa, svegliati!" Neal la scosse delicatamente.

"Il mare, zitto." Borbottò Elsa girandosi un po' dall'altra parte.

"Elsa, siamo arrivati." La scosse ancora Neal.

Elsa sbuffò e si risistemò sulla sedia, stiracchiandosi.

"Stavo sognando una bella spiaggia ai Caraibi..." Disse poi guardando male Neal.

"Non è colpa mia se siamo arrivati." Si giustificò lui.

"Allora, siamo a New York. Il JFK." Osservò Elsa.

"Non ho esattamente un bel ricordo di questo posto." Disse Neal mentre l'aereo atterrava.

"A parte per i trentamila dollari." Lo corresse Elsa.

"A parte quelli." Confermò Neal con un cenno del capo.

Scesero lentamente dall'aereo e andarono a recuperare i bagagli.

Elsa si mise ad aspettare davanti al nastro con un espressione concentrata in viso.

"Che fai?" Le chiese Neal guardandola stupito.

"Prego perché non abbiano perso le valige. Le mie le perdono sempre. Una volta una è finita in Nepal, quando stavo andando a Los Angeles." Spiegò Elsa.

"Non pensavo fossi credente." Disse Neal.

"Non lo sono. Ma prego comunque, male non fa." Rispose la ragazza, osservando le prime valige che scendevano lungo il nastro.

"Due anni e ancora mi stupisco." Disse Neal scuotendo la testa e sorridendo lievemente.

"Eccole!!" Esclamò Elsa contenta.

Presero le loro valige e si avviarono fuori dall'aeroporto.

"Credo che adesso mi stia tornando il mal di pancia." Disse Elsa nervosamente.

"Devo dire che non pensavo che tu fossi così ansiosa." Ammise Neal.

"Sono ansiosa solo quando è importante." Ribatté Elsa.

"Sono contento di essere importante per te." Disse una voce alle sue spalle.

Neal si girò sorridendo, mentre Elsa restò di spalle e iniziò a respirare profondamente.

"Puoi girarti, giuro che non ti ammazzo." Aggiunse la voce.

Elsa si girò lentamente e si ritrovò Edward davanti.

I due si abbracciarono di slancio.

"Sei stata una stronza egocentrica e insensibile." Disse Edward stringendola forte e ridendo. "E ci sei mancata un sacco." Aggiunse poi.

"Anche tu!" Rispose Elsa stringendolo a sua volta.

"Per sapere, da quanto vi conoscete voi due?" Chiese Neal curioso.

"Da quando ci siamo coalizzati contro un gruppo di bulli all'orfanotrofio." Rispose Elsa mentre Ed si soffermava a guardare Neal.

"Alla faccia del voglio stare un po' da sola in Francia." Disse guardando male Elsa. "Potevi dirlo che tuo padre era ancora vivo."

"Scusa?" Tentò Elsa incerta, mentre Neal se la rideva.

Ed scosse la testa esasperato.

"Andiamo, vi porto da Margot. Abbiamo una nuova casa." Disse Ed guidandoli verso la propria auto.

"Guido io!" Esclamò Elsa fiondandosi verso il posto di guida.

"Ecco le chiavi." Disse Ed lanciandogliele. Sembrava che non fosse passato nemmeno un giorno dalla loro partenza.

"Belle, dolci e adorabili macchine col cambio automatico." Sospirò Elsa sedendosi al posto di guida.

Edward fece da navigatore, dando le istruzioni a Elsa.

Dopo circa mezz'ora Ed li fece fermare davanti a una villetta elegante.

Neal fischiò ammirato.

"Che chicca!" Esclamò.

"Sì, Margot ha vinto a poker un po' di tempo fa." Spiegò Ed.

"Margot gioca a poker?" Chiese Elsa stupita.

"Sì, è cambiata molto da quando te ne sei andata. Una volta da ubriaca mi ha detto che le mancava la sua amica scema che la costringeva a fare jogging e che si metteva sempre nei guai." Ricordò Ed.

"L'ha detto davvero? Domani la porto a correre!" Disse Elsa correndo a suonare il campanello.

Due secondi dopo la porta si aprì e apparve Margot.

Non appena si videro le due ragazze si abbracciarono, sotto allo sguardo un po' sconcertato di Neal e Ed.

Poi, ignorando i due dietro di loro, entrarono in casa e iniziarono a parlare fitto fitto, a una velocità supersonica.

"Secondo te vogliamo sapere di che stanno parlando?" Chiese Neal avvicinandosi a Ed.

"No, fidati. Te lo dico per esperienza personale." Rispose quello entrando in casa.

"E sono sempre così?" Chiese Neal seguendolo.

"No, dopo qualche giorno iniziano a litigare. Allora arriva il divertimento." Spiegò Ed. "Litigano per delle cose molto sceme." Spiegò a Neal, che si era seduto sul divano.

"Signori, propongo un brindisi alla vecchia squadra riunita insieme." Proclamò Elsa entrando nella stanza con una bottiglia di vino in mano.

"Cavoli, una riunione ufficiale. Vado a prendere le candele." Disse Ed alzandosi in fretta e tornando dopo pochi secondi con tre candele colorate in mano.

"Ecco qua." Le posò sul tavolo.

Elsa prese subito la candela celeste, mentre Margot prese quella verde e a Ed rimase quella nera.

Le accesero tutte quante e si sedettero in terra a triangolo.

"Mi dispiace, ma non ho altre candele colorate." Disse Ed guardando Neal. "Però ce n'è una bianca in cucina."

"Grazie, ma credo che farò senza." Rispose l'uomo.

"Allora, dopo due anni eccoci ancora qui, tutti sani e salvi. Se non sbaglio l'ultima volta che abbiamo fatto una riunione avevamo l'Interpol alle costole." Disse Elsa riempiendo i bicchieri.

"Che tutto ciò possa proseguire all'infinito." Disse Margot alzando il calice a fare un brindisi.

"Due volte fa, stavamo per rapinare un furgone blindato di una banca." Ricordò Ed.

Bevvero dal bicchiere e sorrisero.

"Ricordate la prima volta?" Chiese Margot a quel punto.

Sorridere tutti e tre in sincronia.

Neal si sedette accanto a loro.

"Cosa è successo la prima volta?" Chiese poi curioso.

"Era la prima notte che Margot stava con noi. Elsa l'aveva appena trovata." Iniziò Ed.

"Giornata fortunata." Disse Margot sorridendo.

"Dipende dai punti di vista." Intervenne Elsa.

"Praticamente Elsa era stata quasi beccata al museo d'Orsay mentre rubava un quadro di non so dove..." Riprese Ed.

"Nord Europa. Era fiammingo." Intervenne ancora Elsa.

"Comunque ha trovato Margot per la strada, e lei l'ha aiutata a passare inosservata davanti a dei poliziotti che accorrevano al museo. E poi l'ha portata a casa."

"Dove Margot per prima cosa è corsa a farsi una doccia. E per seconda mi ha rubato la mia maglietta preferita." Lo interruppe di nuovo Elsa.

"Non lo sapevo, non avevi detto di evitare quella rossa." Si giustificò Margot.

"E poi." Riprese Ed a voce più alta. "Sì sono sedute sul pavimento e si sono ubriacate con delle candele davanti."

"E sei venuto anche tu poco dopo." Lo interruppe Margot, facendo intanto il secondo giro col vino.

"In effetti a volte viene la voglia di trasferirsi." Sospirò Ed scherzando rivolgendosi a Neal. "Non riesco a fare un discorso per intero."

"Se un giorno vuoi una serata tra uomini ne organizzo una con Moz." Propose Neal.

"Perché no?" Rispose Ed.

"Chiudete le bocche e bevete!" Li interruppe Margot.

"Quindi le vostre serate di riunione consistono in ubriacarsi sul pavimento?" Chiese Neal curioso bevendo in un sorso il suo bicchiere.

"O quelle, o nottate intere a organizzare colpi e furti da maestri." Rispose Elsa.

"Piani perfetti, e nessuno ti becca. Basta prevedere tutto." Disse Ed.

"Già, ricordi il terremoto durante la rapina in banca?" Sorrise Margot.

"Eri un po' strana in quel periodo." Aggiunse Ed rivolto a Elsa.

"Pensa se ci fosse stato davvero un terremoto!" Sbuffò Elsa.

 

La mattina dopo Elsa si svegliò con un lieve mal di testa. Segno che non si era ubtiacata molto.

Sia lei che i suoi compagni avevano dormito sul pavimento, molto probabilmente la causa del suo mal di schiena.

"Margot!" Chiamò ad alta voce rigirandola con un piede. "Sveglia!"

Lei si svegliò bofonchiando e tirando insulti in tutte le lingue che conosceva.

"Che c'è?" Chiese poi alzandosi una volta finita la lista di imprecazioni mattutine

"Si va a correre! Ho sentito che ti è mancato!" Esclamò lei andando in camera per mettersi la tuta da ginnastica.

Neal si svegliò in quel momento e vide che anche Ed aveva gli occhi socchiusi.

Si tirò un po' su, ma fu trattenuto dalla mano di Ed.

"Fai finta di dormire." Gli sussurrò, sdraiandosi a sua volta.

Elsa e Margot gli passarono accanto di nuovo per uscire.

"Peccato che stiano dormendo. Avrei fatto venire anche loro." Osservò Elsa, mentre sistemava gli auricolari e la musica.

"Anche io stavo dormendo." Borbottò Margot.

"Tu non conti. E ti fa bene correre." Rispose Elsa uscendo e spingendola fuori.

"Grazie." Sussurrò Neal dopo poco, alzandosi in piedi.

"E ora abbiamo la casa tutta per noi per circa quaranta minuti." Disse Ed soddisfatto.

Quando Elsa e Margot rientrarono, una raggiante e l'altra distrutta, la colazione era pronta sul tavolo e Ed e Neal le stavano aspettando.

"Muoio." Disse Margot senza fiato lasciandosi cadere su una sedia e bevendo un bicchiere d'acqua.

"Come sei tragica." La rimproverò Elsa. "Non abbiamo fatto nemmeno metà di quello che facevamo due anni fa."

"Che tu facevi due anni fa." Ribatté Marge. "Io venivo solo il sabato." Fece notare poi.

Sorridendo si misero a fare colazione e passarono la mattinata insieme.

  
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