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Autore: steffirah    23/12/2015    1 recensioni
Dal momento in cui ho visto
l'uomo che mi è più caro mentre riposavo,
ho cominciato a credere a quelle cose
che gli uomini chiamano “sogni”
Una giovane fanciulla, disperata, sola, colpevole. In una notte di luna piena le appare in sogno un nobile affascinante. I loro incontri si faranno sempre più intimi e segreti, ma riusciranno mai ad incontrarsi?
Genere: Poesia, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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CAPITOLO 13

 
Posizionatami al centro della stanza, a dispetto dei miei timori, fu semplice seguire la musica suonata dalle mie dame. Ogni movimento era spontaneo, il mio corpo lo ricordava alla perfezione. Mi sentivo leggera, leggiadra, come se avessi perduto qualsiasi consistenza. Come una piuma m'involavo, intonando la ninna nanna cara alla mia nobile madre. Usufruendo del ventaglio, mostrai loro il calare del sole e il sorgere della luna; cullai la me stessa bambina, rincuorandola, facendole capire che la mamma era sempre con lei. Che non l'avrebbe mai lasciata. Danzammo insieme, ma quando mi addormentai accadde la tragedia.
Il rapimento.
La lotta.
L'assassinio.
La morte.
La neve.
Il sangue.
Le ultime note, le più tristi.
Le lacrime.
La perdita.
L'abbandono dello spirito.
Il buio più assoluto.
Il silenzio.
Un battito di mani. Fu quello a riportarmi in me.
Aprii gli occhi e, da stesa, mi rialzai, inchinandomi umilmente. Riprendendo fiato.
Da un lato era stato difficile: da tanto non permettevo alla mia anima di fuggire, facendomi perdere così il controllo del mio corpo. Era trascorso tempo da quando la mia mente s'era spenta l'ultima volta, azzerandosi totalmente, e l'unico modo in cui riuscissi ad esprimere il mio dolore fosse il canto. In quei momenti, anche l'ambiente che mi circondava e il tempo presente sparivano; tornavo lì, a quella notte, su quella strada, impietrita da valli innevate, catturata nella rete di sangue appartenente a mia madre, una farfalla intrappolata in una tela di sofferenza.
Approfittando del viso coperto dal ventaglio aperto presi un fazzoletto di stoffa che nascondevo in una manica per asciugarmi le guance rigate dalle lacrime, non volendo saggiamente sporcare di cipria le ricche e ampie stoffe di broccato. Percepii le dame al mio seguito posare gli strumenti e inchinarsi dietro di me, il che mi ricordò l'ultima occasione in cui io e Naruto-sama ci eravamo incontrati in sogno. Due albe. Due tramonti. In due giorni la mia vita era cambiata totalmente, dall'arida terra s'era rivolta ad un cielo impreziosito di gemme.
Gli applausi continuarono ancora per poco, sostituiti da elogi vari, soprattutto da Umi-sama che ripeté più volte: «Incantevole. Siete stata un prodigio. Non lo pensate anche voi, Uzumaki-sama?»
Sbirciai nella sua direzione e vidi i suoi occhi immobili, fissi su di me, piangenti, simili a due stelle cadenti. Chiuse le palpebre per un lungo istante, impedendomi l'accesso al suo animo, e quando le rialzò accennò ad un sorriso.
«Sì. Intensa.» La sua voce, fioca, arrochita dalle lacrime trattenute.
Abbassai lo sguardo, sforzandomi di capire in cos'avessi sbagliato. Perché aveva reagito così? Dove avevo fallito?
Delusa da me stessa mi rimisi in piedi e mi scusai, annunciando di essere stanca. Non che fosse una menzogna, ma ad essere onesta avevo bisogno di rimanere sola. E riflettere.
«Perdonatemi, ma dopo tutto quello che è successo oggi, io...»
Esitai e Umi-sama immediatamente propose: «Vi faccio accompagnare da Aoi e Kohane?»
«No, non ce n'è bisogno. Ricordo dove si trova la mia stanza.», la rassicurai e Sakura scattò in piedi in un unico rapido movimento.
«Vi accompagno io.»
Scossi la testa e le sorrisi, seppure lei non potesse vedermi.
«Tu intrattieniti qui con le altre. È giusto che vi divertiate, non ci capita tutti i giorni di incontrare così tanti giovani.», risi flebilmente, fingendomi la tipica donna che non ero. Lei storse la bocca, contrariata e aggrottò le sopracciglia. Con un'occhiata le feci capire di non preoccuparsi per me e poi mi rivolsi agli altri, senza neppure vederli davvero.
«Auguro a tutti un dolce riposo.», conclusi, prima di congedarmi e volgere loro le spalle.
Uscii silenziosamente dalla stanza, scivolando facilmente sul pavimento in legno di cipresso, senza emettere il minimo rumore, e mi avviai verso la mia camera attuale. Passando per il wataridono mi fermai, aprendo una veranda e rivolsi lo sguardo alla luna, ora alta nel cielo, che mi pareva più vicina che mai, tanto da illuminare gli alberi del vasto giardino. Totalmente immersa in quella contemplazione non mi accorsi di essere seguita, finché una voce amata non raggiunse le mie orecchie.
«Mi dispiace.»
Mi voltai alla mia destra, non tanto sorpresa dalla sua presenza, quanto dal suo tono mesto e accorato.
«Per cosa, Uzumaki-sama?» Ipotizzai fosse meglio che anche io mi rivolgessi così nei suoi confronti, quando poi realizzai che quella era la prima volta in assoluto in cui parlavo direttamente, unicamente con lui. E lui faceva lo stesso con me, solo con me, e non in un sogno. E il suo viso, il suo corpo, illuminati dal flebile ma rischiarante pallore lunare non erano un costrutto della mia mente. Lui era lì. Al mio fianco. Era vero. Era reale. Se avessi allungato una mano avrei potuto toccargli il viso, rendermi conto che era carne e non un'immagine, non uno spettro trasparente, non un'anima vagante, bensì una persona. Un essere umano, come me.
«Per il vostro passato. Deve essere stato terribile assistere ad una scena simile.» La sua voce si smorzò e sviò lo sguardo, posandolo sulla sfera che illuminava le nostre imperfezioni. Le nostre paure. I nostri dolori.
Mi sorpresi del fatto che fosse riuscito a capirlo. Mi ero impegnata per trasmettere il mio passato, riportarlo in vita affinché mia madre fosse ancora una volta al mio fianco, ma era incredibile che fosse riuscito a capire la mia storia.
«Lo è stato. Lo è ancora, ogni volta che ci ripenso.» Abbassai la voce, avvicinandomi al parapetto in legno, imitandolo. «Tuttavia, non dovete preoccuparvi per me. Al mio fianco ci sono mia sorella Hanabi, il mio nobile padre, i membri del mio casato, le mie dame... Non sono sola.»
«No, ma vi sentite sola. Lo capisco, è un po' come mi sento anche io. So quello che volete dirmi, la nostra situazione è differente, ma i nostri sentimenti sono molto simili... Credo.», esitò.
Mi voltai di poco e lo trovai a guardarmi poco convinto, quasi speranzoso.
«Voi avete sofferto molto più di me.», mormorai ma lui scosse la testa.
«Io non ho mai conosciuto i miei genitori. Voi avete conosciuto vostra madre e vi eravate molto legata. Per questo penso che, da un punto di vista, perdere qualcuno che ci era caro... Può essere otto milioni di volte peggiore rispetto alla morte di qualcuno con cui non si è mai avuto modo di creare legami.»
«Forse è così.», dovetti concedergli. «Ma la solitudine, il più delle volte, può diventare un dolore più grande della stessa sofferenza.»
Le sue spalle sobbalzarono impercettibilmente e abbassò la testa, ridendo in maniera a malapena udibile.
«Probabilmente è così. Che stupido, pensare che il mio proposito era complimentarmi con voi per la vostra esibizione. Ho rovinato tutto, vero?»
Scossi vigorosamente la testa. Complimentarsi? Quindi... Gli ero piaciuta?
Il cuore cominciò a battermi nel petto all'impazzata.
«Allora lasciate che ve lo dica. Ho assistito a numerose danze nella mia vita ma nessuna, mai, era stata tanto travolgente. Davvero, mi avete trasportato via, nel vostro mondo, nel vostro passato, ed è stato arduo ritornare al presente. Il vostro canto, unito ai vostri leggiadri movimenti, era pura poesia. Avete una voce celestiale, Hyuuga-sama, non ho mai udito nulla di simile. Eravate così ammaliante. In realtà, me ne vergogno, ma la mia esperienza con le donne non è mai stata alcunché di speciale. Ne ho conosciute tante, la maggior parte erano amanti di Jiraiya-ojisan ma... Ma non hanno mai attirato la mia attenzione come siete riuscita a farlo voi. I loro volti mi sembravano insignificanti, tutti simili, sottomessi alla volontà di un unico uomo. Come se dipendesse tutto da noi, quando poi in realtà è quasi come se fossimo noi a dipendere da voi. Non ho esperienze in amore, quindi non posso saperlo. Non ho mai amato una donna come amo voi.»
Lo fissai a bocca aperta. Dalla sorpresa il ventaglio mi cadde di mano, lasciandomi scoperta. Tuttavia non ebbi la forza di abbassarmi per raccoglierlo. Non riuscivo neppure a muovere un muscolo. Un arto. Qualsiasi cosa. Dovevo rispondergli. Dovevo dirglielo. Dovevo fargli capire quanto lo amassi. Eppure mi sentivo come pietrificata. Perché? Perché non avevo più alcun controllo? Perché non riuscivo a fare ciò che volevo? Perché era come se il mio corpo non mi appartenesse? Perché lui aveva quell'effetto su di me?
«Quindi, non so come comportarmi. Quasi sicuramente avete ricevuto corteggiamenti migliori, mentre io non so neppure da dove cominciare. Pensavo che una poesia fosse l'approccio giusto, ma probabilmente mi sbagliavo. O evidentemente non ricambiate i miei sentimenti.»
Il suo tono si rattristò e io provai ad aprire bocca, invano. Mi sforzai di emettere un suono, ma pareva che l'aria fosse bloccata nei miei polmoni. Cosa mi stava succedendo?
«Me ne farò una ragione. Oh, perdonatemi Hyuuga-sama, che sconsiderato. S’è fatto tardi, sarete stanca. Sicuramente vorrete riposarvi e io vi sto trattenendo. Vogliate perdonar...mi.»
In quel momento si voltò, i suoi occhi incontrarono i miei, e vagarono sul mio viso, sorpresi. Trattenni il fiato, lui fece lo stesso. Mi chiesi come fosse possibile che lui possedesse tutti quei chiari colori, estivi, e come potessero essere tanto splendenti anche nella notte. Come potesse il suo viso essere tanto affascinante... E rassicurante. Come riuscisse ad infondermi tutta quella calma... Quella fiducia...
Fece un passo verso di me. Le dita della sua mano sinistra si avvicinarono ad una mia guancia. La sfiorarono. Vi tracciarono un segno infuocato. Il cuore stava per esplodermi. Il suo viso si abbassò accanto al mio. Le fiamme sembrarono estendersi al resto del mio volto, concentrandosi sulle mie labbra. Gli occhi cominciarono a lacrimarmi, i suoi brillavano di un'emozione che ci legava. Che apparteneva a noi due. Che ci aveva uniti.
Il suo caldo respiro, così vicino...
Chiusi gli occhi, lui mi prese delicatamente il viso tra le sue mani. Coi pollici seguì la linea delle mie gote, fino ad arrestarsi agli angoli della mia bocca. Schiusi le labbra, dimenticando chi fossi, dove mi trovassi, consapevole soltanto di lui, ma sorprendentemente le sue si posarono sulla mia fronte, senza disturbarsi a spostare i capelli.
Aprii gli occhi, sussultando, incontrando la sua pelle a pochi centimetri da me. Seguii con lo sguardo la linea del suo collo e non mi trattenni dall'allungare un dito per toccarlo.
La sua pelle.
Il suo calore.
Era tutto così vivo. Lo sentii tremare e mi allontanò con delicatezza. Come se fossi una creatura caduca, frangibile.
«Hyuuga-sama, io... Scusate se mi sono permesso di avvicinarmi così tanto a voi.»
Si abbassò a raccogliermi il ventaglio e io dovetti a malincuore concederglielo. Dentro di me sorrisi – era inusuale che un uomo si scusasse per questo motivo. Anzi, secondo quanto mi era stato raccontato e avevo letto nei romanzi – tra cui il “Genji Monogatari” – non si facevano scrupoli ad approfondire il contatto. Come pensavo, lui era diverso. Lui era speciale. Forse era di questo che mi ero innamorata.
Coprendomi il viso lo guardai un'ultima volta, augurandogli dolcemente: «Buonanotte, Uzumaki-sama.»
Feci per andarmene, ma lui mi fermò prendendomi una mano. Stringendo le mie dita tra le sue. Come se temesse potessi sparire da un momento all'altro.
Non mi voltai questa volta, consapevole che finché non fossi riuscita a confessargli i miei sentimenti non aveva alcun senso confonderlo in quel modo.
I suoi polpastrelli disegnarono caratteri astratti sul mio palmo, provocandomi piacevoli brividi. Le stoffe del suo sokutai sfilarono sul legno, incrociandosi alle mie. Il suo corpo aderì perfettamente al mio e mi resi conto, soltanto in quell'istante, di quanto fossi piccola e minuta rispetto a lui. Il grande numero di vesti ingannava la mia percezione, ma adesso che eravamo cosi vicini... Era come se ci stessimo incontrando nuovamente nei nostri sogni.
Con l'altra mano mi spostò i capelli su un lato e si accostò al mio orecchio. Qui mi soffiò, carezzandomi col suo respiro:
«Buonanotte, Hyuuga-sama. Che i vostri sogni possano essere meravigliosi, quanto lo siete voi.»
“O quanto lo siete voi.”, avrei voluto precisare, ma lui non me ne diede il tempo.
Andò via, lasciandomi lì, in mezzo ad un corridoio, errante su un sentiero che mi avrebbe portata verso la primavera.




NdA: 
*sbuca lentamente con la testa fuori dal cuscino*
Heilà! ^_^'' 
Si, lo so, vorrete linciarmi ç.ç Non sono morta (non ancora) ma con l'ultima prova d'intercorso m'illudevo di essermi finalmente liberata...e invece no! Grazie, università! Aaah, cosa si deve fare per passione çwç
Allora.... Finalmente c'è stato un contatto fisico, yoohoo, si progredisce! Non disperate, prima o poi questa merdina finirà <3 e siamo mooolto vicini alla fine!
Sappiate che vi voglio bene, e se avete smesso di leggere vi capisco perfettamente (a quanto pare sono una persona inaffidabile). Ma nonostante tutto grazie per essere arrivati fin qui.
With love x 

Terminologia:
Wataridono = corridoi che collegano i vari edifici delle shinden-zukuri



 
  
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