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Autore: Yo Yo Sango 16    25/12/2015    5 recensioni
Touko non sa nulla di quel ragazzo dallo sguardo magnetico e l'aria misteriosa.
Eppure quel giorno, quando si incontrano in un caffè di Quattroventi, lui sembra sapere tutto di lei e dei suoi Pokemòn.
Ma quello che entrambi non sanno è che ben presto le loro strade si incroceranno più e più volte e le loro vite cambieranno per sempre.
La mia prima fic NxTouko, spero davvero che vi piaccia!
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: N, Touko
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Entro in quel locale a me così familiare. Anche oggi è affollato, è quasi impossibile trovare un posto a quest’ora.

Pur sapendolo, sono venuta lo stesso.

Cerco un tavolo libero e lo trovo, in fondo alla sala. Il chiacchiericcio sovrasta la musica che danno alla radio, ma mi rilassa.

Faccio uscire il mio Tranquill dalla Pokeball e intanto frugo nello zaino alla ricerca di un po’ di cibo da dargli. Con disappunto mi accorgo di averlo finito. Pazienza, ne ordinerò un po’.

Tranquill fa un sospiro lungo e affranto. Ha volato per tanto tempo ed è logico che ora si senta stanco.

-Scusami, Tranquill, non dovevo sforzarti.-

Gli accarezzo le piume grigie e chiamo il cameriere con un gesto della mano. Lui si affretta e mi raggiunge. Una goccia di sudore gli imperla la fronte. Deve star lavorando davvero parecchio questa sera.

Ordino e lo guardo allontanarsi. Girandomi verso il mio Pokemòn, mi accorgo che mi sta fissando.

-Cosa c’è, Tranquill?-

Dopo avermi fissata un altro po’, mi sposta il gomito col muso e si infila sotto il mio braccio, strusciando la testa contro il mio petto. Io rido, divertita.

-Ehi, che ti prende?-

Ma in realtà ho già capito. Ha notato che sono triste e cerca di farmi sentire meglio. Così lo stringo a me, dolcemente.

-Aveva proprio ragione- sussurro.

Tranquill cinguetta felice.

-Anche tu te lo ricordi, vero, Tranquill? Eri solo un piccolo Pidove, ma sono sicura che non puoi dimenticare il giorno in cui l’abbiamo incontrato.-

Il mio fedele compagno tuba, assentendo.

-Era una persona speciale. Completamente diversa da tutti gli altri.-

Con la mente torno a quel giorno di due anni prima.

 

Ero appena arrivata a Quattroventi, giovane e inesperta. Nonostante la cittadina non fosse poi molto lontana da casa, mi sentivo un’intrepida avventuriera. Avevo sfidato una strada piena di Pokemòn selvatici e di allenatori pronti a combattere ed avevo vinto tutti gli incontri. Ero così fiera dei miei nuovi compagni di squadra. Il Pokemòn che mi aveva dato il professore poi era semplicemente formidabile! Oshawott diveniva sempre più forte ad ogni incontro e sapevo che andando avanti di quel passo, sarebbe diventato invincibile.

“Devo chiamare la mamma e raccontarle quello che mi è successo!” pensai, trepidante.

Raggiunsi di corsa il primo locale che trovai lungo la strada ed entrai. Rimasi a bocca aperta, scoprendo che era quasi del tutto pieno di gente. Dopotutto Quattroventi non era altro che un villaggio e quello era probabilmente l’unico luogo di ristoro della zona.

Scrollai le spalle e chiesi ad un cameriere indaffarato se erano rimasti posti liberi. Lui, con un cenno del capo, mi indicò un posticino in fondo, vicino alla finestra. Era un tavolo per due.

Mi sedetti e liberai dalle mie sfere Pokè i miei due nuovi amici.

-Oshawott, Pidove, ora potete uscire.-

I due raggi luminosi usciti dalle sfere si tramutarono presto nelle sagome dei miei compagni di viaggio. Mi dispiaceva tenerli sempre chiusi nelle sfere Pokè, così quando avevo un minuto libero, li facevo girare liberi e giocare un po’ fra di loro.

Loro, contenti di vedere nuovamente il mondo esterno, espressero la loro felicità saltando e vociando. Risi della loro reazione e li feci sistemare sulla sedia libera, per non intralciare il passaggio dei camerieri.

Presi fuori il mio nuovissimo Interpoké e chiamai mia mamma. Le raccontai emozionata tutto del mio primo viaggio e la vidi molto fiera di me. Dopotutto era il mio sogno fin da quando ero bambina e, nonostante fosse un po’ preoccupata della mia sorte, mia madre era stata pienamente d’accordo di farmi partire all’avventura.

Mentre parlavo, emozionata, non mi accorsi che dalla porta del locale era entrato qualcuno e che, dopo aver chiesto qualcosa al cameriere, costui si stava dirigendo verso il mio tavolo. Smisi di parlare solamente quando il ragazzo dai lunghi capelli color prato si fermò davanti al mio tavolo.

Salutai velocemente mia madre ed alzai gli occhi su di lui. Colui che mi apparve davanti mi lasciò nello stomaco una sensazione strana.

Indossava una camicia bianca e un cappello nero calato sulla testa. Al collo portava uno strano ciondolo. Tutto di lui faceva trapelare un’aura di mistero tale da riuscire a farmi rimanere senza parole.

Quando alzò il viso su di me e i nostri sguardi si incontrarono, fu come se le nostre anime all’improvviso si fondessero. I suoi occhi verdi, dapprima spenti e bui, nel momento in cui incontrarono i miei, si accesero di una luce fortissima.

Trasalì e si lasciò scappare un gemito sorpreso.

Confusa dalla sua reazione, arrossii stupidamente e abbassai gli occhi sul tavolo. Così mi accorsi di ciò che stava succedendo davanti a me.

I miei Pokemòn stavano tremando visibilmente. Pidove aveva le penne tutte arruffate e Oshawott lo fissava con la bocca semiaperta.

Tornai a fissare quel ragazzo così strano con una punta di sospetto. Com’era possibile che facesse quell’effetto ai miei Pokemòn?

Lui, vedendosi fissare con aria corrucciata, sembrò riprendersi e fece una piccola risata cristallina.

-Ti chiedo scusa se ti ho interrotta durante la tua videochiamata. Dato che il locale è pieno, mi chiedevo se non fosse possibile sedersi al tuo tavolo.-

La sua voce era ancora più soave della sua bellezza. Sembrava un essere ultraterreno. Cercando di non farmi influenzare da quelle frivolezze, pensai a cosa fosse meglio fare. Guardai i miei Pokemòn, che non smettevano di non comportarsi in modo strano.

-Certo- dissi soltanto, prendendo in braccio Oshawott, che se ne stava seduto sulla sedia di fronte a me.

Lui ringraziò e si sedette, togliendosi il cappello dalla testa.

Lo studiai di nascosto, mentre si girava e fissava assorto fuori dalla finestra. Come mai la luce brillante nel suo sguardo di qualche momento prima si era già spenta, per lasciare spazio a tanta malinconia? Era un così bel ragazzo e aveva una risata così deliziosa…

I miei pensieri furono interrotti da un cinguettio sonoro. Il mio Pidove si stava avvicinando senza timore al ragazzo seduto di fronte a me, cinguettando e sbattendo le ali, quasi fosse emozionato. Non si era mai comportato così con nessuno, nemmeno con me. Dopotutto, era diventato il mio Pokemòn solo da pochi giorni ed era normale che non si fosse ancora affezionato a me.

-Pidove, che fai? Torna qua!- gli dissi, preoccupata che potesse dargli fastidio.

Feci per alzarmi e prenderlo in braccio, ma la scena che vidi mi lasciò senza fiato.

Il ragazzo dagli occhi color smeraldo, accortosi del piccolo Pokemòn che lo stava raggiungendo saltellando, sorrise con il più smagliante dei sorrisi.

-Ciao, Pidove!- esclamò, felice -Piacere di conoscerti.-

Detto questo, gli porse una mano e Pidove gli saltò sul braccio senza esitazione. Il ragazzo gli accarezzò dolcemente la testa e il mio Pokemòn trillò felice, strusciandosi contro la sua mano.

-Sei un giocherellone- rise. -Da quanto tempo sei il Pokemòn di questa allenatrice?-

Pidove tubò e cinguettò e il ragazzo annuì.

-Allora sono solo pochi giorni, capisco.-

Dire che ero costernata era dire poco. Li continuai a guardare a bocca spalancata, finché non si accorsero della mia espressione inebetita.

Come era possibile tutto ciò? Chi era quel ragazzo? E cosa stava facendo al mio Pidove? Mi sembrava di star vivendo in un sogno, era tutto troppo irreale.

Lui, quando notò che li stavo fissando sbalordita, mi sorrise. Un sorriso molto meno luminoso di quello che aveva riservato al mio Pokemòn.

-Hai un bellissimo esemplare di Pidove.-

Io non risposi, indecisa se andarmene o restare. Quel ragazzo aveva qualcosa d’insolito e tutto ciò mi incuriosiva e allo stesso tempo mi spaventava.

Il ragazzo non si scompose, prese di tasca una Pokeball e la lanciò in aria. Un bagliore ne uscì, fino a far comparire un piccolo Purrloin, dal manto lucido e gli occhi profondi.

-Ma quello è un Purrloin!- esclamai, emozionata, dimenticandomi di tutto quello che era successo poco prima.

Tirai fuori il mio Pokedex e ascoltai la spiegazione che mi dava il mio dispositivo su quel Pokemòn che non avevo mai visto prima, se non sui libri e sulle riviste. Dopo aver rimesso il mio Pokedex in tasca, guardai il ragazzo senza abbandonare la mia reticenza.

-Senti… non credi che…-

Fissai prima il suo Purrloin e poi il mio Pidove, preoccupata. Lui, seguendo il mio sguardo, capì a cosa mi stavo riferendo e scoppiò in quella sua risata argentina che cominciava a piacermi tanto.

-No, non preoccuparti. Non c’è il rischio che il mio Purrloin consideri il tuo Pidove come un possibile pranzo.-

Sospirai, più sollevata. Quando rialzai gli occhi su di lui, notai che mi stava fissando intensamente. Arrossii e tornai a fissare il tavolo, imbarazzata. Aveva due occhi maledettamente magnetici.

-Quindi… quindi anche tu sei un allenatore di Pokemòn…- balbettai, stupidamente.

Lui annuì.

-Sì, sono in viaggio da poco anch’io, con il mio amico.-

Il suo sguardo si incupì di nuovo e mi fece rabbrividire.

-Ho una missione importante da compiere- mormorò, la voce improvvisamente più seria.

Intimidita, lo fissai per un po’, poi abbassai lo sguardo. Di nuovo calò il silenzio fra di noi. Dopo qualche minuto trascorso pensando al perché del mio stupido imbarazzo di fronte a quel ragazzo, lui parlò.

-Come mai non tieni i tuoi Pokemòn nelle loro Pokeball?-

Sorrisi, guardando i miei nuovi amici.

-Non mi piace tenerli sempre rinchiusi lì dentro. Certo, le Pokeball sono comode. Ma ho come l’impressione di tenerli imprigionati in uno spazio che non è adatto ad esseri spensierati come loro.-

La mia risposta lo colpì moltissimo. I suoi occhi smeraldini brillarono di nuovo e la sua bocca si schiuse.

-Allora non mi sbagliavo…- mormorò.

Lo guardai interrogativamente e lui mi sorrise, sistemandosi più comodamente sulla sua sedia.

-Sai, non ci sono molti allenatori che la pensano come te. Mi piace il tuo pensiero.-

Arrossii di nuovo, sentendo una strana gioia scaldarmi il cuore nel sentirmi elogiata da lui.

-Sono convinto che i Pokemòn non siano soltanto dei mostriciattoli carini da collezionare. Sono esseri viventi, esseri magici, unici. Oltre ad avere dei magnifici poteri, sono creature molto sensibili e intelligenti.-

Mi scoccò un’occhiata maliziosa ed io mi sentii sciogliere.

-Sono convinto che possano leggerti dentro, possano capire immediatamente cosa prova il proprio allenatore.-

Guardai i miei Pokemòn e ripensai alle sue parole. Che fosse tutto vero quello che stava affermando? Era davvero possibile che i Pokemòn potessero comprendere quello che i loro allenatori sentivano in quel momento?

Nonostante sia un po’ misterioso, è un ragazzo davvero sensibile e intelligente, oltre che tremendamente carino, pensai dentro di me. Era stata proprio una fortuna incontrarlo lì in quel momento.

Mentre mi perdevo in questi pensieri, lanciai uno sguardo sotto al tavolo. Mi lasciai sfuggire un esclamazione stupita, notando che Pidove, Oshawott e Purrloin si erano messi a giocare insieme, rincorrendosi fra le nostre gambe e quelle delle nostre sedie. Sembravano essere completamente a loro agio.

-Sembra che si piacciano- disse lui, felice, osservando l’allegro trio che si stava divertendo un mondo.

Li guardammo giocare un po’, mentre correvano. Oshawott, goffo com’era, inciampò sulle sue stesse zampe e finì col naso per terra. Io e l’allenatore di Purrloin scoppiammo a ridere all’unisono, divertiti. Mi chinai e presi in braccio il mio Pokemòn d’acqua, che ora aveva il faccino corrugato in una smorfia di dolore.

-Sei proprio un piccolo disastro, Oshawott- gli dissi, accarezzandolo dolcemente e tornando a ridere al ricordo del capitombolo appena compiuto.

Alzando gli occhi su quelli del ragazzo, sentii una strana sensazione alla bocca dello stomaco, notando che mi stava guardando con un sorriso dolce sulle labbra. I suoi occhi orano erano tornati a risplendere.

-Tu sei speciale.-

Al suono di quelle parole, pronunciate con quella sua voce dolce e profonda, sentii un calore enorme inondarmi la faccia e il cuore cominciare a battere all’impazzata.

-Volete ordinare, ragazzi?-

Il cameriere, ora in piedi davanti a noi, teneva un block notes in mano e ci guardava, in attesa. Io trasalii, presa alla sprovvista, e cercai di rimettere in funzione il mio cervello appena andato in tilt, ma senza successo. In più, mi accorsi che molte persone del locale ci fissavano, alcune sogghignando e altre facendo ridolini sommessi.

Capii così che sembravamo in tutto e per tutto due fidanzatini, invece che due perfetti estranei appena incontratisi per caso, in un locale affollato.

Rossa come un pomodoro, cercai di pronunciare una frase sensata, ma notando che il ragazzo dai capelli verdi si stava alzando dalla sua sedia, mi morirono le parole in gola.

-Ehi, dove vai?- gli dissi, senza riuscire a frenare la mia delusione.

Mi aveva appena detto che ero speciale e ora se ne andava improvvisamente? Che fosse così timido?

 -Devo andare. Scusami, ma si è fatto davvero tardi. Purrloin, andiamo.-

Si rimise il cappello fra i folti capelli verdi e mi lanciò un’occhiata spenta, ma il suo sorriso lasciava trapelare una certa emozione.

-È stato molto interessante parlare con te. Grazie.-

Lo guardai mentre mi girava le spalle e si incamminava verso l’uscita del locale. Anche i miei Pokemòn erano rimasti molto delusi dall’improvvisa partenza del loro nuovo amico, che ora seguiva scodinzolando il proprio allenatore. Sentii un’immensa tristezza nel cuore, al pensiero di non rivederlo mai più.

-Aspetta!- gridai, correndogli incontro.

Lui si girò sorpreso, verso di me, con aria interrogativa.

Rimasi a fissarlo in quei suoi occhi ultraterreni per un po’, poi sputai.

-Ci rivedremo un giorno, non è vero?-

Il ragazzo mi fissò e il suo viso si fece buio per un momento. Poi mi fece un sorriso felice.

-Lo spero davvero.-

Detto questo, si rigirò e uscì dal locale.

Io rimasi ancora qualche secondo a fissare la porta, con una marea di emozioni che si accavallavano dentro di me. I versi sconsolati dei miei Pokemòn mi fecero tornare alla realtà.

-Che stupida che sono stata…- mormorai. -Non gli ho neanche chiesto come si chiama.-

Tornai così al mio tavolo e ordinai qualcosa per me e per i miei Pokemòn, pensando che non mi sarei mai più dimenticata di quel ragazzo dai capelli verdi e lo sguardo misterioso.

 

-Natural Harmonia Gropius…- sussurro, -Enne.-

Tranquill cinguetta, sentendo quel nome.

-Ce ne sono successe tante, da quel giorno- sorrido, accarezzando il mio Tranquill.

Lo avevo rincontrato qualche giorno dopo, in quella stessa città. Ci eravamo sfidati ed eravamo diventati amici. Da quel giorno erano cominciati i problemi col Team Plasma, un gruppo di folli fanatici, sostenitori di un mondo di Pokemòn liberi dalle Pokeball e dagli allenatori. Poi quel giorno a Sciroccopoli mi aveva confessato di avere dei poteri sovrannaturali e di essere il futuro re del Team Plasma. Quel giorno, che mai mi scorderò, aveva lasciato un segno profondo in me.

-Alla fine però ce la siamo cavata alla grande alla Lega Pokemòn e al Palazzo di Ghecis- esclamo, allegramente.

Al pensiero di quel giorno terribilmente spaventoso, tocco automaticamente una delle sfere Pokè che tengo alla cintura. Dentro di essa vi è uno dei Pokemòn più terribili del mondo.

Il grande e potente Zekrom.

Ero riuscita a catturarlo e a sconfiggere il malvagio Ghecis, il capo Team Plasma. Era stata un’importante vittoria per me.

-Anche se ho perso la persona a cui tenevo di più…-

Tremo leggermente e Tranquill lancia un fischio, sbattendo un po’ le ali, contrariato.

Sono ormai passati due anni dall’ultima volta in cui ci siamo detti addio. Non l’ho mai più rivisto da quel giorno.

Eppure penso a lui ogni giorno.

Sono tornata a Sciroccopoli un milione di volte e ho aspettato davanti a quella ruota panoramica per delle ore, inutilmente.

Sono cresciuta assieme a lui. Ho affrontato tante sfide e sono diventata un’allenatrice migliore solo grazie ai suoi consigli. Ho conosciuto il suo passato maledetto, ho condiviso con lui la sua enorme sofferenza, ho lottato contro il suo crudele padre e gli ho fatto capire che gli allenatori non sono tutti degli ipocriti sfruttatori. Ho letto nella sua anima, come lui ha letto nella mia. Mi ha aperto il suo cuore ed io gli ho donato il mio.

Per sempre.

Un sonoro morso mi arriva al braccio destro e lancio un urlo, risentita. Mi giro verso Tranquill, che mi fissa con aria risentita.

-Scusami, hai ragione- mormoro, asciugandomi le lacrime con una manica.

-Non devo essere triste. Ho i compagni di viaggio migliori del mondo e non posso chiedere di più- sorrido.

Sono il campione della Lega Pokemòn ora. Non posso più perdermi in piagnistei come facevo a quindici anni. Ho ancora molto da imparare, ma mi sto allenando tutti i giorni per diventare sempre più forte. Sono convinta che arriverò sempre più lontano, con i miei amati compagni. Poi ho la mamma, Belle e Komor che mi sostengono e credono in me.

-Scusa, è libero questo posto?-

Al suono di quelle parole, mi risveglio dai miei pensieri. Alzo la testa, presa alla sprovvista, mentre cerco di calmare i battiti del mio cuore.

Di fronte a me sta una ragazzina di circa quindici anni dall’aria graziosa. Porta una visiera bianca e due crocchie ai lati della testa, da cui cadono due cascate di capelli castani, che la rendono ancora più buffa. La borsa che porta a tracolla sembra molto pesante.

-S-sì, certo.-

-Grazie!-

Detto ciò appoggia la borsa sul tavolo e si lascia cadere stancamente sulla sedia. Dopodiché, fruga nella tasca e tira fuori un Interpoké di ultima generazione. Pigia qualche tasto con attenzione e dopo qualche secondo appare l’immagine di una bella donna, sullo schermo.

-Ciao, mamma! Sono arrivata a Quattroventi. Qui il clima è bellissimo, ci sono un sacco di Pokemòn che non ho mai visto. È stata una sfacchinata, ma adesso ho deciso di riposare un po’ in un localino che ho trovato sulla strada. Torno adesso da Soffiolieve. Sai, sono stata da una signora molto gentile che mi ha invitata a fare due chiacchiere con lei. Mi ha parlato tanto di sua figlia e mi ha detto che è un’allenatrice molto forte. Ha detto che un ragazzo misterioso con un Pokemòn leggendario è passato da casa sua l’altro giorno a chiedere di sua figlia.-

Poi scoppiando a ridere, dice: -Chissà che paura che deve aver preso, povera donna…-

Ma il resto della conversazione non posso seguirlo, perché in un lampo sono fuori dal locale.

 

 

Ed eccomi qui, il giorno di Natale, a pubblicare un’altra one-shot, stavolta sui Pokemòn e sulla mia coppia preferita. <3

Vi auguro un buon Natale e spero che la fic sia di vostro gradimento. ;)

Bacioni,

YO!

  
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