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Autore: Sky and July    08/03/2009    1 recensioni
Due anime abbandonate, due anime tenute assieme da uno strano fato, due anime diverse eppure troppo simili, il cui collante è la solitudine. L'uno si aggrappa all'altro come sua unica salvezza, e l'altro, confuso, non sa cosa cerca dalla nuova vita che entrambi dovranno ora incominciare. Long-fic AU KimiJuu, pubblicata da SkyEventide e Cira. Buona lettura!
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Juugo, Kimimaro Kaguya
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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-5-
Le chiavi di un mondo - parte II


Kimimaro Kaguya



Adesso arrivava la parte complicata. O forse quella faticosa, per meglio dire.
Organizzarsi, scegliere dove sistemare cosa, occupare i ripiani dell'armadio e dei cassetti, ordinare gli oggetti sulla scrivania.
Decise che per adesso avrebbe messo al proprio posto solo gli abiti nella valigia rigida.
Guardò solo di sfuggita Juugo mentre entrava nel bagno, pensando che, magari, la solitudine accompagnata dal rumore ovattato dell'acqua nella doccia gli avrebbe fatto bene. Tutto quel contatto, così intimo, così amichevole per i suoi standard, lo confondeva. Lo confondeva tutta quella considerazione.
E così occupò il tempo in cui l'altro era chiuso in bagno con un silenzio surreale, un'espressione che sapeva di affranto quando non avrebbe dovuto provare simili sentimenti, non in quella circostanza. Insicuro, indeciso, colmava la propria anima con una sorta di freddezza disumana, un'indifferenza che gli appiattiva la voce fino a renderla metallica e metodica.
I movimenti del suo corpo erano fluidi, precisi e armonici, come aveva imparato a farli con le arti marziali. Il minimo di energia sprecata a causa quelle malattie che lo facevano sentire danneggiato, incapace.
Quando l'acqua nel bagno si spense il livello dei vestiti nella valigia era drasticamente sceso. I cassetti in giro per la stanza erano aperti, le ante dell'armadio spalancate ed i vestiti sistemati. Nel borsone non restavano che dei calzini ed una tuta sportiva. Non sapeva dove metterla, quella. Soprattutto, non sapeva se l'avrebbe mai usata.
Alle sue spalle Juugo uscì dal bagno e, quando Kimimaro si voltò, lo scoprì più disinibito di quel che pensava. Forse era la sua presenza che lo rilassava, forse era l'ambiente, che ormai sarebbe dovuto essere il loro, a togliergli il nervosismo opprimente dell'ospedale.
E se Juugo era più tranquillo, Kimimaro si accorse di essere più pudico di quel che pensava. Le sopracciglia si corrucciarono impercettibilmente, gli occhi verdi fissarono l'altro, ancora coi capelli bagnati, con qualcosa di indefinito nell'espressione.
Juugo sembrava comportarsi come se assieme in quella stanza ci vivessero da sempre. L'aveva visto sorridere mentre osservava l'ambiente, posare la sua bestiola sotto la finestra come se quello fosse il suo posto senza ombra di dubbio. Ora faceva la doccia ed usciva in accappatoio.
Sentì una vaga sensazione offesa per quelle libertà così fresche, prive di pensieri.
Gli sembrò che Juugo, alla fin fine, fosse una persona meno complicata di lui. Dopotutto, tralasciando il suo problema di personalità, era un ragazzo di piacevole compagnia, inteneriva con la sua paura per gli altri.
Kimimaro si sentì torbido appurando queste verità, si sentì quasi arrabbiato, e dal suo viso sparì quel vago pudore, per tornare all'espressione sterile che c'era sempre. Gli occhi verdi divennero vacui.
«Vuoi mangiare qualcosa prima di cena?» gli domandò, voltandosi automaticamente verso il proprio zaino abbandonato nel corridoietto appena dopo la porta. Si era portato qualcosa da mangiare assieme alla bottiglia d'acqua, dei tramezzini con tonno e maionese, se non ricordava male.

Juugo Tendou



«Ti sei portato anche da mangiare?».

Spalancò un poco gli occhi e pensò che avrebbe fatto prima a chiedergli cosa non c'era in quegli zaini.
S'accostò ai letti prendendo di boxer neri ed un paio di jeans indossandoli velocemente.
Si tolse l'accappatoio umido subito dopo restando a petto nudo.

«Tanto per sapere se verrò avvelenato o meno: hai cucinato te?».

Kimimaro Kaguya



Chinandosi, aprì la cerniera dello zaino e frugò tra i libri, estraendone un paio per arrivare ad un sacchettino nascosto sul fondo. Dentro, chiusi in un bento, c'erano i suoi tramezzini.
Estrasse la scatoletta dal sacchetto, voltandosi appena per mostrarla a Juugo in risposta alla sua domanda. Poi si alzò da terra con un leggero sospiro, testimonianza del movimento fisico fatto per mettere al suo posto ogni abito nel luogo dove si sarebbe trovato per i prossimi anni, dove avrebbe imparato a ripescarlo tra gli altri vestiti senza rifletterci. Ci avrebbe vissuto lì dentro. Ancora non aveva fatto l'abitudine ad un simile pensiero.
Esattamente come non aveva ancora fatto l'abitudine a vedere Juugo fuori dai panni della tenuta da ospedale, fuori dalle quelle pareti chiare e sterilizzate, e soprattutto con quell'atteggiamento quasi estroverso, avrebbe osato dire.
Si bloccò per un momento nel vederlo ora senza maglia, colto alla sprovvista come quando era uscito in accappatoio. Si era disabituato a simili intimità. Non ne aveva mai ricevute, più precisamente. Adesso tutto ciò lo lasciava sorpreso e manifestava quella sorpresa attraverso la bocca appena arricciata e gli occhi che guardavano con le sopracciglia appena sollevate.
Colto alla sprovvista, si fermò per un momento prima di mostrare all'altro i tramezzini e tornare a rilassare il volto in quell'espressione identica e perennemente congelata in una fredda indifferenza.
«No, ha cucinato mia madre» gli rispose, tutto sommato con un accenno di divertimento. E poi pensò di nuovo all'altro che si sedeva con tranquillità sul letto restando a petto nudo e come invece lui pronunciava la parola "madre", come se parlasse di una sconosciuta, come evitasse ogni calore umano nel dire quelle lettere in quel preciso ordine.
Si chiese, con una sorta di risentimento verso se stesso, se davvero ancora gli importasse di sua madre.
Si accostò al letto e si sedette sul materasso, sprofondando appena di fianco a Juugo. «Sono dei tramezzini con...» aprì la scatoletta di plastica sollevando il coperchio che la teneva sottovuoto. «Sì» confermò «con tonno e maionese».
Le sue sopracciglia si corrugarono appena, con una punta di disappunto e dispiacere. Non conosceva i gusti di Juugo, in quanto al cibo.
Conosceva poco e niente di lui. L'unica cosa che, egoisticamente, sapeva era che in qualche modo aveva bisogno di lui. Era per quello che erano lì, assieme, altrimenti, era sicuro, non l'avrebbe mai preso in considerazione. L'avrebbe visto solo come uno dei pazienti di quell'ospedale, uno come gli altri, uno a cui di lui non interessava nulla.
La sua strada, temeva, era più lunga di quella del suo compagno di stanza. Più complicata. Dopotutto si trovava lì perchè voleva che qualcuno avesse bisogno di lui.
«Ti piace?» gli chiese con la voce disinteressata, riferendosi al loro spuntino ed al suo condimento.

Juugo Tendou



Afferrò il tramezzino aprendolo a metà per controllare la farcitura.
Fece una leggera smorfia quando vide i pezzetti di tonno insieme alla crema giallognola, ma non era il momento di calarsi nella parte del ragazzino viziato; e poi, esisteva di peggio.
Intinse la punta dell'indice nella salsa e se lo portò alle labbra.
Non era male.

«Buoni» annuì prima di richiudere il suo pranzo ed azzannare un angolo «Ringrazia tua madre... se mai la rivedrai ancora».

Kimimaro era un ragazzo molto chiuso quando si toccava l'argomento genitori, le poche volte che Juugo era riuscito a farlo parlare si era liquidato con pochi fatti, ma era sottinteso che i legami familiari erano quasi svaniti nel nulla.
Certe volte il maggiore non lo riusciva a comprendere, non capiva come il compagno potesse lasciar andare via così i suoi parenti, deridendo quei principi ritenuti sacri.
L'ultima immagine che Juugo aveva dei suoi genitori era incorniciata dagli infissi delle finestre ospedaliere e dal calore dei sedativi che iniziavano a circolare in corpo.

«Hai finito con i bagagli?».













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E giungeeeeee! =ççç=

Personalmente non ho nulla da dire su questo capitolo, se non che adoro le KimiJuu e che Orochimaru è Dio (anche se questo non c'entra nulla).
Puntualizzo solo cosa sono i bento. Si tratta di scatoline di plastica sottovuoto dove il cibo viene chiuso e disposto ad arte (spesso dai genitori, o comunque da chi cucina) creando anche piccole composizioni di cibi (generalmente freddi) di ogni genere, e che poi viene consegnato ai ragazzi, i quali lo portano a scuola o in gite scolastiche come pranzo al posto dei classici panini. In Giappone preparare bento per i figli e mariti o per se stessi è una pratica comunissima.

Detto ciò, ringraziamo le prave pimpe che recensiscono. *__*

cdm, che ci sei sempre e comunque. =ç= I letti uniti sono una malefica idea di July, perché quella ragazza è perversa e noi lo sappiamo. Comunque non penare, non ti chiamerò mai cvd. XD Se c'è una materia che eliminerei da questa terra, è la matematica. Davvero, sono contentissima delle teu recensioni, e sono anche contentissima che ti piaccia l'opera. *_*
sushiprecotto-chan, che mi hai commentato il prologo ed hai inserito tutto quanto nei preferiti... speravo tantissimo che tu trovassi questa fic, considerato che ti piace la coppia. *_* E sono contenta che tu l'abbia gradita. Mi raccomando, di' anche alla tua amica di dare un'occhiata. XD Per il loro passato... forse scriveremo qualche flashback, oppure non so. °*° Magari una spin-off/one-shot che possa stare anche come fic a sé stante. A presto, fatti risentire. *_*

Vi saluto con tanta felicità, pampine, che c'è una pizza che mi aspetta. OçO
  
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