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Autore: Colli58    26/12/2015    5 recensioni
“In passato cedevo spesso per quieto vivere.”
Kate strinse gli occhi. “Tipo quando non sei riuscito a rifiutare l’ospitalità a Meredith nei nostri primi mesi insieme?”
Castle boccheggiò. Se lo ricordava ancora troppo bene quel suo piccolo errore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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I fascicoli da leggere erano sparsi sulla scrivania dello studio. Se li era portati da casa per poterci tornare prima dal lavoro. Era martedì sera e l’indomani Rick doveva partire. Non aveva voluto tardare in ufficio in quella occasione quindi portare il lavoro a casa era sembrata l’opzione più ovvia ma non così comoda.
Avevano cenato presto dopodiché Castle si era dedicato a preparare la valigia mentre lei tornava alle sue scartoffie.
Così dalla porta aperta che dava sulla stanza da letto lo stava guadando di sottecchi mentre, con il trolley poggiato sul letto, andava e veniva dalla cabina armadio con gli indumenti.
Kate lo stava osservando con attenzione, affascinata. Castle era un uomo meticoloso, ordinato.
Aveva una sua metodicità nel fare la valigia. Piegava perfettamente le camicie per evitare che si sgualcissero, sul fondo metteva tutto il necessario per la cura del corpo in una trousse da viaggio che faceva invidia ad una donna. Era un uomo curato, aveva più creme di lei per la pelle, il volto, le mani. Amava la manicure, oli idratanti per il corpo. C’era una quota sostanziosa di metro sessualità in tutto quell’amore per la cura di sé che a lei piaceva molto anche se mascherava il suo esserne compiaciuta tendendo a schernirlo. La sua antica arma di difesa: sarcasmo e saccenteria.
Lui continuava placido a eseguire le proprie attività, forse ignorando volutamente le sue attenzioni. Kate si sentiva un po’ in ansia mentre lui faceva tutto quello senza fiatare.
Castle tornò per l’ennesima volta dalla cabina armadio con in mano una giacca. La stese sul letto e prese a piegarla con cura, inserendola poi in una custodia per abiti insieme ai pantaloni del medesimo completo. Un abito che gli donava, metteva in mostra le sue grandi spalle.
Kate abbassò gli occhi sui documenti masticandosi il labbro. Trattenne un sorriso, lei buttava un po’ di cose nella valigia e poi… scopriva di non avere il necessario. Era istintiva, lui organizzato tanto che nei loro viaggi era lui a fare il check-out al suo bagaglio. Stava divagando concentrandosi sulla fisicità di Rick espressa dal suo andirivieni indaffarato e silente. Non intendeva distrarsi dal suo lavoro. Si doveva concentrare!  
Ma che cosa c’era di male nel gustarsi senza ritegno il naturale charme di suo marito? Anche perché a breve se lo sarebbe gustato qualcun altro. O altre.
Castle era fin troppo silenzioso in verità, non doveva essere tranquillo. Lo aveva trovato a casa un po’ nervoso a causa un incontro con Gina che lo aveva messo di cattivo umore.
Si era occupato della casa come tutte sere. Lo aveva visto rilassarsi dedicandosi a piccoli gesti di cura nei confronti del loro rifugio. Aveva messo a posto l’ufficio, i suoi documenti, lasciando spazio ai fascicoli che lei aveva portato con sé dal distretto. L’aveva aiutata a smistarli prima di preparare per la cena.
Occuparsi della loro casa era una valvola di sfogo, probabilmente si sentiva al sicuro. Quei semplici e quotidiani rituali curavano entrambi dall’ansia quando le loro vite erano gettate nella fossa dei leoni con guai, preoccupazioni e rischi a non finire. La loro routine era un balsamo dall’aroma di biscotti fatti in casa.
Sentì il suono inconfondibile della zip della valigia che si chiudeva. Aveva finito.
Kate, espirando, abbassò lo sguardo sul fascicolo che aveva in mano. Era solo una brutta storia, di un sapore amaro e fastidioso e lei non voleva davvero immergersi in quella bruttura. Aveva la mente così ottenebrata.
Rick stava per partire e lei aveva troppo da lavorare. Già. Lo doveva sapere, si era anche detta che in fondo avevano avuto i loro momenti di relax nel week-end, che non era andata male in fondo.
Sentì la mano di lui posarsi sulla sua spalla.
“Tutto ok?” La destò dai suoi pensieri. Aveva sperato in una serata tranquilla, ma da quel che vedeva sulla scrivania Kate ne aveva per un bel pezzo.
“Insomma…” replicò Kate sbuffando.
“Ci sono novità… in ufficio?” Chiese a bassa voce. Kate si era aspettata quella domanda per tutta la sera ma a cena lui aveva parlato poco e di facezie. Gli passò il fascicolo. Castle era vestito con jeans scuri e la camicia bordeaux con le maniche arrotolate, non si era nemmeno cambiato come se fosse in procinto di uscire di nuovo. La sua attenzione venne richiamata prepotentemente dallo sguardo intenso: sembrava giù di corda più di quel che le era parso durante la cena.
Si era anche sbarbato, come le aveva promesso. Era stato di parola.
“Tutto sembra portare ad un collega del ventiseiesimo…” Si alzò e mostrò al marito i documenti. “Certo, siamo solo all’inizio, le indagini andranno per le lunghe con la disciplinare.”
“L’hai interrogato?” Castle non voleva che avvicinasse Denver. Notava la sua curiosità velata dalla preoccupazione, unita a quello stato di contrizione che percepiva in ogni suo movimento.
Kate sorrise arricciando il naso. “E’ stata la Gates. Ho assistito da dietro il vetro.”
Castle annuì compiaciuto.
“Non ha voluto.” Sottolineò Kate divertita dalla sua reazione.
“Credo che la Gates abbia veramente a cuore il tuo stato, in fondo.” Replicò. Lo aveva sperato, ma il capitano lo stava decisamente accontentando. La Gates era una romantica.
“E poi ero occupata a smuovere vermi da sotto i sassi della politica di questa città!” Non era da Kate pavoneggiarsi e sembrare anche un po’ piena di sé, ma era un tentativo di stimolare il suo sense of humor.
E poi era stato Castle a ricordarle quanto New York fosse una fonte inesauribile di scandali.
“Coi vermi ci fai le esche per la pesca?”
“Se avrò abbastanza opportunità butterò qualche amo.”
Castle le fece l’occhiolino. “Pensavo usassi la fiocina.”
Le lo colpì su un braccio scoccandogli un’occhiataccia. Era l’effetto che aveva sperato. “La uso solo per i pezzi da novanta.”
Castle sedette al posto di lei e lesse velocemente il rapporto sull’interrogatorio, poi si sporse verso la scrivania dando uno sguardo agli altri documenti con estrema curiosità.
“Sembrerebbe che dietro a questa porcheria ci sia… il capitano Lucas?” Sbottò stupito.
Kate annuì. “E’ una delle persone in corsa con la Gates per ambire al posto di viceprocuratore.”
Castle la guardò con serietà. “Non ci credi vero?” Kate mosse il capo negando con lentezza.
“Per me c’entra qualcuno che in lista ha meno quote.” Decretò quindi posando il tutto. “Lo conosci?” indicò il profilo di Lucas tra i fogli sparsi.
“Sì, non riesco a credere che sia lui perché è uomo in gamba con uno stato di servizio eccellente.”
“E’ troppo banale, sareste arrivati a lui senza sforzi comunque. Queste non sono briciole, sono pagnotte toscane intere!” Kate rise annuendo.
“Chi c’è dopo Lucas? Chi è in corsa dopo di lui?”
“Ci sono un paio di nomi… Vedremo cosa troveranno.” Sapeva che stava dicendo un’ovvietà ma l’indagine era solo all’inizio ed era tutta un depistaggio.
“Parteciperai?”
“Non credo, affari interni...”
Castle allungò una mano verso il collo di lei.  Massaggiò con i polpastrelli la sua zona cervicale dolorante.
Kate avrebbe voluto cedere al volo, mollare tutto e semplicemente abbarbicarsi sul suo torace e addormentarsi lì.
Lui sospirò notando che a quella collina di scartoffie non poteva scappare.
“Vuoi una mano?” Disse a bassa voce. Lei negò.
“Rilassati e guarda un po’ di Tv, io ti raggiungo appena posso.”
Castle emise un gemito sommesso. “Ci sono le puntate inedite di Walking dead e una vasca di popcorn…” elencò cercando di convincerla.
“Dopo ti raggiungo…” Kate si sforzò di essere convincente, dubitando comunque di potersi liberare.
Lui annuì e uscì dirigendosi in cucina. Tornò ai propri documenti, leggendo e correggendone alcuni. Completò alcuni moduli, inviò una mail alla Gates contenente alcune osservazioni.
Sentì la tv accendersi e l’aroma inconfondibile del mail scoppiettante invadere la stanza. Cercò di fare attenzione al testo scritto a mano dai colleghi. Note brevi piuttosto che fotocopie di incartamenti datati.  Prese un nuovo fascicolo quando il telefono emise un cicalio. Era il capitano che le aveva risposto.
Lesse il messaggio contenuto nella mail e sorrise.
“Beckett, ottimo lavoro, ci vediamo domani. Per stasera è tutto. Ps: saluti per bene suo marito...”
Divertita abbandonò la penna che aveva in mano e mise in ordine ciò che aveva sparpagliato sulla scrivania. Poi uscì dallo studio e raggiunse Rick che, sorpreso, l’accolse con gioia lasciandole lo spazio che lui stesso aveva già scaldato sulla pelle del divano. Kate spostò la grande ciotola di popcorn dalle mani di Rick per fare quello che aveva sperato: abbarbicarsi sul torace di suo marito e dimenticarsi del mondo.
“Sei stata veloce!” Esclamò Castle felice di quella inattesa liberta per la serata.
Ne aveva bisogno in realtà, era stata una pessima giornata e Gina aveva fatto del suo meglio per farlo sentire un idiota. Critiche, critiche, solo sprezzanti appunti su quello che non le piaceva. Praticamente tutto.
Gli ultimi capitoli non erano affatto male, erano intensi e decisi, la storia filava ma a Gina non piaceva nemmeno una parola. Era sempre stato critico con il proprio scritto, non si adagiava sugli allori facilmente e quando non era soddisfatto riscriveva o gettava proprio il materiale. Non era quello il caso, ne era convinto. Comunque avrebbe affrontato al suo ritorno le innumerevoli revisioni che Gina aveva preteso.
L’architetto aveva dato conferma per l’incontro lunedì e la settimana sembrava già faticosa. Era grato a Kate di aver trovato tempo per lui, averla tutta per sé rendeva la serata impagabile.
Kate sorrise prendendo una manciata di popcorn ed annuì. “Sono in libera uscita. Disposizioni dall’alto.”
Se le mise in bocca in modo giocoso.
“Senza burro fuso?” Biascicò sorpresa a bocca piena.
“Ieri hai mangiato quei ravioli… poi sai come è finita.” Fece una smorfia.
Kate arricciò il naso. “Ho cercato di dimenticarmene.” Risero divertiti.
“Al naturale non ti daranno problemi. Forse…” Castle allungò una mano e si riprese la ciotola, non tanto per riagguantare il maltolto, ma per permettere a Kate di appoggiarsi più comodamente a lui.
“Evitare il burro aiuta anche la tua forma.” Lo stuzzicò e Castle minacciò di farle il solletico, mettendo a rischio la ciotola del mais. Kate ridacchiò e trattenne il loro spuntino prima di perderlo. “Non ti piacevo morbido?”
L’episodio era iniziato da un po’, Castle fece un breve riassunto per lei ed insieme si dettero a commentare divertiti le scene più cruente: ovviamente zombie lamentosi e famelici, spari, sangue.
Strano modo di divertirsi e rilassarsi insieme per due che vedevano morti ammazzati quotidianamente.
Poi la tv divenne solo un suono di fondo, giocarono lanciandosi il popcorn a vicenda. Fecero un bel caos sul tappeto rovesciandone metà della ciotola. Nacque una sfida all’ultimo centro. Rick riacquistò il suo buonumore e propose una serata senza alcol appositamente per lei, secondo ormai la sua abitudine di voler condividere con la moglie una parte delle piccole privazioni che la gravidanza richiedeva. Quindi tonica e limonata.
Le immagini scorrevano sul grande schermo e loro le ignorarono presi da una vivace discussione sulle doti necessarie alla sopravvivenza in caso di apocalisse Zombie. Usare le armi era previsto, ovvio. Poi c’era la necessità di aggiustare, saldare, inventarsi meccanismi e fare un po’ come McGyver, bombe nucleari comprese.
Ma anche cucire, suturare ferite, imparare a coltivare qualcosa. Insomma non erano preparatissimi ma appurato che Kate sapeva mettersi i punti, sulle armi ci andavano forte. Avevano qualche punto di vantaggio.
Castle fece un elenco sulle opportunità di costruire un bunker. Dove, come, con che materiali.
Kate ascoltò aggiungendo spunti a molte delle sue tesi. Divagare almanaccando assurde congetture insieme aveva sempre l’effetto di un potente analgesico. Era grandioso
Castle allargò un braccio sullo schienale del divano, scosse il capo ancora, cercando di spingere via un pensiero che, nonostante le sciocchezze dell’ultima mezz’ora, non lo voleva abbandonare. Piegò infine la testa all’indietro. Sospirò e massaggiò la schiena di Kate, sdraiata contro di lui. Si era allungata sul suo corpo percependone la tensione e allo stesso tempo godendosi il calore che emanava.
“Va meglio?” Era il momento giusto per chiederlo, Rick si era rilassato e le sue spalle stanche della tensione si stavano sciogliendo.
Lui annuì.
“Che cosa è successo alla Black Pawn?”
Castle sbuffò. “Niente, sono solo stanco.” Mentì evitando il suo sguardo.
“Rick…” Lei lo freddò richiamando la sua attenzione. “Andiamo…” Fece un sorriso tirato, stringendo i denti.
Lo sguardo dell’uomo si fece serio. “Mi sta facendo ammattire.” Aveva davvero cercato di nasconderle il suo stato? Lui a lei? Davvero?
“Gina… eh?” Kate arrivò al punto.
“Chi sennò…”
“Sono un po’ gelosa, vorrei essere la sola.” Commentò Kate con ironia. Quella donna aveva ancora troppo potere sulla vita di suo marito, una constatazione che le procurava un certo di fastidio ogni qualvolta si rendeva tangibile come in quella serata.
Lui sorrise e accarezzò Kate con dolcezza per ammorbidire la sua reazione.
“Tu sei la sola che lo fa nel modo giusto.”
“Cosa è accaduto?” Lo esortò a parlare. Dopo tutta la serata con quell’ombra negli occhi, era il minimo.
 Castle abbassò lo sguardo sulle proprie mani cercando il giusto incipit.
“Non è andata bene e Gina non ha lesinato le critiche. Mi ha bocciato la maggior parte del materiale.”
“Davvero?” Kate era sinceramente stupita. Aveva letto quasi tutto il romanzo e lo aveva adorato.
“Non gli è piaciuto quanto ho scritto fino ad ora. Ha criticato ogni parola, ogni idea. Mi sto stancando…” Scosse il capo mettendo il broncio. Sembrava così affranto.
Kate si inquietò. “Di scrivere?” Un exploit preoccupante.
“No, no… No! Di sentirla. Quando mi parla è acida più del solito. E’ come se mi volesse sputare addosso veleno.”
Castle fece una smorfia di dolore. Era già accaduto ma non aveva preso troppo sul serio la situazione pensando fosse solo uno screzio temporaneo. Però sembrava che Gina stesse perdendo il controllo giocando sporco contro di Castle con il peso della sua posizione.
- Proprio una stronza - Pensò Kate. La sua opinione di quella donna era in netto declino. Facendola beneficiaria di un briciolo di dubbio, una frazione minimale, si stava comportando come una donnicciola vendicativa.
Non capiva Gina ed il suo comportamento capriccioso e infantile. Non aveva sei anni dopotutto e magari lei si prendeva la libertà di additare Rick come un bambinone.
“Non hai provato a parlarle?” Aggiunse quindi cercando di non mostrare la sua preoccupazione.
“Si, ci ho discusso, lei insiste che non è nulla di personale, ma lo è. So che lo è. E’ frutto di quella serata.”
Pessima notizia. Kate provò un insolito disgusto a pensarla libera di tiranneggiare Rick, in fondo quello era il suo appannaggio di moglie. Poteva farlo solo lei.
“Alcune volte sembra non volermi proprio vedere, è infastidita e irritabile. Se deve dirmi qualcosa lo fa per mail o mediante Paula ma quando deve incontrarmi non risparmia il veleno. Durante il divorzio era meno carogna.” Aggiunse Castle sbuffando. “Odiosa megera. In momenti come questi sento di star pagando per i miei errori del passato.”
Kate si mosse per avere un contatto visivo migliore. “Non mi hai mai raccontato nel dettaglio…”
“Ah, Kate, voleva che io l’accompagnassi a casa ma era tardi e noi…” Esclamò disgustato.
“Avevamo litigato, me lo ricordo.”
“Se l’è legato al dito quello scherzetto.” Espirò scuotendo il capo.
“Ok ma… i capitoli che mi hai fatto leggere sono stupendi.”
“Kate…”
“Non sono di parte. Sono davvero belli e mi piace molto questa tua ultima fatica, dico sul serio.” Lo riprese rincuorandolo.
“Sei sempre stata un critico onesto.” Ammise.
“E’ così frustrante! Se il materiale fosse davvero discutibile io accetterei le critiche, è già accaduto, non sono tutti capolavori! Oggi mi ha volutamente fatto nero…”
Kate sbuffò. “Mortificare la tua autostima prima di un evento pubblico aiuta a presentarti al meglio…” disse con tanto di quel sarcasmo che portò Castle a fare un sorriso divertito.
“Ti amo.” Mosse le labbra senza emettere suono.
Kate si alzò e gli diede un bacio sospingendosi con le braccia verso di lui.
“Non devi necessariamente ascoltarla, non farti abbattere.” Disse sulle sue labbra.
“Vorrei essere stato capace di replicare a tono, ma non ci sono riuscito.” Lei annuì senza proferire parola.
Castle sbuffò. “La guardavo e mi sono chiesto cosa avessi mai trovato in lei. Mi sono sentito un cretino. Ho represso un vero, primordiale istinto omicida.” Mimò con un gesto stizzito di volerla strangolare.
Kate gli diede un colpo sul braccio. “Ehi…”
“Giuro Beckett, è stato difficile.” Ammise cupo.
“E’ una figura insostituibile?” Suggerì Kate cercando una via d’uscita. “Voglio dire…”
“Stravolgere le posizioni contrattuali ora sarebbe un azzardo, con il nostro fagiolino in arrivo e pianificare di fare delle opere qui non è il momento adatto per mettere in discussione il mio lavoro.”
Lei lo guardò con aria interrogativa. “Non abbiamo problemi finanziari…”
Castle rise. “Hai visto il conto in banca di recente? No?” Sorrise e strizzò l’occhio. Lei fece una smorfia, in fondo era quella che non si occupava delle questioni di soldi.
“Quelli sono solo spiccioli.” Sottolineò Castle, mostrandole orgoglio.
Una leggera risata di Kate fece sussultare il suo torace. “Non ho certo paura di restare al verde!” Lo rincuorò.
“E se senti la necessità di fare cambiamenti alla tua carriera sei libero di farlo senza preoccuparti per noi. Stai già facendo tanto per permettere a me di andare avanti, non vedo perché tu non possa fare altrettanto.”
Castle si fece pensieroso. “Potrebbe essere rischioso. Se incasinassi le cose? Dovrei avere altre opzioni per fare trattative. Ora non mi sembra d’averne.” Si guardarono.
“Ok, so che sono bravo a incasinare le cose!” L’anticipò e Kate gli scoccò uno sguardo comprensivo.
“Beckett non ti sforzare troppo nel cercare di confutare la mia tesi…” Stava sdrammatizzando ed era un bene.
“Non c’è motivo Castle.” Altra battuta per tornare ad essere seri.
“La tua carriera di scrittore vale ogni tentativo…” Per lei era una cosa ovvia.
“Magari parlando con la direzione potresti anche chiedere un nuovo editor. Presentagli le tue perplessità.” Kate cercò di essergli d’aiuto a trovare una soluzione.
“Sarebbe il minimo a questo punto.” Si passò una mano tra i capelli e strinse le labbra.
“Detesto dirlo, ma dovresti chiarirti con Gina prima di ogni cosa.” Aggiunse Kate. Si era resa conto che qualsiasi cosa avesse voluto Rick per la propria carriera, non doveva negarselo per timore di alterare uno status che rendeva la situazione comoda. Era un bravo scrittore, avrebbe avuto opzioni migliori con una seria trattativa.
“Se non risolvete, sarai libero di sentire il tuo avvocato e andare a discutere con la direzione.”
Castle le sorrise. “Stai tranquilla, vedremo.”
“Comunque.” Passò le mani sulle spalle di Rick cercando di allentarne la tensione. “Non ti lascerò in balia della signora botox. Ti salverò, userò ogni mezzo che riterrò necessario, che sia ben chiaro.” Si allungò nuovamente di lui, lo abbracciò con una stretta forte affondando il viso nel suo collo.
“Sono molto lusingato.”
Kate gli posò un bacio morbido sul collo. “Tu faresti lo stesso per me.”
“Ci puoi contare piccola. Ti diverte definirla così!” Replicò Castle, ricambiando la sua tenerezza con una maggior stretta al loro abbraccio.
“L’ha coniato Lanie, ricorda.”
Castle fece una smorfia. “La mia ex moglie gode di così tanta popolarità? E com’è che parli di lei con Lanie?”
Kate sciolse l’abbraccio e lo guardò. “Chiacchiere tra donne. Nulla di importante, ho comunque un’alleata fedele e belligerante.” 
Si alzò dal divano, con calma raccolse un po’ del popcorn che avevano sparso sul tappeto.
Castle la imitò e l’aiutò a rassettare. “Così… Gina ti preoccupa tanto da parlarne con Lanie?”
Kate negò con il capo. “Non mi preoccupa.” Alzò gli occhi su di lui, fiera e decisa come la conosceva da sempre. “Piuttosto mi infastidisce.”
“Saprò sistemare le cose, è solo una stupida ripicca.” Le rivolse un sorriso forzato.
“Castle, io non ho dubbi.” Si fermò in piedi dinanzi a lui mettendo le mani sui fianchi. “Non mi va di vederti così teso. Il tuo lavoro non è sempre rose e fiori è ovvio ma…”
“Nemmeno il tuo.”
“Non ne parli spesso.” Replicò allontanando i capelli da viso.
Castle inclinò il capo. “Oggi l’ho fatto.”
“E’ stata una giornata odiosa e poi stai per partire.” Kate lo sospinse con una mano, lui però rimase fermo, assorbendo la leggera spinta al torace. Kate era sempre molto fisica: tocchi, pressioni. Era il suo modo di interagire con lui che amava la sensualità e allo stesso tempo lo spirito sbarazzino espresso dai suoi gesti.
“Tu però ti sei liberata per me.”
“Allora liberiamoci del tutto.”
Kate prese il telecomando e spense il televisore. Rick la stava guardando con aria interrogativa.
Allungò una mano verso di lui che l’afferrò. “Andiamo a riposare.”
Spensero le luci dietro a loro mentre mano nella mano si dirigevano verso la loro camera da letto.

La luce era calda, accogliente nella stanza che profumava di bucato fresco delle lenzuola appena cambiate. Rick aveva posato la valigia accanto alla porta ed insieme si erano svestiti con lentezza, guardandosi di sottecchi a vicenda. Non c’era fretta, nessuna urgenza, solo il piacere di fare cose normali.
Preparò il letto, rigirando le coperte e sprimacciando i cuscini. Kate si infilò nel suo caldo pigiama, prima di anticiparlo in bagno. Risero sputacchiando come due monelli lavandosi i denti e liberandosi dei rimasugli del popcorn.
Giocarono spalmandosi la crema sul viso a vicenda. Rick si prese il tempo per scaldare un po’ di crema idratante, tenendola tra le mani prima di prendere alla sprovvista Kate e spalmargliela accuratamente sul ventre. Accarezzò dolcemente la sua pelle, passando le mani calde sui fianchi. Le fece solletico all’ombelico mentre Kate, con gridolini divertiti, accompagnava i sui movimenti con le proprie mani. La testa di Rick si era abbassata sul suo collo, passando le labbra sulla sua scapola.
Kate mugolò. Il suo uomo sapeva sempre come coccolarla, ma non doveva essere lei a occuparsi di lui?
Castle tornò a coprire il corpo di Kate, prendendosi tempo per cullarla.
“Hai paura che io perda la mia linea?” Chiese Kate inclinando il capo e sospirando.
“Non potrei vivere senza queste splendide chiappe sode!” Esclamo buttando un’occhiata lasciva al suo lato b, allontanandosi da lei. “Comunque odierai le smagliature…”
“Ma quanto sei adorabile!” Cantilenò divertita.
“Lo so. Mi hai sposato per questo.”
“Sei senza speranza!”
Risero spostandosi lentamente verso la stanza e si misero a letto. Castle si tenne appoggiato alla tastiera del letto, mentre Kate si stendeva accanto a lui.
“Sei tornato silenzioso.” Mormorò mordendosi le labbra.
Lui abbassò lo sguardo su di lei. “Vorrei… che tu…”
“Sei crudele Castle. Lo sai che non posso!” Sbottò girandosi sul fianco. I suoi occhioni blu erano una maledetta tentazione, tutto di lui lo era in quel momento, con il suo modo silenzioso di chiedere le cose. Il suo corpo proteso vero di lei parlava chiaro. Lui la voleva accanto, desiderava la sua vicinanza in quel breve viaggio.
Qualche giorno prima sembrava aver accettato la sua partenza solo, ma forse non ne era poi così convinto.
Detestava non poterlo accontentare anche perché raramente gli era stata accanto in eventi pubblici fuori città, non potendo avere la libertà di muoversi.
“Non sono nemmeno abbastanza affascinante da convincerti a scappare con me?” Replicò con ironia. Strizzò gli occhi e lei sorrise.
“Fammici pensare.”
“Ora sei tu quella crudele!” Si scambiarono uno sguardo complice.
“Se potessi, lo farei…” Ammise infine Kate stuzzicandosi un unghia.
Rick si sporse in avanti e gli diede un veloce bacio sul naso. Non era seriamente amareggiando, si sentiva desideroso di coccole e perché no, conferme di quanto già conosceva.
“Portami qualcosa vuoi? Un souvenir dalla fiera.” Il sorriso furbo di sua moglie lo stupì.
Castle finse di essere dubbioso. “Beckett, regressione infantile?”
“Io e… Abel o Light vorremmo qualcosa di carino…”
“Ah! Siamo in due qui a volere qualcosa… Ok.” Disse con decisione. “Ti sorprenderò.”
“Hai tempo di accompagnarmi all’aeroporto?” Aggiunse muovendo una mano sul suo fianco.
Kate espirò. “Io…”
Castle sbuffò. “Immagino sia un no.”  Kate fece una smorfia dispiaciuta e si rannicchiò nel letto nascondendo il viso nel cuscino.
La mano di Rick raggiunse il suo mento e lo sollevò obbligandola ad aprire gli occhi e incrociare il suo sguardo.
“Non dovevo nemmeno chiedertelo, con tutto il lavoro che hai lasciato di là!”
“Mi fai sentire così in colpa… dio...” Scosse il capo.
“Ehi, ehi… no… non esserlo. E’ solo che… mi va di essere un po’ egoista ogni tanto.” Un bello sguardo con gli occhi da cucciolo smarrito, il suo broncio posticcio era comunque adorabile. Kate avrebbe mai capitolato? Quella sera non poteva certo accontentarlo, in realtà era spinto dal desiderio di giocare con lei.
“Ti odio…” Sibilò Kate sprofondando nuovamente il viso nel cuscino.
Castle sorrise sornione. “No, tu mi ami…” Si abbassò e lasciò un altro bacio sulla testa di lei che lo allontanò con una mano. Kate si sentì particolarmente vulnerabile.
“Sei troppo sicuro di te.” Sbottò.
Castle recuperò le coperte e le rimboccò ad entrambi, poi abbracciò Kate nonostante lei fosse recalcitrante.
Si agitò per alcuni secondi, poi diede forfait e si lasciò stringere. Inutile fingere che quel contatto non le piacesse o che non ne sentisse il bisogno.
Aveva una voglia matta di prenderlo a schiaffi e allo stesso tempo di baciarlo fino a sentirsi mancare. Percepì il suo respiro rotto, ansioso. Castle era teso. Lei si raddrizzò a sedere, volgendosi verso di lui.
“Quel giorno io non volevo…” Disse cercando di liberarsi di quel senso di colpa non del tutto sopito.
Castle la guardò con sorpresa.
“Quando sei partito per…”
“Elmira…?” Puntualizzò Castle.
“Davvero, io non volevo…” deglutì e cercò le parole giuste. Aveva già chiesto scusa in una notte di disperazione, ma tornarci su era comunque ancora difficile.
Castle si umettò le labbra. “Volevi, almeno per quel paio di giorni. Volevi lasciarmi.”
Kate sbuffò e strinse gli occhi.
“Tu sì che mi hai fatto sputare l’anima quella volta” Chiarì Castle. Era stata una delle giornate più brutte della sua vita. L’angoscia era stata così forte da consumare l’ossigeno intorno a lui. Aveva boccheggiato cercando di fare il suo lavoro ma la fitta di dolore nel petto era stata devastante.
“Hai cambiato idea nel momento giusto.” Finì col dire. “Stavo per ammattire.”
Kate fece una smorfia. “Quarantasette messaggi in segreteria. Non ho contato né i messaggi né le chiamate perse.”
“Non hai mai risposto. Eri così decisa?”
Kate espirò. “Al contrario, non lo ero affatto. In ogni caso non succederà nulla del genere. Come non accadrà nulla a nessuno dei due.”
Castle si trovò a sorriderle dolcemente. Sempre tosta, sempre quell’apparente sicurezza. “Lo so, piccola. Perché ne vuoi parlare ora?”
“Da allora non è la prima volta che ti allontani, ma c’è sempre qualcosa che ti fa tentennare.”
“Beh, ora sei incinta.” Era la realtà.
“Cosa cambia?” Kate prese la mano di Rick.
Castle scosse il capo. “Tutto! Ma non temo che tu voglia fuggire di nuovo” Puntualizzò. Aveva la netta sensazione di dover fare qualcosa, di dire cose.
Kate lo fissò. “Non sono a rischio e questa settimana sarà dedicata alla burocrazia.” Si giustificò.
Castle si mise a sedere davanti a lei. “Questa nuova storia è rischiosa per noi?”
La donna negò. “E’ ancora presto per dirlo, probabilmente siamo stati usati.”
“Se succede qualcosa chiamami, arrivo al volo.” Spiegò serio.
Kate annuì. “Ma c’è dell’altro, vero?”
Il volto di Castle si distese ed i suoi occhi la fissarono scrutando i suoi tratti. Kate sapeva di essere sotto analisi, la stava studiando e lei non aveva difese contro quello sguardo. Non le dispiacque, in fondo Rick la conosceva così bene.
“E’ stupido ma... ho bisogno di averti accanto. So che non puoi, che ne abbiamo già parlato, ma mi sento da schifo e…” Kate rimase a bocca aperta prima di afferrare con entrambe le mani il viso affranto di suo marito.
Puntò i suoi occhi verdi cercando di infondergli la forza necessaria per farlo tornare sereno.
“Non voglio nemmeno che succeda questa cosa, Rick.” Mormorò stringendo i denti.
“E se pensi di andare a Montreal con quest’umore, farai il gioco di Gina. Vuole farti apparire sottotono. Ti ha manipolato per farti sentire inadeguato, ti ha messo volutamente in difficoltà.” Aggiunse con un velo di rabbia nella voce che Castle percepì, sorpreso.
“Vorrei essere lì con te e aiutarti a sfoderare tutto il tuo fascino. Non posso solo perché lavoro, ma vorrei, ti assicuro.”
Castle scosse il capo. “Non lo so…” Sbuffò. “Forse hai ragione. Ma vorrei non perderti d’occhio.”
Nascosto con cura da frasi di circostanza reciproche a poche ore dalla loro breve separazione, il timore della lontananza aveva finito per presentare il conto.
“Mi sentirei più sicuro… se fossi accanto a me.” Aggiunse parlando con lentezza.
Avrebbero mai avuto un normale menage? Una coppia qualsiasi avrebbe affrontato quel viaggio di lavoro come routine, discusso sulle cravatte che lui doveva indossare o sull’acquisto del biglietto aereo.
Argomenti di poco conto.
Castle inclinò la testa verso di lei ed entrambi cercarono di stendersi di nuovo l’uno accanto all’altra.
“Beh… siamo qui e dobbiamo andare oltre.”
Il rapimento di Castle e, dopo il suo ritorno, il proprio insensato tentativo di lasciarlo per il suo bene: stupida decisione che aveva portato lui a temere delle sue intenzioni, dei suoi sentimenti.
Stupida lei ad averci provato per poi passare ore terribili a pentirsene. Come aveva anche solo pensato di poter vivere senza il suo calore? Era stata la solita vecchia Beckett ad agire, quella spaventata dal contatto umano e dalla paura di amare. L’egoismo le aveva permesso di trascinare Castle in prima fila e poi gli aveva spezzato il cuore perpetrando l’assurda convinzione che lui avrebbe vissuto meglio senza la sua presenza.
“Sono consapevole di averti ferito.”
Castle stava in pena perché la doveva lasciare sola per tre giorni, avrebbe fatto carte false pur di accontentarlo, ma aveva le mani legate e non aveva opzioni. La paura di Rick non era frutto di un capriccio ma una ferita aperta di cui lei si sentiva ancora responsabile. In aggiunta a tutto quello la cattiveria di Gina stava agendo in lui come un corrosivo.
Castle l’osservò sprofondare nei suoi pensieri silenziosi con attenzione.
“Ho capito le tue intenzioni, non c’è più nulla di cui tu debba scusarti.” Sussurrò dolcemente.
“Non so nemmeno io come ho potuto pensare di riuscirci.” Kate si strinse le braccia sui fianchi.
Castle le sorrise cercando di mettere su la sua aria più spavalda. “Non sai quanto mi ha fatto felice che tu abbia fallito nel tuo intento.”
“Castle …” Lo rimproverò, espirando. “Domani prometto che vengo all’aeroporto per salutarti.” Disse con slancio. “Prenderò un permesso per un paio d’ore.”
Castle negò con il capo. “Non devi, sta tranquilla in ufficio.”
Kate strinse nervosamente la mascella.
“Non lo hai mai più pensato vero?” Rick sussurrò quella domanda con voce appena percettibile.
Kate scosse vigorosamente il capo. “No.”
“Non sono mai troppo sicuro di me su certe cose che ti riguardano.” Scherzò.
Il suo timore era di natura diversa e Castle aveva bisogno rincuorare Kate, non aveva mai reso comoda o semplice la loro vita ma era un’avventura che lui aveva scelto di vivere consapevolmente.
Kate passò dolcemente la mano sulla sua guancia. “E’ stata una stupidaggine.”
Castle si mosse sul fianco, puntellandosi con il gomito e godendosi ad occhi chiusi il suo tocco. Quando li riaprì trovò lo sguardo di lei intento a scrutarlo.
“Sai qual è la ragione per cui detesto allontanarmi da te?” Mormorò serio. Kate attese le sue parole con trepidazione. Negò e lo invitò silenziosamente a proseguire.
“La tua vicinanza fa di me un uomo migliore. Allontanandomi temo di perdere quel benessere, quello stimolo che mi hai dato fin dal primo giorno.”
“Castle, sono solo pochi giorni…” Valutò. Ma c’era di più, ci voleva poco a capirlo.
“Non sempre. Anche se non per nostro volere.” Ironizzò.
Kate annuì. “Comunque al momento non dovremmo essere al centro di un mirino.” Ribadì.
“Ma non possiamo mai abbassare troppo la guardia, adesso non voglio fare questo errore.” Sorrise debolmente. Kate prese lunghe e profonde boccate d’aria. Il suo lato oscuro, così lo definiva, era pronto, i sensi all’erta. Non era spaventata dal suo essere protettivo, sapeva di cosa fosse capace. Riusciva però a percepire il suo tormento e allo stesso tempo la sua determinazione.
“Sta tranquillo.”
“Oggi, di fronte alla mia ex che mi aggrediva, ho pensato al mio passato e ho capito una cosa importante.”
“Cosa…” Kate deglutì e attese. Castle si prese qualche secondo.
“L’ho lasciata abbaiare per un po’ ignorandola...” Spiegò gesticolando. Kate trattenne un sorriso.
“Ho sempre amato la sfida quotidiana che è la nostra relazione. Abbiamo discusso spesso sul fatto di essere differenti, sappiamo litigare e poi trovare un punto di incontro. Kate, tu ed io non ci accontentiamo di una resa incondizionata, non accettiamo che nessuno dei due annichilisca sé stesso per amore dell'altro, e sto parlando di argomenti seri.  Questo modo di interagire tra noi fa la differenza.” Kate prese la sua mano tra le proprie.
“In passato cedevo spesso per quieto vivere.”
Kate strinse gli occhi. “Tipo quando non sei riuscito a rifiutare l’ospitalità a Meredith nei nostri primi mesi insieme?” 
Castle boccheggiò. Se lo ricordava ancora troppo bene quel suo piccolo errore.
“Beh…Sì. In alcuni casi edificavo barriere per non dover discutere su argomenti scomodi, cose che poi trascendevano e mandavano tutto in pezzi.” Fece una pausa raccogliendo i pensieri.
“Forse le volevi solo accontentare.”
“Forse.”
“Credo che tu sia stato generoso. In ogni caso.” Castle espirò.
“Tra noi è diverso. Mettermi in gioco con te ogni giorno mi stimola e credo che questo sforzo continuativo viene percepito come un cambiamento, come una mia nuova maturità. Ecco perché Gina ha avuto quella reazione.”
Kate sorrise dolcemente. “Prima e unica maturità…Forse.” Puntualizzò non riuscendo a trattenersi dal punzecchiarlo.
Castle emise un lamento divertito a denti stretti.
Kate si tormentò le labbra rimuginando su quello che lui stava dicendo.
“Sei stato un uomo capace di ammettere i propri errori da che ti conosco, magari non subito…”
La testa di Castle ondeggiò. “Ehm…”
Non poteva essere più serio di così.
“Lo hai insegnato anche a me in questi anni. Ho abbandonato il senso unico a favore del tuo modo di riportare la… palla al centro?” Kate sorrise debolmente. Capiva, oh, sì, capiva.
“Non volevo mai parlare di me, evitavo i conflitti. Ho imparato a non farlo con te perché non posso permettermi il lusso e la stupidità di perderti. Se fallissi…”
Fece inclinare la mano verso il basso, come a simulare una caduta senza ritorno.
“E tutto questo come diventa una difficoltà nei nostri momenti di lontananza?” Per Kate quella era una domanda non soltanto per lui ma anche per sé stessa. Avrebbero mai superato certi traumi?
“Ti chiedo scusa per gli errori del mio passato. Gina, Paula e chissà chi altro, pensano che tu sia solo una parentesi, una delle tante e il loro atteggiamento è sprezzante nei tuoi confronti. So che la loro perfidia non è in grado di toccarti, non hanno idea di chi tu sia. Non sei una delle -mie- mogli, sei la sola che doveva esserci. Non vogliono capire che non ti idealizzo, ma ti conosco e ti amo per quella meravigliosa donna che sei. Mi dispiace che tu sia involontaria vittima di questa cattiveria.”
Kate si umettò le labbra. “Mi stai dicendo che devo considerarle come un nemico?”
“Credo che abbiano sempre gongolato sulle nostre disavventure. Non dico che tenteranno di separarci ma non sono dell’idea di farle divertire.”
“Gli hai detto di noi?”
“No. Lo scopriranno quando si noterà. Gina poi detesta i bambini. Non ne ha mai voluti.”
Una volta di più Castle si trovò a pensare a quanto fosse stato sbagliato il legame con Gina, il cui unico elementi in comune era il lavoro. Kate aveva ben poco della casalinga, ma aveva maturato il desiderio di essere madre, di costruire una famiglia come elemento solido di un futuro. La stessa cosa che lui desiderava.
Erano affini anche in quello. Con tempi diversi, in modi non facili, costruire il loro futuro era una sfida gratificante che entrambi affrontavano seriamente.
“Parti tranquillo, Rick. Mi metto al collo un corno anti-malocchio.” Kate lo distrasse dai suoi pensieri.
Lui si illuminò. “Ce l’hai?”
“Credo che tu me ne abbia lasciato uno in oro nel portagioie, poco dopo il nostro matrimonio.”
Castle sorrise. Lei non era affatto superstiziosa, lui sì.
Kate annuì. “Credevi che non l’avessi mai notato?” Sorrise con l’aria di chi sottolineasse l’ovvio, ma da che lo aveva sposato, c’erano alcune sue manie che lei aveva deciso di ignorare. Dopo quanto accaduto tra loro nessun aiuto, anche improbabile, alla loro incolumità era da scartare.
Quante volte era stata inchiodata al computer nel controllare che il suo volo arrivasse a destinazione? Quante volte gli aveva chiesto cosa stesse facendo via sms solo per avere la conferma che lui stesse bene? Piccoli accorgimenti per sincerarsi che le cose fossero come dovevano essere. Non credeva nel potere di un corno scaramantico, ma se serviva a tranquillizzare suo marito in quella circostanza, lo avrebbe preso in considerazione.
“Non permetterò più a nessuno di interferire. Quindi che sia una ex particolarmente odiosa oppure un poliziotto corrotto, non avrò alcuna pietà.” La voce di Kate era feroce e sibilante.
“Tutte le volte che abbiamo discusso per questioni relative alla nostra sicurezza, hai sempre avuto il sopravvento, anche sbagliando. D’ora in poi scegli il confronto.” La preghiera di Castle venne accolta con un sorriso da Kate.
Castle sostenne il suo sguardo. Quella donna era parte del suo cuore, era il suo sangue e se gli fosse accaduto qualcosa lui avrebbe perso la sua sanità mentale, ne era certo.
Sdraiata tra le lenzuola, con lo sguardo di Rick su di lei, Kate si sentiva da dio. In sua assenza il vuoto sarebbe divenuto opprimente. “Sono d’accordo.” Disse annuendo. “Ce lo siamo promessi.”
Il viso di Rick si abbassò fino ad aderire a quello di lei. Si sfiorarono con calma, con estrema dolcezza.
“Nessuno mi ha mai dato questo…” Disse ispirando il profumo della sua pelle. Kate sorrise ad occhi chiusi.
“Non ci voglio rinunciare.” La chimica tra loro, la semplice costatazione di essere complementari.
“Il dottor Burke ci metterebbe subito in analisi se ci sentisse ora.”
 Castle rise. “Oh, beh! Lui pensa che siamo simbiotici.”
“E non ti fa sentire strano?”
“Assolutamente, sì. Mi fa sentire perfetto.”
La baciò con dolcezza, assaggiò le sue labbra facendo scorrere le proprie da un capo all’altro della sua bocca. Kate accarezzò la base del suo collo, affondando le dita nei suoi capelli.
“Non credo però abbia idea di che cosa si provi.” Sussurrò Castle, spalancò i suoi occhi ammaliati da lei.
“Un po’ mi dispiace per lui…”
“Castle…” Kate ridacchiò. “Non pensavo nemmeno io di sapere cosa significasse fino a… quella mattina.”
“Già. Se ci sei il cuore batte e l’ossigeno affluisce ai polmoni…”
“Se ti allontani, ti manca qualcosa.” Terminò lei.
“Manca l’aria.” Esclamarono contemporaneamente.

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Ciao a tutti, rieccomi con una mini long di qualche capitolo.
Che dire i nostri sono sempre incasinati con i loro problemi, come tutti nel quotidiano, e con qualcosa in più per questi due che non riescono mai ad essere sereni e liberi al 100%.
Un abbraccio a tutti e anche se in ritardo vi auguro un felice Natale e uno splendido 2016.
Anna

 

  
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