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Autore: RLandH    26/12/2015    3 recensioni
Da capitolo II:
[...]“E quindi hai pensato che abbandonarmi era meglio?” domandò irascibile lei, “Tesoro, nasciamo, viviamo e moriamo soli. Non è mia abitudine aiutare i mortali, mai, neanche i miei figli. Neanche quelli divini, se per questo” aveva detto con un tono infastidito, continuando a limarsi le unghia.[...]
Da capitolo IX:
[...]Era il figlio al prodigo, aveva bisogno di quel padre a cui aveva voltato le spalle, per uno stupidissimo corvo che non avrebbe potuto fare nulla contro un gigantesco uomo alto venti piedi. Le sentì brucianti le lacrime sulle guance.[...]
July vorrebbe aspettare la fine in pace, Carter si sente perso come mai è stato, Heather è in cerca di qualcosa e Bernie di quella sbagliata.
Se si è cosa si mangia: Arvery è una bella persona; Alabaster, lui è quello furbo. Marlon è un anima innocente e Grace è un mostro dal cuore d’oro.
E quando gli Dei decidono di invocare l'aiuto di quegli stessi figli dannati a cui non hanno mai rivolto lo sguardo, non c'è da stupirsi se il mondo intero va rotoli ...
Buona lettura,
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Le Cacciatrici, Mostri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Allora chiedo scusa per il ritardo ma i mesi passati sono stati devastanti e massacranti. E non ho scusanti, particolarmente per summer_time che è l'unica poverina che commenta il mio lavoro.
Vorrei ringraziare chi legge, o segue, o preferisce o che … spero possiate apprezzare.
Una piccola premessa: il capitolo è lungo, davvero lungo, è forse pesante, avevo avuto la mezza idea di dividerlo in due parti, ma non avrei saputo dove spezzarlo, visto che l'evento importante, che da il nome al capitolo, non sapevo dove ficcarlo. Comunque spero riusciate ad arrivare in fondo.
Come nel secondo capitolo c'è nuovamente una scena femslash (anche se questa è livemente più esplicita), non ero sicura se ci stesse bene o meno, comunque di tutti i personaggi incontrati in questo capitolo, solo uno è davvero importante, ma non vi dico quale ahahaha.
E forse il capitolo è anche filler.

Buona lettura,
RLandH

Comunque visto che non aggiorno da molto:
THE LONG SO FAR: Arvey, lestrigone piuttosto atipico, salva Bernie una mezzosangue che conosceva dai tempi della Principessa Andromeda, proprio dai suoi stessi compagni(più altri mostri), lasciando di fretta e furia Vernon. In viaggio Bernie riceve la visita di sua madre, la dea, Nyx che le affida un taumatoscopio ed una missione: ritrovare un'arma, nonostante la ragazza fosse animata dal desiderio di ritorvare Bells, la sorella gemella scomparsa da Manhattan. Alle Cascate del Niagara, i due sono attaccati da due vecchi compagni di Arvey, ma riescono a fuggire aiutati da un'ambigua divinità vestita di bianco – Bernie nel frattempo era riuscita a mettersi in contatto con Alabaster un vecchio compagno della titanomachia. Finiti in Luisiana e rimasti bloccati, Arvey e Bernie hanno uno scontro con un mostro di nome Parthonope, che aveva incantato Bernie. Il mostro viene freddato però dall'arrivo di altre persone, lo stesso destino con orrore sembra riservato ad Arvey.



 

 

Il Crepuscolo degli Idoli

 



 

Un semi-avvelenamento (quasi)direttamente dall'Inferno.

Bernie II

 

 

 

Arvey era stato sistemato sotto coperta, per non turbare nessuno dei membri dell'equipaggio dell'alionave. A Bernie era stato accordato invece di poter girovagare almeno sul ponte, ma lei d'altro canto era abbracciata al parapetto, ammirata dal panorama di quella meraviglia – e forse anche spaventata. Deedo le aveva spiegato fosse opera di un abitante di Bensalem(*) senza darsi troppo peso nello spiegare di cosa in realtà stesse parlando, aveva preferito aggiungere che comunque al Campo Mezzosangue un brillante figlio di Efesto ne aveva costruita una migliore e senza possedere una conoscenza millenaria di marchingegni e così via. Deedo era stata l'unica persona amichevole che avesse incontrato – se non contava il ragazzo di undici anni che la guardava oltremodo estasiato, che a Bernie aveva ricordato Lip, il bambino mortale che vedeva oltre la nebbia.

Il fatto che fosse stata gentile, però, non faceva di Deedo un'amica. Era poco lontana da lei, indossava un vestiario simile al suo: giacca pesante, pantaloni a sigaretta, stivaletti con i lacci, anche se rispetto a Bernie era pallida come la polvere,una statura piuttosto bassa e con un seno più corposo, questo non le impediva di avere comunque un corpo tonico ed atletico. Deedo aveva anche dei riflessi spiccati ed invidiabile, perché con il lancio di un disco era riuscita a curvare una pallottola fatta di oro imperiale che avrebbe disintegrato Arvey ad un solo contatto. Il primo pensiero quando Bernie l'aveva vista era stato che fosse Annabeth Chase, la compagna di Percy Jackson, se bene avessero in comune solo occhi grigi come cieli plumbei ed i capelli biondi – e probabilmente una madre.

 

“Allora ti piace?” aveva chiesto gentile Deedo, raggiungendola. Teneva le braccia aperte con il chiaro intento di mostrare, come un vanto, l'immensità del ponte – di tutto – dove la gente continuava a muoversi svelta per adempiere ai compiti e qualcuno come lei aspettava. Bernie s'era guardata in giro a disaggio, dove aveva scorto l'undicenne ancora fissarla, nascosto dietro uno dei tre grandi alberi della nave, viso scuro come il caffè e capelli neri come una macchia di inchiostro, aveva iridi chiare come il vetro che davano tutta l'impressione di uno spettro in piena regola, se non fosse stato per la maglietta blu brillante con degli omini che ballavano ed i bermuda con i fulmini.
“Una volta ne avevamo di navi del genere! Ma per quelle orribili condizioni adesso abbiamo una flotta indegna di tale nome” s'era lagnata la bionda, con i gomiti puntati sul parapetto. Gli occhi plumbei rivolti al cielo chiaro. Un aria fastidiosa batteva sopra le loro pelli ed irritava gli bulbi. Bernie aveva annuito, con la mano serrata al parapetto.

Deedo era amichevole, gentile ed accomodante, aveva salvato la vita ad Arvey e di questo Bernie ne era grata, ma era stata la stessa bionda a prenderli gentilmente in custodia, quando aveva afferrato – con una semplice occhiata – che Bernie esulava dal concetto di semidio Greco o Romano. Lei stessa si era poi affrettata a riferire di essere nata dai lombi di una divinità protogea e non era ancora certa che la cosa fosse stata una buona idea o meno. Deedo comunque aveva preso la palla al balzo e pratica aveva circuito i suoi compagni riferendo che sarebbe stata una cosa inaccettabile non accogliere tale semidea, sarebbe stata una mancanza di rispetto verso Nyx stessa.
Da quel momento Deedo era stata praticamente la sua migliore amica.
Le aveva raccontato tutto ciò che c'era da sapere di lei, cosa le piaceva, che genere di musica ascoltasse, dove le piacesse andare negli appuntamenti, chiacchierando a ruota libera. Bernie aveva cominciato a dubitare ad un certo punto di essersi sbagliata sulla divina discendenza di Deedo, fino a che non s'era resa conto che l’altra non aveva davvero detto nulla di utile (come chi fossero? Cosa volessero? Dove stessero andando?). Però le aveva tirato fuori di bocca davvero molte informazioni: come aveva conosciuto Arvey, di suo padre disperato, di Bells scomparsa da un anno e dei suoi pellegrinaggi, del ragazzo che non parlava che l’aveva lasciata da sola, di Boston doveva aveva incontrato Magnus(*) – e se ne era andata dopo aver saputo dei lupi dagli occhi blu. Bernie si reputava brava, aveva evitato con maestria di parlare della Seconda Titanomachia , di sua madre e della sua missione.
Come era il detto: si prendevano più mosche con il miele che con l'acido?
Deedo doveva esserne estimatrice.

 

 

 

“Quant'è che manca?” aveva sputato Bernie, con le braccia incrociate sotto al seno, sentendo il taumatoscopio piantonato contro una costola, ma affatto decisa a farlo scoprire. Non che se ne preoccupasse, si sarebbe dissolto, un comodo antifurto: il taumatoscopio non si faceva trovare da nessuno che lo stesso non volesse – quasi avesse vita propria.
Aveva chiesto quello, perché si era tristemente arresa al fatto che Deedo non avrebbe mai risposto alla domanda su dove fossero diretti, sperava almeno di scoprire almeno quanto mancasse. Quanto mancasse alla fine della sua vita? Nefasti numi, sperava proprio di no. “Ci siamo, diva” aveva soffiato qualcuno vicino al suo orecchio, Bernie non aveva sussultato, era stato così rigida ed attenta su quella nave che coglierla di sorpresa era impossibile. Aveva sentito l’altro avvicinarsi a loro, da almeno dieci metri. “Per la gloria di Baal, ti ho già detto di non darle fastidio” aveva ringhiato a denti stretti Deedo verso il nuovo venuto. Bernie non aveva afferrato il suo nome, ma aveva cominciato a chiamarlo Signor Grilletto Facile, era stato il figlio di ninfa che aveva sparato verso Arvey senza essersi fatto neanche una domanda. Aveva gli occhi verdi, delle efelidi delicati su un viso magro, leggermente incavato, aveva della rada barba bionda sulle guance, un fisico tonico e da uomo vero – certo non come Arvey, ma le misure lestrigoniche non contavano – e Bernie non poteva negare che almeno fisicamente fosse attraente. Che poi lo avrebbe strangolato a mani nude, era un’altra storia.
Ed era il fratello di Deedo.
O almeno loro si chiamavano così.

“Però ha ragione, siamo arrivati” aveva soffiato fuori il ragazzino-spettro, nelle quattro ore sull'alionave era stata la prima volta che aveva sentito il suono della sua voce. Si era avvicinato quatto come un'ombra. “Sei sicuro Mag?” aveva chiesto Deedo tutta gentile, riprendendo quel suo aspetto costruito dolce come una caramella mou, “Lo ha detto mio fratello” aveva soffiato lui. Bernie per via dell'aspetto, indovinò che Hannibal, l'altro ragazzo che gli aveva scortati lì, fosse il fantomatico fratello. La bionda aveva annuito, dando le spalle al ragazzino, “Allora Berenyx preparati a vedere qualcosa di sensazionale” aveva soffiato amichevole verso di lei, dandole una leggera gomitata fraterna sul braccio. Bernie non aveva ancora compreso perché si ostinasse a chiamarla così, quando neanche suo padre lo faceva.
Aveva annuito lei comunque, per nulla presa da quelle parole: ormai nella sua vita ne aveva viste fin troppe di cose sensazionali per stupirsi davvero.

 

Dovette rimangiare quel pensiero. L'Alionave aveva attraversato un banco di nebbia così fitta che per un attimo Bernie aveva pensato stessero attraversando del cotone cucito assieme. Gli occhi le erano letteralmente andati in fiamme, come quando affettava cipolle, costretta a tenerli serrati ed in lacrime per tempo che le era sembrato fin troppo esteso, buio e fuoco riflessi sulle sue palpebre. Poi tutto era passato. Schiuse le palpebre, Bernie aveva trovato prigionieri tra le sue ciglia una città monumentale, che senza averlo controllato s'era ritrovata ad occhi spalancati. “Oh” il suono era scivolato via dalle sue labbra, senza prenderla neanche in considerazione, scatenando una risata sorniona di Grilletto Facile.

La città che s'era aperta davanti ai suoi occhi era qualcosa di superlativo. Era la cosa più ampia e meravigliosa che avesse mai visto, era fatto di marmo bianco, con case squadrate, con tetti dritti e vasti giardini – alcuni dei quali pensili, sistemati sui tetti. Un'alta muraglia bianca circondava il perimetro della città, dove le onde dell'oceano si infrangevano contro, un enorme cancello spalancato, che apriva l'ingresso del fiume in città, verso un palazzo semicircolare, all'interno c'era un altro edificio circolare che sorgeva dalle acque, poco lontano c'era un enorme palazzo di marmo lucido con due bandiere, una sfoggiava un leone rampante e l'altra il viso granitico di una donna.
Oltre la città si estendeva su buona parte dell’isola, che non era poi così imponente, aveva anche delle sabbie bianche e campi verdi coltivati. E Bernie ne era estasiata.

La nave aveva cominciato a perdere quota senza eccessiva rapidità, puntando con la prua, con la polena di un leone rampante, verso il cancello aperto dritto nel cuore della città. Una voce s'era diffusa sul ponte, “Qui è il vice-capitano Himylce che vi parla” era una voce rigida e femminile, “Siamo pronti per l'ammaraggio” aveva cominciato tutta seriosa, “Invitiamo i signori passeggeri a ritirarsi nella stiva, buona continuazione” aveva soffiato prima di chiudere la comunicazione.
Deedo s'era voltata verso il bambino, “Va Mag!” aveva soffiato tutta gentile, prima di rivolgersi verso di Bernie, “Tecnicamente dovremmo andare, solo l'equipaggio può rimanere sulla nave” aveva aggiunto, prendendola sotto braccio, “Certo” aveva sussurrato lei, lievemente a disagio, con gli occhi ancora rivolti alla pallida città. Il fratello di Deedo aveva riso divertito, “Queste manovre sono state inserite praticamente per mia sorella” aveva aggiunto divertito, mentre camminava al loro fianco, aveva un andatura strana: le ricordava un cowboy. Bernie s'era voltato verso la bionda al suo fianco, “Sta parlando dell'altra” aveva chiarito Deedo posata. “Hai anche un'altra sorella?” aveva chiesto Bernie, sollevando un sopracciglio, ricevendo dalla bionda un mero gesto d’assenso.

 

Si erano dovuti sistemare nella stiva, “Posso andare da Arvey?” aveva chiesto invece, sperando che quella risposta le fosse concessa, “Certo” rispose Deedo. “Ti accompagno io” si era intromesso Grilletto Facile non dando alla sorella la minima possibilità di opporre resistenza, trascinandola via di forza. Bernie s'era divincolata di fretta infastidita, passandosi una mano sul braccio dove il ragazzo l'aveva stretta, risentiva ancora dei morsi di Parthenope. L’intero arto era indolenzito. Deedo le aveva detto fossero andati in missione per recuperare le corde vocali della creatura, ma che una figlia della notte era una ricompensa ben più grande. Bernie non aveva trovato piacevole essere considerata alla stregua di un premio.

“Potresti sforzarti di essere gentile” aveva puntualizzato lei, offesa, continuando a passarsi le dita sul braccio dolente. Il ragazzo aveva riso, aveva labbra carnose e piuttosto rosse, era una risata fredda e sarcastica, “Certo come Deedo?” aveva chiesto sornione. Lei di rimando aveva risposto piccata: “Perchè no?” non risparmiandosi la saccenteria. Grilletto Facile aveva riso di gusto, crudele, “Mia sorella è una machiavellica psicopatica, nulla di ciò che dice è spontaneo” aveva chiarito, disilluso. A questo Bernie c'era arrivata da sola, ma non aveva avuto da ridire contro di lui, in un primo momento. “Almeno lei non spara e poi fa domande” aveva sentito il bisogno di ribattere Bernie, con un tono basso, neanche certa di essere sentita. “Scusa se avendo visto una frastornata mezzosangue tra le braccia di un lestrigone io abbia pensato di salvarla” aveva riposto lui di rimando, irritato.
Bernie aveva sbuffato davvero infastidita, “Che ne potevo sapere che era il tuo ragazzo” aveva aggiunto disgustato Grilletto Facile. “Non è il mio ragazzo” aveva ribattuto lei, mentre il biondo si arrestava in prossimità di una porta, si era voltato verso di lei ed aveva sorriso, in maniera alquanto cattiva.

 

Era risalta sul ponte alla fine dell'ammaraggio, quando la voce femminile del vice capitano aveva invitato tutti a risalire ordinatamente per lo sbarco. Bernie s'era sollevata dalla sedia dove era stata seduta per i minuti che aveva trascorso sotto coperta, lanciando uno sguardo ad Arvey che finiva di gustarsi i resti di qualche animale. Era stata davvero stupita che non solo non avessero sbattuto il suo amico in una segreta, anziché sistemarlo in una comoda cabina spaziosa, ma lo avevano anche nutrito. Il ragazzo che aveva sparato a Parthanope, Hannibal, le aveva detto che il suo amico era piuttosto affamato, era una persona rigida, meno amichevole di Deedo, ma sembrava più autentico. Nonostante il nome, si era fatto di lui l’idea che fosse una brava persona. Bernie aveva chinato il capo e l'aveva ringraziato, mentre lui aveva annuito, restandosene con le spalle sulla porta, somigliava davvero a Mag.

“Mai fare aspettare Himylce” aveva sussurrato Hannibal, si era lasciato sfuggire un sorriso tenue, aprendo la porta per uscire sul ponte superiore. Bernie l’aveva seguito a ruota, Arvey era piantonato appena dietro di lei e teneva le mani sulle sue spalle, per ricordarle che in qualsiasi situazione fossero: lui c’era. E nefasti numi quanto ne era grata. Allungò una mano per stringerla su una delle due del lestrigone. Si erano dovuti sistemare in una fila, dove due giovani salutavano la gente con un sorriso aperto e con parole gentili. Il maschio era una copia sputata di Hannibal, stessa corporatura, stessa mascella squadrata, però gli occhi erano grigi e spettrali come quelli di Mag. La ragazza aveva un aspetto latino americano ed un sorriso perfetto ad ornarle il viso. Tutti e due indossavano un completo giacca-pantalone d’oro ruggente, da essere quasi accecanti. “Grazie per aver viaggiato sulla Gloria di Tanit” aveva detto l'uomo, indossava un capello con un'ancora blu cucita sopra, doveva essere il capitano o qualcosa di simile. “Fratello” aveva salutato l'uomo con il cappello, a differenza del fratello non era rasato, portava una sottile barba ed i capelli lunghi, ma sembrava più giovane rispetto Hannibal. I due si erano stretti le mani in maniera confidenziale e sicura di se. La donna invece lo aveva baciato sulle labbra, “Ci vediamo sta sera a cena, mio amore” aveva soffiato gentile, “A sta sera, mio amore” aveva risposto il loro accompagnatore.

La Gloria di Tanit era stata ormeggiata al porto, nel semicerchio esterno, quello ampio, una passerella era stata posta dalla banchina della nave fino alla pietra della strada.Nel momento stesso in cui avevano entrambi piantato i piedi sul suolo della città, tutti s'erano voltati verso di loro, quasi fossero stati due fenomeni da baraccone.

Quello che era successo dopo era stato parecchio caotico. Bernie aveva tenuto per tutto il tempo la mano di Arvey, mentre tutti gli occhi dei cittadini erano stati catalizzati da loro. Deedo era ricomparsa nel loro campo visivo e nella mezz'ora scarsa in cui Bernie non l’aveva vista, la bionda aveva avuto modo di cambiarsi, indossava una lunga veste di un bianco sottile, stretta sotto la vita aveva uno scollo a barca, dove erano state cucite delle pietre luminose. Indossava però gli stivaletti con i lacci e le suola a carro-armato. “Stai bene” si era complimentato Arvey, aprendo le labbra in un sorriso seghettato da vero squalo, “I Cento sarebbero entusiasti di avervi come ospiti” aveva soffiato con un voce gentile Deedo, con il solito sorriso cucito sulle labbra. Bernie se possibile aveva stretto la mano di Arvey più forte, ma si era mostrata rilassata all'apparenza, “Ne saremo onorati” aveva squittito lievemente, “Ma saremmo felici di sapere dove siamo” l'aveva seguito il lestrigone – piuttosto moderato.
Deedo aveva perso il sorriso in favore di un'espressione stupita, come se avesse trovato inconcepibile che non avessero ancora capito. “Questa è Nuova Cartagine” aveva esclamato con orgoglio Deedo, “Rinata come una fenice per adempiere all'Antica Promessa” aveva aggiunto. Gli occhi grigi erano scintillati come gioielli d'argento.
“Uh” aveva emesso semplicemente Bernie, mentre osservava il furore del viso di Deedo spegnersi per riprendere un viso stoico, “Prego seguitemi” aveva aggiunto poi, sorridendo spaventosamente e dando loro le spalle, per un attimo aveva immaginato avrebbe tirato fuori un fazzoletto da perfetta guida.
Non aveva illustrato nulla della città s'era limitata a guidarli lungo una grande via, dal suolo composto di San Pietrini lucidati d'onice nero, dove c'era un'incredibile calca di gente, da rendere l'aria stantia, ai lati c'erano disposti dei banchetti di frutta e verdura, dall'aspetto davvero invitante. Ed ovviamente tutti gli occhi erano rivolti verso di loro. Deedo gli aveva scortati fino al centro della piazza, vicino ad una fontana bianca dalla forma circolare, dove al centro c'era stagliata una figura di ferro ed oro che rappresentava una donna stesa su una lettiga che si impalava nel cuore con una spada di oro imperiale.
“Carina” aveva soffiato Bernie a disagio. La loro guida non si era lasciata scoraggiare però, continuando a sorridere – in quella maniera terribilmente finta – indicando loro quello che aveva l'aria di essere una splendida limousine bianca di un colore perla, con i finestrini neri. “Cartagine si manifesta sempre nella sua opulenza” aveva commentato il lestrigone, guadagnandoci uno sguardo perplesso da lei. “Ci sei stato nella ...ehm … originale Cartagine?” aveva chiesto poi Bernie, grattandosi il collo. Arvey aveva riso in maniera gutturale, con i denti da squalo in mostra, “Oh dannati! Ma quanto pensi io sia vecchio?” l'aveva canzonata un po'. Gli occhi del colore del mare salato luccicavano come acqua al sole, che Bernie s'era ritrovata accaldata sulle guance e con un sorriso sciocco sulle labbra senza controllarlo.

Deedo aveva aperto lo sportello della limousine, “Ci vedremo direttamente a Palazzo. La macchina vi porterà a fare un giro panoramico, mentre io provvederò a trovare abiti più appropriati per l'incontro con i Cento” aveva detto pratica la ragazza, ma con un tono amichevole. “Sono sicura che per trovare qualcosa per Berenyx non dovrebbe essere un problema” aveva aggiunto Deedo, leggermente più morbida, “Per un lestrigone però ...” aveva mormorato un po' in certa. Arvey le aveva sorriso, tentando di essere affabile forse, “Prova con una Gigante X Small” aveva aggiunto, con quel suo pessimo senso dell'umorismo. Deedo aveva riso, in maniera spontanea ed autentica, da colorarle le guance pallide, “Sei simpatico” aveva constatato, “Be, tu mi hai salvato la vita” aveva risposto di rimando Arvey, la bionda aveva annuito cheta, “Dovere” aveva risposto.

 

 

 

Bernie era salita sul sedile posteriore della macchina, seguita dal suo amico, un vetro nero separava la loro zona, rispetto quella del guidatore. Gli interni della limousine erano neri, pregiati e su un tavolino erano stati sistemati bicchieri assieme ad una bottiglia di vino rosso ed una caraffa di succo al pompelmo rosa. “Sono tutti così gentili” aveva mormorato Bernie, “Mi spaventano” aveva aggiunto, pensando al sorriso marcio di Grilletto Facile e alla totale mancanza di esitazione quando aveva sparato verso Arvey. “Hannibal sembra simpatico” aveva commentato Arvey con un sorriso spensierato sulle labbra, “Nonostante il suo nome, anche a me” aveva considerato. Non ci aveva parlato molto, era un ragazzo rigido, ma l’aveva salvata, prima di sapere chi fosse, e tanto le bastava per fargli avere la sua gratitudine.
Bernie aveva quasi pensato la simpatia rivolta a quel tale da parte di Arvey fosse dovuta proprio al tempestivo intervento contro Parthenope.

“Dobbiamo andarcene di qui” aveva poi stabilito poi con fermezza Bernie. Non lo sapeva quanto amichevoli potessero essere i Cartaginesi, ma non voleva rimanere per scoprirlo, anzi non credeva di potere, aveva una missione, affidatagli da sua madre, doveva trovare Bells e rintracciare Al. “Non sappiamo dove siamo e non abbiamo un alionave o che altro per fuggire via” aveva intelligentemente fatto notare Arvey. Doveva essere grave se a essere quello razionale era un lestrigone gigante cannibale. “Viaggio nell'ombra” aveva ribattuto lei, forse dopo troppi minuti di imbarazzante silenzio. Gli occhi azzurri di Arvey erano guizzati verso di lei, “Brillante” aveva esclamato e Bernie era arrossita, allungando poi una mano verso di lui, appena un po' tremante. Il taumascopio sembrava pesare incredibilmente sul suo addome. Arvey aveva allungato una mano verso di lei, ma prima di toccare la sua l'aveva ritratta come se la sua pelle fosse stata di fuoco, “Oh no! Non possiamo andarcene senza la mia mazza chiodata” aveva stabilito chiaramente il Lestrigone. Bernie s'era toccata d'istinto il lobo dell'orecchio, dove fino a poco tempo prima pendeva l'orecchino a forma di piccola lama – che sfilato diventava una sua coppia grande il quadruplo – che il fratello di Deedo le aveva sfilato senza molta grazia. Avevano tolto le armi ad Arvey anche. L'unica cosa che non avevano trovato era stato il Taumascopio, quando l'avevano perquisito l'oggetto s'era come liquefatto per poi essersi ricompattato a seguito.
Bernie non se n'era stupita in fin dei conti, era un oggetto oscuro fatto della stessa materia di cui era fatto il manto della notte. Era oscurità pura. E non avrebbe permesso a nessuno che non ne fosse designato di possederlo.

“Penso tu possa vivere senza” aveva borbottato Bernie, avrebbe vissuto anche senza l'orecchino che le aveva consegnato Luke quando lei e Bells avevano scelto di aderire alla causa di Crono, due orecchini gemelli per due gemelle. E a quel pensiero s'era sentita appena un po' spezzata, era un'altra cosa che divideva lei e sua sorella.
Lo sapeva che Bells era viva, lo sentiva pulsare nel suo spirito, ma aveva paura che non l'avrebbe mai trovata, aveva paura di essersi convinta davvero di questo. “No!” aveva ribadito il lestrigone."No?" aveva chiesto confusa Bernie.
"La mia mazza è stata fatta da due ciclopi: Berth e Sheamus" aveva spiegato sicuro di se Arvey. Bernie aveva tenuto le labbra serrate fra loro, animata nel viso di una certa confusione, "Berth è morto durante la guerra" aveva rivelato Arvey malinconico. "E Sheamus?" aveva chiesto Bernie con un filo di voce, quasi timorosa. "Ha vissuto con il fratello di Berth, Linden" aveva aggiunto cupo, "Sono morti entrambi a Vernon" aveva precisato. Bernie aveva sentito i brividi lungo la schiena, pensando alla sua pessima battuta di qualche giorno prima sulla Barzelletta Olimpica.
Poi Arvey le aveva raccontato dello scontro, dell'arpia che aveva ucciso Linden, calmo. "Sheamus l'hai ucciso tu?" aveva chiesto Bernie, con le mani tremolanti. Arvey aveva posato la testa sul finestrino. Si era così, aveva ucciso Sheamus e Mickey.
Aveva ucciso i suoi amici per lei.
"Troviamo la tua mazza" aveva stabilito Bernie, con sicurezza. Si era sfilata dalla tasca il taumatoscopio e s'era adoperata immediatamente. "Giustamente" aveva commentato a mezza-bocca, Grilletto Facile aveva la mazza da guerra legata alla schiena.

 

La carrozza s'era fermata e Bernie aveva infilato di fretta il cannocchiale a posto. Arvey aveva ancora il viso pallido posato sul vetro, quando una ragazza aveva tirato via l'imposta salendo a bordo.
Aveva gli occhi del colore della pioggia, incorniciati in capelli scuri.
"La figlia di Nyx" aveva commentato allegra, "Hannah Phoenix" aveva esclamato allungando una mano verso di lei. Indossava molti anelli d'argento. "Bernie" aveva risposto lei, ricambiando la stretta. A Disagio. Le mani della ragazza erano calde e creavano uno strano contrasto con il freddo metallo degli anelli.
Hannah era salita definitivamente a bordo, accomodandosi accanto ad Arvey. "Vai Earl" aveva strillato con vigore, prima di lanciare uno sguardo al lestrigone, "Arvey" si era presentato quello, con un sorriso da squalo. "Solo una figlia della notte poteva trovare una compagnia così... Interessante" e l'aveva detto leccandosi le labbra. "Ok" aveva borbottato Bernie per attirare l'attenzione, leggermente indignata.
La giovane l’ aveva guardata, possedeva occhi luminosi come un cielo estivo ed efelidi su un incarnato abbronzato. Hannah vestiva cona un abbigliamento piuttosto moderno, una camicetta semitrasparente nera che lasciava intravedere un reggiseno scuro, dei pantaloni lucidi e scarpe di vernice basse. Non sembrava a disagio.
Secondo Bernie: potevano essere coetanee.
"Benvenuti nel Paese dell'Opulenza e della Finta Cortesia" aveva aggiunto con smodata allegria Hannah.

 

Arvey aveva uno sguardo vacuo. Bernie invece sembrava stranamente colpita: la nuova venuta era diversa. Diversa dalla falsità di Deedo, dalla rigidità di Hannibal e dalla goliardia di Grilletto Facile.

"E tu chi sei?" aveva giustamente chiesto invece, "Figlia di Nike e di Cartagine" aveva spiegato, posando le mani sulle ginocchia ossute. Indossava molti monili, tra cui il suo orecchino. "Non sono quasi mai stata fuori dalla città" aveva ridacchiato. "E sei l'unica che risponde alle mie domande" aveva constato Bernie. Hannah aveva riso con una certa allegria, sollevando l'angolo della bocca. Le aveva ricordato Mary Beuchamp - la figlia di Nike morta nel labirinto che non si prendeva mai sul serio, anche se era mortalmente competitiva.

"Non ho nulla da nascondere" aveva risposto tutta divertita, coprendo con una mano piena di anelli i denti bianchi, per soffocare una risata. Era bella, che pensiero strano.

"Hai lo stesso odore degli altri due" aveva commentato Arvey, arricciando il naso - "Parli di Puma e Deedo?" aveva chiesto lei.

Bernie s'era chiesto cosa riguardassero i Puma con Deedo. Arvey aveva annuito. Hannah aveva continuato a sorridere, prima di sollevare le spalle, "Sono i miei fratelli" aveva spiegato.

Grilletto Facile si chiamava Puma?

"Pensavo che Deedo fosse figlia di Atena" aveva buttato fuori invece.

"Che occhio" le andò dietro Hannah, "Lo è" aveva acconsentito. "Mio padre era un uomo coraggioso o forse stupido" aveva confermato l'altra, facendole anche l'occhiolino, "E pensa un po': Puma non è ne figlio di Atena ne di Atena" aveva raccontato, tutta leziosa, di chi godeva nei pettegolezzi, passando le dita affusolate nei capelli scuri per spostare un ciuffo fastidioso dietro l'orecchio. Prima che potessero fermarsi a fare altre chiacchiere la macchina aveva subito un arresto, "Temo che siamo arrivati" aveva constato Hannaj aprendo la porta, poco prima che qualcuno potesse farlo, quando era uscita dalla macchina, Bernie aveva trovato gli occhi stupiti di Deedo ad attenderla, aveva lanciato una frustata con lo sguardo a sua sorella ed aveva allungato un braccio verso di lei. Si era liberata anche degli stivaletti ed aveva rinchiuso i vaporosi capelli in un acconciatura alta, "Possiamo andare" l'aveva invitata.

 

 

 

Il palazzo dove erano entrate era grande e luminoso, di marmi colorati con un lungo colonnato addossato ad un muro, c'erano metope ovunque, i colonne formavano dei triplici archi ogivali incisi nel muro e la porta era di ferro lavorato. Bernie aveva studiato storia dell'arte prima di abbandonare la scuola, ma non riusciva a ritrovare uno stile che avesse tutti quegli elementi: classico, romanico, gotico o che altro. Non aveva potuto studiarlo allungo, perché Deedo l'aveva trascinata dentro, in un ampio cortile interno ed Arvey era stato prontamente alle loro spalle, "Spero Hannah non ti abbia infastidito" si era raccomandata incredibilmente gentile Deedo. Bernie l'aveva rincuorata, evitando di dirle che di tutti i cartaginesi Hannah era stata la compagnia più gradita.
Come per la piazza principale nel centro del cortile interno c'era un'ampia fontana circolare al cui centro spiccava una piattaforma dello stessa forma, da cui Leoni Rampanti che vomitavano acqua, alternate a statuette di figure umane dai visi austeri, che però lasciavano uno spazio in mezzo, una donna sedeva nel centro, nuda come la terra, dal corpo formoso di un pallido azzurrino, un'indisciplinata chioma nera, pesante e folta, che scendeva sul corpo. “Solitamente le piace soggiornare nel palazzo sul mare” aveva preso a spiegarle Deedo tutta concitata, prima di entrare nei dettagli, la donna era una dea e solitamente preferiva vivere in una forma molto più imponente nel palazzo al centro del semicerchio dove erano attraccati almeno qualche ora prima. “Oh! E che dea è?” aveva domandato Bernie, non aspettandosi una reale risposta, le sembrava già strano che si fosse sbilanciata in quella spiegazione.

La dea aveva rivolto lo sguardo verso di lei, aveva iridi verdi acqua. “Sarai lei a dirtelo” aveva risposto squisita Deedo, mentre Arvey osservava la scena con una certa insofferenza, ma prima che potessero raggiungere la donna, un ragazzo si era frapposto fra loro. Forse era più giovane di Deedo, forse aveva la sua età, vestiva come un damerino da altri tempi, con una camicia bianca dal collo a sbuffo ed un gilet d'ocra con fiori damascati e calzoni crema stretti. “Oh mia luminosa signorina Phoenix, non vi è concesso concepire qual maligno fatto si è palesato” aveva cominciato tutto concitato, aveva occhi grigi, come quelli di Deedo, ma non sosteneva il loro sguardo e si puntava gli occhi sui piedi – anche lì indossava scarpe davvero particolari. Era carino, in un certo senso, non era il suo tipo, magro ed emaciato, con il naso dritto ed un po' pronunciato; aveva anche un accento strano, anche se Bernie non era in grado di individuarne la provenienza, non che fosse mai stata brava in queste cose.

Deedo aveva sorriso, in maniera forzata e forse anche un po' imbarazzata, come di chi abituato al controllo si ritrovava in balia degli eventi – un po' come loro, dopo New York. Il ragazzo aveva finalmente guardato la bionda chiedendosi forse perché non era curata dalle sue parole, “Oh! Non avevo notato foste in compagnia, mio ignobile temperamento” aveva squittito quello, toccandosi il petto, dove vi era il cuore, “Perdonatemi madamigella” aveva aggiunto poi, prendendole una mano timorosa e baciandole le nocche. Bernie era rimasta piuttosto confusa da quella scena, Arvey invece si era fatto spettralmente vicino arrivando ad ombreggiare il viso del nome, “Berenyx lui è Bartholomeios di Bensalem” lo aveva presentato Deedo, gentile nella sua costruita, “Incantato” aveva detto quello, poi aveva notato Arvey ed era divenuto bianco come un cencio.
“Sono certa che il tuo maligno fatto possa attendere” aveva aggiunto la bionda con un occhiataccia carica d'eloquenza a Bartholomeios, che aveva deglutito a disagio, “Non v'è più maniera di parlarsi aveva detto quello spettrale tornando a fissarsi le scarpe, sconfortato, le dita tra i capelli scuri, “Oh! Forse solo agli spiriti naturali è ancora concesso” aveva terminato. Deedo avrebbe voluto evitare quella conversazione, ma era stato il lestrigone ad attirarne l'attenzione, “Cos'è che dici, damerino?” aveva chiesto apprensivo, posandogli una mano sulla spalla, spaventoso, “Iris ed i Venti si erano già fatti inaccessibili, ma sfortunati noi, anche Fama lo è” aveva risposto. Arvey aveva riso, gutturale, profondo e con un certo scherno, “E' una dea quella, chi la fa fuori?” aveva berciato, retorico.

Bernie non era riuscita ad ascoltare la sconsolata – e piuttosto arcaica – risposta di Bartholomios, poiché Deedo tenendola in una morsa ferrea l'aveva trascinata verso la donna nella fontana.

 

La donna era scesa dalla piattaforma, scavalcando una statuetta ed immergendosi nelle acque limpide della fontana, con un sorriso allegro sulle labbra, “Una figlia della notte” aveva stabilito, senza che Deedo la presentasse, una voce profonda, cavernosa, qualcosa di antico. “Lei è la Divina Thalassa, dea primordiale del Mare Nostrum” aveva sussurrato la ragazza dai capelli biondi, “Con l'asse del mondo spostata: solo i cartaginesi si sono ricordati di me” aveva sussurrato Thalassa con un tono basso, con una punta di rancore, neanche mascherato.
La dea si era lasciata scivolare nelle acque, per sistemarsi comoda come una stella marina, “Entra” la invitò e per Bernie le parole di quella erano state iptnotiche quasi quanto quelle di Parthanope, l'unica differenza era che questa volta sapeva di non voler resistere. Si era slacciata dalla presa di Deedo, aveva sfilato la giacca pesante – il taumatoscopio era ancora una volta dissolto – e tolto gli stivaletti con un un movimento lesto, si sarebbe tolta anche i pantaloni e la maglietta, se il pudore non le avesse ricordato di trovarsi nell'interno di un prestigioso palazzo ed era entrata nella fontana.
Da vicino Thalassa era più incisiva, aveva una curva del viso meno morbido, i capelli che erano sembrati neri, erano di un verdone profondo ed odorava di salsedine e mare. Le aveva accarezzato il viso, “Sei fatta dello stesso manto di cui è fatta tua madre” aveva sussurrato, toccandola in viso, aveva le mani fredde, ruvide, ma non bagnate, non era un tocco umano. Come aveva sfiorato la sua pelle questa si era fatta di un buio profondo ed inconsistente, “Donami una stella e ti permetterò di vedere ciò che vuoi più di ogni altro” aveva sussurrato Thalassa.
“Non ho una stella” aveva risposto lei, confusa, ma nella sua mano si era ricompattato il taumatoscopio improvvisamente, d'onice nero con brillanti lucenti. Erano … erano stelle?
Thalassa sorrideva, con i denti da squalo, di chi doveva averlo già capito, aveva posato una mano sul cannocchiale, lì proprio dove una stellina brillava di una luce rossastra, con un polpastrello l'aveva spenta, per un attimo il mondo aveva brillato.
“Nonostante io venga dal mare, questa fonte è riempita dell'acqua dei Cinque Fiumi, senza eccezione” le sussurrò, prima di spingerla sott'acqua. Fu improvviso, netto spaventoso. Non voleva andarsene, combatteva, con le labbra serrate e l'ultimo fiato in gola e per quanto ci provasse, Thalassa era profondamente più potente di lei.
Sarebbe morta così?
La voce di Arvey era un eco lontano, chiamava il suo nome, si affannava.
Il giuramento … il lamento … l'afflizione … l'oblio … la memoria.
Thalassa cantava in greco antico, ma Bernie era riuscita ad udire solo quelle parole, prima che il bruciore, nella gola, nei polmoni fosse troppo. Ed aveva aperto la bocca.

L'acqua l'aveva inondato il suo corpo. Aveva pensato fosse quella la fine, ma invece della morte, dell'Acheronte, del Tartaro, di qualunque cosa vi fosse stata, aveva trovato qualcosa di diverso. Era seduta su un pavimento, bagnata, si era tirata su a fatica, stordita, “Arvey!” aveva strillato, la ma sua voce era echeggiata nel nulla, solo a loro aveva cominciato a delinearsi di fronte a lei una stanza, piccola, discreta, rettangolare, mani di pietra alle pareti reggevano fiaccole di fuoco sanguino, al centro della stanza un altare, con bassi rilievi contorti, di una battaglia che macinava morte e disperazione s'era eretto, una fanciulla si era creata, sfumata dalla nebbia prima e poi chiara come il primo raggio di sole. Un crine nero, scuro, come il manto della notte, un incarnato cioccolato e gli occhi ardenti, più asciutta, più snella di lei, ma maledettamente simile. “Bells” la sua voce era stato un sussurro così sottile, da non essere stata neanche sicura di averlo pronunciato, sua sorella si era voltata verso di lei, gli occhi castani sgranati: La vedeva!
Si erano ritrovate! “Bernie?” la voce di sua sorella era carica di disperazione, di appiglio, “Va via!” aveva sussurrato poi, con sicurezza, come quando da bambine cercava sempre di proteggerle, ma Bernie l'aveva ignorata e si era fatta più vicina, aveva allungato le mani verso quelle della sua gemella, legate con una catena di ferro sopra la sua testa, ma le sue dita erano passate a traverso. “Non sono veramente qui?” aveva domandato retorica, e confusa, guardandosi le mani, sua sorella le aveva lanciato uno sguardo perplesso, “No” le aveva risposto comunque, “Ti troverò e ti aiuterò” le aveva promesso Bernie lo stesso, facendo scorrere le dita vicino al suo volto, per poterla toccare, sebbene non era riuscita neanche a sfiorarla. Bells aveva sorriso, in quella sua maniera materna, anche quando le cose andavano male, come prima della battaglia di Manhattan; “Io me la so cavare, Bernie” aveva berciato con sicurezza, con uno sguardo di pura sfida sul viso.
Una luce in più si era aggiunta nella stanza, una donna era entrata nella stanza, aveva un viso granitico, adornato da polveri colorate, indossava una lunga veste bianca, con una spessa collana d'oro tempestata di gioielli, capelli riccioluti acconciati in una crocchia. In una mano aveva una candela ad olio, nell'altra un coltello dal manico di avorio istoriato, con una lama d'argento lucente. “Sei pronta?” aveva domandato quella, occhi cattivi di un castano vibrante, sollevando la lama. Bells aveva sorriso verso di lei, ignorando del tutto la nuova venuta, e le aveva fatto l'occhiolino, come a dire che andava tutto bene, “Puoi scommetterci Ify!” aveva risposto poi, leziosa verso la donna.

 

Bernie si era svegliata, era stesa sopra un letto e più cuscini quanto avesse mai visto, “Bells!” aveva chiamato, ma era Hannah ad essere accorsa quando aveva chiamato, apparsa da dietro le tende rossastre di un baldacchino, “Va tutto bene!” aveva esclamato lei, salendo sul letto ed abbracciandola, le aveva per caso sfiorato le feriti che Parthonope le aveva lasciato, “Che succede?” aveva domandato perplesso, “Dove è Arvey?” aveva chiesto poi, tutta tremolante. Hannah le aveva tirato maggiormente le coperte addosso per coprirla, indossava solo una sottile vestaglia bianca, chi gliela aveva messo?
“Calmati!” aveva provato a dirle la ragazza dagli occhi blu, accarezzandogli il viso dolcemente, ma Bernie continuava ad essere scossa dai brividi di freddo, ricordando l'agonia dell'acqua della fontana, avevano cercato di ucciderla?
“No!No!” strillò, “Che mi è successo? Dove è Arvey?” aveva strillato, agitandosi, ma Hannah l'aveva zittita con un bacio, mentre le teneva il viso con le mani, “Sta bene!” le aveva sussurrato, “E' fuori dalla porta! Ora lo chiamo!” aveva aggiunto, con un sorriso, alzandosi dal letto, per mostrargli la camera dove era sistemata, Bernie non l'aveva neanche vista correre alla porta, ma aveva scorto immediatamente il Lestrigone appariere. “Santi numi! Ti sei svegliata!” aveva detto, accogliendola tra le braccia, proprio mentre lei si era sollevata e le gambe si erano fatte molli, “Che, Ade, è successo?” aveva ringhiato, mentre Arvey la tirava su, per aiutarla e rimettersi sul letto, Hannah sostava nella stanza con occhi curiosi.

“Hai deciso che rischiare la morte una sola volta, fosse troppo poco” aveva scherzato il lestrigone, con quel suo senso dell'umorismo davvero scadente, aveva sorriso comunque, grato, con quella dentatura raccapricciante che a lei piaceva molto; “La dea Thalassa ti ha drogato con le acque infernali” aveva cominciato a spiegare quello, mentre le spostava i capelli dal viso. “Non è letale per nessun mezzosangue, ma può dar vari problemi” aveva ripreso mentre lei ascoltava attentamente, “Ma era abbastanza sicura vista la tua genealogia che non avresti avuto intoppi” aveva aggiunto, poi aveva trovato modo di spiegargli che se Thalassa l'avesse rassicurata della sua sopravvivenza, non sarebbe servito a nulla. “E' sempre una sfida” aveva mormorato Bernie, posando la fronte sulla sua spalla, “Ma cosa hai visto?” aveva chiesto lui invece, “Bells!” aveva squillato, “Lei è viva!” aveva aggiunto, tirandosi su, le gambe si erano fatte più ferree, così era riuscita a tirarsi su, “Dobbiamo trovarla!” aveva impartito. Alle ortiche la missione di sua madre, Bells aveva bisogno di lei, anche se lo aveva negato. “Prima dovete parlare con i Cento!” si era messa in mezzo Hannah, con uno sguardo colpevole, “Io devo andare via subito” aveva invece detto sicura di se Bernie, avvicinandosi alla ragazza, troppo ossessionata dall'idea di sua sorella, che voleva salvarla, senza pensare ad altro. “I Cento pensano che Nyx ci ha inviato te per una ragione” aveva detto la ragazza, posandole le mani sulle spalle, “Non si metteranno mai contro di te, ma non possono lasciarti andare senza nulla” le aveva spiegato. “Credo possano aiutarci” aveva spiegato Arvey sollevandosi, in tutta la sua imponenza, Bernie era rimasto scioccato dal notare fosse vestito da sera. “Si, mi sono chiesta dove diamine abbiano trovato questi vestiti” aveva risposto quello notando il suo sguardo, con una risata divertita sulle labbra.

 

 

 

“Mia sorella ti ha trovato questo vestito” aveva detto Hannah, mentre gli allungavano un appallottolato agglomerato di stoffa. Come Puma e Deedo, anche lei aveva efelidi sottili intorno agli occhi. “Volevo chiederti scusa per il bacio” aveva soffiato lei, con un tono leggermente imbarazzato, mentre Bernie si era sfilata la camicia bianca, provando il disagio di essere in intimo davanti un'estranea. “Il bacio?” aveva domandato perplessa, mentre osservava l'indumento cercando di capire come dovesse essere indossato, “Si” aveva risposto Hannah, aggrottando le soppracciglia. Bernie era rimasta un attimo in silenzio, fissandola dal riflesso dello specchio, era una bella giovane, con i capelli scuri raccolti sulla testa ed un lungo abito turchese, che non aveva nessun richiamo allo stile antico che sembrava ridondante in tutto quel luogo. Era senza spalline, con il disopra a cuore, scendeva stretto sul ventre, per cadere poi borbido sui fianchi ed era del colore dei suoi occhi.
Il bacio … Si, l'aveva baciata per calmarla, o coglierla in contropiede, Bernie non ne era sicura, quando si era dibattuta nel letto.
Aveva sentito un profondo imbarazzo, “Ehm … era la mia prima volta” aveva sussurrato con un bisbiglio, sentendosi anche più stupida, “Che baciavi una ragazza?” aveva chiesto Hannah avvicinandosi, scegliendo forse di ignorare il colorito sul suo viso, lei aveva degludito, voltandosi verso la figlia della Vittoria, “Che baciavo una persona in generale” aveva confidato poi, tra mostri e fughe, dopo la battaglia di Manatthan non aveva mai trovato tempo per amoreggiare. Le era piaciuto un po' Magnus, ma non credeva che quello avesse mai corrisposto in alcun modo, aveva troppi demoni da combattere. E prima di Manatthan, prima aveva Arvey … ed Arvey aveva tenuto lontano sempre tutti, anche le persone carine che le erano piaciute.

“Mi dispiace” aveva sussurrato Hannah, ma non lo sembrava per nulla, aveva lo stesso lezioso sorriso di suo fratello Puma, “Ti ho derubato di una delusione che ogni persona merita di doversi godere” l'aveva presa in giro, sfiorandole una spalla con una mano, “Forse avrei voluto che fosse più coinvolgente” aveva risposto di rimando Bernie. La verità era che non ci aveva mai pensato veramente, era una mezzosangue, arrivare alla maggiore età con tutti gli arti ancora attaccati sembrava un traguardo più che invidiabile, anche senza bisogno di qualche memorabile storia d'amore. Però si, se ci pensava in quel momento si sentiva derubata, derubata di qualcosa che non sapeva di aver voluto fino a quel momento. Ed anche arrabbiata ed irritata, o sentiva pizzicargli le dita, avrebbe colpito con un pugno sul naso Hannah anche in quel momento.
L'altra aveva modificato appena il suo sorriso, da tutta la sua ironia, era diventato gentile, amichevole e forse anche pacato, mentre continuava ad accarezzargli le spalle, “Fingi che non sia mai esistito” aveva sussurrato avvicinandosi, una mano della ragazza dagli occhi azzurri era salita lungo il suo braccio, sfiorandola solo con i polpastrelli, lungo la spalla, il collo, per infilare le dita tra i riccioli, l'altra invece l'aveva fatta salire fino alla sua guancia. Aveva fatto roteare appena il pollice sulla sua guancia; Hannah aveva inclinato appena il capo e poi si era avvicinata a lei, posando le labbra sulle sue, in un movimento gentile, delicato. Aveva fatto scorrere la lingua sulle labbra e poi si era insinuata nella sua bocca, in maniera gentile e Bernie le era andata dietro, percependo un lungo brivido lungo la schiena, aveva mosso le mani senza controllarlo, per allacciarle dietro il collo di Hannah, era più piccola di lei di statura, ma non sembrava in quel momento un problema.
“Puoi far finta sia questo il primo” aveva sussurrato ferace, “Io … si … wow” aveva sussurrato sconvolta, imbarazzata, forse in piccola parte anche a disaggio, “Grazie” aveva detto poi, cercando di sforzarsi di fissare le labbra di Hannah, che erano piene, invitanti e morbide. “Hai bisogno di una mano con quello?” aveva chiesto poi lei, indicando quell'ammasso di stoffa che aveva accidentalmente lasciato cadere per terra, “Si, forse si” aveva ammesso poi.

Era stato strano farsi aiutare da una persona con cui si era appena sbaciucchiata ad indossare un vestito, che l'aveva lasciata per almeno tre quarti d'ora seminuda. Era stato ancora più strano baciarsi un altro paio di volte, ma alla fine Bernie era riuscita ad infilarsi nell'abito, con suo sommo sconcerto, non era altro che un abbondanza di drappi e stoffe, di un colore amaranto brillante, con decori dorati che ricordavano fiori, lungo fino alle caviglie, con sandali di cuoio. Hannah le aveva anche legato una collana con delle pietre e dei bracciali da mettere sulle braccia nude. Aveva indossato come scialle il manto della notte, visto che il taumatascopio si era disfatto per prendere quell'aspetto, probabilmente doveva risultare incredibile come risultasse, stelle brillanti al posto di perline. Bernie aveva potuto notare dove fosse la stella che Thalassa aveva rubato, dove una macchia di profondo nero si apriva, dando l'idea di un profondo buco nero.

Arvey l'aveva aspettata appena fuori alla porta, con indosso la giacca nera, sopra la camicia bianca ed il farfallino scuro, “Sei molto... ” aveva cominciato quello, cercando di trovare le parole più gentili che le venivano in mente, “Drappeggiata, lo so” aveva risposto lei, mentre accoglieva il braccio che le era stato porto. Un lestrigone che faceva il vero galantuomo, ormai si chiedeva Bernie perché spendesse ancora tempo a stupirsi del suo amico. “Stai molto bene” gli aveva detto, “Sono tronfio” aveva commento con un tono divertito quello, mostrando la sua dentatura da squalo, gli occhi azzurri luminosi, bello e pieno di se. E sentiva il senso di colpa dei baci che si era scambiata con Hannah.
Giusto lei le aveva stretto un braccio attorno alla sua spalla, dall'altro lato rispetto Arvey, “Andiamo, nostri illustri ospiti” aveva detto lei, “Vi aspetta una più che una noiosa riunione” aveva aggiunto, “Ma mangeremo bene” gli aveva rassicurati, facendogli un occhiolino verso di lei.
Arvey l'aveva guardata, interessato, “Cosa pensi ci diranno?” aveva chiesto poi, guardandola attentamente, “Diranno che Nyx vi ha mandato per un motivo” aveva cominciato a spiegare, con un sorriso sulle labbra, “E che è loro dovere aiutarvi, anche se non l'avete chiesto, per ingrazziarsi la dea” raccontava, “Con i Dodici Olimpi in conflitto tra Greci e Romani, le divinità minori che fanno i diavoli a quattro, rimangono solo le i Protonopei a cui affidarsi” aveva aggiunto Hannah.
“Quindi?” Bernie se l'era lasciato sfuggire, “Oh! Vi affideranno un eroe, perché tre è il numero magico” aveva risposto lei, facendogli l'occhiolino.
Lei aveva sentito brividi lungo la schiena nel pensare che Hannah potesse essere il loro terzo membro, non perché non le piacesse, anzi forse proprio perché le piaceva, sicuramente più dei suoi fratelli, e forse anche come persona, come ragazza.
Ma … sembrava strana.

“E perché mai i Cartaginesi vorrebbero la guida dei Protonopei?” aveva chiesto invece Arvey, sia Bernie sia l'altra ragazza lo avevano guardato con uno sguardo interessato, lei era però per lo più confusa, ma Hannah aveva un aspetto da furbetta, come se avesse già capito dove la domanda stava andando. “Non sarà che aspettano assieme ai Bensalemite di vendicarsi verso i loro antichi nemici?” aveva domandato anche Arvey. Hannah aveva riso, “Forse vi ho sottovalutato” aveva detto, senza cattiveria, “Pensavo che fosse la figlia di Nyx ad amare le compagnie stravaganti” aveva ammesso lei, “Ma non credo che qualcuno abbia capito quanto veramente interessante sia tu” aveva notato Hannah.
Bernie aveva riso, per un momento rilassata ed aveva detto, sorridendo verso il lestrigone, “Oh! Non hai idea di quanto stupefacente sia Arvey.”

 









 

 

 

 

 

 

(*) Bensalem è La Nuova Atlantide, secondo Bacone. Percy dice chiaramente che Atlantide non esiste, ma Percy non è onniscente e nella mia mente, gli Atlantidei dopo la caduta di Atlentide hanno lasciato la loro isola per trasferirsi a Bensalem ed hanno intelligentemente cancellato le loro tracce: rimanendo così solo una leggenda. (E si vestono retrò, perché non hanno contatti con il mondo moderno).

(*) Magnus è il Magnus cugino di Annabeth. Non ho letto i libri con lui protagonista, ma so che era un senza tetto a Boston e quando abbiamo conosciuto Bernie si trovava nella città di Vernon, che non è molto lontano da Boston, quindi ho deciso che prima di essere stata in quella città era di fatti nell'altra.

Riguardo a Cartagine: l'antica promessa è quella di Didone.

   
 
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