Serie TV > Da Vinci's Demons
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Autore: _armida    27/12/2015    4 recensioni
“Sono stupito, non credevo che un bel faccino riuscisse anche a maneggiare un’arma con tale bravura”, disse il Conte.
Elettra provò a tirarsi su, ma finì per andare ad urtare contro la lama della spada, ferendosi leggermente uno zigomo.
“Dovete stare attenta, non volete di certo rovinare tutta questa bellezza così”, aggiunse allontanando la spada dalla faccia della ragazza. Doveva dargliene atto, era davvero bella. Non lo aveva notato prima, quando Grunwald l’aveva portata all’accampamento priva di sensi, era troppo preso dal chiedere al garzone di Da Vinci dove si trovasse la chiave.
Fece cenno a due guardie svizzere di tenerla ferma, mentre lui la perquisiva in cerca di altre armi nascoste. Non ne trovò, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa che la ragazza teneva nella tasca sinistra dei pantaloni: si trattava del suo blocco da disegno. Quando fece per sfogliarlo, una moneta, contenuta al suo interno cadde a terra; non si trattava di una moneta comune, era in oro e presentava sulla sua superficie la faccia di un dio pagano. La raccolse e la osservò accuratamente.
“Cosa sapete riguardo ai Figli di Mitra?”
VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA SU WATTPAD
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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Capitolo XXIV: Ritrovare sè stessi
 
Alcune settimane più tardi...

Tutte le ferite, con il tempo, riuscivano a rimarginarsi. Elettra ne era certa: le sembrava di stare lentamente riuscendo a riprendere il controllo sulla propria vita. Era tornata a sorridere: il suo caldo e rassicurante sorriso era tornato sul suo volto, per la gioia di tutti.
L'inverno era ormai alle porte e, le freddi notti invernali, erano lunghe, da passare sola. Ma a lei non importava: aveva passato anni, sola nel proprio letto, possibile che qualche mese con qualcuno, avesse cambiato tutto? No. E poi sarebbe stato solo temporaneamente.
Come detto a Leonardo, la mattina successiva alla sua assoluzione del geniale artista, Elettra si fece trovare alle otto in punto davanti all'ufficio di suo zio. Si era seduta alla sua scrivania, proprio come se fosse andata lì per un'udienza ufficiale. Gentile Becchi l'aveva ascoltata in silenzio, aveva ascoltato le sue ragioni, annuendo qua e là. Elettra aveva ovviamente mentito, sul perchè di questo repentino cambio di idee; non poteva di certo dirgli la verità. E lui ovviamente l'aveva intuito.
Quando lei terminò, Becchi le fece solo una domanda.
"Dimmi che non sei incinta"
Era stata più un invocazione, che una domanda.
Elettra, rimasta seria per tutto il tempo, a questo punto non era riuscita a fare a meno di scoppiare a ridere. Incinta?Lei? No, era sempre stata attenta. E poi lei odiava i bambini. Le bastava giusto passare per strada e sentire un pianto proveniente da qualche casa, per farle venire la pelle d'oca. No, se fosse stata incinta avrebbe di sicuro risolto in fretta il problema. E Gentile Becchi non sarebbe di certo venuto a saperlo.
Chiarito il grande malinteso, suo zio aveva acconsentito alla sua richiesta anche se, appena Elettra chiuse la porta dello studio alle sue spalle, Becchi si mise a pensare ad un modo per farle cambiare drasticamente idea: lei non era affatto adatta ad un matrimonio! Non poteva di certo permettere a sua nipote di rovinarsi la vita alla prima delusione. L'Elettra che aveva cresciuto non si sarebbe mai buttata giù in quel modo. Doveva farle cambiare idea. E doveva farla tornare quella di prima.

Per quanto riguardava la principale causa di tutti i mali di Elettra, che Becchi ancora ignorava, la ragazza cercava in tutti i modi possibili di evitare il Conte Riario. Se proprio non riusciva a farne a meno, tra di loro vi erano solo pochi parole di cortesia, seguite dai soliti gesti di rito. E nient'altro, almeno dalla parte di Elettra. Ma non era certa che fosse così anche Riario. 

Mentre Leonardo, in quelle settimane...

24 ore dopo l'assoluzione...

Elettra entrò nella bottega di Da Vinci, convinta che il geniale artista si stesse ancora riprendendo dai postumi della sbronza della notte precedente; invece lo scenario che le si parò davanti, una volta aperta la porta, le fece rimangiare tutti i suoi pensieri: vi era fibrillazione nell'aria e disordine. Tanto disordine. Più disordine del solito.
Leonardo era intendo a camminare, scrivere compulsivamente sul suo blocco da disegno e borbottare frasi senza senso, Nico era tutto concentrato, nel vano tentativo di seguire mentalmente il proprio maestro, e Zoroastro se la rideva sotto ai baffi. 
Elettra osservò tutti con attenzione: la particolare e caotica atmosfera del momento, i gesti di Nico, Zo e Leo, le bisacche più piene del solito, ammassate in un angolo... C'era una sola spiegazione plausibile: quei tre erano in partenza!
"Dove state andando?", chiese.
"A liberare l'abissino", rispose Nico, di fretta.
"Chi?"
"Un altro di quei Figli di Mitra", spiegò meglio Zoroastro, con un tono piatto, come se quello fosse un fatto abituale, per loro.
Elettra annuì. "E dove si trova questo 'abissino'?"
Il moro fece spallucce. "Prigioniero del signore della Valacchia", rispose, con fare apparentemente annoiato.
La ragazza strabuzzò gli occhi. "Stai parlando di Vlad l'Impalatore?!"
L'altro le fece cenno di sì con la testa, distratto. 
Nel mentre passò Leonardo, che le mise in mano una bottiglia, contente probabilmente un qualche tipo di liquore, senza degnarla di uno sguardo.
Lei lo osservò, con un'espressione tra l'essere in collera e il confuso. "E con questa che dovrei farci? Affogare i miei dispiaceri nell'alcol?", disse con sarcasmo.
Solo in quel momento Da Vinci si voltò a guardarla. La osservò come se la vedesse per la prima volta. "Oh...Ciao Elettra. Sei qui da molto?". Era talmente preso dai propri pensieri che non si era neanche accorto di lei. E non l'aveva neanche sentita urlare. Osservò la bottiglia, che la ragazza stava cercando di aprire. Velocemente, gliela tolse di mano, scambiandola con un'altra identica, presa da un ripiano dello scaffale più vicino.
"Perchè? Questa cosa aveva che non andava?", chiese spazientita.
"Meglio che tu non sappia, cosa c'è dentro"
Elettra sbuffò. "E della vostra imminente vacanza in Valacchia, cosa mi dici?"
"Vuoi venire anche tu?", chiese candidamente Leonardo.
"No, non voglio venire!"
"Non vuoi o non puoi?"
Lei sbuffò nuovamente. "Non posso e tu lo sai bene. Ho preso degli impegni, qui a Firenze, e non posso di certo andarmene così su due piedi!". Gli puntò un dito contro. "E anche tu, Leonardo, hai preso degli impegni con la famiglia de Medici"
"Sarà solo per qualche settimana, nessuno sentirà la mia mancanza", rispose l'altro, quasi divertito dal modo di fare dell'amica.
"Leo, tu stai parlando di andare a liberare uno sconosciuto dalle grinfie dell'Impalatore. L'Impalatore! Questo soprannome non ti dice niente?"
L'altro scosse la testa.
"Impalamento, cazzo! Sai in cosa consiste, vero?"
Zoroastro, nel frattempo, fece un gesto con la mano, più che eloquente. "Ci infilerà un palo sù per il culo prima ancora di avvicinarsi al tuo caro Abissino". commentò.
"Ecco! Ascolta Zo, per una buona volta", ribattè Elettra.
"Hai sentito, Leonardo? Ascolta il buon vecchio Zoroastro, per una volta", disse il diretto interessato.
Leonardo guardò l'amica negli occhi, notando tutta la preoccupazione che traspariva dalle sue iridi azzurre. Le prese le mani tra le sue. "Lo so che questo non è il momento adatto per andarmene, ma tu sei forte e hai tante persone che ti vogliono bene e che farebbero qualsiasi cosa per te. E poi tu sei forte, ce la farai"
Lei gli sorrise.
"Anche se so già che sarà difficile, non vedere la mia bellissima faccia ogni giorno"
Elettra scoppiò a ridere e gli schiaffeggiò amichevolmente le mani.
Anche Nico e Zoroastro di avvicinarono. Si abbracciarono tutti e quattro. 
"Per favore, tornate tutti interi", disse la ragazza. "E possibilmente senza pali o oggetti simili infilati in posti strani!"


Le settimane erano passate ed Elettra non aveva ancora avuto loro notizie. Si fidava di Leonardo: sarebbero presto tornati a casa sani e salvi.
Aveva dovuto inventarsi una buona scusa, per spiegare l'assenza prolungata dell'artista alla corte medicea. "Leonardo è partito per Pisa, per testare una nuova macchina da guerra, progettata per funzionare in mare. Secondo i suoi calcoli, potrebbe volerci parecchio", aveva detto a Lorenzo.
Senza i suoi compagni di bevute, anche le serate non erano un granchè: aveva provato ad andare al Cane Abbaiante solo con Giuliano, ma si era ritrovata a fare il terzo incomodo, tra il giovane de Medici e Vanessa. Allora aveva provato a partecipare ad una delle 'seratone' che suo zio organizzava a casa propria: c'era un torneo ci scacchi, quella sera, ma Elettra si era annoiata a morte e aveva fatto di tutto, per perdere ed avere una buona scusante per tornare a casa. L'unica cosa positiva della serata erano stati i pettegolezzi: non immaginava che Gentile Becchi e Piero Da Vinci, insieme, spettegolassero così tanto. Per non parlare degli altri partecipanti...
Senza niente per occupare le proprie serate, Elettra si era buttata a capofitto nel lavoro: quasi tutti i fine settimana,organizzava un ballo a tema a Palazzo della Signoria, per la gioia dell'alta società fiorentina. Un po' meno gioioso era Lorenzo, costretto a sborsare fior fiori di fiorini.
Anche quella sera, ci sarebbe stato un ballo: il tema era la mitologia romana.
Elettra -in ritardo come al solito-, si stava preparando. Osservò il proprio abito, disteso sl grande letto a baldacchino: era fatto in una stoffa leggerissima, dall'aria impalpabile, di un azzurro talmente chiaro da sembrare quasi bianco. Le maniche erano larghe ed aperte e, a prima vista, apparivano più  come un mantello corto, se non fosse stato per la stretta fascia di stoffa che andava ad avvolgersi intorno ai polsi sottili. Il corpetto presentava un profondo scollo a v ed era interamente coperto da fiori freschi, abilmente intrecciati nella trama del tessuto; la vita, stretta, era ancora più accentuata da una fascia, anch'essa fatta  di fiori, da cui ne pendevano a cascata altri, che si perdevano nelle pieghe e negli strati della vaporosa gonna. 
"Fa molto ninfa dei boschi, vero Maria?", chiese Elettra alla sua fidata governante.
"Si, mia signora"
Quante volte la ragazza le aveva ripetuto di non chiamarla 'signora' ma solo Elettra? Sorrise tra sè e sè, a quel pensiero.
Sentirono un rumore di cavalli in movimento, provenire dalla strada ed Elettra corse alla finestra per vedere se fosse il suo accompagnatore al ballo.
"E' il vostro promesso sposo?", le chiese Maria.
Alla giovane venne la pelle d'oca, a sentirla dire 'promesso sposo': non si era ancora abituata all'idea. Annuì, vedendo scendere dal cocchio Edoardo Portinari, figlio di uno dei più influenti membri del consiglio direttivo della banca medicea, nonchè lui stesso banchiere per la famiglia de Medici. 
Fortunatamente, in quanto ad aspetto non aveva preso dal padre, completamente pelato e grassoccio. Non aveva certamente lo sguardo magnetico di Girolamo e, probabilmente, neanche il suo corpo atletico, ma era comunque di bell'aspetto. Elettra pensò di essere stata fortunata: ricco, giovane e bello, che poteva volere di più? Gentile Becchi sembrava avesse scelto proprio bene. Ora bisognava solo scoprire come fosse in quanto a carattere: si erano incontrati solo una volta, alcuni giorni prima a casa di suo zio, per bere un tè. Avevano parlato, ma non abbastanza per avere un quadro completo su di lui.
"Sarà meglio che vado ad aprire la porta", disse Maria.

Elettra non voleva di certo farsi vedere da lui con indosso solo un asciugamano, ma Maria non arrivava più e, da sola, non ce l'avrebbe di certo fatta ad indossare il proprio abito. Erano dieci minuti che sentiva la sua fidata cameriera parlare a raffica, senza fermarsi un attimo. Appariva più come un monologo, che una chiacchierata a due. Sbuffò: la festa era già incominciata da un pezzo, ormai! Si sistemò l'asciugamano come meglio poteva ed uscì dalla camera, diretta ai piani inferiori.
Maria, nel frattempo, era impegnata a raccontare un'imbarazzante storia sull'infanzia della sua signora; Edoardo la guardava con una faccia disgustata: doveva fermarla il prima possibile prima di oltrepassare la linea di non ritorno.
Si fermò a metà della scalinata, tossicchiando leggermente per far sentire la propria presenza. "Salve, Edoardo", disse con un sorriso.
L'uomo, che dava le spalle alla scala, si girò. Appena si accorse che la ragazza portava solo un asciugamano, spostò lo sguardo altrove. Elettra non avrebbe saputo dire se per imbarazzo o disapprovazione. Ci restò però un po' delusa: se al posto del giovane Portinari ci fosse stato Girolamo, probabilmente avrebbe fatto qualche commento sarcastico. E poi le avrebbe proposto alternative differenti, dell'andare a qualche festa.
Girolamo, in sua presenza, riusciva persino ad essere più sarcastico di lei. Da sempre, fin dal loro primo 'incontro', alle rovine romane, all'incontro 'ufficiale', al banchetto di benvenuto per la delegazione romana e persino a quel piccolo incidente -se così lo si vuole chiamare- nel suo studio, la mattina successiva a quella festa.
Un sorriso malinconico le comparve sulle labbra: le capitava sempre, quando pensava a lui. Sbattè più volte, per togliersi quel pensiero dalla testa. 
"Maria, ho bisogno di te, per il vestito", disse, cercando di mantenere un tono di voce normale. Poi guardò Edoardo. "Nel frattempo, perchè non prendete qualcosa da bere? Nell'armadietto degli alcolici c'è parecchia scelta. Vi consiglio la zuica, proviene dalla Valacchia e l'ho assaggiata ieri notte e non è affatto male"
Questa volta, lo sguardo dell'uomo era contrariato.

***

Arrivarono a Palazzo della Signoria che la festa era già entrata nel vivo da un po': anche degli invitati, ne erano arrivati la maggior parte.
Edoardo scese per primo dalla carrozza, porgendo poi il braccio ad Elettra, per aiutarla a scendere. Lei accettò di buon grado l'aiuto, piegando i lati delle labbra in un ampio sorriso.
Una volta arrivati davanti alle porte del salone dei ricevimenti, i paggi ai due lati gli studiarono molto attentamente: non capitava molto spesso di vedere Elettra Becchi arrivare ad una festa con un accompagnatore. Che le voci su un suo possibile fidanzamento fossero fondate?
"Beh, che fate?", scherzò la diretta interessata, "Per una volta che voglio essere annunciata, voi restate qui fermi senza dire niente?"
I due paggi si guardarono in faccia, stupiti da una tale richiesta. Uno dei due, dopo alcuni secondi annuì confusamente e aprì le porte. "Elettra Becchi e..."
"Edoardo Portinari", gli suggerì lei, mettendosi una mano davanti alla bocca per non ridere. 
"...Edoardo Portinari", concluse il paggio.
Il giovane gli lanciò un'occhiataccia.
Da quello che Elettra aveva potuto vedere, a quell'uomo non piaceva per niente essere messo in secondo piano. Un punto a suo sfavore. A cui andava tolto un altro punto per non essersi mascherato. E un altro ancora per non aver accettato un po' di zuica. 
"Da questa parte", disse Elettra a Edoardo, mentre procedevano a braccetto all'interno dell'ampio salone. "Devo farvi conoscere alcune persone" 
Raggiunsero la famiglia de Medici. 
Lorenzo li sorrise caldamente, stringendo energicamente la mano del giovane Portinari. Giuliano, invece, non disse niente, limitandosi ad osservarlo in cagnesco. Non voleva che Elettra si sposasse; si sarebbe solo rovinata la vita. Lui lo sapeva che quello era solo un capriccio momentaneo. La sua espressione stonava, in contrasto con il suo costume da Bacco, con tanto di otre di vino -piena- sottobraccio.     
"Posso contribuire?", gli chiese Elettra, ironica, indicando l'anfora con il vino. 
Annuì, facendo cenno ad uno dei servi di portargli un bicchiere. 
"Non sei vestita da Venere, vero?"
La ragazza rise: Giuliano aveva scommesso sulla divinità sbagliata. "Ninfa dei boschi", disse dandogli una pacca amichevole su una spalla. "E tu mi devi un giro di birra"
Edoardo guardò i due con un'espressione sempre più truce. Non gli piaceva il comportamento dei due.
Nel frattempo il bicchiere richiesto arrivò e il giovane de Medici le versò un po' di vino. 
Alzò maldestramente l'otre, in un brindisi alquanto improvvisato."Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia...", disse.
"...chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza", completò Elettra.
Incrociarono le braccia tra loro, mentre bevevano il vino tutto d'un fiato.
"Tu lo sai che stasera non riuscirai ad andare a letto sulle tue gambe, vero?", commentò divertita.
"Dovrai rimboccarmi anche le coperte, allora", ribattè Giuliano.
 
***

"Non mi piace il vostro comportamento con il giovane de Medici", disse Edoardo, mentre passeggiavano tra i vari invitati.
Elettra piegò la testa da un lato: non sapeva se sentirsi offesa o confusa.
"E' un vostro superiore, non potete di certo comportarvi così. E neanche dargli del tu"
"Siete forse geloso di Giuliano, Edoardo?" chiese lei, prendendo un bicchiere di Chianti dal vassoio che Fabrizio le aveva prontamente messo sotto al naso. 
Il Portinari sbuffò: non sapeva neache lui se a infastidirlo di più fosse il vederla bere in modo esagerato o il suo comportamento da bambina. 
L'avrebbe sposata solo per il fatto che la famiglia Becchi aveva un peso politico non indifferente, all'interno del governo di Firenze. Inizialmente l'aveva presa per l'ennesima dama di corte, frivola e senza cervello, ma ora dubitava che lei fosse davvero così: era intelligente, troppo intelligente per i suoi standard, e ribelle. Addomesticarla non sarebbe stato facile: avrebbe decisamente preferito la dama stupida. Almeno avrebbe ubbidito senza battere ciglio.
"Avete per caso visto il signor De Rossi*?", le chiese, cercando di non apparire infastidito.
Elettra cercò con tutte le sue forze di non ridere. "Stasera da Madame Singh c'è una serata speciale: conoscendolo, immagino che sia lì", rispose candidamente, portandosi il calice con il vino alle labbra.
Il Portinari sbattè le palpebre più volte: come riusciva a parlare così tranquillamente di certe tematiche? No, quella non poteva di certo essere una dama.
"Cosa avete sul polso?", disse, cercando di cambiare discorso. Lo aveva notato, mentre la osservava bere il vino.
Elettra impallidì leggermente, osservandosi l'interno del polso; copriva sempre quel piccolo tatuaggio con della povere di Cipro, ma quella sera doveva proprio essersi dimenticata. "E' un giglio stilizzato, il simbolo di Firenze". Ecco cosa accadeva, a perdere certe scommesse con Zoroastro... 
Il Portinari la guardò malissimo: i galeotti e i pirati, si facevano tatuare la pelle, non le dame. "Quello non è vostro fratello?", chiese, cambiando nuovamente discorso.
La ragazza si voltò, per osservare se fosse proprio lui: era proprio Aramis, intento a parlare con Riario. "Più tardi ve lo presento", disse. Non voleva di certo dover scambiare qualche parola con il Conte.
"Perchè non adesso?"
Quasi a volerlo fare apposta, suo fratello si girò verso di lei, invitandola ad avvicinarsi a loro.

"Aramis!", lo salutò Elettra, abbracciandolo. L'aria fiorentina gli aveva fatto proprio bene: i mesi passati alla corte medicea avevano riportato suo fratello alla sua solita spensieratezza, togliendoli quell'aria rigida che gli era stata imposta a Roma. Il fatto che quella sera avesse lasciato nell'armadio la veste vescovile, optando per una lunga toga, ne era l'esempio più lampante.
Forse fu per il troppo vino, bevuto a stomaco vuoto, o almeno, Elettra diede la colpa a quello, per decidere di rivolgere la parola a Riario. "Vi siete travestito da Ade, Conte?", chiese sarcastica. 
Ovviamente lui indossava la sua solita divisa nera. 
Lo vide sorridere e subito si pentì del suo gesto. Un semplice e sbrigativo 'Buonasera' sarebbe stato più che adatto.
"E tu, cara sorella, sembri la dea della primavera", ribattè Aramis. "Che poi la dea della primavera non era moglie di Ade?", aggiunse.
La ragazza per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Doveva aver bevuto anche suo fratello, per uscire con una simile battuta.
Il naso e le guance rosse, uniti agli occhi leggermente lucidi, furono la conferma alla sua idea.
La musica partì, ad Elettra non ebbe il tempo di ribattere con una delle sue solite battute sarcastiche.
"Vuoi ballare, sorellina?", le chiese Aramis, tendendole la mano.
Lei prese la sua mano e si diressero al centro del salone, dove vi erano già parecchie altre coppie.
Il Conte Riario e il giovane Portinari rimasero soli.
"Non ci siamo ancora presentati", disse il primo.
"Edoardo Portinari, piacere di fare la vostra conoscenza, Conte". Gli tese la mano, per stringerla, gesto che Girolamo evitò spontaneamente.
"In che rapporto siete con la signorina Becchi?". Dritto al punto, come sempre.
Il Portinari sorrise in modo alquanto ambiguo. "La signorina Becchi diventerà presto la signora Portinari", si limitò a dire.
La mascella del Conte, a quelle parole, si contrasse leggermente. "Elettra è una persona fantastica, siete un uomo molto fortunato", finse.
"Voi la conoscete bene?"
Le sue labbra si curvarono all'insù, pensando ai loro momenti insieme. "Elettra è molto espansiva ed amichevole con tutti. Provate a chiedere a chiunque, qua dentro, e vi dirà le mie stesse identiche parole"
"Ho notato che è molto espansiva e, aggiungerei anche, iperattiva", disse il Portinari, con una punta di irritazione. "Mi ha presentato tutte le persone presenti in sala questa sera, servitù compresa"
'Tipico', pensò Girolamo. Dentro di sè provava malinconia, per averla persa; ma dalla sua espressione fredda e distaccata non appariva niente. "Avete dei progetti, per dopo il matrimonio?"
"Andarcene da Firenze, questa città è diventata troppo libertina, per i miei gusti..."
'Ad Elettra questo non avrebbe di certo fatto piacere'
"...In qualità di banchiere per i Medici, ho potuto visitare parecchi luoghi: pensavo che potremmo trasferirci in Spagna..."
'Elettra odia la Spagna'
"Oppure a Parigi"
'Elettra l'aveva definita una gabbia di matti'
"Anche Roma, mi è piaciuta molto. E poi la signorina Becchi avrebbe lì suo fratello"
'No, per Elettra Roma è troppo pericolosa. Mio padre la metterebbe di certo al rogo'
Girolamo annuì, anche se dentro di sè cominciava a preoccuparsi per lei. "Elettra non lascerebbe mai Firenze", si limitò a dire.
Il Portinari si mise a ridere. "Quando sarà mia moglie, non le permetterò di certo di contraddire le mie decisioni". Un sorriso sadico, gli comparve in volto. "Sottostarà alle mie scelte, come ogni devota moglie fa. O sarà peggio per lei"
Il Conte, in quel momento avrebbe voluto prenderlo a pugni, o passarlo a fil di spada. Invece si limitò a sorridergli, in modo alquanto tirato.
"Non trovate anche voi che le feste organizzate dai Medici siano così pacchiane?", aggiunse il Portinari, cambiando discorso.
"Le organizza la vostra futura moglie, queste feste". Quale sforzo immane aveva dovuto fare, per chiamarla 'vostra futura moglie'?
"Non capisco perchè una dama di compagnia della Madre di Firenze debba mettersi ad organizzare feste"
Elettra, se lo avesse sentito chiamarla 'dama di compagnia', lo avrebbe preso a calci.
Girolamo ridacchiò, a quel pensiero. "Elettra non è una dama di compagnia, è la curatrice artistica della signoria di Firenze"
Avrebbe voluto aggiungere altro, ma l'arrivo del vescovo Becchi, lo distolse da tale proposito; Aramis appariva parecchio affannato. Per lo sforzo, era diventato rosso.
"Abbiamo fatto ben tre balli di fila", disse, prendendo aria ad ogni parola. "Sarà che sto invecchiando, ma mia sorella ha una tale energia che si fatica a starle dietro"
Riario annuì: lui lo sapeva bene.
"Bene, vecchio mio", disse Aramis, dando una pacca sulla spalla al Portinari. "E poi non venite a dirmi che non vi avevo avvisato". Gli fece l'occhiolino, in segno di'intesa.
Il vescovo Becchi doveva proprio aver esagerato con il vino, per comportarsi così.
"A proposito di vostra sorella", disse il giovane Portinari, "Potrei sapere, di grazia, dove si è cacciata?". Il non averla continuamente sott'occhio lo irritava oltre ogni misura.
"L'ultima volta che l'ho vista stava ballando con Giuliano de Medici"
"Non vi sembra che il comportamento di vostra sorella con il giovane de Medici sia alquanto inopportuno?"
Aramis si mise a ridere. "Mi fido ciecamente di Giuliano. E poi lui ed Elettra sono cresciuti insieme, è normale che siano così legati", ribattè. "Non è che voi siete geloso, Edoardo?"
Mentre il vescovo Becchi lanciava frecciatine a più non posso a quell'imbecille del Portinari, Girolamo vide Elettra passare in mezzo alla folla e dirigersi verso la grande porta finestra che portava direttamente ai giardini interni del palazzo.
"Scusate, signori", di congedò. "Ho bisogno di un po' d'aria fresca"
 
***

I giardini interni di Palazzo della Signoria si trovavano leggermente più in basso, rispetto al livello del salone dei banchetti. Per ovviare a questo problema, era stata costruita una breve scalinata. Breve, ma pur sempre maestosa.
A destra di essa, sempre leggermente rialzato, rispetto ai giardini, vi era un bersò in glicine: una bellezza per gli occhi, in primavera, quando fioriva.
Girolamo si diresse proprio in quella direzione, certo di trovarla.
Infatti non si sbagliava, Elettra era proprio là, appoggiata alla ringhiera, intenta a sorseggiare del vino bianco. Scrutava pensierosa il cielo notturno.
Le si mise di fianco, appoggiandosi anche lui alla balconata. Si mise ad osservare le stelle. "Quell'uomo è un imbecille", disse, continuando a guardare la volta celeste e non lei.
"Imbecille quasi quanto voi?", chiese lei, con quel suo solito tono impertinente. Anche lei non distolse gli occhi dal cielo.
Girolamo sorrise: mai un insulto alla propria persona gli era sembrato così dolce. Non ribattè; lei aveva ragione, era stato uno sciocco a permetterle di andarsene via da lui. Finalmente si decise a voltare lo sguardo nella sua direzione, osservando ogni suo particolare, ogni curva del suo corpo.
Elettra sentiva il suo sguardo addosso: era uno sguardo profondo, che faceva infiammare il proprio corpo al solo pensiero. Anche lei si girò, incontrando subito i suoi grandi occhi color nocciola.
Girolamo era combattuto, tra il rispettare quello che si erano detti nella loro ultima conversazione e il desiderio di stringerla nuovamente fra le proprie braccia. Per la prima volta in vita sua, decise di seguire il proprio cuore. 
Le si avvicinò lentamente, arrivando ben presto ad annullare quella distanza. 
Elettra, anche se molto tentata di farlo, non indietreggiò. Lo lasciò prendere le proprie mani tra le sue, senza opporre resistenza.
"Elettra, vi supplico, non sposate quello'uomo"
A dividere le loro labbra era solo un sottile soffio d'aria.
"Lui vuole portarvi via da Firenze. Vi farà soffrire, se non sottosterete alle sue scelte". Si fermò, osservandola negli occhi. "Io non posso permettere che questo accada", sussurrò con un filo di voce. 
Stava per annullare completamente quella sottile distanza che divideva le loro labbra, quando il Portinari arrivò.
"Cosa sta succedendo qui?", chiese, evidentemente alterato.
Elettra fece qualche passo indietro, staccandosi da Girolamo. Scosse leggermente la testa, per cercare di riprendersi. Non riusciva a capacitarsi, su come avesse potuto permettere al Conte di arrivare quasi fino a quel punto. Di nuovo.
Fortunatamente non ci era cascata. Ma ci era mancato poco.
"Io e il Conte Riario stavamo discutendo del nostro matrimonio, Edoardo", rispose lei, facendo la sua solita faccia innocente, da cerbiatto spaventato.
"Desidero parlare in privato con la signorina Becchi, Conte", disse, sempre più irritato.
Girolamo guardò Elettra: sarebbe bastato anche il suo segno più impercettibile, per rifilare un buon gancio destro a quell'uomo.
"Conte, ci fareste il favore di lasciarci soli?", chiese lei, gentilmente.
"Come desiderate, madonna", rispose, avvicinandosi e facendole un breve baciamano.

Elettra aspettò di vederlo scomparire all'interno del salone, prima di parlare. 
Il Portinari nel frattempo la guardava con uno sguardo che non prometteva niente di buono.
"Pensate di lasciare Firenze, dopo il matrimonio?"
L'uomo annuì.
"E così la nostra sarà un'unione a distanza"; commentò lei. Il pensiero non l'allettava molto ma, anche i suoi genitori, passavano poco tempo assieme, per via del lavoro di suo padre. Se ce l'avevano fatta loro, poteva farcela pure lei.
"No, voi verrete con me"
Elettra scoppiò a ridere. "No, io non lascerò mai Firenze: ho preso degli impegni, con la repubblica, e non intendo venire meno ad essi"
"Ma pensate davvero che vi permetterò di continuare a lavorare per i Medici, anche dopo il matrimonio?". Ora era lui, che cominciava a divertirsi: piegarla al proprio volere sarebbe stato esilarante.
La ragazza tornò seria, cominciando a capire che non scherzava. "Certo, che continuerò a lavorare qui. Come continuerò a dipingere e a frequentare le persone e i luoghi che frequento adesso". La sua voce era ferma e c'era una leggera aria di sfida, nel suo tono di voce.
Tono di voce che fece andare ancora più in bestia il giovane Portinari. L'afferrò violentemente per un polso, stringendolo forte e causandole parecchio dolore. "Voi vi piegherete al mio volere", le sussurrò malevolo.
Elettra osservò prima lui, poi il suo polso, stretto nella sua mano. "Lasciatemi subito", disse in tono calmo.
L'altro le rise in faccia. In fondo, cosa poteva fargli, una donna? Loro erano creature fragili e volubili, buone solo a parlare. 
La sottovalutava troppo.
"Lasciatemi", ripetè nuovamente la ragazza. Non era mai stata brava, nel combattimento corpo a corpo, ma Girolamo le aveva insegnato qualche nuova mossa.
Vedendo che l'uomo non aveva intenzione alcuna di cedere, con un rapido ed inaspettato gesto, lo afferrò per il braccio che teneva stretto il proprio polso e, una volta liberatasi dalla sua stretta, si portò dietro di lui, facendo assumere al braccio una posizione alquanto innaturale -e anche parecchio dolorosa, a sentire i lamenti dell'uomo-. Ancora una piccolissima pressione e quel braccio si sarebbe spezzato come un fuscello secco.
"Sapete, non credo che arriveremo mai all'altare", disse, trattendendo a stento un sorriso. 
Prese il bicchiere di vino, pieno ancora per metà, che aveva appoggiato sulla balconata e gli rovesciò l'intero contenuto in testa.
Lo lasciò lì così: solo, inzuppato di vino e ancora dolorante.
 
***

Elettra rientrò nel salone sotto lo sguardo attendo della maggior parte degli invitati, che avevano assistito allibiti alla scena.
"Quell'uomo è forse più imbecille di voi", disse, mentre passava accanto al Conte Riario.
Con studiata nonchalance, depose il bicchiere ormai vuoto su un vassoio. Poi chiese a Fabrizio di portarle il proprio mantello. Il fidato cameriere dei Medici le chiese se volesse anche una carrozza, per tornare a casa, ma la ragazza declinò l'invito con uno dei suoi soliti caldi sorrisi, come non se ne vedevano da un po', preferendo fare due passi.
Giuliano le fu subito vicino. "Wow, hai dato a quel galletto una lezione che non si dimenticherà tanto facilmente"
Si guardarono negli occhi, scoppiando entrambi a ridere. "Cane Abbaiante?", propose lei.
Uscirono da palazzo a braccetto e sorridenti.
Elettra era davvero tornata ad essere quella di prima.

Nel frattempo, due figure che erano rimaste ai margini della sala, quella sera, e che avevano visto per intero la scena tra Elettra e il Portinari, discutevano amichevolmente tra di loro, sorseggiando del buon vino rosso.
"Lo sapete, vero, che dovrete scusarvi con Tommaso Portinari, per come vostra nipote ha umiliato suo figlio?", chiese Piero Da Vinci, con una vena di ironia. 
Gentile Becchi sbuffò e sul suo viso comparve un'espressione contrariata, identica a quella che faceva la nipote, quando non le andava di fare qualcosa. "Domani gli manderò una mia lettera di scuse"
"Sarà meglio che lo facciate di persona"
"Se lo meritava"
I due uomini si guardarono, scoppiando a ridere in modo alquanto rumoroso.
"Ma avete visto, come piagnucolava mentre vostra nipote gli torceva il braccio?", disse Piero, tra una risata e l'altra. La sua faccia in quel momento assomigliava così tanto a quella di Leonardo quando rideva.
"Perchè, avete notato come era zuppo di vino, quando se n'è andato?"
I due vecchi amici avevano le lacrime agli occhi, dal ridere.
"Dimmi, Gentile, avevi previsto tutto. Vero, vecchia volpe?"
"A mali estremi, estremi rimedi"


* Il Signor De Rossi è il membro del consiglio che, quando Nico tenta di andare a riscuotere le tasse al bordello di Madame Singh, nella terza stagione, sta 'banchettando' su una prostituta distesa su un tavolo. Si, la scena mi ha fatto abbastanza schifo; per questo la ricordo. 


Nda
Ok, con un buon bicchiere di vino (non prendetemi per un'alcolizzata, per favore), della musica classica per rilassarsi e la mia nuova coperta con le maniche ( <3 ), si scrive meglio. Ahahahahahah
Il link per l'abito che avevo pensato per Elettra da indossare per la serata è questo
Ps: ecco qui la nostra Elettra, con l'outfit della serata
Image and video hosting by TinyPic
Grazie mille a Shaon Nimphadora per questo fantastico disegno :D
   
 
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