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Autore: Happy_17    27/12/2015    1 recensioni
Non esiste la magia. Fairy Tail è una palestra, e i nostri personaggi sono dei judoka.
La nostra Lucy sarà un po' diversa da come la conoscete, ma devo avvertirvi che in realtà la storia è molto più incentrata su Natsu e Lucy che sul judo.
Un grosso bacio, Happy.
Genere: Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La mattina dopo la sveglia suonò alle 7. Quando si é in vacanza, la sveglia alle sette equivale a una sveglia alle 3 del mattino. Ma un'imminente competizione significava il controllo del peso e io ero 54 kg, ergo ero due kg fuori peso.
Questo per me non poteva significare che una cosa: corsa.
Mi preparai e uscii di casa che faceva un freddo da polo nord. Per un attimo mi sembrò di aver visto babbo natale passare tremando.
Dopo 20 minuti di corsa mi fermai arrivando al "nostro" parco. Mi sedetti su una panchina e mi lasciai trasportare da tutti quei ricordi che questa mi riportava alla mente. Non una panchina qualunque. Era quella del nostro ultimo incontro.
Recava una scritta che diceva
"We will meet again."
Natsu lo aveva scritto. Suppongo fosse il pretesto che si era seminato dietro per tornare un giorno. Quando guardavo quella scrittura disordinata mi tornava in mente il giorno in cui mi disse che aveva bisogno di tempo. "Mi dispiace" fu la sua ultima parola. Nient'altro.
Natsu non era mai stato un tipo di molte parole, non quando si trattava di situazioni serie. Non sapeva mai cosa dire, eppure "Ho bisogno di tempo mi dispiace" mi sembrava troppo poco persino per lui. Stava mettendo fine a nove anni di amore puro e incondizionato, e sebbene i primi tre o quattro anni fosse stato qualcosa di inconsapevole, era comunque stato amore. Già allora io ero pronta a farmi spezzare le ossa piuttosto che vedere qualcuno alzare un solo dito su di lui.
Vidi in lontananza un altro ragazzo che faceva jogging.
Un ragazzo che, quando si dice la sorte aveva i capelli rosa. Tentai di non farmi vedere ma servì a ben poco. Maledetta la mia mania di comprare magliette dai colori che attirano l'attenzione.
Natsu si sedette accanto a me, respirava affannosamente doveva essere stanco.
"Devo rimettermi in forma."
"Capisco." dissi atona.
"Smettila di fare il ghiacciolo Lu. È un comportamento che si addice a Gray, non certo a te."
Gray era da sempre il migliore amico di Natsu, nonchè mio consigliere per i periodi di natale e compleanno del rosato. Anche lui era un membro della Fairy e, ovviamente, anche lui era un amico di infanzia. Freddo e distaccato, Gray è totalmente l'opposto di Natsu, tanto che se quest’ultimo potrebbe essere paragonato al fuoco, il suo migliore amico era l'incarnazione del ghiaccio. Litigare e fare a botte era sempre stato il loro passatempo preferito, e il loro unico modo per poter comunicare. Il loro era un rapporto vero e sincero, tanto che quando Natsu aveva lasciato la palestra e si era staccato da tutti noi, non era comunque riuscito a fare a meno di quello che era sua consuetudine additare come "ghiacciolo".
"Non ti rivolgere a me come se .."
Cominciai il mio rimprovero ma mi bloccai non appena vidi in lontananza un ragazzo della Pegasus che non vedevo da un secolo. Lui non era un amico storico, era uno di quelli che però ti cambiavano la giornata. In quei due anni avevo conosciuto tanta gente, tra cui i ragazzi e le ragazze della Pegasus. Avevo subito avuto un buon rapporto con tutti, ma con Hibiki era stato diverso. Era una di quelle persone che sa sempre cosa dire per farti sentire meglio, in più di un combattimento in gara si era attaccato alla transenna urlando gli incoraggiamenti più disparati. La prova di quel legame che si era creato fu che quando smise di praticare, continuammo ad incontrarci in giro a uscire insieme e a parlare sempre di tutto. Ultimamente però non ci eravamo visti e ci eravamo sentiti molto poco, gli allenamenti e la scuola in quegli ultimi mesi mi avevano preso più tempo di quello che avessi a disposizione, tanto che in quell'ultimo periodo ero arrivata a sacrificare le mie sacre nottate di sonno per tenere il ritmo.
"Lucy?" Chiese il ragazzo.
"Hibiki? Sei tu? Cosa ci fai qui alle 7:30 del mattino! Dormi tu che puoi"
Dissi mentre correvo ad abbracciarlo, sotto lo sguardo di un Natsu che, lo sapevo, stava diventando così rosso per la rabbia che da lì a poco sarebbe esploso come dinamite.
"Non posso più nemmeno io! Sono tornato ad allenarmi!"
"Ma è meraviglioso! Sono contenta che tu l'abbia fatto! Allora ci vediamo più tardi, abbiamo allenamento da voi oggi."
"Davvero, Lu?"
"Già!"
Sorrisi felice. Capitava almeno una volta a settimana di allenarsi con altre palestre. Era da un paio di anni che ci allenavamo anche con la Pegasus. C'erano molti ragazzi simpatici, e ci divertivamo molto insieme. Natsu ovviamente non conosceva nessuno di loro ma li avrebbe ammazzati tutti se fossero stati in confidenza con me come Hibiki, ne ero perfettamente conscia, ma lui non aveva potere decisionale sulla mia vita, dunque non avrebbe fiatare, perchè lo sapeva bene lui. Se avesse detto anche solo mezza parola ogni speranza di riallacciare il nostro rapporto sarebbe andata in frantumi.
"Lu, volevo chiederti se ti andava di prendere un caffè insieme dopo l'allenamento!"
"Mi farebbe molto piacere!"
"Adesso ricomincio a correre, ci vediamo più tardi."
"A più tardi!"
Ancora con il sorriso sulle labbra mi voltai verso la panchina che, mi ero completamente dimenticata, ospitava Natsu.
Il suo sguardo furente riuscì a farmi davvero paura. Non pensavo che avrebbe mostrato così apertamente la sua rabbia. Si sarebbe sfogato con Gray magari, o con la scusante dell'allenamento forse se la sarebbe presa direttamente con Hibiki, ma il Natsu che conoscevo io mai mi avrebbe mostrato questo suo sentimento, si sarebbe sentito debole e vulnerabile davanti a qualcuno a cui voleva apparire forte e imperturbabile.
"Lu?!" Disse così arrabbiato che se le sue parole avessero avuto consistenza avrebbero preso fuoco.
"Prendiamo un caffè?!" Ripeté con lo stesso tono. "Chi è quello stupido damerino?!"
"Mi stai davvero facendo una scenata?! Perché se è così comincia a smettere. Io non sono di tua proprietà Natsu. Faccio quello che voglio." Dissi velenosa.
"Come puoi dirmi una cosa del genere?! Mi lasci qui a cuocere mentre prendi un appuntamento con quel tipo?!"
"Io non devo darti spiegazioni di alcun genere." Risposi piccata. "E poi non ci proverebbe mai. Ci conosciamo da due anni e mai una volta è successo quello che pensi tu."
"Bene, allora perché non posso venire a prendere il caffè con voi?!"
Mi sentii talmente innervosita da quel suo autoinvito che gli urlai che se tanto ci teneva poteva venire, che non avevo niente da nascondere.
A grandi passi mi allontanai da lui ma ero furiosa. Come poteva comportarsi in questo modo?! Io non ero una sua proprietà, non poteva comportarsi come se lo avessi tradito. A conti fatti chi doveva sentirsi tradita ero io. E ovviamente gli urlai anche questo. Non tolleravo le persone che si mischiavano nei miei affari, tanto meno potevo tollerare che dopo due anni passati a fare lo stronzo con qualsiasi cosa respirasse e avesse un buco, lui si permettesse di comportarsi come se fossi di sua esclusiva proprietà.
Dopo essere tornata a casa feci una doccia veloce e preparai meticolosamente il borsone. Mi avviai verso la Pegasus.
Sulla strada incontrai Erza. Parlammo del più e del meno, ma anche del suo rapporto con Gerard che stava procedendo nel verso giusto. Ero felice per lei. Almeno una delle due stava bene. Almeno una delle due sorrideva a qualcuno. Non era stato facile per lei trovare qualcuno che andasse contro le sue apparenze demoniache. Tutti si avvicinavano a lei, ma molti dopo averla vista combattere scappavano senza nemmeno chiedersi se dietro il demone non si nascondesse in realtà una fata. L'unico a non fuggire fu proprio Gerard, lui l'aveva ammirata per il suo modo di combattere, diceva che lei in realtà non era una demone ma la bella Titania, la regina delle fate.
Giunte davanti alla palestra incontrammo Natsu che venne verso di noi e ci salutò.
Varcammo la soglia della porta insieme e i ragazzi fecero festa nel vederci arrivare. Il rosato si presentò e parlò con loro del più e del meno mentre andavano a cambiarsi. Lui aveva la capacità di socializzare persino con le pietre, e per questo lo ammiravo davvero tanto. Ad ogni modo quella mattina aveva proprio esagerato e avrebbe pagato per quello che aveva detto e soprattutto per aver portato il mio cervello a partorire l'idea di dirgli che eravamo solo amici e tutto il resto. Sebbene fosse realmente così, e tra me e Hibiki non ci fosse niente, se non una solida e duratura amicizia, il modo in cui mi aveva attaccato mi aveva fatta sentire in dovere di giustificarmi, cosa che, per inciso, aveva ferito il mio ego.
Quando uscii dallo spogliatoio, ero davvero convinta di volermi vendicare, poi però mi voltai, e quella fu la fine.
Guardai Natsu mentre rideva. Mi era sempre piaciuto un sacco guardarlo ridere, bastava un suo sorriso e tutto passava. La tristezza non esisteva più. Esattamente come non esisteva più la rabbia. Lui aveva l'innata capacità di rendere tutti felici e fiduciosi, questo ovviamente, implicava che in alcun modo qualcuno potesse essere arrabbiato con lui per più di dieci minuti. Era una cosa che persino Mrs. Ghiacciolo Gray, trovava difficile fare.
L'allenamento fu duro tanto che pensai più di una volta di volermela svignare, soprattutto quando il mio avversario era Natsu.
Nel corso di quell'allenamento mi trovai a combattere contro di lui in più di un'occasione, ma niente, non c'era un vincitore. E pensandoci bene non poteva essercene uno. La cadenza dei passi, il modo in cui muovevamo le braccia quando stavamo per attaccare, il modo in cui il nostro sguardo cambiava quando vedevamo una qualche opportunità. Tutte armi a doppio taglio. Avrei potuto batterlo se quel tipo di conoscenza fosse appartenuta solamente a me, ma purtroppo apparteneva anche a lui, e certe cose non si dimenticano facilmente. Durante quei combattimenti sembrava quasi che il tempo fosse tornato indietro, a quando la lotta a terra si concludeva con un bacio o un combattimento in piedi era una scusa per guardarsi negli occhi. Lo sapevo io e lo sapeva anche lui, tra noi non poteva esserci un vincitore. Non fin quando uno dei due non avesse scoperto qualcosa sull’altro che prima ignorava.
Mi sarebbe piaciuto scoprire di più sul buffo ragazzo dai capelli rosa che mi era accanto, eppure sembrava che non ci fosse niente da scoprire. Conoscevo la sua posizione mentre dormiva, sapevo che espressione aveva quando si arrabbiava e voleva nasconderlo a tutti i costi, conoscevo il ritmo del suo respiro e quello del suo battito cardiaco, che erano uguali ai miei, esattamente come era a conoscenza della sua espressione giusto un istante prima di scoppiare a ridere. Avrei potuto indicare senza difficoltà ogni singola cicatrice, e forse anche ogni neo che aveva sul corpo. Eppure io lo sapevo che una persona non la si può conoscere mai del tutto e che mai si smette di imparare qualcosa su di essa. Forse non c’era un vincitore perché anche in quel momento il mio egoismo mi accecava, forse qualcosa di diverso in lui c’era davvero, ma io non volevo vederla. Non volevo scoprire che in quei due anni mi ero persa qualcosa, non volevo rendermi conto del fatto che potesse esserci un suo comportamento che io non conoscevo o non ero in grado di spiegare. Soprattutto non potevo sopportare l’idea che qualcuno prima di me, in quei due anni, si fosse accorto di questo suo nuovo atteggiamento.
Sapevo che aveva avuto qualche storia dopo di me, ma sapevo anche che erano durate pochi mesi. Non poteva stare a lungo con altre persone perché lo sapeva lui e lo sapevo anche io: loro non erano me.
Non prendete quest’affermazione come una forma di arroganza da parte mia, lui avrebbe anche potuto innamorarsi di un’altra ragazza, e magari c’era anche riuscito, ma io ero parte di lui. Quando io non ero lì un pezzo gli mancava, e lo sapevo perfettamente perché succedeva anche a me. E credetemi non esiste niente di più triste che sentirsi come se ci fosse continuamente qualcosa che manca. Come se, nel momento in cui senti finalmente di aver trovato la felicità, capisci di esserti illusa, perché ancora c’è qualcosa che manca, e di cui non puoi ignorare l’assenza.
Quando finimmo l'allenamento ci fecero sedere pronti per il saluto, ma prima che questo fosse fatto il maestro Bob aveva evidentemente qualcosa da dire.
"Ragazzi tanto per cominciare i miei più vivi complimenti anche ai ragazzi della Fairy. Siete stati grandi e la nostra Lucy sembra al massimo per l'imminente torneo"
"Grazie maestro" risposi sorridendogli
"Tuttavia, vorrei sapere come sia possibile che due persone che combattono insieme da qualche giorno non riescano a battersi a vicenda. Non una tecnica è andata a buon fine. Ti chiami Natsu, vero ragazzo?"
"Si signore." Rispose lui
" Perché voi due non riuscite a battervi?! Sembra quasi che prevediate ogni mossa l'uno dell'altra, è un po’ fuori dal comune, non vi pare?"
"Sarà che ci conosciamo da troppo tempo." Risposi io
“Da troppo tempo?” Chiese il maestro della Pegasus colpito da quello rivelazione.
“Io e Natsu ci conosciamo sin da bambini, siamo praticamente cresciuti insieme.” Dissi io. “Adesso ha la cintura bianca perché come al solito ha dimenticato la sua a casa, ma prima di ritirarsi era una cintura blu.”
"Non ne avevo idea. Ecco perché il ragazzo si muoveva così bene. Ad ogni modo Lucy, conoscersi da troppo tempo, come dici tu, non comporta una cosa del genere. Ogni ragazzo della tua palestra ti conosce da tanto tempo eppure non ti legge nel pensiero."
Fantastico. Inchiodata su tutti i fronti. Ecco come mi sentii in quel momento.
Come una bestia in gabbia.
"Siamo cresciuti insieme tutto qui." Ribadii ancora una volta
"A me sembra che sia molto più di questo."
"Non se 'cresciuti insieme' noi lo intendiamo in modo diverso." Rispose Natsu. "Non esiste persona su questo pianeta che mi conosca di più. L’ho vista crescere, l’ho vista per la prima volta mentre correva in un parco, e ricordo che le chiesi di giocare a guardia e ladri perché correva veloce e io volvevo assolutamente vincere.”
In quell’istante mi sentii sorpresa. Non credevo che avrebbe tirato fuori quella vecchia storia, di cui pensavo si fosse anche dimenticato.
“Poi è arrivata in palestra, e lì ho avuto modo di vederla fare le prime tecniche e le prime cadute, e sì, ricordo anche quelle.” Disse come se volesse rispondere alla mia muta domanda. “E vi dirò di più, quando era piccola, la nostra Lucy era una gran frignona. Piangeva sempre perché non riusciva a fare le tecniche o perché finiva sempre a terra. Era debolissima tanto che mi chiedevo cosa ci facesse una bambina fragile come lei in un posto in cui la gente si picchiava. Quando però sua madre morì mi resi conto che la forza non era solo una questione fisica, e che la bambina che io reputavo tanto debole, aveva in realtà più forza di quanta io ne avessi mai avuta o dimostrata.” Disse voltandosi verso di me. Mi rivolse un sorriso nostalgico, mentre una lacrima solitaria solcava il mio volto al ricordo della morte di mia madre, dopo Natsu tornò a rivolgersi al maestro.
“Dopo la morte di Layla, Lucy maturò e cominciò ad avere un temperamento diverso, era dolce e decisa allo stesso tempo. Suppongo sia questo che due anni dopo quel tragico evento mi portò ad innamorarmi di lei. E così conobbi lei e me stesso.
So che una persona non si può mai arrivare a conoscerla del tutto, ma credetemi se vi dico che potrei dirvi la posizione in cui Lucy dorme o l'espressione che ha quando lo fa, oppure ancora potrei dirvi che quando qualcosa non quadra le si forma una piccola ruga in mezzo alla fronte, potrei dirvi che quando sta per sorridere si vede dagli occhi che sembrano luccicare. Posso affermare con certezza che quando si arrabbia si vede lontano un miglio perché, anche se prova a mantenere un’espressione normale, non ci riesce e ti guarda come se ti volesse incenerire, e anche se a molti di voi non sembra la chiamano demone, perché Satana in persona avrebbe paura di lei, e non solo dal punto di vista della lotta, anche dal punto di vista psicologico Satana non avrebbe speranza, perché posso assicurarvi che quando Lucy vuole ottenere qualcosa, la ottiene.  Ci sono tante cose che so di lei e forse tante altre ne imparerò, chi lo sa, una cosa è certa, conoscerla in questo modo mi ha fatto capire che esistono cose al mondo che il tempo non porta via. Per esempio dei frammenti di cuore. Anche dopo tutto questo tempo, anche dopo essere diventati quasi due completi estranei, Lucy era e rimane tutt’ora, una parte di me, un frammento di quel cuore che due anni fa andò in pezzi. Adesso capisce perché non può esserci un vincitore, maestro? Come si può battere qualcuno che è talmente parte di te da conoscerti più di quanto conosca te stesso?"
Concluse il discorso con l'attenzione di tutti. Gli sorrisi, o forse sarebbe più giusto dire che mi commossi. Infondo, anche se mi dava sui nervi, anche se in più di un’occasione avrei voluto strozzarlo, gli volevo bene, e questo nessuno mai lo avrebbe potuto cambiare.
"Come si è sfaldato un rapporto tanto forte?" Chiese allora maestro Bob.
Quelli sì che era una bella domanda: come si passa dall’essere due facce della stessa medaglia, all’essere completamente estranei?
"Non l'ha mai fatto." Rispose semplicemente Natsu, "è rimasto in un angolo certo, ma non è morto. Non può farlo finché vivremo noi, giusto Lu?" Si voltò verso di me e mi trovò in una valle di lacrime.
Non risposi a quello che aveva detto mi limitai ad abbracciarlo così forte che forse rischiai di strangolarlo. Ma mi era mancato. Mi era mancata ogni cosa di lui. Ora potevo affrontare il torneo. Ora potevo diventare più forte. Ora che tutto era stato spiegato potevo affrontare le conseguenze. Ora potevo vincere. Avevo solo bisogno di averla una certezza, almeno una. Ma lui era dalla mia parte, lui mi aveva voluto bene e me ne voleva ancora. L’unica cosa che mi venne in mente in quell’istante fu il giuramento fatto da bambini su quella panchina nel parco, quando ci autonominammo Re e Regina.
"Saremo sempre insieme, tu ed io." Sorrisi nostalgica.
"Tu la mia regina ed io il tuo re." Completò la frase " Questo fu il nostro giuramento qual giorno.”
"Non sembra un giuramento tra due bambini." intervenne il maestro Makarov
"Già." Risposi io sempre sorridendo " ma ci chiamavano così. Il re e la regina. Dicevano che insieme potevamo tenere su un regno o distruggerlo. La scelta spettava a noi. Così un giorno, visto che tutti dicevano che eravamo perfetti per fare i sovrani, fecimo il nostro giuramento, forse troppo convinti del fatto che mai nella vita avremmo potuto separarci.
Quando ero piccola pensavo che il mondo si fermasse dentro quella palestra, ero convinta che non esistesse niente al di fuori di essa, e se anche ci fosse stato a me non sarebbe importato. La pura e semplice verità era che non erano importanti i luoghi, ma le persone. Il mio mondo si fermava lì, perché anche tu eri fermo lì. Come quando una volta ti dissi che Cana si era messa in testa di leggermi la mano, e mi disse che avrei avuto un incontro voluto dal destino. Qualcuno mi avrebbe cambiato la vita per sempre. Peccato che quello fosse proprio il giorno in cui tanti anni prima, ci incontrammo per la prima volta. Quando Natsu me lo fece notare, fu in quell’istante che capii che c’era qualcosa di più, che c’era un legame indissolubile. Magari Cana aveva avuto ragione sul quel fantomatico incontro, ma aveva sbagliato la data, il mio incontro voluto dal destino io lo ebbi proprio in quel giorno, ma di sei anni prima.
Adesso ne sono passati undici, e anche se per due anni ci siamo separati, non avevamo smesso di parlarci, non ci eravamo insultati, come era successo a molte coppie che conoscevamo, no. Un legame tanto forte lascia il segno, persino se la persona con cui lo hai avuto se ne va.”
Erano bastate poche parole perché due universi tanto lontani si rimettessero a camminare l'uno verso l'altro. Eravamo ben lontani dal nostra rapporto di prima ma sapere che non aveva dimenticato mi aveva ridato la forza.
Forse ci avremmo messo anni e anni, ma avevamo tempo. Perché io lo amavo ancora, l'avevo sempre amato, ma non potevo lasciare che le cose andassero come voleva lui. Avevo anche io un orgoglio che non doveva essere ferito, non un'altra volta.
   
 
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