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Autore: Happy_17    27/12/2015    2 recensioni
Non esiste la magia. Fairy Tail è una palestra, e i nostri personaggi sono dei judoka.
La nostra Lucy sarà un po' diversa da come la conoscete, ma devo avvertirvi che in realtà la storia è molto più incentrata su Natsu e Lucy che sul judo.
Un grosso bacio, Happy.
Genere: Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Natsuu! Guarda!"
"Che vuoi Lucy?" 
"Mi hanno dato la cintura gialla!"
"Neanche avessi detto che ti hanno dato la nera!"
"Non essere sciocco, non me la possono dare ho solo sei anni!"
"Tanto non te la darebbero, non sai combattere!"
"Questo non è vero!"
Mi svegliai. Erano anni che non sognavo quel ragazzo dai buffi capelli rosa. Un moto di nostalgia mi pervase facendo affiorare sulle mie labbra un sorriso triste.  Erano passati due anni dall'ultima volta che avevo parlato con lui. Da quando ci eravamo lasciati.
Io e Natsu ci conoscevamo sin da bambini, eravamo sempre stati amici o forse qualcosa di più. Ricordavo ancora quando i primi anni di judo non riuscivo a fare bene le tecniche. Mi diceva sempre che se non mi fossi arresa sarei diventata brava. Che non dovevo vergognarmi perché potevo farcela, ma non dovevo piangere. Suppongo sia la cosa più simile all'amore a cui due bambini di sei anni possano arrivare.
Credevo che il mondo si fermasse lì. Che non ci fosse altro fuori da quella palestra. E se anche ci fosse stato a me non importava.
Crescendo ci rendemmo conto che eravamo molto di più che amici di infanzia: lui diventò il mio ragazzo e la mia prima volta di ogni cosa.
Finché suo padre non ci lasciò. Tutto cambiò. Noi cambiammo. Fummo costretti a crescere di punto in bianco, ma avevamo quattordici anni. Quanto grandi si può essere a quell'età?
Con questi pensieri in testa, mi preparai per andare in palestra. Avevo continuato a coltivare la mia passione fino al raggiungimento della tanto agognata cintura marrone. Natsu invece aveva smesso, ormai non si allenava più. Lo vedevo ogni tanto di sfuggita. Accennava un sorriso nella mia direzione o a volte si limitava a un cenno di saluto, ma niente di più. Estranei. Ecco cosa sembravamo. Dopo una anni e anni passati a sostenerci l'un l'altro adesso nella sua vita avevo solo un ruolo marginale, tutto quello che avevamo passato insieme, tutto quello che avevamo condiviso era rinchiuso lì, in quel misero cenno che io non avrei rivolto neanche al peggiore degli animali.
Varcata la soglia della palestra trovai già Erza sul tatami. Anche lei era una mia amica di infansia, come quasi tutti in quella palestra in realtà. Molti dicevano che era un demone perchè quando combatteva sapeva essere davvero spaventosa. 
"Lucy!!"
"Erza!"
Salutai con un sorriso tirato.
"Va tutto bene? Hai una faccia."
Erza non è mai stata una persona che ha tatto, non lo faceva per male, questo è ovvio, solo che ogni tanto mi non sarebbe stato male usare un po' di diplomazia, ecco tutto.
"Si, certo sto bene!" Risposi "Vado a cambiarmi."
Dopo aver indossato il judogi salii sul tappeto e cominciai con una corsa leggera. Finché il maestro non ci chiamò a raccolta.
"Ragazzi! Tra poco inizierà un torneo. Particolare in effetti perché sarete una delegazione. Vogliono un solo atleta per categoria. Dovete metterla tutta, chiaro?"
Allenamenti duri. Ecco che cosa mi aspettava. Era in quei momenti che Natsu mi mancava di più. Ero certa che lui sarebbe stato entusiasmato da una competizione del genere, io invece non sapevo mai come comportarmi. Ogni volta che veniva comunicata un'imminente gara, il panico mi prendeva allo stomaco e non era disposto a lasciarmi se non dopo l'inizio del combattimento di gara. 
Continuai il mio allenamento fino a che non sentii la porta aprirsi, fu allora che mi fermai e guardando verso di essa lo vidi. Una strana zazzera rosa in disordine un sorriso disarmante e uno sguardo che sembrava carico di nostalgia. Quando guardai nella sua direzione e vidi che ricambiava il mio sguardo mi sembrò che il mondo si fosse fermato. La palestra era scomparsa insieme alle persone che c'erano dentro. Il silenzio tra noi sembrava pieno di parole, i nostri sguardi erano incatenati. In quel momento capii che il tempo non era mai passato, perché lo amavo esattamente come lo amavo allora: con ogni fibra del mio corpo. Anche se quel tempo che avevamo passato separati era stato incredibilmente pensante per me, sentivo che era stato solo una parentesi nella lunga storia di quel noi che non potevo permettermi perdere.
"Natsu!" Il maestro Makarov lo accolse con un sorriso e un abbraccio. I ragazzi si avvicinarono a lui, lo abbracciarono, mentre i nuovi arrivati si presentarono. Io però non riuscivo a muovermi. Le mie gambe non mi obbedivano, o forse ero io a non volere che si muovessero, magari avevo paura che se avessi fatto anche un solo passo avrebbero ceduto. Rimasi dov'ero, a guardarlo da lontano. Avrei voluto urlargli contro che lo odiavo, che era stato un'idiota a lasciarmi da sola per tutto questo tempo, ma al tempo stesso avrei voluto correre e abbracciarlo.
"E tu? Non mi saluti Lu?"
Lu. Ma come poteva chiamarmi ancora così? E' vero, lo aveva fatto per undici lunghi anni, ma era stato prima di andare via e mandare tutto a puttane come un vigliacco. Si stava comportando come se non fosse mai andato via. E anche se io stessa dentro di me sentivo di amarlo come quando stavamo insieme, quei due anni c'erano comunque stati. Io li avevo vissuti. La sua assenza mi era entrata fin dentro le ossa come fosse umidità, e io non ero riuscita a mandarla via con il calore di nessun altro. Ma nessun altro era come lui, lo sapevo. Speravo però che in qualche modo le cose potessero cambiare, speravo che qualcun altro si prendesse il mio cuore e monopolizzasse la mia mente. Eppure non era successo. Mi ero dovuta accollare il ricordo di Natsu e tenermelo lì come una foto che si tiene sul comodino. In quel preciso istante mi sentii come se di punto in bianco il passato avesse sfondato quella porta che tentavo da anni di tenere chiusa e dimenticarmi anche dove avevo messo le chiavi. Il fatto che i miei sentimenti non fossero cambiati non gli dava il permesso di comportarsi come se non mi avesse ferita. Non era giusto, e io non potevo permetterglielo.
Un sorriso forzato mi si dipinse sul volto. 
"Ciao, Natsu."
"Cintura marrone, eh?" Sorrise "Sono curioso di vedere quanto sei diventata brava. Da bambina piangevi sempre."
"Me lo ricordo."
"Ragazzi, voi continuate. Io ar.." Il maestro venne interrotto da lui.
"Aspetti maestro. Posso fare un combattimento con Lucy?"
Tutti si voltarono interdetti. Lo sguardo dei miei compagni vagava da lui a me.
"Natsu non lo so. Non ti alleni da quasi due anni."
"Dai maestro. Sono sicuro che non sarà un problema."
"Beh allora se Lucy è d'accordo."
"No! Non sono d'accordo. Io non combatto con lui. Devo allenarmi non voglio perdere tempo."
"Paura principessa fessa?"
Un altro nomignolo di quando eravamo bambini. E non solo quello apparteneva al passato. Quella era la tecnica che Natsu per convincermi a fare qualcosa. Mi fregava sempre nello stesso modo: giocava col mio orgoglio. Sapeva che nessuno poteva dirmi che avevo paura di fare qualcosa. Ero praticamente cresciuta in una palestra la cui maggioranza degli iscritti era di sesso maschile. Persino i vuovi arrivati credevano di riuscire a mettermi i piedi in testa solo perchè era una donna e mi credevano fragile. Quando si ritrovavano schiacciati a terra, solo allora capivano che donna o meno, avevo pur sempre un judogi addosso e che contrariamente a loro, io mi allenavo da anni. Proprio per questo motivo, Natsu sapeva perfettamente che dirmi una cosa del genere mi avrebbe accesa come una miccia.
"Come scusa?" Dissi mentre il sangue cominciava a ribollire nelle vene. "Io non ho assolutamente paura di te!"
"Allora facciamo una scommessa." propose lui con un ghigno. Avrei volentieri preso a schiaffi la sua faccia fino a far scomparire quel sorrisetto strafottente.
"Sentiamo."
"Se vinco io mi concedi un'uscita."
Lo guardai sbalordita, ma dopo il primo attimo di smarrimento sentii il sangue salire al cervello.
"E se vinco io?" Chiesi a denti stretti.
"Beh non saprei. Scegli tu."
"Se vinco io tu uscirai dalla mia vita una volta per tutte e mi lascerai in pace."
"D'accordo principessa."
"Bene. Va a cambiarti."
Quando lo vidi chiudersi la porta dello spogliatoio alle spalle ripresi a respirare regolarmente.
"Sei sicura di quello che fai Lucy?"
Chiese Erza.
"Ma certo" risposi sorridendole.
Ma non era vero niente. Avevo paura. Non volevo perdere, ma nemmeno vincere. Solo che ormai non potevo più tirarmi indietro. 
Quando Natsu uscì dallo spogliatoio sembrava ancora più bello di quando ci era entrato. Rivederlo con il judogi mi riportava alla mente tanti ricordi. Alcuni erano davvero teneri, altri erano tutt'altro che casti in effetti. Il problema era che nonostante tutto quello che c'era stato non potevo perdonarlo per avermi abbandonata. O forse sarebbe meglio dire che non volevo, almeno non così facilmente. 
"Ajime" Urlò Makarov
Cominciai a muovermi veloce, ma lui lo era più di me. Era sempre stato più bravo, ma io in quegli anni ero migliorata, non ero più labambiina che piangeva e si dava per vinta. Adesso ero più grande, adesso ero considerata un demone al pari di Erza, e si sa, i demoni non piangono. I demoni distruggono. Dopo 4 minuti di combattimento il risultato fu di parità. Non era esattamente quello che mi aspettavo, ma Natsu era Natsu. Se io ero un demone, Natsu non era certo da meno.
"Complimenti principessa fessa. Niente a che vedere con il tuo livello di prima." Disse col fiatone. 
Non risposi, non mi andava, così mi limitai a gurdarlo negli occhi mentre riprendevo fiato.
"Parità dunque. Be a questo punto la vostra scommessa non vale più. E Natsu?" Disse Makarov con un sorriso paterno
"Si?"
" Puoi tornare ad allenarti quando vuoi lo sai."
"Grazie Maestro!" Disse Natsu sorridendo.
Non dissi nulla. Natsu era come un figlio per il maestro. Lui ci considerava tutti allo stesso modo, ma si vedeva che con Natsu era diverso. Era palese che tra loro ci fosse un legame speciale, molto più di quello che si era istaurato tra Makarov e noi.
"Riguardo alla nostra scommessa. Me la concedi quest'uscita?" Chiese sorridendo strafottente.
"No." Risposi secca.
"E perchè? Non ti mangio mica."
" Non hai sentito il maestro? Abbiamo pareggiato, la nostra scommessa non vale più!"
" Si ma io pensavo che potevamo comunque uscire. Io ho delle cose di cui parlarti e.."
Fu allora che esplosi definitivamente. Ero furiosa, e ogni parola che gli era uscita dalla bocca aveva contribuito a farmi arrabbiare ancora di più, tanto che gli urlai contro, non lasciandogli nemmeno il tempo di finire di parlare.
"Ascoltami bene stupido pallone gonfiato dipinto di rosa. So benissimo che cosa stai cercando di fare. Non mi convincerai nè pungendomi nell'orgoglio nè cercando di intenerirmi, chiaro?! Non funziona più ormai. Prima abbiamo lottato perché io volevo farlo. Ma non verrò da nessuna parte con te. Io non ho niente da dirti. Non ho più niente a che vedere con te. Smettila di usare nomignoli che mi affibbiavi da bambina, smettila di comportarti come se questi due anni non fossero passati, perchè questi due anni ci sono stati davvero. Sono stati reali e hanno fatto male. Siamo cresciuti insieme, io mi fidavo di te, la tua presenza era l'unica costante nella mia vita. L'unica certezza di cui avessi davvero bisogno, e quando sei andato via, te la sei portata dietro come niente fosse. Mi hai fatto mancare il terreno sotto ai piedi." Gli urlai contro ogni frustrazione e dolore. Ma non mi sentivo meglio. Il mio orgoglio sarebbe stato la mia rovina. In tanti me lo avevano detto, e io lo sapevo che avevano ragione, ma non potevo farci niente. Era più forte di me.
"Io non ti devo niente, Natsu." Dissi guardandolo. "Maestro ho un impegno, posso cambiarmi?" 
"Certo Lucy, vai."
"Grazie"
Avrei tanto voluto piangere, ma non era ancora il momento. 
Rimisi i jeans tolti in precedenza e anche il maglioncino. Uscii dallo spogliatoio dirigendomi fuori dalla palestra, ma Natsu mi fermò.
"So che tu non mi devi niente. Ma io sì."
"È troppo tardi ormai."
Mi voltai in direzione della porta e sparii dietro si essa. Un pianto liberatorio mi assalì gli occhi con la potenza di uno tsunami. Non pensavo di avere ancora lacrime da versare per quella storia, credevo di averle esaurite. Sai che novità.  Non facevo altro che credere a questo o quello e poi finivo inevitabilmente per essere delusa. 
Cominciai a camminare con gli occhi bassi senza una meta precisa. Mille pensieri affollavano la mia testa, ma quando finalmente sollevai lo sguardo capii di essere tornata laddove tutto aveva conosciuto il suo inizio. 
Forse sarebbe stato più corretto da parte mia dire che non conobbi Natsu dentro la palestra. Lo conobbi un giorno d'estate in un parco quando mi chiese se avevo voglia di giocare a guardia e ladri. Allora non immaginavo neanche lontanamente che quel ragazzo dai buffi capelli rosa non sarebbe più uscito dalla mia vita. Proprio come non sapevo che quello sarebbe diventato il nostro parco, nessuno avrebbe conosciuto quel luogo meglio di noi. Ogni suo angolo era legato a un ricordo, e Natsu era in ognuno di essi. Altri bambini che venivano in palestra con noi di tanto in tanto ci vedevano e dicevano che sembravamo il re e la regina di quel luogo troppo uguale a com'era prima che noi cambiassimo. 
Mi era mancato tanto. Avevo desiderato per due interi anni che questo succedesse, eppure adesso non potevo perdonarlo, o forse non potevo perdonarmi io. Quando il padre di Natsu morì, non fui in grado di fare niente. Forse per questo quando decise di lasciarmi non mi stupii più di tanto. Avevo avuto paura di fare la cosa sbagliata, di non riuscire a farlo sentire meglio, di non riuscire a dargli l'amore di cui in quel momento aveva bisogno. Solo qualche anno dopo avrei realizzato che nessuno avrebbe poturo dargli quell'amore, e che io ero stata una sciocca a credere che avermi intorno per lui sarebbe stato solo un peso. Non riuscivo a capacitarmi di come avrei potuto aiutarlo. Non riuscivo a pensare a niente da dirgli o a qualcosa da fare.
Era per questo che avevo aspettato per due anni interi che Natsu tornasse indietro, che tornasse da me. Non si trattava solo dell'amore che provavo nei suoi confronti, si trattava anche di riuscire a dirgli tutte quelle cose che mai ero riuscita a dirgli. Si trattava di dirgli tutte quelle parole che avevo solo pensato, perhcè, intendiamoci, quando era successo il fatto io avevopensato a lui in ogni istante, non sentivo il bisogno di niente che non fosse pensare a lui, profondamente. Avevo provato a dare la colpa a lui, a convincermi che non fosse colpa mia perchè lui non aveva mai chiesto il mio aiuto, ma era servito a ben poco.
"Lo sapevo che eri qui. Certe abitudini non muoiono mai."
Una voce troppo conosciuta, talmente tanto che non avevo nemmeno bisogno di voltarmi per sapere che era lui e che aveva un sorrisetto dipinto sulla faccia.
"Già" Gli risposi mestamente senza voltarmi.
"Il maestro mi ha detto che hai fatto progressi. Sei la più forte qui a Magnolia. È davvero incredibile" Sorrise. Non potevo vederlo ma lo sapevo, ne ero certa come ero certa che il mio cuore in quel momento stesse battendo troppo forte. "E pensare che da bambina eri una frignona!" Continuò.
"Perché sei qui, Natsu?" Chiesi stancamente. 
"Ho bisogno di te." Fu quasi un sussurro ma io lo avevo sentito. 
Mi voltai di scatto guardandolo dritto negli occhi. Le sue labbra erano incurvate come se volesse sorridere ma i suoi occhi erano un'altra storia.
"Ti ricordo che siamo cresciuti insieme. Questi tuoi sorrisi finti potranno ingannare le altre ragazze, non me." Dissi ghignando.
"Lo so."
I suoi occhi erano puntati a terra. Sembrava non avesse il coraggio di parlare di niente.
"Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?" Chiesi ingenuamente
"E come potrei dimenticarla. All'apparenza sembravi una bambina così dolce e invece poi ti ho trovata in una palestra di Judo." Sorrise al ricordo di quell'episodio che tanto lo aveva scosso all'epoca.
"Già" Sorrisi anch'io. "Sbrava quasi destino che non potessimo separarci."
"Sei diventata proprio come dicevano. Sei diventata una regina."
"Già. Una regina senza il suo re."
"Mi dispiace tanto Lucy. "
"Ti dispiace per cosa?" Chiesi amareggiata "Per avermi lasciata da sola? Per avermi fatto sentire come se non fossi stata abbastanza? Per cosa ti stai scusando?"
"Per tutto." Rispose lui. 
"Quando mio padre se ne andato, mi sono sentito solo da morire."
"Tu non eri solo. Avevi me."
"Lo so. Ma non ne ho avuto il coraggio. Non volevo che mi vedessi in quello stato."
"Non volevi che ti vedessi in quello stato?! Non farmi ridere Natsu. Ti ho visto in modi ben peggiori. La verità però, è che tutto questo è stato colpa mia. Per quanto mi dolga ammetterlo, io non sono stata in grado di aiutarti in nessun modo e Dio solo sa quanto mi sia sentita inutile per questo. Non sapevo cosa fare, o cosa dire, quindi pensavo che sarebbe stato meglio per me non fare assolutamente niente. Questi due anni li ho passati aspettando il tuo ritorno, lo sai? Volevo che finalmente sapessi che non ti ho abbandonato, che ti ho pensato profondamente in ogni istrante della giornata, e che non mi sei mai sembrato una persona fragile, perchè quando tu sei andato in pezzi io non sono ruscita a rimetterti a posto, ho fatto molto peggio: mi sono spezzata anche io. Ma sappi che ho amato ogni cosa di te, e anche dopo che te ne sei andato ho amato tutto. Ti ho amato tanto da non riuscire ad incolparti di niente, mi sono presa io una colpa che era anche tua e me la sono portato addosso come una seconda pelle. Mi sono ripetuta talmente tante volte che tutto era capitato a causa mia che alla fine ci ho creduto davvero. Alla fine, veramente ero riuscita a convincermi che era stata solo colpa mia. Avevo bisogno di un colpevole, avevo bisogno di sapere che c'era un nemico da abbattere, non importava chi o dove fosse, avevo bisogno di sapere che c'era perché credere che tutto fosse avvenuto senza una motivazione faceva ancora più male. Io lo sapevo che la colpa era anche tua. Questo non può essere negato perchè anche se io non sapevo cosa fare tu non hai fatto niente per cercare di farmi capire che avevi bisogno di me, anzi, ti vedevo sempre circondato da quelle oche giulive che i tuoi amici speravano di farsi e la cosa mi faceva talmente incazzare che piuttosto che cercare di capirti ti avrei volentire preso a schiaffi. Come potevo credere che avessi bisogno di mese ti compirtavi come se non fossi mai esistita?! Tuttavia la sofferenza di allora non era di nessun altro se non tua, Natsu. Così, dopo aver combinato il disastro mi sono data la colpa di tutto pensando che almeno così avrei potuto fare ammenda alle colpe di cui mi ero macchiata."
"Sempre la solita allocca. Ti fidi talmente tanto degli altri che alla fine pur di non incolpare loro dai la colpa a te stessa." Disse lui con l'aria di chi la sa lunga. 
"Può darsi, ma noi non stiamo parlando di altri. Stiamo parlando di te."
"Questo non cambia le cose. Sei troppo credulona."
Ed eccola qui: la goccia che fa traboccare il vaso. Non potevo farcela. Non si faceva vedere per anni poi ricompariva e pretendeva di avere l'autorità per sputare sentenze, dopo che io gli avevo aperto il mio cuore e chiesto scusa. Troppo facile giudicare senza sapere. 
In quei due anni tante cose erano cambiate. Avevo raggiunto nuovi traguardi e avevo sofferto dolori nuovi. Non concepivo che qualcuno potesse mettermi una targhetta addosso ed etichettarmi come se fossi un barattolo di marmellata. Nessuno poteva farlo, nemmeno lui.
"Hai ragione" Dissi distaccata come non lo ero mai stata, almeno non con lui. "È vero, sono una gran credulona. Ma se mi permetti, vorrei farti una domanda: chi pensi sia messo peggio? Io che credo troppo nelle persone o tu che non credi in niente?!"
Ricominciai a camminare tantando di mettere più distanza possibile tra me e il ragazzo dai capelli rosa.
"Lucy aspetta! Ti prego."
Mi raggiunse con poche falcate e mi prese per il polso. "Ti prego" ripetè in un sussurro. 
Arrestai la mia marcia. Le gambe sembravano fatte di burro, il cuore batteva così vecolcrmente che credevo che da un momento all'altro lo avrei visto portare a spasso il cervello con un guinzaglio. Natsu riusciva a farmi perdere ogni logica e razionalità.
"Perdonami Lucy. So che tu eri lì. Ma io avevo bisogno di farmene una ragione, avevo bisogno di capire cosa mi stava succedendo. Non mi sentivo più lo stesso. Ma non ho mai smesso di.."
"Non dirlo." Lo interruppi bruscamente. "Non dire più niente."
Restammo fermi in quella posizione, guardando un tramonto che toglieva il fiato. Avevo bisogno di quei pochi istanti di contatto tra di noi. Mi stava solo tenendo er il polso, è vero, ma ne avevo bisogno per credere che qualcosa di vero e reale, oltre al dolore di non averlo accanto, c'era stato.
"Devo andare." Dissi poi e così mi allontani da lui che mi lasciò andare senza storie.
Mi incamminai verso casa piena di pensieri e ricordi. Avrei saltato la cena, non avevo voglia di mangiare. Domani mattina mi aspettava un durissimo allenamento dai ragazzi della pegasus. Andai a farmi una doccia e quando uscii controllai i messaggi sul cellulare. Un paio erano di Cana, la mia migliore amica. Uno era di un numero sconosciuto.
"Ti ringrazio per essere rimasta. A domani principessa fessa."
Natsu. Nessun altro mi chiamava così. Non volevo neanche chiedere come avesse avuto il mio numero così non risposi, mi misi a letto e poco dopo mi addormentai. 
   
 
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