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Autore: Miss Fayriteil    27/12/2015    1 recensioni
Questa storia è nata un po' per caso, volevo provare a scrivere un romanzo rosa, nello stile di Lauren Weisberger o Sophie Kinsella, che mi piacciono molto. Mi sono ispirata un po' anche alla coppia che amo di più in Grey's Anatomy. Capirete perchè. La trama... è un romanzo, una storia d'amore. La donna single che trova l'amore della sua vita. Spero vi piaccia!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Epilogo
 



 
La sveglia suonò alle sette e Ali aprì gli occhi di scatto. Si voltò verso la moglie e le diede un bacio sulle labbra per svegliarla.
  «Buongiorno» mormorò con un sorriso. Dana sorrise a sua volta.
  «Buongiorno a te» rispose. Le diede un altro bacio e aggiunse: «Oggi è un giorno speciale».
  «Altrochè» fece Ali mettendosi a sedere sul materasso. «La nostra bambina si diploma al liceo. Non riesco ancora a crederci».
  Il silenzio della casa fu interrotto da un tonfo sordo. Ali e Dana si scambiarono uno sguardo. «Mason!» esclamò la prima. «Che sta succedendo? Tutto bene?»
  «Ehm... sì, ma’ non è niente!» rispose la voce del figlio minore. «È solo caduta una... cosa...»
  Entrambe sorrisero con affetto al pensiero di quel sedicenne biondo e maldestro che amavano con tutto il loro cuore. Si alzarono dal letto e lo raggiunsero. Per fortuna davvero non era successo niente: camminando al buio Mason aveva urtato uno sgabello che era caduto a terra. Dana sospirò sollevata; solo la settimana prima il ragazzo aveva rotto un vaso di ceramica a causa di uno sfogo di rabbia mentre giocava alla Play Station.
  «Non potevi accendere la luce?» gli chiese. «Erica è già uscita?»
  «No credo che sia ancora in bagno» disse lui. «Le ho chiesto come stava e mi ha risposto di non seccarla. Va tutto bene, è solo un po’ nervosa». Poco dopo Erica uscì dal bagno e andò a mettersi le scarpe. Ali e Dana si avvicinarono alla figlia maggiore con sorrisi incoraggianti stampati in faccia.
  «Tutto bene? Sei pronta? Oggi è un gran giorno» commentò Ali, mentre Dana annuiva con aria convinta al suo fianco. Erica sbuffò.
  «Lo so. Me lo ripetete da due settimane» rispose alzandosi in piedi e prendendo la borsa. Sorrise. «Sto bene. Sono nervosa, ma è tutto okay. Mamma, allora ci accompagni tu? Non voglio fare tardi».
  «Sì, vi accompagno io» rispose Ali. Si era completamente dimenticata del discorso avuto la sera prima. “Sto invecchiando”, pensò. «Mi vesto in due minuti e arrivo». Detto questo corse in camera a vestirsi e cinque minuti dopo era di nuovo in soggiorno, pronta per uscire.
  «Sono pronta, ragazzi. Andiamo?» disse. Erica e Mason annuirono e andarono ad aprire la porta. «A dopo, amore» salutò Dana, dandole un bacio sulle labbra. Uscirono e Dana rimase sola, come accadeva quasi tutte le mattine da dodici anni. Iniziò a preparare la colazione sapendo che Ali sarebbe tornata entro mezz’ora. Amava farle trovare la tavola apparecchiata con una pila di frittelle e caffè bollente. Era emozionata al pensiero della figlia che si sarebbe diplomata nel pomeriggio. Ed era ancora più emozionata e orgogliosa quando pensava alla carriera che aveva pensato di intraprendere dopo la scuola. Si era iscritta al college pochi mesi prima e dopo quei quattro anni intendeva frequentare l’università di medicina. “Avremo un medico in casa, che bello”. Invece Mason stava per finire il secondo anno di liceo e non avrebbe potuto essere più diverso dalla sorella. Lui sognava di giocare a baseball da professionista sin dalla tenera età di cinque anni. E aveva talento da vendere, non solo secondo le sue mamme, ma anche secondo il suo coach. Era probabile che sarebbe riuscito a realizzare il suo sogno. Era fiera dei suoi figli, di tutti e due. Entrambi avrebbero avuto successo nella vita, anche se in due campi molto diversi. Circa cinque minuti dopo, come previsto, la porta si aprì e Ali entrò in casa, con i vestiti e i capelli bagnati: evidentemente stava piovendo forte, fuori.
  «Piove» annunciò sbuffando, senza che fosse necessario. «E io non ho pensato di portare l’ombrello. Mmm, che profumino! Hai preparato la colazione, amore?»
  «Proprio così» replicò Dana andandole incontro per toglierle la giacca e mettendola ad asciugare sul calorifero. «Una colazione calda e invitante per la mia bella mogliettina infreddolita».
  «Oh, grazie Dana» disse lei sorridendo e dandole un bacio sulle labbra, «che cosa farei senza di te?»
  «Moriresti di fame!» rispose Dana ridendo. Ali sorrise in risposta, poi prese per mano la moglie e la portò in cucina. La fece sedere al tavolo e si sedette di fronte a lei. «Ali, che cosa c’è?»
  «Dana è quasi vent’anni che stiamo insieme eppure quando ti guardo mi sento come il primo giorno in cui ci siamo conosciute» cominciò Ali. Si sentiva in uno di quei momenti in cui riusciva ad esprimere i suoi sentimenti e voleva dire a Dana una cosa che voleva dirle da anni prima di cambiare idea. «Quello che voglio dirti è... che ti amo. E sul serio, dopo tutto quello che abbiamo passato ormai non riuscirei più a immaginare la mia vita senza di te. In realtà è una cosa che sento da anni, ma per qualche motivo non ero mai riuscita a dirtela».
  «Io...» rispose Dana dopo un paio di minuti in cui non era riuscita a fare altro che guardare la moglie a bocca aperta. «Io... è... wow! Come mai tutto questo, così all’improvviso? Ti amo anch’io... E non ho mai nemmeno pensato a una vita senza di te... L’idea non mi ha mai neanche sfiorata, nemmeno durante la Guerra Fredda. Sei parte di me, lo saresti stata in ogni caso... Ma che cosa succede?»
«Non succede niente» replicò Ali stringendosi nelle spalle. «È solo che... non lo so, forse perchè oggi Erica si diploma e a settembre incomincerà il college... Al pensiero mi emoziono tantissimo e dico cose che in altre occasioni non direi, anche se è ovvio che le penso».
«Allora ringraziamo le occasioni speciali che ti fanno emozionare!» disse Dana con una risatina, anche se si sentiva pizzicare il naso e sapeva di avere gli occhi lucidi. Abbracciò Ali e si alzò in piedi. «Allora, vogliamo fare colazione? Il caffè e le frittelle non aspettano caldi e gustosi in eterno!»
«Va bene mangiamo» disse Ali. Dana andò fino al bancone e prese le cibarie che poi portò al tavolo apparecchiato. Si sedette di nuovo e cominciarono a mangiare in silenzio, sorridendo quando alzavano gli occhi dal piatto. “Vent’anni”, pensò Ali. “Vent’anni della mia vita e due figli insieme a questa donna meravigliosa e mi sento davvero come il primo giorno. Mi sembra ancora impossibile che sia successo proprio a me. Non posso essere la stessa persona che veniva sistematicamente lasciata da tutti i suoi fidanzati. La svolta è iniziata con Josh” riflettè, “ed è continuata con Dana. E so che finirà con lei”.
 
 
Una volta finito di mangiare, Ali si preparò per andare al lavoro. Da quando l’aveva trovato non aveva più lasciato il posto nello studio di Jeremy Hayes e si trovava benissimo, anche se nel frattempo il signor Hayes era andato in pensione ed era stato sostituito dal figlio Jonathan, che non voleva assolutamente essere chiamato “signor Hayes”. «Mio padre è il signor Hayes» era solito dire. «Io sono solo Jonathan». Ali non aveva niente da lamentarsi della nuova gestione.
Invece Dana dodici anni prima era riuscita finalmente ad aprire il suo famoso ristorante, il “Dame”, dalle iniziali di tutti i membri della sua famiglia. Ci aveva messo circa due anni per prendere il via, ma da quel momento aveva avuto un successo strepitoso. Avere una propria attività le aveva cambiato molto la vita: non doveva rendere conto a nessuno, anzi era lei che dava gli ordini e per quanto fosse molto appagante, lo stress che ne derivava a volte le faceva lievemente rimpiangere la sua idea. Ma nonostante questo non sarebbe mai tornata indietro e sapeva che se ne avesse avuto la possibilità avrebbe preso sempre la stessa decisione.
Ali tornò in soggiorno, vestita da lavoro e pronta per uscire. Dana guardò sua moglie a lungo che la ricambiò sorridendo. Studiò le sottili rughe intorno ai suoi occhi neri e quelle appena accennate ai lati della bocca carnosa e notò che in mezzo alla massa corvina dei suoi capelli ne riluceva timido qualcuno bianco. Questo più di ogni altra cosa la fece rendere conto di quanto tempo fosse passato da quando si erano incontrate per la prima volta in quel centro commerciale e quanti anni avessero trascorso una accanto all’altra. “Il tempo passa” si disse. Ali allungò una mano e le accarezzò una guancia e lei sapeva che stava pensando esattamente la stessa cosa. Le venne in mente all’improvviso la festa che aveva organizzato in occasione dei cinquant’anni di Ali, ad aprile dell’anno prima. Al Dame naturalmente, che aveva interamente riservato per la serata.
«Tesoro, adesso devo proprio scappare» disse Ali, facendola ripiombare di colpo alla realtà. Le diede un bacio veloce e aggiunse: «Ci vediamo oggi pomeriggio a scuola, per la cerimonia». Dana annuì. Si scambiarono un ultimo bacio e Ali uscì di casa. Percorse il vialetto di corsa e prese la macchina. Mentre sedeva al posto del guidatore le venne in mente quella sera in cui, dopo aver litigato con Dana, aveva preso la macchina e girato per la città senza sapere dove andare. “E alla fine... La Guerra Fredda” pensò. Così avevano chiamato il periodo seguito al suo tradimento in cui lei e Dana non si parlavano e che era improvvisamente finito a causa del suo incidente. “Ci sono successe abbastanza cose per una vita intera”. Mise in moto e andò al lavoro, dove avrebbe trascorso la mattinata. Aveva preso un permesso speciale per il pomeriggio, in modo che potesse assistere alla cerimonia del diploma di sua figlia.
 
 
La mattina era passata in modo normale per tutti e alle tre del pomeriggio Ali e Dana si trovavano nel cortile della scuola insieme a Mason. Erano appena arrivati e non avevano ancora visto Erica; quest’ultima intanto si stava preparando insieme ai suoi compagni di corso e a un certo punto arrivò un ragazzo per avvertirla che la sua famiglia era arrivata. «Grazie Simon» disse lei finendo di abbottonarsi la toga. Quando ebbe finito corse nel giardino per andare a salutarli. Ali quando la vide credette di scoppiare d’orgoglio: quella era proprio la sua bambina, così bella e cresciuta. Dana le corse incontro e l’abbracciò a lungo tenendola stretta a sè, come faceva quando era piccola. Dopo aver salutato anche Mason, Erica si guardò intorno.
  «Non è ancora arrivato nessuno?» chiese. Ali scosse la testa. «Noi siamo i primi» disse. Aveva appena finito di parlare che un giovanotto alto e con i capelli castani entrò nel cortile, camminando con le mani in tasca. Erica quando lo vide lanciò un grido di gioia.
  «Ryan!» esclamò, correndo ad abbracciarlo. Ali e Dana sorrisero un po’ meccanicamente quando videro il ragazzo di Erica. «Ciao Ryan» dissero in coro. Lui sorrise leggermente impacciato.
  «Salve signore Donnell» rispose, togliendo subito il braccio dalla vita di Erica. Ali si guardò intorno, mentre aspettavano il resto della famiglia e vide vicino al cancello una donna sconosciuta che però per qualche strana ragione aveva un’aria molto familiare. La tenne d’occhio per un po’ e si rese conto che stava guardando verso di loro, in particolare verso Erica. La attraversò un pensiero improvviso. “Ma potrebbe essere...? No, è impossibile”.
  «Ehi, Dana» bisbigliò rivolta alla moglie, che al momento stava parlando con Erica e Ryan. «Dana!»
  «Che c’è?» le chiese l’altra voltandosi verso di lei. Ali le fece cenno di seguirla e si allontanarono leggermente dai tre ragazzi. «Che cosa c’è?» ripeté a voce più alta quando si fermarono.
  «La vedi quella donna?» le chiese Ali indicandola con un cenno della testa. Dana la guardò e aggrottò le sopracciglia. «Sì, ma chi è?»
  «Non lo so, ma guardala in faccia! Non ti sembra che abbia un’aria familiare?» fece Ali. A queste parole Dana la guardò di nuovo, questa volta leggermente più a lungo.
  «In effetti sì, ora che mi ci fai pensare... Aspetta un momento, pensi che sia...?»
  «Non ne ho idea, ma è possibile no? Che facciamo, andiamo a parlarle? Secondo te cosa ci fa qui? Come sapeva dove trovarla?» Ali sembrava preoccupata e Dana, più ottimista, le mise una mano sulla spalla con fare rassicurante.
  «Può darsi che abbia chiesto a qualcuno a Portland» osservò. «Secondo me non dobbiamo fare niente per ora. Se poi quando è finita la cerimonia è ancora lì, andiamo a parlarle. Okay?» chiese Dana e Ali annuì. Tornarono dai due figli e videro che erano arrivati Benji e Lara, con Sam. Ali salutò tutti quanti e dopo aver saputo che Deena stava parcheggiando e sarebbe arrivata poco dopo, prese il fratello per un braccio e lo trascinò in disparte.
  «Benji...» esordì, ma lui la interruppe. «Ali, all’ingresso c’è una donna che continua a guardare verso di noi. Te ne sei accorta?»
  «Volevo parlarti proprio di questo!» esclamò la sorella. «So di non averla mai vista, eppure mi sembra di conoscerla. Tu non pensi che potrebbe essere lei
  «Lei?» le fece eco Benji con aria pensierosa. «Cioè intendi...?» Ali annuì e lui annuì in risposta. «Sì, potrebbe essere in effetti». Si passò una mano tra i capelli neri, tagliati corti e leggermente ingrigiti sulle tempie. «Vuoi andare a parlarci o vuoi che vada io?»
  «No, fratello, non ce n’è bisogno» rispose Ali. «Io e Dana abbiamo un piano, volevo solo essere sicura di non sbagliarmi».
  «Va bene, Al» disse Benji. Fece per andarsene e poi si voltò di nuovo. «Non l’hai mai vista. Come hai fatto a capire che era lei, così a colpo d’occhio?»
  «Non dirmi che non l’hai notato, Benji» fece lei con un sorriso ironico. «Sono identiche». Tornarono di nuovo da tutto il gruppo e pochi minuti dopo arrivò Deena, seguita a qualche passo di distanza da Taylor e Chris, che si erano fermati ad ammirare il cancello ed erano rimasti indietro.
  «Mamma, papà!» esclamò Ali andando ad abbracciarli. Erano un po’ incurvati per via dell’età, ma in fondo erano sempre gli stessi. «Che sorpresa, non sapevo sareste venuti anche voi!»
  «Non ci saremmo mai persi un evento importante come questo!» esclamò Taylor. Anche il suo modo di parlare non era cambiato. Nel giro dei dieci minuti seguenti arrivarono i genitori e la sorella di Dana insieme alla famiglia e poco dopo si sentì una voce dall’altoparlante che invitava studenti e insegnanti a prendere posto perché la cerimonia sarebbe cominciata entro breve. Andarono tutti a sedersi chiacchierando emozionati; Ali non stava più nella pelle dalla felicità. Erica gliel’aveva ripetuto decine di volte nei giorni precedenti. «Mamma» diceva, «è solo il diploma del liceo, datti una calmata! Quando mi diplomerò al college o alla scuola di medicina che cosa farai?»
  Sua figlia aveva ragione, lo sapeva, ma lei non poteva farci niente. Era anche sicura che al momento in cui il preside avesse chiamato Erica si sarebbe messa a piangere, ma non le importava. La sua bambina si sarebbe diplomata e per lei niente contava di più in quel momento. Dana le si avvicinò e intrecciò una mano alla sua: insieme, era così che loro due funzionavano. Andarono a sedersi e pochi istanti dopo iniziò la cerimonia. Non fecero molto caso ai primi nomi dell’elenco, ma quando il preside chiamò «Erica Diane Donnell-Rogers» si risvegliarono entrambe e Dana uscì dalla fila per scattare una montagna di fotografie. Volevano mandarle anche a Faith, che non era potuta venire perché era alla partita di calcio di Julian, il figlio minore. Ali vide sua figlia ricevere il diploma e stringere la mano a diversi membri del corpo insegnante e infine tornare al suo posto in una delle prime file, il tutto applaudendo così forte che probabilmente l’avrebbero sentita anche in California. A quel punto si voltò, mentre Dana tornava accanto a lei, e vide come aveva immaginato, la donna che aveva già notato in piedi sul fondo che applaudiva con gli occhi lucidi. Questo le confermò l’identità della sconosciuta.
  «È ancora qua» bisbigliò in un orecchio a Dana. Lei ridacchiò e si grattò leggermente il collo, come sempre quando Ali le parlava nelle orecchie, poi annuì. «Appena finiamo qui andiamo a parlarle». 
  Così fecero. Quando fu tutto finito, si alzarono e si diressero verso di lei e appena Benji se ne accorse si mise a correre per raggiungerle.
  «Vieni anche tu, Benji?» gli chiese Ali senza la minima sorpresa. Suo fratello annuì. «Sono un medico, forse si ricorderà di me. In ogni caso voglio darvi sostegno morale».
  «Grazie Benji» fece Dana, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. Quando arrivarono dalla donna lui rimase indietro, lasciando campo libero alle altre due. Guardandola Ali vide che poteva avere circa trentacinque anni, esattamente l’età che immaginava che avesse. La donna annuì quando le vide arrivare, come se già sapesse.
  «Immaginavo che sareste arrivate» disse. Poi tese la mano a entrambe. «Mi chiamo Jennifer Thompson e sono...»
  «La madre biologica di Erica» concluse Dana per lei. «Sì, l’avevamo immaginato».
  «Già...» fece Jennifer, abbozzando un sorriso imbarazzato e passandosi una mano dietro il collo. «So di non avere niente a che fare con voi, ma... insomma, volevo vederla. Due mesi fa sono tornata all’ospedale in cui è nata per sapere cosa ne fosse stato di lei e ho saputo che era stata adottata da una coppia formata da due donne dolcissime. Ormai ha quasi diciotto anni, mi sono detta, chissà come sarà diventata. Poi ho saputo che oggi si sarebbe diplomata qui e non ho resistito a dare un’occhiata. Avete fatto un ottimo lavoro». Ali le sorrise in risposta.
  «Beh, grazie» disse. «È una ragazza fantastica, davvero. Vorrebbe conoscerla? Immagino che a Erica farebbe piacere conoscere chi l’ha messa al mondo».
  «Sì anche a me piacerebbe conoscerla... Ma solo se vuole lei... Penso che prima dobbiate chiederglielo, magari non le interessa» aveva un’espressione così speranzosa che Ali pregò intensamente che Erica dicesse di sì. In quel momento vide la figlia poco distante dal gruppo che le guardava incuriosita. Si allontanò e la raggiunse.
  «Ciao Erica...» cominciò mettendole una mano sul braccio. Erica le lanciò un’occhiata interrogativa. «Mamma, ma che sta succedendo?» chiese con espressione confusa. «Con chi state parlando tu, mami e lo zio Benji? Chi è quella donna?»
  «Ecco... sarebbe... tua madre. La tua madre naturale» rispose Ali. «Era già qua stamattina, ha detto di aver saputo che cosa ti era successo e ha voluto vedere com’eri diventata. Vorrebbe conoscerti se tu sei d’accordo. Che ne dici? La vieni a salutare?» sorrise e le allungò una mano. Erica esitò e guardò prima sua madre e poi il gruppetto davanti a lei. Alla fine però fece un mezzo sorriso, annuì e prese la mano di Ali. «Va bene, andiamo» disse.
  Si avvicinarono perciò di nuovo al gruppetto e Ali presentò la figlia alla madre naturale. Le diede una strana sensazione che non seppe definire. «Jennifer, questa è Erica. Erica, lei è Jennifer».
  Erica abbozzò un sorriso e allungò la mano che l’altra strinse con l’aria di chi non riesce a credere ai suoi occhi. La ragazza quando vide la madre biologica ebbe la precisa e stranissima sensazione di guardare dentro uno specchio invecchiante: di fronte a lei c’era la sua esatta versione con sedici anni di più. L’unica differenza stava nei colori: Erica aveva occhi e capelli neri e la pelle che sembrava perennemente abbronzata, mentre l’altra aveva occhi nocciola, capelli castano chiaro e qualche lentiggine sparsa qua e là sulle guance e sul naso. «Piacere di conoscerti» disse.
  «Il piacere è tutto mio, Erica» rispose Jennifer. Entrambe sorrisero, ma nessuna delle due sapeva cosa dire e poco dopo Jennifer se ne andò, ma prima Erica le diede il suo numero di telefono. Magari ogni tanto potevano mandarsi un sms.
  Ali si godeva la scena un po’ in disparte e quando Dana le si avvicinò, lei le sorrise e la abbracciò. In quel momento avrebbe voluto che qualcuno le chiedesse: «L’amore come va?» per poter rispondere, «benissimo». Poi però si guardò intorno: vide tutta la sua numerosa famiglia al completo, sua moglie accanto a lei e i suoi figli poco distanti. Pensò a tutto quello che aveva passato, sofferto e conquistato in tutti quegli anni. Le venne in mente solo una cosa: “Ho tutto quello che potrei desiderare, qui e adesso. La mia vita è meravigliosa”.
 
 
 
Fine
 
 


NdA: *musica solenne* amici, siamo davvero arrivati alla fine... Siete tristi? Io un po' sì, è stato un viaggio bellissimo e ringrazio tutti quelli che hanno letto, preferito, seguito e ricordato, le due che hanno recensito (molto delusa), ma soprattutto tutti i miei personaggi, a cui ho fatto capitare davvero di tutto. E niente... alla prossima, magari! E come sempre, have fun!
 
 
 
  
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