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Autore: Carme93    27/12/2015    1 recensioni
Una nuova generazione alle prese con la propria infanzia ed adolescenza, ma anche con nuove minacce che si profilano all'orizzonte. I protagonisti sono i nuovi Weasley e Potter, ma anche i figli di tutti gli amici che hanno partecipato alla decisiva Battaglia di Hogwarts. Da quel fatidico 2 maggio 1998 sono ormai trascorsi ventun anni...
Genere: Avventura, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alastor Moody, Famiglia Dursley, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo ventiquattresimo.
Il fantasma di Silente


 
«Ecco i Tassorosso, capitanati da Gabriel Richardson… Abbott, Mcnoss, Mcmillan, Calliance, Castor e Norris…» Hermes Pratzel strillava dalla sua postazione come sempre. Albus prese posto accanto a Frank e Roxi nella marea rosso-oro. Giocherellò con la sciarpa, mentre suo fratello e gli altri Grifondoro facevano il loro ingresso in campo.
«Sono in forma, vinceranno senza alcun problema» disse Scorpius, appena arrivò e lo salutò con una pacca sulla spalla. Qualcuno lo guardò torvo.
«Cerchi di suicidarti, Malfoy?» lo apostrofò Eleanor Mckenzie, seduta dietro di loro.
«No, grazie. Ci tengo alla pelle. Voglio solo guardare la partita» replicò lui con un ampio sorriso.
«Tranquillo, Scorp. Non ti succederà nulla. Se ti dovesse accadere qualcosa, mentre sei in mezzo ad una folla di Grifondoro con chi pensi che se la prenderebbero? Non siamo furbi, ma nemmeno stupidi» disse Alastor.
Albus sorrise allo scambio di battute, ma poi, appena Scorpius ed Alastor si concentrarono sulla partita, tornò serio e si rivolse a Frank.
«Devo parlarti di una cosa importante» sussurrò.  Era sempre stato molto legato a Frank: la loro famiglia era molto numerosa e spesso era difficile trovare un po’ di calma, ma soprattutto non sempre si trovava perfettamente a suo agio con i cugini chiassosi. Fin da piccolo aveva trovato un buon amico proprio in Frank e nonostante ad Hogwarts fossero più distanti, visto che erano in classi diverse, comunque in caso di necessità si cercavano.
«Sei preoccupato per James? Non credo che i Serpeverde tenteranno un colpo basso proprio durante la partita. Sono presenti quasi tutti gli insegnanti e la Preside».
Albus sospirò: «Mmm ciò non significa che non si vendicheranno… Rose non avrebbe dovuto raccontare agli altri che è stato Maciste a picchiarci insieme a Warrington… Cioè lui e Fred sono stati fantastici…».
«Più che fantastici, direi… Credo che nessun altro Grifondoro abbia mai compiuto un’impresa simile… Sono entrati nottetempo nella Sala Comune dei Serpeverde ed hanno spruzzato la vernice speciale Tiri Vispi Weasley, di colore rosso-oro naturalmente, e poi entrare nei dormitori maschili e nelle loro stanze… Maciste non faceva più il gradasso quando Fred l’ha messo sotto sopra con il liberacorpus… Hanno umiliato i Serpeverde ben bene da quello che raccontano… L’anno ricoperto di melassa e di piume… Una cosa straordinaria! Robards era furioso. Ho sentito dire che Zabini l’ha buttato giù dal letto a quell’ora… Naturalmente Robards se l’è presa con mio padre… Credo che a lui però non sia dispiaciuto per nulla di questa bravata… insomma la verità è che a nessuno è andata giù come hanno gestito il vostro pestaggio…».
«Appunto i Serpeverde aspettano solo il momento adatto per vendicarsi! Ma non è di questo che vorrei parlarti». Albus si chinò di più sul suo orecchio e rapidamente gli raccontò della Leggenda dei Fondatori. Man mano che andava avanti, gli occhi di Frank si dilatavano per lo stupore. «E questo è tutto» concluse, aspettando ansiosamente che gli dicesse qualcosa. Frank, però, fu sollevato dal gravoso compito da uno Scorpius eccitato, che gridò strattonando Albus per la spalla: «Guarda tuo fratello! Che picchiata!». Scorpius era in piedi sul sedile, come molti altri Grifondoro, e seguiva attentamente la discesa del cercatore. Albus individuò il fratello proprio mentre quest’ultimo riprendeva quota mostrando a tutti il boccino stretto tra le sue mani.
«È stato magnifico!» strillò Scorpius.
Albus sorrise incerto, dopotutto quello che era successo in quei mesi non riusciva più ad entusiasmarsi di fronte ad una vittoria di Grifondoro.
«Al, non credi sia il caso di parlarne con un adulto? Se le pietre funzionano davvero… nelle loro mani diventerebbero un’arma pericolosa… E loro hanno rubato il topazio a Dorcas ed il rubino a Rosie… E poi non potete mica entrare nella foresta a cercare lo smeraldo di Salazar… Finireste in un guaio assurdo» disse Frank, mentre lasciavano lo stadio.
«Lo so», sospirò, «Rosie però è fissata. Fa piani su piani… E dirlo agli adulti? Pensi che non abbia pensato di confidarmi con tuo padre? Ma così tradirei la fiducia di Rose e poi ormai quei ragazzi lo sanno e se gli insegnanti li chiedessero qualcosa negherebbero… sicuro… e come potremmo dimostrarlo? Lo zaffiro da solo potrebbe essere un semplice zaffiro e comunque non sappiamo se le pietre funzionino per davvero».
«Mmm non so come consigliarti Albus».
«Mi basta che tu lo sappia, gli altri sono troppo coinvolti: Rose è riuscita a convincerli. Loro credono di poter sconfiggere i Neomangiamorte con le pietre… Ma a me sembra troppo facile…».
«È per questo che eri preoccupato le settimane scorse?».
«Anche. Dopo l’uccisione di Ombrosus, ho iniziato ad avere degli incubi… sempre più frequenti e le notizie sulla gazzetta non sono state d’aiuto… morti, soprattutto tra i Babbani… sarà egoistico ma ho cominciato a temere che possa succedere qualcosa ai miei familiari… ed a poco a poco sono diventato sempre più ansioso… e sinceramente ero terrorizzato dall’idea di addormentarmi e vedere concretamente le mie paure realizzarsi e poi zio Ron, nella serie storie da non raccontare mai ai tuoi figli-nipoti ma io le racconto comunque, ci ha detto più di una volta che mio padre aveva un pessimo rapporto con gli incubi da ragazzo…».
«In che senso?» lo interruppe Frank.
«Non lo so… Mio padre si è rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda in proposito e si è arrabbiato molto con zio Ron per averci raccontato certe cose e naturalmente lo zio si è guardato bene dall’aggiungere altro… Comunque ho iniziato a prendere la Pozione Risvegliante… era diventata una specie di ossessione… grazie alla pozione riuscivo a studiare e seguire le lezioni e cercavo di evitare di dormire il più possibile, ma come Mcmillan dice sempre, e né lui né Madama Chips erano molto contenti quando l’hanno saputo, ogni pozione ha degli effetti collaterali in generale e poi specifici a seconda delle persone… E ti assicuro che ne ho bevuta parecchia… Dopo che Maciste mi ha spedito in infermieria, ho ceduto ed ho raccontato tutto a tuo padre…». Albus si fermò di scatto sulla riva deserta del Lago Nero. «Sono contento che lui sia qui e sia il nostro direttore. Ho fatto una stupidaggine enorme e ne ero consapevole… però, lui è il mio padrino, così nonostante mi vergognassi mi sono rivolto a lui… È tuo padre Frank… stravede per te e le tue sorelle… perché non gli racconti di Calliance e compagni? Sono stati loro a romperti gli occhiali nuovi?».
Frank trattenne il respiro, preso alla sprovvista dalla rapidità con cui l’amico aveva cambiato argomento. Toccò gli occhiali leggermente storti. «È stato Halley Hans», ammise a malincuore, «Come posso raccontare una cosa del genere a mio padre?».
«Come ho fatto io!».
«Non è la stessa cosa! Il tuo era un problema personale. Il mio… Insomma ti rendi conto cosa succederebbe?».
«Sì, Calliance e gli altri avrebbero la punizione che si meritano per essere degli stupidi prepotenti!» lo interruppe Albus.
«E verrebbero tolti un sacco di punti a Grifondoro! Finiremmo ultimi nella classifica…».
«Ma chissenefrega della coppa delle Case! Frankie vuoi continuare a farti mettere i piedi in testa fino al diploma? Immagino che te ne sia accorto, più crescono più diventeranno fastidiosi!».
«Ci penso, ok? Ho bisogno di un favore, però».
Albus sospirò: difficilmente Frank si sarebbe ribellato da solo a quella situazione. «Dimmi».
«Potresti prestarmi il tuo libro di pozioni dell’anno scorso? A fine anno te lo restituisco. Roxi non sa dove sia il suo, mi ha detto che forse l’ha dimenticato alla Tana; ma non vuole chiederlo a sua mamma, perché se no comincia con la predica sulla sua distrazione e menefreghismo… Anche se nelle condizioni in cui è ora, penso che le concederebbero qualunque cosa senza dire nulla».
«Andiamo, così scrivo subito a mia mamma e le dico di mandarmi il libro».
«Grazie, Al».
«Tu pensa a quello che ti ho detto» replicò lui con un lieve sorriso.
*

«James la smetti di toccarti l’orecchio?» domandò Danny con una smorfia di disgusto. Tylor li aveva convinti a farsi fare un piercing da Charles Harper di Serpeverde. L’orecchio di James, però, si era gonfiato intorno all’anellino ed aveva assunto un colorito verdognolo.
«Mi fa male!» si lamentò il ragazzo.
«Sei una femminuccia, Jamie» disse Tylor.
«Devi andare da Madama Chips! Quella è un’infezione con i fiocchi» lo avvertì Benedetta, ma prima che James potesse replicare, Tylor e Danny si fermarono a fronteggiarla: «Senti Merinon, hai davvero rotto le pluffe! Capito? Non ce ne frega nulla di quello che pensi tu» disse Danny.
«Sei pesante e non ci piace la tua compagnia! Sei troppo perfettina per noi, molto carino da parte tua suggerire a Jamie come beccarsi una punizione!» rincarò Tylor.
«Ma che dite?! Benedetta, aspetta… io non…» tentò James, ma la ragazza era già scappata via e lui si voltò adirato verso gli altri due ragazzi: «Ma come vi siete permessi di dire certe cose? L’avete fatta piangere!».
«L’abbiamo fatto per te. La sua compagnia ti sta cambiando!» rispose Danny.
«Tuo cugino Fred è d’accordo con noi. Inoltre con la sua mania di studiare sempre e fare tutti i compiti senza copiare ti sta distraendo dal Quidditch! Non puoi dimenticarti dei tuoi doveri nei confronti dell’intera Casa per una ragazzina insignificante!» rincarò Tylor.
«Ma se ho preso il boccino in meno di un quarto d’ora contro i Tassorosso!».
«Tuo padre ai suoi tempi ce ne ha messi dieci, me l’ha detto mio padre».
«Roderick Plumpton ha preso il boccino in tre secondi e mezzo nella partita contro le Caerphilly Catapults nel 1921! Non hai fatto chissà cosa!».
«Voi siete impazziti! Io non devo battere il record di un Cercatore della Nazionale Inglese e poi secondo me ha avuto solo moltissima fortuna! Ora cerchiamo Benedetta e le chiedete scusa!».
«No, no. Ti devi allontanare da lei! Ha una pessima influenza su di te!» replicò Danny.
«Adesso andiamo ai Tre manici di scopa e ci prendiamo una burrobirra!» disse Tylor e iniziò a trascinarlo per un braccio. James si staccò di forza e li guardò malissimo, precedendoli nel pub. Si diresse subito al bancone per ordinare per tutti e tre. Il pub ora gestito dalla madre di Tylor.
«Buongiorno signora Jordan, ciao Drew, ciao Dali» salutò la madre ed i fratellini dell’amico.
«Ciao James, come stai? A Scuola tutto bene?».
«Tutto come sempre. Lei come sta?».
«Come devo stare? Con tutte le preoccupazioni che ho! E Tylor non mi aiuta mica! Nell’ultimo mese ho ricevuto una lettera dalla McGranitt e quattro da Paciock! Quel ragazzo mi farà morire di crepa cuore! Ed adesso che diavolo vi siete messi alle orecchie?» domandò nervosa, scrutando il suo orecchino.
«È solo un piercing, signora… Noi…», ma lei non lo fece finire di parlare, che si precipitò dal figlio maggiore.
«Disgraziato! Mi avevi detto che i soldi ti servivano per comprare un libro! Mi vuoi fare davvero impazzire!» urlò. Molti avventori si voltarono verso di loro. Quel giorno, però, la maggior parte erano studenti della Scuola e quindi si limitarono a sghignazzare.
«Che cosa vuoi, James?» chiese scontroso Drew. James distolse lo sguardò dalla scena e si voltò verso il bambino. «Tre burrobirre, per piacere».
Pochi secondi dopo Drew li mise davanti ciò che aveva chiesto. «Perché hai assecondato quel cretino di mio fratello?» gli chiese con espressione cupa.
«Non pensavo ci fosse nulla di male…».
«Sei uno scemo» commentò seriamente Drew, per poi rivolgersi ad un altro cliente, ignorandolo completamente. James tornò dagli amici, proprio mentre la signora Jordan indignata voltava le spalle a Tylor.
«Però, l’ha presa maluccio» commentò il ragazzo con noncuranza.
«Maluccio, dici? Ha promesso che da lei non vedrai un soldo fino alla fine dell’anno!» replicò Danny.
«Almeno io ho avuto il coraggio di dirlo a mia madre, voi no. Siete dei fifoni».
Danny si mosse imbarazzato sulla sedia. Avevano fatto il piercing circa una settimana prima e da quel momento ogni lezione di Antiche Rune aveva fatto finta di star male ed aveva evitato ogni contatto con la madre.
«Sua madre lo sa. Ed anche mio padre. E mi sa che non l’ha detto alla mamma e se non ha il coraggio lui, che ha sconfitto Lord Voldermort…» replicò James.
«Mia madre lo sa?» chiese Danny scioccato.
«Gliel’ha detto zio Neville, così come ha fatto con mio padre. Penso che stia solo attendendo il momento adatto per beccarti».
Danny deglutì e si mise a bere la sua burrobirra in silenzio, mentre Tylor assumeva un’espressione terribilmente soddisfatta. James fece per dirgli qualcosa ed esortarlo a chiedere scusa a quella povera donna di sua madre, ma poi ci ripensò: l’argomento famiglia era sempre stato un tabù tra loro.
«Non piangi perché la mamma ti ha rimproverato, Jordan?». Su di loro troneggiavano un gruppetto di Serpeverde.
James sentì il sangue arrivargli in testa: «Parkinson, tu ed i tuoi amici non siete i benvenuti». Tylor comunque aveva già messo mano alla bacchetta.
«Posala… è appena entrato Mcmillan insieme a Finch-Fletchley…» lo bloccò Danny. James con la coda dell’occhio vide i due insegnanti sedersi in un tavolo vicino all’ingresso. Lontani abbastanza da non sentire ciò che dicevano, ma non da non vedere una zuffa.
«Sì bravo, Jordan. Ascolta Baston» disse il Serpeverde. «E poi volevamo solo proporvi una sfida. O non avete abbastanza coraggio?».
«Noi siamo coraggiosi, dicci che dobbiamo fare e te lo dimostreremo» rispose Tylor determinato. James e Danny lo affiancavano supportivi, ma il primo sentiva odore di guai.
«Avete presente La testa di Porco?».
«Dicono che è infestata dai fantasmi…» disse Van Rutter alle sue spalle.
«Idiota, sono tutte storie…».
«Una zia di mia madre abita qui ad Hogsmeade… E negli ultimi tempi ci sono stati strani rumori, ma non entrerebbe mai nessuno lì dentro… secondo me è davvero il fantasma del vecchio scorbutico».
«Sarà, allora scopriremo anche quello» replicò Marcus Parkinson tranquillo.
«Ti sei dato alla caccia ai fantasmi, Parkinson?».
«No, Potter. Preferisco il whisky incendiario ben invecchiato. Sono sicuro che il vecchio ne ha lasciato qualche cassa prima di schiattare e dubito che qualcuno abbiamo avuto il coraggio di entrare a prendersele. Sarebbe un vero peccato non approfittarne».
«Ci è vietato entrare lì dentro» disse James e tutti si voltarono verso di lui increduli.
«Ci stiamo, ma se vuoi quel whisky dovrai pagarci il servizio Parkinson» disse Tylor.
«Da quando Potter si preoccupa delle regole?».
«Lascia stare Jamie, sta passando un periodo turbolento. Vogliamo centocinquanta galeoni e qualche bottiglia per noi» rispose Tylor.
«No. Il prezzo dipenderà dalle bottiglie che mi porterete. Solo allora ci metteremo d’accordo».
«Ti conviene rispettare il patto, Parkinson o sai di cosa siamo capaci…».
«Sì, certo» rispose lui con noncuranza, «ma io non sono un incapace con Maciste. So usare la bacchetta, quindi non ti montare troppo Jordan. Ora noi andiamo, vi aspetto tra un’oretta vicino alla Stamberga Strillante. Lì nessuno farà caso a noi…».
«No» lo interruppe James, «Ci vediamo vicino quel negozio di vestiti babbani».
«Tu deliri, Potter. Ci vedremo dove ho detto io. A dopo» concluse Parkinson. Lui e i suoi amici si allontanarono e presero posto in un tavolo poco distante.
«Ma sei scemo? Quel negozio è quasi al centro del villaggio! Vuoi farti vedere da tutti?» sbottò Tylor.
«Siete voi che vi sbagliate! Questo posto pullula di Auror ed agenti della Squadra Speciale Magica! Se ci vedessero trascinare una cassa fuori dal villaggio, ci fermerebbero dopo tre secondi!».
«Jamie, non c’è nessuno. Gli Auror e gli agenti si notano e noi non ne abbiamo incrociato nessuno da stamattina. Sei paranoico!» disse Danny.
James scosse la testa irritato: «Per forza, sono in borghese! E comunque Tylor non avresti dovuto accettare senza consultarci».
«Neanche a me piace l’idea, però Tylor ha ragione: è un’ottima occasione! Per te che ti devi riprendere e per la nostra raccolta fondi per Madrid, visto che non ti fai più pagare per le ripetizioni».
James lo fulminò con lo sguardo: cioè quei due avevano anche il coraggio di lamentarsi, quando lui era stato l’unico a rimetterci! Il piccolo ed adorabile Colin Canon si era lamentato con il padre perché non aveva i cinque galeoni per pagare le ripetizioni: Dennis Canon era uno degli uomini di suo padre e non ci aveva messo molto ad andare a lamentarsi con lui. Si era beccato una strillettera dalla madre e ci aveva rimesso anche i suoi risparmi: erano stati costretti a restituire i soldi presi ma i due geniali amici ne avevano già speso una parte, per cosa poi solo Merlino lo sapeva!
«Andiamo» li esortò Tylor che fissava la madre preoccupato: la donna stava parlando con i due insegnanti. «Muoviamoci, credo che quello stronzo di Mcmillan le stia raccontando del piccolo incidente di ieri».
James inarcò un sopracciglio: l’amico ieri aveva fatto esplodere un paio di micette nei calderoni di alcuni Corvonero, rei di essere degli insopportabili secchioni. Ora lui era di certo l’ultima persona che poteva fare la morale, ma nei calderoni c’era una perfetta pozione esplodente. Basti dire che la maggior parte della classe era finita in infermeria (cioè tutti tranne loro e Benedetta perché si sono nascosti sotto un banco appena in tempo) compreso Mcmillan, e l’aula era tutt’ora inagibile. Ce l’avevano quasi fatta ad uscire senza essere visti dai tre adulti, quando la donna gettò un urlo, che avrebbe fatto invidia ad una banshee: «TYLOR LEE JORDAN! TORNA IMMEDIATAMENTE QUI, SEI HAI IL CORAGGIO!».
«Gambe!» li incitò Tylor quasi tirandoli di peso fuori dal pub. «NE PARLIAMO LA PROSSIMA VOLTA» urlò in risposta prima di allontanarsi di corsa.
«TI GIURO CHE NON CI SARA’ UNA PROSSIMA USCITA AD HOGSMEADE».
James con la coda dell’occhio vide la signora Jordan sulla porta del pub, in un posizione che ricordava tanto nonna Molly e quando nonna Molly li guardava con le mani sui fianchi non era mai un buon segno.
«Credo che tu sia perduto stavolta» commentò Danny, mentre riprendevano fiato.
«Figurati, urla soltanto… e poi sul permesso c’è la firma di mio padre. Lei è un’esagerata, lui lo sa. Forza, James. Tira fuori il mantello» replicò Tylor.
James sospirò ed obbedì. Tirò fuori il mantello nascosto sotto quello della divisa e con un gesto automatico, perché lo compiva ormai da tre anni, coprì se stesso e gli amici. Tutto sommato era meglio che nessuno li vedesse avvicinarsi alla Testa di Porco. Il locale era stato chiuso dopo la morte di Abeforth Silente, avvenuta quando loro erano al primo anno. Da allora gli studenti avevano iniziato ad entrarci per gioco o per pure curiosità. In un primo momento gli insegnanti a malapena ci avevano fatto caso, poi un giorno di due anni prima, uno studente aveva rischiato di farsi male seriamente a causa della caduta di una trave di legno e così era stato severamente vietato l’ingresso a tutti. James seguì in silenzio gli amici lungo la via principale e poi svoltò in una stradina secondaria: il vecchio locale si ergeva a stento e probabilmente se non fosse appartenuto ad un membro della famiglia Silente sarebbe già stata demolita da un bel pezzo. L’ingresso era stato sbarrato con spesse assi di legno. Si guardarono intorno, ma non c’era nessuno.
«Come entriamo?» chiese Tylor.
«Con la magia, logico» replicò Danny, alzando gli occhi al cielo. Si avvicinarono alla porta ed estrasse la bacchetta. Ci rifletté un po’ su e poi disse con voce chiara e sicura:
«Evanesco».
I tre rimasero ad osservare le assi, che non si erano minimamente mosse.
«Quello è un incantesimo del quinto anno!» sbottò James, mentre Tylor metteva mano alla bacchetta. «Bombard-».
«Sei impazzito?!».
«Vuoi farci scoprire?».
«Ed allora come facciamo?» chiese Tylor, infastidito che gli amici l’avessero bloccato.
«Alla babbana» replicò James, «aiutatemi». Provò a tirare la prima asse senza farci attenzione, in quanto sapeva che da solo non ce l’avrebbe mai fatta. Insomma avrebbe voluto solamente spingere gli amici a darsi una mossa. Ma le cose andarono molto diversamente: l’asse venne via alla minima pressione e lui si ritrovò a terra, il legno non lo prese in testa per pochissimo ed il mantello scivolò via scoprendoli.
«Cavoli, James. Da quando sei così forte?» chiese Tylor ammirato.
James sbuffò e si rialzò, proprio mentre un basito Danny spostava la seconda asse. Tylor sgranò gli occhi.
«A quanto pare siamo stati preceduti» borbottò James preoccupato. Chi avrebbe voluto entrare in posto del genere? Uno studente? Era da escludere, insomma avrebbe incontrato le loro stesse difficoltà oltre il fatto che, appunto, era vietato e tutti pensavano che vi fosse il fantasma di Abeforth Silente, ancora più scorbutico di quanto era stato in vita. Danny annuì, evidentemente stava facendo rapidamente le stesse considerazioni.
 «Entriamo!» li esortò Tylor, che non condivideva le loro preoccupazioni. James estrasse la bacchetta e nascose nuovamente il mantello. Tolsero altre assi e poi entrarono insieme. Il primo piano era ingombro di pezzi di legno, che i ragazzi identificarono ben presto con le varie parti dei tavoli, altri integri si trovavano capovolti o buttati contro le pareti. Alla luce fioca della bacchetta videro vari disegni osceni che adornava le pareti. Ah, sì, la Preside li aveva vietato l’ingresso anche per un “un’inaccettabile comportamento da teppisti di strada, che non si addice ad uno studente di Hogwarts”. Tylor sobbalzò, spaventando anche i compagni.
«C’erano degli occhi sulla parete!».
James e Danny puntarono le bacchette sul punto che li stava indicando, ma non c’era nulla.
«Non dire fesserie, le pareti non hanno occhi. Vediamo se c’è qualcosa qui» lo redarguì Danny.
Ispezionarono la stanza, ma non trovarono nulla.
«Logico! Molti altri studenti sono entrati qui prima di noi. Ma nessuno ha avuto mai il coraggio di salire al piano di sopra ed è proprio quello che faremo noi» sentenziò Tylor. Gli altri due non dissentirono. Così si avviarono lungo la pericolante scala di legno.
«Comunque qui dentro deve essere andato a male qualcosa. C’è un forte odore di marcio» costatò Danny, tappandosi il naso con la mano sinistra. I gradini di legno scricchiolavano sotto il loro peso, minacciando di farli cadere di sotto.
«Fermo!» James bloccò Tylor appena in tempo prima che mettesse il piede su un gradino rotto. Da quel momento in poi fecero ben attenzione a dove mettevano i piedi, così ci misero diversi minuti a salire la prima rampa di scale.
«Sono sicuro che questa era la stanza del vecchio. Non ha il numero» disse Danny.
«Ma voi ne siete proprio sicuri? Insomma perché dovrebbe esserci del whisky nella sua stanza? Sotto non ce n’è…».
«Era un vecchio sporco e spilorcio… Quindi direi che è più che possibile» replicò Tylor. James si strinse nelle spalle e non disse nulla, tanto ormai erano lì e tanto valeva controllare. Strinsero le bacchette e James entrò per primo nella stanza. Ebbe appena il tempo di vedere un uomo alto e massiccio, dalla carnagione scura e si ritrovò a terra stringendosi la spalla sinistra con la mano. Sentì le urla degli amici.
«Experlliamus» James si voltò appena in tempo per vedere quella specie di mazza che l’uomo teneva in mano volare nelle mani di Danny. Si rimise in piedi a fatica e osservò la stanza. Un letto con un materasso sfondato stava sotto una finestra sfangata, da cui entrava solo qualche raggio di sole pomeridiano. Sul letto giaceva una figurina: una ragazzina che sembrava stesse male e respirava appena e male. Vicino a lei una donna emaciata l’assisteva. L’uomo che l’aveva aggredito stava davanti a loro come a proteggerli e dietro di lui si scorgeva un bambino piccolissimo.
«Senta lei è disarmato» disse Tylor come se fosse un diplomatico esperto, «e credo che abbia troppi problemi. Noi vogliamo solo quella cassa». Danny si avvicinò alla suddetta e la scoperchiò: «C’è quello che vogliamo» disse semplicemente.
«Perfetto» continuò Tylor, «Noi ci prendiamo la cassa e ce ne andiamo. Noi non vi abbiamo mai visto e voi non avete mai visto noi! Ok?».
L’uomo lo scrutò per un attimo e poi parlò in perfetto inglese: «Va bene. Ma non una parola su di noi».
«Aalif, ti prego… Sta peggiorando» disse la donna con voce supplichevole.
«Taci, non è il caso. Non possiamo fidarci».
«Forse, forse possiamo aiutarvi…» s’intromise James.
«Sei impazzito? Dobbiamo andarcene» decretò Tylor e Danny annuì al suo fianco.
«Ma non vedi che quella ragazza sta male?» ribatté James, poi si rivolse all’uomo «Chi siete?».
«Non ho intenzione di rispondere».
«Perché vi nascondete qui? Siete disarmati, non credo vogliate far del male a qualcuno» replicò James imperterrito, mentre Tylor e Danny facevano levitare la cassa verso la porta.
«Voi siete solo ragazzini… Non avete nulla a che fare con la Signora Oscura, vero?».
«Non so chi sia la Signora Oscura» rispose James.
«I suoi uomini ci hanno fatto entrare illegalmente in questo paese. Dove siamo, poi? Sono riuscito a scappare con mia moglie e due dei miei figli e ho dovuto evitare anche le autorità, perché siamo dei clandestini».
«In Scozia. Quindi non volete far male a nessuno?».
«No, nel mio paese ero una delle personalità più importanti. Ho studiato magisprudenza a Johannesburg. Ho sempre tenuto in alta considerazione la giustizia. Per me questa situazione è oltremodo motivo di vergogna, ma devo proteggere la mia famiglia od almeno quel che ne resta».
«La posso aiutare se vuole. Se lei è nel giusto, le autorità britanniche la aiuteranno».
«James! Andiamo! Non possiamo farci beccare qui, in compagnia di clandestini».
«Ti prego se puoi aiutarci… non voglio perdere anche la mia bambina…» supplicò in lacrime la donna.
«Puoi aiutarci davvero?» chiese l’uomo sospettoso.
«James, vieni via!» lo richiamò Tylor sulla porta, ma il ragazzo si stava sfilando il mantello e lo porse all’uomo: «Sua moglie sta tremando dal freddo. Ragazzi, date un mantello al bambino».
«Tu ti sei bevuto il cervello. Andiamo via» intervenne Danny. James non credette alle sue orecchie: «Davvero, vorreste abbandonarli qui? Li avreste sulla coscienza!».
«Jamie» provò ancora Danny, con il tono di chi parla ad un bambino particolarmente stupido, «Se Paciock o la McGranitt sapessero che siamo stati qui, finiremmo nei guai. Non possiamo chiamare nessuno. Se la caveranno da soli. Su avanti vieni. Questa è la volta buona che ti sospendono».
James sentì la rabbia crescergli nel petto. Stavolta avrebbe fatto di testa sua. «Appunto, visto che tanto nei guai ci finisco sempre io, andatevene. Non mi muoverò di qui senza provare ad aiutarli» sentenziò. I loro occhi si incrociarono e per un attimo si illuse che gli amici avrebbero lasciato andare la cassa e l’avrebbero aiutato. Invece si limitarono a scuotere la testa ed a voltarsi verso l’uscita. «Non venire a lamentarti con noi poi» disse Danny. James li guardò sparire nel buio del corridoio e si rivolse alla famigliola: la donna aveva avvolto se stessa ed il bambino nel suo mantello. James prese la tracolla che portava al collo e ne tirò fuori delle barrette di cioccolata presa da Mielandia quella mattina. «Non ho altro qui» disse porgendogliele ad Aalif, «Se vi fidate di me vi aiuterò. Però devo chiamare mio padre. Lui si occupa della sicurezza, se voi collaborerete con la giustizia nessuno vi caccerà e sarete protetti da questa Signora Oscura».
«Non credo di avere altra scelta» acconsentì l’uomo. James si inginocchiò e della borsa tirò fuori un astuccio di pelle, da lì sfilò uno specchio, che adagiò a terra di fronte a lui. L’unico rumore che si sentiva nella stanza era il vociò distante proveniente dalla strada e il respiro della ragazza simile ad un rantolo.
«Harry Potter» scandì chiaramente James rivolto allo specchio. Pochi secondi dopo sullo specchio apparve il viso del padre.
«Jamie! Che succede?» chiese allarmato.
«Sto bene, tranquillo. Ed anche Lily ed Al» gli disse subito.
«Ah, bene. Se non ne è nulla di urgente allora ci sentiamo dopo. Mi hai chiamato proprio durante una riunione dei Capi di Dipartimento».
«Si tratta di una cosa importante. Dovresti venire qui da solo con un Guaritore…».
«Qui dove, James? E perché un Guaritore? Stai bene davvero?».
«Sì, papà. Se ti fidi di me, devi ascoltarmi. Vieni e capirai tu stesso. Sono alla Testa di Porco. Al primo piano».
«La Testa di Porco? Quel posto rischia di crollare da un momento all’altro! Che ti è saltato in mente!? Perché non riesci a stare tranquillo…».
«Ti prego, vieni. Mi rimprovererai dopo» lo interruppe James.
Harry sospirò e disse: «Arrivo, ma poi facciamo i conti di persona».
La comunicazione si chiuse e James rialzò gli occhi sui presenti.
«Vedrete andrà tutto bene. I nostri Guaritori rimetteranno vostra figlia in sesto».
L’uomo annuì. Fu il bambino a rompere il silenzio: «Hai ancora cioccolata?». Suo padre lo fulminò con lo sguardo e lui ritornò ad accucciarsi a terra accanto alla madre. James gli rivolse un sorriso di scuse: «Mi dispiace, qui non ho nient’altro».
Rimasero in silenzio per quella che sembrò un’eternità, poi sentirono dei passi sulle scale. James ed Aalif si irrigidirono in un primo momento. Il ragazzo strinse la bacchetta, ma quando vide il padre in compagnia di Anthony Goldstain tirò un sospiro sollevato e si trattenne dall’abbracciarlo. Ripose la bacchetta, sentendosi finalmente al sicuro e sorrise ai nuovi venuti. Al contrario Harry ed Anthony strinsero di più la loro.
«James, che storia è questa?».
«Quella ragazza ha bisogno di cure» disse subito lui. Goldstain annuì e si avvicinò ai tre vicino al letto. Harry non distolse la bacchetta dall’uomo ed in silenzio lo invitò a parlare.
«Sono Aalif Enoka. Sono a capo di una delle due più importanti famiglie dell’Isola di Gough. Lei è mia moglie Ambreen, la ragazza è mia famiglia Akili e lui mio figlio Mamun. Io e la mia famiglia siamo stati portati qui di forza. Sono riuscito a fuggire, appena in tempo. Ma ci stanno inseguendo. È l’unico posto che ho trovato per nascondermi. Il ragazzo ha detto che se avessi collaborato con la giustizia inglese, avreste protetto la mia famiglia».
Harry gettò un’occhiataccia a James. «Preferirei continuare la discussione al Ministero. Devo indagare su di lei, è la prassi anche se mio figlio ha deciso di fidarsi».
«Harry, devo portare la ragazza e la madre al San Mungo. Qui non posso aiutarle».
«Mia moglie?» chiese l’uomo.
«Rischia di perdere il bambino che porta in grembo» replicò piatto Goldstain. Compì un gesto elegante con la sua bacchetta e ne fuoriuscì una lepre argentata. «Ho avvertito i miei collaboratori, perché vengano ad aiutarmi a trasferirle».
«Bene. Lei mi deve seguire al Ministero invece. Potrà vedere più tardi i suoi famigliari».
«Va bene, come desidera».
«La parete ha gli occhi» quasi cantilenò il bambino dondolandosi, coperto dal mantello di James più grande di lui. Era spaventato.
«Le pareti non hanno gli occhi tranquillo. Sarà qualche macchia» disse Harry con voce addolcita.
«Oh, ma queste ce l’hanno. Il bambino ha ragione» replicò Goldstain. «Non senti questa puzza? Qui c’è una bella infestazione di bundinum. Presto crollerà questo posto, non ho capito perché non l’abbiamo già demolito».
«Che sono i bundinum?» domandò James.
«Creature che si nutrono di sporcizia» tagliò corto Goldstain, fece apparire una barella per la ragazza ed invitò la donna a seguirlo «I miei colleghi ci stanno aspettando sotto, cercheremo di dare nell’occhio il meno possibile».
«Scendiamo anche noi» disse Harry. Al piano di sotto attesero che Goldstain si allontanasse con le due donne ed il bambino. «Fra qualche minuto ci smaterializzeremo anche noi. Le dispiace se prima scambio due parole con mio figlio?» chiese ad Aalif.
«No, faccia pure».
«Spiegami dall’inizio».
James sospirò e raccontò tutto quello che era accaduto fino a quel momento.
«Dubito che Danny e Tylor non siano già stati beccati da uno dei miei uomini o da quelli di Terry, comunque se ciò non fosse accaduto ti prego non prendere un centesimo da Parkinson, ok? Se hai bisogno di soldi devi chiedergli direttamente a me. Inoltre ti pregherei di non bere whisky in compagnia di quelli altri due scriteriati. Se hai tutto questo desiderio di assaggiarlo, ti prometto che durante le vacanze te lo farò fare. Ma con me, ok? Non sei abituato a bere e ti fai trascinare già da sobrio. Promettimelo».
«Va bene, papà. Promesso».
«Quell’orecchio non mi piace».
«Mi fa male» ammise lui, «ma non so che fare…».
«Ti sta male… Vuoi che ti aiuto a toglierlo? Così poi potrai farti dare qualcosa da Fred da metterci sopra».
«Gli altri mi prenderanno in giro… Anche Fred se l’è fatto… Dicono che sono un bambino… ma a Benedetta non piace, lei ha detto che sembrò uno di quei ragazzi super viziati ed arroganti… Ma gli altri dicono che Benedetta ha una cattiva influenza su di me».
«Ah, sì? E chi te l’avrebbe detto? Danny e Tylor?».
«Anche Fred lo pensa. Non gli chiederò un bel niente a lui».
«Vuoi un consiglio? Rifletti bene su gli amici che scegli. Sbagliare è umano. Non ti sorprendere delle mie parole, Danny e Tylor hanno alle spalle delle ottime famiglie, ma non mi piace come si comportano e l’influenza negativa che hanno su di te. Ron ed Hermione non mi avrebbero mai lasciato solo con degli estranei. Non posso scegliere gli amici per te, ma pensaci. Secondo me dovresti dare ascolto a Benedetta».
«Sei arrabbiato?».
Harry si strinse nella spalle e scosse la testa: «Mi basta che tu sappia assumerti le tue responsabilità. Se avessi voltato le spalle come hanno fatto i tuoi compagni, penso che ne sarei stato profondamente deluso. Ciò non significa che tu debba comportarti sempre in modo sconsiderato. Non avresti mai dovuto accettare quella sottospecie di sfida! Sai che si può parlare di effrazione? Questo posto appartiene al Ministero essendo morto l’ultimo membro della famiglia Silente senza eredi. Ultimamente non mi piace proprio quello che tu e quei due state facendo! Non vi à mai stato fatto mancare nulla, perché siete alla continua ricerca di soldi?».
«Per trascorre la notte della finale di Quidditch a Madrid» ammise.
«La notte? Magari da soli? Scordatelo. E molto probabilmente non ci andremo. Non mi piacciono le cose che stanno accadendo e un evento del genere è perfetto per fare una strage».
«Stai scherzando?» chiese James, colpito dal tono serio e preoccupato del padre.
«Sono fin troppo serio, James. Ed adesso ascoltami bene. Tornatene al castello e tieni per te quello che è accaduto questo pomeriggio. Hai fatto bene a chiamarmi. Credo che quest’uomo rappresenti una svolta per le indagini e meno persone ne sono al corrente meglio è ok? Ah, e vai da Madama Chips. Se ti fa male e non ti piace, non ce alcuna vergogna ad ammetterlo. Ti devi vergognare solo se fai qualcosa che ritieni sbagliato, perché te lo chiede qualcuno!».
James sospirò: «Ho colto il messaggio».
Harry lo abbracciò brevemente e gli diede il suo mantello; poi James si allontanò e si girò solo quando stava per rientrare sulla via principale: suo padre e l’altro mago si erano già smaterializzati. Ritornò al castello come gli era stato ordinato. Strinse il mantello sulle spalle e si sentì un po’ figo un po’ in imbarazzo: si vedeva lontano un miglio che quello non era il mantello della divisa, ma quello scarlatto degli Auror. Rientrando nel parco, notò lo zio Neville che si avviava verso le serre. Lo raggiunse e si accorse che era scuro in volto.
«Tutto ok?».
L’uomo sobbalzò e si voltò verso di lui, che lo affiancò. L’espressione dell’uomo passò da un lieve sorriso nel vederlo al sospettoso a causa del mantello. «No. Baston e Jordan sono tornati al castello accompagnati da due agenti della Squadra Speciale Magica… Non sembri sorpreso… Dimmi che non centri nulla…».
James fece un sorriso colpevole: «Mi dispiace ero con loro, ma ero rimasto indietro: ecco perché non c’ero quando sono stati beccati».
Neville sbuffò spazientito e fece per parlare, ma James lo precedette: «Ti prego, risparmiati la ramanzina. Ci ha già pensato papà».
«Il mantello è suo?» domandò lui dopo aver annuito.
«Già, me l’ha prestato. Diciamo che sono rimasto indietro per un motivo ben preciso, ma non se vuoi saperlo devi parlare con papà. MI ha detto di non parlarne con nessuno».
«Va bene, James. I tuoi amici sono nei sotterranei a rimettere in piedi l’aula di pozioni. Sperando che Tylor non decida di farla saltare di nuovo in aria. Temo che tu debba raggiungerli».
«Sì, ma prima dimmi dov’è Benedetta!».
«Bella domanda. Dimmi piuttosto che le avete fatto. L’ho trovata che piangeva vicino al Lago Nero».
James raccontò lo scambio di battute che l’amica aveva avuto con i due ragazzi ad Hogsmeade. «Dov’è adesso? Le devo chiedere scusa!».
«In biblioteca, mi ha detto che sarebbe andata lì. Ma era ormai più tranquilla… Aspetta…» acciuffò per un braccio il ragazzo, che stava già correndo via. «Ti giuro che le chiedo scusa e raggiungo subito gli altri per favore».
«MI fido, James. Però vieni un attimo con me».
James lo seguì vicino alle serre dove c’era un’aiuola fiorita. Neville staccò un fiore e glielo porse.
«Non sarebbe meglio una rosa? Rossa?» chiese incerto James guardando il bulbo con fiori bianchi. Non era brutto, ma nemmeno il fiore più bello che avesse mai visto. Neville rise: «Non ti sembra di correre troppo? So benissimo che non ti piace erbologia, ma dovresti sapere che esiste un linguaggio dei fiori. Benedetta lo sa perfettamente, ne abbiamo parlato un sacco di volte. La rosa rossa comunque lo sanno tutti che indica l’amore. Questo è un giacinto, si regala quando si compiono sgradevolezze nei confronti della persona amata».
James era completamente rosso in volto per l’imbarazzo: «Io non l’amo! E poi sono stati Danny e Tylor ad essere sgradevoli con lei!».
«Se ne sei convinto, perché non l’hai seguita? Jamie, anche l’amicizia si deve dimostrare! Spero che tu in futuro te lo ricorderai».
«Oggi tu e mio padre vi siete messi d’accordo a farmi la morale. Ma almeno voi non mi consigliate di stare lontano da Benedetta. Vado da lei e grazie» disse con un lieve sorriso e corse via.
Come previsto trovò Benedetta in biblioteca che era deserta al solito posto nel tavolo più lontano dall’ingresso vicino ad una finestra e con tanti libri davanti.
«Scusa. Io non penso quelle cose. La prossima volta trascorreremo la giornata ad Hogsmeade insieme come promesso» disse tutto velocemente, lasciandole a malapena il tempo di alzare la testa dal libro, che stava leggendo. «Ti prego».
Lei sorrise e prese il fiore. «Grazie».
James le diede un bacio sulla guancia e fece per scappare via, ma lei lo trattenne: «Perché scappi?».
«Ho combinato un casino con quei cretini, che fra parentesi costringerò a chiederti scusa, e devo andare ad aiutarli a pulire l’aula di pozioni».
«Aspetta, vengo con te. In quattro faremo prima» disse raccogliendo le sue cose.
«Ma tu non hai fatto nulla… non è giusto che…» iniziò James sorpreso, ma lei scosse la testa e gli fece cenno di andare.
*
«Potter, spero per te che tu abbia una buona spiegazione per avermi chiamato qui, dopo che ti avevo esplicitamente detto di non volerti vedere per un bel pezzo!» esordì Draco Malfoy, entrando nell’ufficio di Harry accompagnato dalla signora Matthews.
«Può andare signora Matthews, grazie. Malfoy ti presento Aalif Enoka. Credo che troverai la sua presenza un motivo sufficiente per stare in una stessa stanza con me».
Malfoy non replicò e si sedette nella sedia davanti alla scrivania, accavallò le gambe e lo osservò come a dire “Stupiscimi”. Harry gli gettò un’occhiataccia in risposta. Aalif li osservava sorpreso dal loro atteggiamento, che agli occhi di un estraneo poteva apparire decisamente poco professionale (chi li conosceva ormai si era rassegnato).
«Signor Enoka, per piacere ci racconti la sua storia da principio» lo invitò Harry senza alcuna inflessione nella voce.
«Come le avevo già detto provengo dall’Isola di Gough, che fa parte dell’arcipelago di Tristan Da Cunha. L’isola principale, da cui prende il nome l’arcipelago, è stata a lungo soggetta al governo britannico. Come saprete per varie vicissitudini poi ha ottenuto l’indipendenza. Ciò vale soprattutto per il mondo babbano. La storia della comunità magica ha preso molto prima una strada differente. Non vi è mai stato un buon rapporto con il Ministero Inglese. Ufficialmente i due Ministeri si ignoravano già molto prima che fosse concessa l’indipendenza. L’arcipelago di Tristan Da Cunha è formato da altre tre isole oltre quella principale. I Babbani le credono disabitate, anche se molto recentemente ne hanno riconosciuto il valore ambientale. Per secoli anche i maghi si sono concentrati a Tristan, nell’Ottocento però vi fu una guerra tra le famiglie Purosangue e i pochi fedeli al Ministero Inglese. Non illudetevi, per piacere, la fedeltà nasceva dall’idea che voi Inglesi potesse garantire condizioni di vita diverse. In realtà per lo più ci ignoravate, come ho detto, e questo ha portato i Purosangue alla rivolta. Anche i miei avi parteciparono alla guerra. Lo scontro si trasformò ben presto in una carneficina. E si risolse solo quando i capi delle due fazioni decisero di affrontare diplomaticamente la questione. Principalmente erano entrambi d’accordo su un punto fin dall’inizio: la madre patria non doveva sapere nulla dei nostri conflitti interni. Alla fine i Purosangue si ritirano sull’Isola di Gough, che è la seconda per grandezza dell’arcipelago. Così si crearono due comunità separate. Tristan ha mantenuto finti rapporti con l’Inghilterra fino all’indipendenza, poi se n’è staccata completamente. Invece voi della comunità di Gough non avete mai saputo nulla, e probabilmente non l’avreste fatto per molto tempo se l’attuale capo non avesse deciso di mettersi in affari con gli Europei. I Purosangue una volta insediatosi sull’isola però hanno cominciato a contendersi il potere, dando inizio ad un nuovo periodo di scontri e faide tra famiglie. Finché le due più importanti non presero in sopravvento: la mia e la famiglia Kasem. Gli scontri continuarono ancora finché un mio avo, Aba Enoka, non propose di risolvere la contesa con un duello tra i capifamiglia e donde evitare nuovi scontri alla morte del vincitore si decise che il capo della comunità sarebbe stato decretato sempre con tale procedura. Il primo duello lo vinse lui. Nel corso dell’Ottocento e del Novecento si sono alternati al potere i membri delle due famiglie: alcuni furono dittatori spietati, altri uomini mediocri di nessun valore, altri uomini illuminati. La situazione non è cambiata fino ad oggi. Mio padre, però, morì nel 2017. Io ho sempre creduto che si sia trattato di un omicidio ed che il mandante sia stato Abdul-Azeem giovane capo della famiglia Kasem. Così mi sono battuto in duello con lui. Sinceramente credo che le mie capacità siano di gran lunga superiori alle sue, ma quel giorno vinse lui. Non so bene cosa sia accaduto e questo rafforza la mia idea che Abdul abbia imbrogliato confondendomi. Da quel giorno ha mostrato nei miei confronti e della mia famiglia una falsa condiscendenza. Vedete il duello non deve per forza essere mortale, ma di fatto lo è sempre stato per evitare conflitti successivi tra i due capifamiglia. Mio padre Muntasir aveva ucciso il suo. Abdul volle mostrarsi clemente, in realtà i fatti hanno dimostrato che lui è il peggior dittatore della nostra breve storia. È un uomo avido di potere ed ultimamente sembra che stia facendo affari in particolare con una donna europea. Si fa chiamare l’Oscura Signora».
«Molto originale» disse sarcastico Draco. La sua postura era ora rigida e non aveva perso una parola del racconto di Aalif. Il suo volto era rimasto indecifrabile.
«Che genere di affari?» chiese Harry.
«Commercio di uomini: vende coloro che sono sgraditi al governo. Sembra che la donna stia creando un esercito ed uno dei suoi obiettivi più acclamati dalla mia comunità è creare un regno Purosangue. Molti si fanno avanti volentieri. Personalmente ho sempre creduto nella superiorità Purosangue, in fondo è quello che mi è stato insegnato. Ma ciò non comporta la non accettazione degli altri».
«Su Potter, non fare quella faccia disgustata. Vedi che credere nella superiorità del sangue non significa voler compiere una strage. Come vengono fatti entrare questi uomini nel nostro territorio?».
«Siamo arrivati in barca» rispose Aalif, «prima che suo figlio me lo dicesse non sapevo nemmeno che fossimo in Inghilterra, anche se lo immaginavo. Il viaggio è stato lungo, ma a mio parere non abbastanza da raggiungere gli Stati Uniti. Io e la mia famiglia siamo stati attaccati di notte dagli uomini di Abdul. Ho visto i miei figli più grandi morire sotto i miei occhi. È stato straziante non poter fare nulla per loro. Il mio primogenito è morto qui in Inghilterra poco dopo il nostro arrivo, abbiamo cercato di scappare una prima volta e non è servito a nulla. Poi siamo riusciti a scappare per l’inettitudine del nostro sorvegliante e ci siamo nascosti in quella casa abbandonata».
«Come avete fatto ad arrivare ad Hogsmeade?».
«Era il paese più vicino… il primo che abbiamo trovato sul nostro cammino. Mia figlia era stata ferita, mia moglie è in stato interessante non avevo molto scelta».
Harry guardò Draco, che era completamente sbiancato.
«Quanto vicino?» chiese Malfoy senza nascondere la preoccupazione.
«Nemmeno un giorno di cammino e ci avremmo messo anche di meno se loro non fossero state male».
Harry si alzò di scatto e chiamò la sua segretaria: «Signora Matthews, dica a Ron e Gabriel di venire subito qui e portare una cartina della Scozia. Ah, che dicano agli uomini di prepararsi».
«Potter, bisogna delimitare subito l’area. Non devono avvicinarsi ad Hogwarts!».
«Malfoy, non mi devi spiegare il mio lavoro! Signor Enoka, a parte il sorvegliante ha avuto a che fare con qualcun altro? Magari qualche Inglese?».
«Il sorvegliante era inglese. Comunque una della prime sere è venuto un uomo vestito di nero e con una maschera d’argento… ah, al collo aveva appeso una collana con un ciondolo a forma di runespoor. Ho avuto l’impressione che fosse molto in alto nella loro gerarchia di potere, tutti gli altri era terrorizzati da lui. A buon diritto secondo me perché si percepiva un’aura di potere molto forte. L’obiettivo era addestrarci e usarci come mercenari. Pochi giorni dopo siamo scappati e non l’ho più rivisto».
«Molto bene, la ringrazio per la sua collaborazione. D’ora in avanti sarà sotto la custodia di due dei miei uomini. L’accompagneranno al San Mungo dalla sua famiglia e la seguiranno in ogni suo spostamento sia per proteggerla sia per garanzia che lei non ci stia ingannando» disse Harry.
*
«Ciao, Roxi. Come stai?».
La ragazzina sorrise: le sue guance erano di nuovo rosee ed aveva recuperato quasi tutte le sue energie.
«Ciao Frankie! Era ora che arrivassi, mi stavo annoiando da morire con Madama Chips. Non fa che brontolare e non mi fa muovere!».
Frank sorrise e si sedette accanto a lei: «Anche a me manchi un sacco. Mi sento così solo senza di te».
«Al?».
«Non fa che studiare, quindi anche se stiamo insieme non parliamo molto. Ma lui non può stare con me tutto il giorno! Ci vediamo dopo le lezioni in biblioteca… La sera in Sala Comune nessuno dei due ha molta voglia di parlare… E poi tu non sei Al!».
Roxi ridacchiò: «In effetti no!».
«Ti ho portato una cosa» disse Frank arrossendo. Aprì lo zaino e tirò fuori un piccolo peluche. «Ho chiesto ad Al di prenderlo ad Hogsmeade ieri».
«È bellissimo Frankie!» Roxi gli saltò al collo, schioccandogli un bacio sulla guancia.
«Non ti agitare tanto o Madama Chips mi caccerà».
«Frankie» chiamò lei, mentre tornava a sdraiarsi, «sei il migliore miglior amico del mondo».
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti! Sono tornata, anche se ho l’impressione di non essere mancata a nessuno… Comunque a questo capitolo ci ho lavorato un sacco e spero vi piaccia.
Vorrei solo sottolineare che non ho nulla contro Abeforth Silente: ciò che ho scritto su di lui e sul suo locale dipende essenzialmente da quanto vi è scritto in “Harry Potter e l’ Ordine della Fenice” (Vitious dice ad Hermione che sarebbe il caso portarsi dei bicchieri puliti, se ci si reca alla Testa di Porco oppure quando i ragazzi entrano per la prima volta nel pub vi è proprio Abeforth che pulisce i bicchieri con uno straccio sporco) oppure in “Harry Potter ed il Principe Mezzosangue” (quando Silente racconta ad Harry di aver sentito per la prima volta la Profezia mentre si trovava in una delle stanze del pub con la Cooman e lui stesso non esprime parole di gran lode, anzi).
Per il resto vi auguro Buon Natale (scusate il ritardo :-D). 
   
 
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