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Autore: Carme93    27/12/2015    3 recensioni
Una nuova generazione alle prese con la propria infanzia ed adolescenza, ma anche con nuove minacce che si profilano all'orizzonte. I protagonisti sono i nuovi Weasley e Potter, ma anche i figli di tutti gli amici che hanno partecipato alla decisiva Battaglia di Hogwarts. Da quel fatidico 2 maggio 1998 sono ormai trascorsi ventun anni...
Genere: Avventura, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alastor Moody, Famiglia Dursley, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo ventiseiesimo.

Lo smeraldo di Salazar

 La pioggia batteva forte su Hogwarts ed i ragazzi incespicavano nel terreno irregolare della foresta e più volte rischiarono di scivolare nei pantani. La Foresta Proibita normalmente non era un luogo particolarmente ospitale, ma quel pomeriggio appariva ai loro occhi ancora più macabra. Era completamente buio e se non avessero avuto le bacchette non avrebbero visto ad un palmo dal loro naso. Inoltre il rumore della pioggia era amplificato, ma non era per nulla rassicurante. Ben presto persero la cognizione del tempo e si ritrovarono a vagare al buio alla ricerca della radura di cui parlava il diario od almeno dei Serpeverde.
 «Torniamo indietro» disse Dorcas con voce piagnucolante.
«Dobbiamo andare avanti» disse Rose, tirando su con il naso.
«Qualcuno di voi sa dove stiamo andando?» chiese Scorpius con voce roca.
Si fermarono e per un momento si guardarono negli occhi a vicenda. L’amara consapevolezza si fece strada in loro: si erano persi nella Foresta Proibita.
«E voi che fate qui?» una voce pacata e profonda attirò la loro attenzione. I cinque si voltarono verso chi aveva parlato. Si immobilizzarono sul posto incapaci di rispondere alcunché. Davanti a loro vi era un gruppetto di centauri, che li scrutava in modo preoccupante. A parlare probabilmente era stato quello più vicino con una barbetta brizzolata, quasi del tutto bianca.
«Come avete osato entrare nel nostro territorio?» chiese un altro aspramente. Era decisamente più giovane del primo, ma i suoi occhietti erano socchiusi in maniera malevola. «Fiorenzo, gli umani devono smetterla di entrare nel nostro territorio!».
«Fiorenzo, ricordati il nostro accordo: niente più rapporti con gli umani» lo richiamò un altro centauro dall’aria anziana.
I ragazzi per conto loro era indietreggiati tanto da appoggiarsi al tronco di un’immensa quercia.
«Sono solo cuccioli» disse lentamente il primo centauro di nome Fiorenzo.
«N-non sapevamo che fosse il vostro territorio…» tentò Rose.
«In realtà non sappiamo nemmeno dove siamo…» aggiunse Jonathan.
«Ci siamo persi» disse Dorcas in lacrime.
«Non ha importanza che siano dei cuccioli, gli umani devono insegnarli a rispettarci e non lo fanno!» disse scalciando un altro centauro dall’aspetto e dalla voce molto più giovane. I ragazzi si appiattirono ancora di più sul tronco dell’albero.
«Gli umani glielo insegnano. Non hanno il permesso di stare qui» sottolineò Fiorenzo.
«Che se ne vadano allora» sbuffò l’altro anziano.
«Usiamoli come esempio» propose il più giovane.
«Cassandro! Irone! Smettetela, li state spaventando inutilmente» li rimproverò Fiorenzo. «Li riaccompagnerò personalmente a Scuola».
«Ehm veramente noi stiamo cercando una cosa… E se voi sapeste dove si trova, ci fareste un favore» disse Scorpius.
«Un favore? Noi non aiutiamo gli umani se non in casi eccezionali» disse Cassandro, scalciando all’indietro con fare impaziente.
«Fiorenzo, non vale a nulla essere gentili con loro. Voglio sempre di più. Gli uomini non si accontentano mai» rincarò Irone.
«È importante. La stanno cercando anche dei ragazzi più grandi e vogliono farne un cattivo uso» provò Albus.
L’attenzione di Fiorenzo si spostò su di lui, che fino al quel momento era rimasto in silenzio. «Sei il figlio di Harry Potter?».
«S-sì s-signore».
«Non aver paura. Quando ho conosciuto tuo padre, lui era molto più piccolo…».
«Sì, lo so. Non sono coraggioso quanto lui» sbottò Albus interrompendolo. Gli amici lo guardarono come se fosse impazzito.
Con sorpresa di tutti il centauro ridacchiò. «Giovane Potter, tu non sai cosa sia il vero coraggio e non conosci ancora le tue qualità» disse poi con tono nuovamente pacato e serio. «I vostri compagni sono vicini alla radura, che cercate. Ma vi sconsiglio di proseguire. Sappiamo cosa state cercando. È pericoloso, potreste non uscire vivi da questa foresta e non saremo noi ad uccidervi».
«Lei non capisce» disse Rose. «Noi dobbiamo prendere lo smeraldo. Lei non lo sa, ma stanno succedendo cose molto brutte e dobbiamo evitarle».
Fiorenzo scosse il capo. «Negli ultimi mesi Marte sta diventando sempre più luminoso. Non succedeva da più di vent’anni. Vi accompagnerò al castello. Devo molto ad Harry Potter, non permetterò che a suo figlio accada qualcosa».
Il centauro si avvicinò a loro e li fece segno con la mano di seguirlo. I ragazzi non si mossero ancora spaventati.
«Davvero signor Centauro non possiamo tornare a Scuola senza quella pietra» tentò Scorpius.
«E poi non ci interessa di che colore è Marte» borbottò Rose. «E ci dicono sempre che questo posto è pericoloso, ma secondo me i grandi esagerano come sempre».
«Mi chiamo Albus Severus Potter» disse invece Albus con una sicurezza insolita per lui.
«Bene Albus Severus, percepisco grande saggezza in te. C’è una radura che perfino noi evitiamo. Nel nostro popolo si tramanda una storia: Salazar Serpeverde vi nascose un oggetto molto potente. Molti l’hanno cercata, per lo più invano. Il mago sapeva farsi comprendere dai rettili e chiese loro di difendere la pietra».
«Sono passati secoli da allora. I serpenti sono morti tutti» disse Rose come se fosse la cosa più logica del mondo.
«Ma non i loro discendenti ed adesso in quella radura hanno trovato ricetto anche altri orribili esseri. Non permetterò che vi andiate» replicò Fiorenzo.
«La sai una cosa? Tornatene a guardare Venere» disse Rose e lanciò una manciata di polvere buiopesto. Si levarono le imprecazioni dei centauri ed Albus si sentì prendere per mano e trascinare via.
«Devono essere uccisi!».
«Oltraggioso!».
«Si prendono gioco di noi! Ragazzina, se ti prendo ti faccio vedere io Venere!» urlò Irone.
Albus molti minuti dopo si fermò e lasciò andare la mano di Jonathan. Appoggiandosi ad un albero, tentò di riprendere fiato. Si accorse che aveva smesso di piovere.
Si guardarono intorno, ma non riconobbero il luogo. Albus si rese conto che avevano mandato a farsi strabenedire ogni prudenza e l’unica possibilità di ritrovare la strada per tornare al castello. Correre alla cieca nella foresta: non avrebbero potuto fare qualcosa di più sciocco.
«Rose, non avresti dovuto farlo» disse Albus rivolto alla cugina.
«Io sono Albus Severus Potter» gli fece il verso lei.
«Rosie, i centauri sono molto permalosi» tentò di farla ragionare Jonathan.
«Chissenefrega. Andiamo» replicò la ragazzina.
«State attenti dove mettete i piedi» li avvertì Scorpius.
I ragazzi si rimisero a camminare in silenzio. Persero nuovamente la cognizione del tempo e quando Albus stava per consigliarli di fermarsi quando un verso stridulo li fece raggelare. Un nano saltò fuori da un buco con un randello in mano.
«Che diamine è?» domandò Scorpius.
«Un berretto rosso. Li abbiamo studiati con Robards» rispose Jonathan.
«Credo che ci voglia far male» sbottò Scorpius.
«Stupeficium» disse Rose ed il nano volò contro un albero.
«Così facile da eliminare?» chiese sorpreso Scorpius.
«Tutto sommato sì, ma se becca un babbano di notte e gli tira una randellata in testa…» commentò Jonathan.
«Rose sei ancora sicura che i grandi esagerino sempre?» borbottò Albus, ma la cugina lo ignorò.
«Prova con Homenum revelio» suggerì Jonathan, ma la compagna lo guardò come se fosse impazzito:
«È un incantesimo avanzato! Fallo tu se sei così bravo!».
«Homenum revelio» disse Dorcas sorprendendo tutti.
L’incantesimo funzionò e la ragazzina li guidò verso destra, lungo un sentiero fangoso e pieno di sassi. Lo percorsero fino in fondo, sobbalzando ogni volta che spezzavano qualche rametto con i piedi. All’improvviso sentirono voci concitate e capirono di essere vicini.
Il sentiero si aprì in una radura, che risaltò in modo strano alla luce delle loro bacchette, ma in un primo momento i ragazzi non ci fecero caso. La loro attenzione al contrario fu attirata dai Serpeverde che urlavano terrorizzati e tiravano incantesimi contro masse di buio più dense. Per una frazione di secondo Albus non riuscì a capire quale fosse il problema, finché Dorcas non si mise ad urlare ed a piangere, attaccandosi al suo braccio.
«Stupeficium» disse in preda al panico colpendo un serpente che gli insidiava le gambe.
«Acromantule!» disse Jonathan con voce strozzata.
Albus si voltò appena in tempo per rendersi conto che i Serpeverde non miravano contro il buio ma contro ragni giganti. Le pinze degli animali emettevano un ticchettio inquietante. A rilucere alla luce delle bacchette erano immense ragnatele, che si estendevano da un albero all’altro. Albus deglutì: erano caduti in una specie di enorme trappola. La radura sembrava minuscola in confronto a tutti i ragni che la abitavano. Sentì gli amici pronunciare schiantesimi ed incantesimi simili per colpire ragni e serpenti.
«Distraetele. Noi prendiamo la pietra» disse Rose indicando un punto dall’altra parte della radura.
Jonathan ed Albus schiantarono un’acromantula insieme, ma avevano molta difficoltà anche perché Dorcas non sembrava minimamente in grado di difendersi per quanto era scioccata.
Videro un’acromantula sul punto di colpire Alphonse Main alle spalle: «Stupeficium» gridarono all’unisono Jonathan ed Albus. Riprese a piovere ed il caos aumentò. Un’ acromantula costrinse Albus a dividersi da Dorcas ed ad allontanarsi dagli altri. Sbalzò di lato ed evitò una di quelle bestie. Albus aveva il cuore in gola e sentiva le lacrime premere per uscire: disperava che ne sarebbero usciti vivi. Un incantesimo vagante colpì un albero ed Albus si scostò appena in tempo per non essere preso da un ramo molto spesso. Da esso si levò una melodia dolcissima, che per un attimo sembrò fermare il tempo: Dorcas smise di piangere e tirò sul con il naso, Jonathan si voltò verso Albus, Scorpius e Rose smisero di litigare con Main. I Serpeverde erano parecchio turbati dal canto, mentre i ragazzini si sentirono molto più coraggiosi.
Albus, come se non fossero in mezzo ad un branco di acromantule affamate, si avvicinò al ramo. Scostò le foglie e vide una specie di pulcino rossastro. Una delle ali era spezzata, ma per il resto sembrava stesse bene. I compagni ripresero a difendersi con più decisione. Raccolse il pulcino e lo osservò.
«Albus voltati!» l’urlo terrorizzato di Dorcas spinse Albus a girarsi, ma fu comunque troppo tardi. Le pinze di uno di quei mostri lo colpirono al braccio. Urlò e per il contraccolpo cadde all’indietro, sbattendo contro il tronco di un albero. Albus aveva gli occhi pieni di lacrime; strinse delicatamente il pulcino tra le mani come a proteggerlo e chiuse gli occhi, mentre il ragno si avventava nuovamente contro di lui. Si aspettava di essere morso o magari inghiottito tutto intero da un momento all’altro, ma non accadde nulla di tutto ciò. Azzardò un’occhiata e vide il ragno steso a terra poco distante.
«Muoviti, Potter. Ci sono troppo acromantule, non possiamo schiantarle tutte».
Albus riconobbe Mcmillan e si rimise in piedi con il suo aiuto. Si lasciò trascinare quasi di peso, perché incespicava ad ogni passo. Quando finalmente si fermarono, erano ormai lontani dal pericolo.
«È ferito?» chiese Neville.
«Sì, sanguina dal braccio sinistro. Gli altri?» replicò Ernie Mcmillan.
«Stanno bene» rispose Justin Finch-Fletchley.
Un rumore di zoccoli fece sobbalzare Albus.
«Sta fermo» lo bloccò Mcmillan.
«Stanno bene, Fiorenzo. Grazie del vostro aiuto».
«Ho un debito verso Hogwarts, Neville».
Il pulcino si rimise a cantare sorprendendo tutti; si divincolò dalla mano di Albus e saltò su suo braccio. Mcmillan aveva strappato la divisa per poter esaminare la ferita e la creatura vi appoggiò la testa: lacrime calde caddero dai suoi occhi e la ferita si cicatrizzò con incredibile rapidità. Emise un’ultima nota e si addormentò.
«Albus Severus sei più simile a tuo padre di quanto tu ritenga» disse Fiorenzo. «Badate bene di non invadere più il nostro territorio» disse per poi voltarsi ed andarsene.
«Come ha fatto a guarire la ferita?» domandò Rose con voce tremula.
«È una fenice» rispose Hagrid, «È straordinario! Sembra proprio Fanny, vero?» chiese il vecchio guardiacaccia agli insegnanti con grande entusiasmo.
«A quanto pare» borbottò Justin basito.
«Dobbiamo andare prima che ricominci a piovere di nuovo» disse, invece, Ernie.
Hagrid per tutto il tempo non tolse gli occhi dalla fenice, addormentata nelle mani di Albus.
Impiegarono più di un quarto d’ora ad uscire dalla foresta e quando ci riuscirono, furono accolti dalle luci rassicuranti del castello. Il cielo era nero come la pece, nemmeno una stella osava fare capolino tra le nuvole.
Hagrid li accompagnò fino al portone d’ingresso. Qui li accolse un Franz Licory completamente ubriaco. Se non fossero stati ancora terrorizzati da quello che avevano appena passato, si sarebbero piegati in due dalle risate: il Custode, paonazzo in volto, cantava canzoni degne di un’osteria con voce stridula ed era anche terribilmente stonato.
«Ed ecco che cosa fa il nostro Custode la sera, quando non lo troviamo. Silencio» disse irato Mcmillan.
«Hagrid per favore occupati di lui e quando sarà sufficientemente lucido, avvertilo che i suoi servigi non sono più richiesti ad Hogwarts. Che faccia i bagagli al più presto» aggiunse Neville.
«Voi, seguiteci» ordinò Ernie, facendoli cenno con il capo di procedere.
I ragazzi obbedirono e furono accolti dal caldo tepore della Sala d’Ingresso. Li condussero direttamente nell’ufficio della Preside.
«Soriano» disse Neville ai gargoyle.
Ernie fu il primo ad entrare e i suoi colleghi fecero passare avanti i ragazzi.
La Preside era seduta alla scrivania e li osservò severamente, mentre entravano. Albus abbassò lo sguardo incapace di sostenere quello della donna. Accanto a lei vi erano Robards e Vitious.
«Abbiamo trovato anche Main, Warrington e Douglas» comunicò Mcmillan, per poi raccontarle dove e come li avevano trovati.
«Siete impazziti per caso?» sibilò la Preside, squadrandoli uno ad uno. «Avete rischiato la vita! Per cosa poi? Ce l’avete una valida spiegazione?».
Nessuno dei ragazzi osò replicare.
«Spero per voi che non l’abbiate fatto per qualche stupida sfida! Non mi aspettavo un comportamento del genere da molti di voi. Sono molto delusa! Dovreste vergognarvi! Io proprio non capisco cosa vi possa essere passato per la testa! Pretendo una spiegazione!».
Albus, tenendo gli occhi fissi a terra, iniziò a raccontare da principio: il diario rubato da Rose nel Reparto Proibito, il rubino di Grifondoro che Rose aveva trovato nella loro Sala Comune, il coinvolgimento degli altri e le resistenze di Nick-Quasi-Senza-Testa e della Dama Grigia a rispondere alle loro domande, lo zaffiro di Corvonero e la curiosità di Douglas, il topazio (anche se evitò di specificare come e chi ne era entrato in possesso), la consapevolezza di essere stati scoperti e di essere seguiti, il furto del rubino e poi del topazio. Infine la necessità di trovare per primi lo smeraldo. La Preside non tentò nemmeno di nascondere la sua sorpresa ed ordinò:
«Mostratemi le pietre».
Jonathan si stacco il braccialetto che portava al polso ed a cui aveva legato lo zaffiro e lo consegnò alla professoressa; Scorpius tirò fuori dalla tasca della divisa lo smeraldo, che con sua grande soddisfazione era riuscito a prendere prima di Main. Nel farlo però mostrò la mano destra completamente insanguinata. Il professor Vitious gettò un’eloquente occhiata a Robards, ma questi non si mosse; così il professore di pozioni si avvicinò al ragazzino e dopo aver esaminato la ferita chiese: «Come te la sei fatta?».
«Lo smeraldo era incastonato in un serpente di pietra. Appena l’ho toccato si è animato».
«Preside, credo sia il caso che Malfoy faccia vedere la mano a Madama Chips. Credo che i denti della statua fossero impregnati di veleno».
«Sì, naturalmente. Malfoy fa come ha detto il professor Mcmillan e porta con te la signorina Fenwick, ritengo che per questa sera abbia sopportato abbastanza» disse la McGranitt. La donna per l’ennesima volta in tre anni si ritrovò a costatare che il giovane Malfoy fosse diverso dal padre alla sua età: non solo era molto amico dei Potter-Weasley, ma anche molto più gentile. Scorpius prese per mano Dorcas e la condusse con sé. «Signor Warrington vada con il professor Robards a prendere le altre due pietre, dovunque le abbiate nascoste».
Durante l’attesa nessuno parlò. Dopo un tempo che parve infinito i due rientrarono nell’ufficio. Warrington consegnò le pietre alla Preside.
«Queste le terrò io d’ora in avanti. Per quanto riguarda voi, ritengo che la paura sia stata un’ottima maestra e ci ripenserete bene dal comportarvi di nuovo in modo così sconsiderato. Nonostante ciò avete infranto una delle regole più severe della Scuola e pertanto sarete puniti. I vostri direttori vi faranno sapere il giorno e l’ora della punizione. Inoltre per la vostra grave mancanza di giudizio vi verranno tolti cinquanta punti ciascun-…».
«Cinquanta? Sono tantissimi, professoressa!» la interruppe Rose.
«Weasley, è cattiva educazione interrompere gli altri mentre parlano! E ringrazia che non ve ne tolga di più! E questa sera scriverò alle vostre famiglie».
«Professoressa, nella foresta ho trovato questa creatura. Credo abbia bisogno delle cure di Hagrid» Albus si fece avanti e la mostrò alla donna più da vicino.
L’espressione della Preside mutò sensibilmente e sembrò addolcirsi, mentre si voltava brevemente verso il quadro di Albus Silente posto alle sue spalle. «Stai tranquillo, Potter. Hagrid si prenderà cura di questa fenice» disse, «Professor Finch-Fletchley la prego di portarla ad Hagrid».
Albus consegnò la creatura a Justin, che uscì senza dire nulla dall’ufficio.
«Andate anche voi e badate bene: la prossima volta che verrete qui, potrei non essere così clemente».
Minerva li osservò mentre uscivano in silenzio ed ascoltò a malapena i saluti dei suoi colleghi.
Fissò a lungo le quattro pietre preziose di fronte a lei. Era decisamente sorpresa del comportamento di quei ragazzini. Sapeva che avrebbe dovuto essere più severa con loro: insomma avevano vagato nella Foresta Proibita, rischiando la vita! Eppure vederli così insieme era per lei motivo di soddisfazione! Tutti gli sforzi della sua vita, la fatica e le sofferenze avevano avuto come obiettivo la pace e la concordia nella comunità magica. In fondo Hogwarts ero lo specchio della comunità magica: quelli stessi ragazzini fra qualche anno avrebbe inciso sulla società con le loro scelte. E finalmente membri di Case diverse collaboravano tra loro con tanta naturalezza e sincerità. Venti anni prima se avesse pensato che un Malfoy avrebbe potuto dare la mano ad una Tassorosso, avrebbe pensato che fosse giunto il momento del pensionamento.
Dopotutto anche se lentamente i suoi sforzi stavano dando frutto.
 
   
 
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