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Autore: L_Fy    09/03/2009    15 recensioni
"Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v' ho scorte." Dante Alighieri, La Divina Commedia
Genere: Commedia, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8 : Invidia

Capitolo 8 : Invidia

“Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: "Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto".        

 

Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto II

 

“Qui gira a destra. Mi spieghi perché sei uscita dall’autostrada?” domandò Gino stravaccato sull’ampio sedile di fianco a Eva che guidava il camper con l’espressione truce di un camionista turco.

“Perché mister Tedio voleva vedere un paesaggio diverso e quando io ho detto di no lui ha cominciato a fischiettare “Alla fiera dell’Est” di Branduardi, finché al settimo bue che bevve l’acqua non ho più resistito e l’ho accontentato.”

“Capisco” sospirò Gino con le rughette intorno agli occhi increspate di divertimento “Che soggetto, quello.”

“Odioso” ruminò Eva strattonando il volante “E stronzo.”

“Però è simpatico.”

“Oh, certo. Come un palo nello sfintere.”

“Io credo che in qualche maniera sia davvero affezionato a te.”

Eva lanciò un breve sguardo di commiserazione a Gino.

“Non ci credere” disse poi con insolita amarezza “Vlad è un Demone. Uno di quelli veri, autentici. Sa solo raggirare, mentire, seminare zizzania: non credere mai, per nessun motivo, che possa fare qualcosa di buono per qualcuno che non sia se stesso.”

“A me sembra che tu sia un filino prevenuta nei suoi confronti.” replicò Gino con leggerezza ed Eva sbuffò, pestando selvaggiamente sul clacson per far spostare un innocente ciclista austriaco sulla pista ciclabile.

“Eva?” la chiamò Raf con voce soave, sbucando dal pannello scorrevole “Ti spiace se ti do il cambio?”

Raf era stato incaricato di fare la guardia a Vlad, ma nemmeno un Arcangelo celeste poteva resistere molto con lui. Sacramentando internamente, Eva accostò e lasciò che Raf si sedesse al volante con evidente sollievo: poi, raggiunse Vlad e Lorella nel retro del camper. I due erano semidistesi sul lettone circolare dal quale il Demone si rifiutava categoricamente di scendere e Vlad stava parlottando fitto fitto nell’orecchio di Lorella; lei sembrava quasi in trance e quando Eva sbatté intenzionalmente la porta scorrevole scattò a sedere come se si fosse svegliata di soprassalto.

“Eva!” strillò con aria colpevole.

“Perché non ti vai a fare una doccia?” le propose amabilmente Eva con voce secca.

“L’ho fatta prima.” protestò debolmente Lorella senza guardarla.

“Farne un’altra non ti farà male.”

Lorella sgusciò via a capo chino ed Eva rimase sola con Vlad, indolentemente disteso sul letto con una mano a sorreggergli la testa, la camicia aperta sul petto e l’aria falsamente innocua di una pantera a riposo.

“Gelosia pussa via?” chiocciò sorridendole sfacciatamente, così provocante da togliere il respiro.

“Ti ho detto di non toccarla.”

“E io, scimmietta, ti ho detto di tenere a freno lei: sarà anche una bambina insignificante, ma ha comunque le sue belle pulsioni sessuali e io sono troppo generoso per scacciarla, se è lei a cercarmi. Ma ora basta parlare dell’Umana: siamo soli, io e te. Perché non ti siedi qui vicino a zio Vlad? Ti faccio un massaggio alla schiena, sei così rigida…”

Eva si appiccicò contro la parete a braccia conserte.

“Sono obbligata a intrattenerti e ti intratterrò, ma non pensare di mettermi un solo dito addosso.”

Vlad si stese del tutto sul letto, stiracchiandosi voluttuosamente come un gatto.

“Non ne avrei bisogno” mormorò seducente “A volte basta il pensiero.”

La camicia si aprì del tutto scoprendogli il petto dorato e liscio; Vlad ci passò sopra le dita delicatamente, dalla gola all’ombelico, puntandole fisso addosso il suo sguardo d’agata. Eva suo malgrado si sentì violentemente eccitata e girò di scatto la testa verso il finestrino mordendosi il labbro a sangue. Vlad rise, con una risata di gola assolutamente irresistibile.

“La mia scimmietta! Guarda che scherzavo. Dai siediti, giuro che non ti faccio niente.”

“Eh già.”

Scetticismo allo stato puro.

“Niente che tu non voglia.” rettificò Vlad accomodante.

“Hai guardato il tuo tanto sospirato cambio di paesaggio?” tergiversò Eva “C’è parecchio verde, qui in Austria.”

“Detesto il verde. Avanti, siediti. Lì sull’orlo del letto e io starò buono qui, senza sfiorarti.”

Eva arrischiò un’occhiata di traverso: Vlad era sdraiato compostamente, le mani dietro la nuca e l’aria innocente come quella di un cherubino. Guardinga, Eva scivolò verso il letto e si sedette su un centimetro quadrato nel punto più lontano dal Demone.

“Allora, questo paesaggio?” domandò poi col cuore che chissà perché le batteva come un tamburo.

“Te l’ho già detto che odio il verde?” rispose Vlad amabilmente “Tutta quella verdura, poi: puzza di Angelo lontano un chilometro.”

“In gergo si chiama profumo.” confidò Eva.

“Ma và. Il profumo vero l’ho sentito solo una volta nella mia vita.”

“Avevano concimato un prato infernale con sterco di stercorario?”

“No. E’ stato parecchi anni fa, qui sul questo Piano: vuoi che ti racconti la storia?”

“Piuttosto che vederti fare una lap dance…”

“Vedi, a quei tempi ero il tutore di una scimmietta pestifera.”

Sfarfallò le ciglia allusivo: Eva nascose un sorriso dietro un’aria truce.

“Lavoravi allo zoo?”

“Quasi. La mia pupilla, una insolente spilungona Sanguemisto, aveva avuto una brutta crisi demoniaca e si era addormentata sfinita tra le mie braccia.”

Eva rimase muta lottando con tutte le sue forze per non abbassare la guardia. Eppure, la voce neutra di Vlad sembrava così sincera…

“Ero stanco e incazzato e lei mi stava addosso semimorta come un sacco di patate. I suoi capelli mi solleticavano la faccia ed erano fastidiosi come la loro proprietaria, sudati e arruffati… ma mandavano un odore meraviglioso. Il famoso profumo di cui sopra, per la cronaca.”

Eva si girò a guardarlo, indifesa e titubante, con gli occhi grandissimi. Vlad si guardava le mani e il suo profilo arrogante sembrava lontano anni luce.

“Nessuna verdura fiorita, né terrestre né paradisiaca è mai riuscita a eguagliarlo.”

“Oh.”

Eva non sapeva cosa dire: sapeva solo che non era stata mai in tutta la sua vita così consapevole di avere un cuore che martellava nel petto.

“Quindi, mi annoio più di prima” sbuffò Vlad riprendendo al volo la sua aria strafottente e annoiata “Era meglio il grigio dell’autostrada e l’odore del carburante e della gomma bruciata. Ah, però prima ho visto passare un capriolo. E’ stato un momento romanticamente poetico.”

“Davvero?” domandò Eva girando il viso verso il finestrino.

“Davvero, proprio là.”

In un battito di ciglia, Vlad si materializzò di fianco a lei, così vicino che Eva ne percepì il calore: non la guardava e indicava innocentemente fuori dal finestrino con l’indice puntato, ma il suo odore maschio le invase le narici, il suo respiro le sfiorò la spalla e se non si fosse sembrata oltremodo ridicola, Eva sarebbe scattata lontano come una molla.

“Oh” ripeté invece con la gola secchissima: Vlad non aveva fatto ancora niente di male e lei non voleva sembrare troppo prevenuta come aveva detto Gino, quindi rimase immobile “Un capriolo.”

“Un giovane maschio con due belle corna ramificate e il pelo scintillante. E’ corso di là…” e indicò col dito un’altra zona, finendo col viso a un soffio da quello di Eva; lei sentì la pelle accapponarsi bruscamente mentre il respiro di Vlad le sfiorava la guancia, tiepido e lento come una carezza. Dovette fare violenza a se stessa per non ansimare e lo fece con tanta intensità che le venne il mal di testa.

“… e poi è andato di là…”

Indicò un altro punto fuori dal finestrino, portando il braccio a un centimetro dal petto di Eva. Non l’aveva nemmeno sfiorata e già lei si sentiva dolere dappertutto, così tormentosamente eccitata in ogni millimetro di pelle che le sembrava di bruciare viva.

“Vlad.” iniziò a dire, ma fece l’errore di guardarlo negli occhi: era troppo vicino, il suo potere la schiacciò con la forza di un tornado, paralizzandole il respiro nel petto. Rimasero per un lungo momento immobili e quando Vlad capì che Eva non si sarebbe mossa, si lasciò sfuggire uno scintillio vittorioso.

“Oh, scimmietta, finalmente…” sussurrò con la bocca così vicina al suo collo che Eva percepì il labiale sulla pelle. Tentò di respirare, ma il braccio di Vlad le scivolò in vita, subdolo e sinuoso come un serpente, la sua lingua umida e calda le sfiorò la clavicola e la mente di Eva si annebbiò di una rossa cortina di desiderio. Socchiuse gli occhi inclinando la testa all’indietro, lasciando che la bocca di Vlad le incidesse un lento solco umido lungo la gola mentre la sua mano le accarezzava il costato e il suo pollice seguiva il profilo del seno con dolorosa lentezza.

“Che buon sapore…” sospirò Vlad premendo le labbra roventi sulla sua gola pulsante “Lasciati assaggiare, scimmietta. Lasciati mangiare.”

Le mordicchiò il mento, la linea della mascella: Eva gemette quando le succhiò il lobo dell’orecchio con voluta pigrizia, e quando sentì la sua mano chiudersi a coppa sul seno, qualcosa di definitivo si incrinò in lei.

Poi, misericordiosamente, il rumore di una porta scorrevole che si chiudeva la risvegliò bruscamente dal trance.

“Eva? Ho rifatto la doccia come hai detto tu, adesso sono pulita, profumata e morbida come il culetto di un neonato…”

Lorella non fece in tempo a entrare che Eva era già in piedi, dritta come un fuso ma l’espressione della sua faccia era esplicita come un’insegna al neon e la risata beffarda di Vlad fu come uno schiaffo in pieno viso per entrambe.

“Cosa stavate facendo?” sibilò Lorella, incredula e ferita come un cucciolo percosso senza motivo.

“Niente.” rispose precipitosamente Eva, ma sentiva le guance scottarle di vergogna e umiliazione.

“Quasi niente” specificò Vlad garrulo, distendendosi indolente sul letto come se niente fosse “Insomma, si parlava di caprioli e di fauna austriaca e a un certo punto il seno di Eva mi è finito in mano. Giuro che non capisco come sia successo. E tu scimmietta, hai qualche idea?”

Eva non si prese nemmeno la briga di rispondere: girò sui tacchi, mandò mentalmente a quel paese Vlad, Lorella, tutti i Demoni dell’Inferno e l’intera progenie umana e marciò risoluta verso la cabina di guida.

*          *          *

Plzen, la capitale ceca della birra, era una cittadina ordinata, con bei palazzi color pastello e tetti rossi tipicamente boemi. Quando Gino parcheggiò il camper al Zentrum, vicino alla piazza principale, Lorella era da ore appiccicata al finestrino con la bocca aperta e il naso in su, piena di meraviglia come un bambino al luna park. Lei, Gino e Raf decisero di rimanere a bighellonare nella piazza, mentre Eva e Vlad si dirigevano verso la cattedrale gotica di San Bartolomeo, di fianco alla quale, mimetizzato da un’anonima casa color pastello, stava l’ingresso del Nodo infernale di Bersaba.

“Mi spieghi perché fate sempre i Nodi vicino a chiese cattoliche?” domandò Eva scorbutica mentre turisti e passanti si giravano tutti a guardare lei e Vlad con espressioni incantate sulla faccia: Eva cercava di passare inosservata ma era impossibile non notare Vlad, con quegli sfacciati pantaloni neri, i capelli rossi che rilucevano al sole e lo sguardo che accarezzava lascivo qualsiasi cosa gli passasse davanti.

“Il senso dell’umorismo di Lucy.” spiegò Vlad fissando una ragazza incrociata sulle scale che, di colpo, arrossì e cominciò ad ansimare pesantemente.

“Capisco. Ora però potresti piantarla di cercare di concupire chiunque abbia la sfortuna di incontrarti per strada? Siamo qui in missione, vorrei ricordarti.”

“E io vorrei ricordare a te che sono in astinenza da ben dodici ore” rispose Vlad spogliando con gli occhi un distinto signore in giacca e cravatta che letteralmente scappò via a gambe levate “Un record che speravo di non raggiungere mai. Speriamo che Bersaba sia in vena di rimettere le cose a posto.”

Glissando giudiziosamente sull’ultimo commento di Vlad, Eva si massaggiò le tempie mentre la testa cominciava a martellarle furiosamente: erano vicini alla porta del Nodo e gli effluvi infernali che contaminavano l’aria tutto intorno le avvelenavano lo spirito. Rimase un attimo indietro rispetto a Vlad e in quel breve lasso di tempo represse il suo essere Angelo in profondità, trovando l’operazione di solito dolorosa stranamente facile. La vicinanza di Vlad le procurava effetti collaterali decisamente preoccupanti, pensò depressa.

Entrare nel Nodo e sbrigare le formalità burocratiche fu un processo sorprendentemente rapido: Eva sospettò che Vlad avesse imbrogliato in qualche passaggio, ma era così occupata a tenere a bada la tempesta infernale che la agitava che non ci fece caso. Il Nodo di Bersaba, come tutti i Nodi, iniziava con un corridoio buio, fumoso e deprimente. Le figure che andavano e venivano, alcune deformi, altre antropomorfe, quasi si inchinavano al passaggio di Vlad il quale, con i pollici in tasca e l’aria serafica, sembrava il ritratto della tranquillità. Mentre camminavano lungo il corridoio fianco a fianco, Eva vide una figura avvicinarsi. Era sicuramente una femmina, ma qualcosa in lei risultava decisamente inquietante, se non addirittura grottesco. La sua faccia il suo corpo, la sua postura… tutto di lei sembrava un collage malriuscito di elementi incompatibili tra di loro. La faccia, per esempio, aveva la conturbante fissità della plastica, come il viso di una vecchia ottuagenaria dopo venti lifting. La bocca era troppo gonfia, il naso troppo piccolo, il seno troppo alto e grande, le gambe troppo magre e lunghe, i capelli troppo biondi…

“Ciao Bersaba” tubò Vlad prendendo tra le braccia quel grottesco puzzle di membra umane come se fosse la più bella donna del mondo “Che bello rivederti!”

“Vlad!” pigolò Bersaba toccandolo dappertutto con una foga che risultò decisamente imbarazzante “Sei proprio tu! Qui nel mio Nodo! Non hai idea di quanto…”

Si interruppe di colpo: aveva posato gli occhi su Eva che era rimasta in disparte, incerta sul da farsi e quindi più immobile e guardinga che mai.

“E lei?” ringhiò il Demone socchiudendo gli occhi dalle ciglia lunghe e falsissime fino a ridurli a due fessure feline: era chiaro come il sole che l’avrebbe odiata, fosse stata anche Lucifero in persona.

“Ti ricordi di Eva” rispose Vlad con una nota quasi affettuosa nella voce “L’hai vista una volta, tanto tempo fa… era la mia pupilla, al tempo.”

“Salve.” disse Eva tenendo lo sguardo basso e la voce piatta.

Rimanere immobile davanti a un Demone Capitale non era affatto una cosa semplice, meditò affannata Eva cercando di crearsi uno scudo sufficiente: da Vlad la proteggeva il Triumviro, ma da Bersaba non la proteggeva niente se non il proprio istinto di sopravvivenza. Avere a che fare con un Demone della sua caratura era a dir poco devastante: quasi Eva non respirava tanto le scariche di invidia feroce che partivano da Bersaba erano potenti. E quel bastardo di Vlad che, bello come il sole, smise di abbracciare Bersaba per posare a Eva un braccio sulle spalle, protettivo e complice! La classica ciliegina sulla torta.

“Perché l’hai portata qui?” sibilò Bersaba arricciando le labbra come un cane rabbioso mentre la schiena di Eva di trasformava in una rigida colonna di ghiaccio.

“Abbiamo bisogno di parlarti” rispose Vlad mestamente “In privato.”

Bersaba rimase per lunghi minuti a fissare Eva e ogni secondo che passava sembrava odiarla sempre di più: alla fine, fece cenno di seguirla e si infilò in una stanza dalle pareti e il pavimento di velluto rosso, claustrofobica, scura, piena di cuscini, statue, ciarpame d’oro e tendaggi soffocanti; anche la stanza, come la padrona, sembrava un collage di cose messe insieme per sbaglio, senza il minimo senso del gusto. Bersaba andò a sdraiarsi su un divano trapuntato e posò una mano a fianco a lei, per invitare Vlad a imitarla. Lui invece le sorrise e si sedette vicino a Eva, posandole anche confidenzialmente un braccio intorno alla vita che la fece sussultare penosamente.

“Toglimi gli artigli di dosso.” sibilò pianissimo per non essere sentita, ma Bersaba aveva di sicuro l’udito fino perché impallidì e arricciò di nuovo le labbra in quella smorfia felina.

“Che cattiva che sei” chiocciò Vlad che sembrava di ottimo umore “Non vuoi vicino lo zio Vlad a proteggerti?”

“Allora?” sferzò la voce di Bersaba, impaziente “Parla, mio caro: sono impaziente di sapere cos’ha da dire la tua… pupilla.”

Avrebbe voluto dire tutt’altro nome, le si leggeva in faccia lontano un miglio.

“Vedi, Bersaba” iniziò Vlad compunto “Eva ha chiesto il mio aiuto quando si è accorta che c’è qualcuno all’Inferno che, come dire… ce l’ha un po’ con lei. Qualcuno che le ha scatenato contro un’orda infernale.”

Gli occhi di Bersaba, appuntiti come spilli, non abbandonarono per un secondo la faccia di Eva che si sforzava duramente di rimanere perfettamente neutra e immobile.

“E allora?”

“L’orda che ha tentato di farla fuori non è uscita dal mio Nodo, quindi ci chiedevamo se tu potessi dirci se è passata da qui, che è il Nodo più vicino.”

Bersaba, finalmente, girò lo sguardo su Vlad, uno sguardo carico di rabbia e sprezzo.

“E tu credi che io possa infrangere una regola infernale, e magari attirarmi l’ira di Lucy… per aiutare te e la tua puttana?”

“Pupilla” specificò Vlad con un leggero sorriso malizioso “Beh, sì.”

“E di grazia, perché dovrei abbassarmi a fare una simile stronzata?”

Vlad, rapido come un serpente e altrettanto insinuante, strinse Eva in un abbraccio voluttuoso, passandole contemporaneamente la punta delle dita sulla guancia e sul collo.

“Per lei.” sorrise malizioso mentre Eva, colta di sorpresa, si dibatteva inutilmente cercando di liberarsi.

“Lasciami stronzo!”

“Sono sicuro che anche tu, mia carissima Bersaba, non vuoi che venga fatto scempio di questa meraviglia.” continuò Vlad imperterrito.

La faccia di Bersaba da pallida diventò rossa e furibonda come la cresta di un gallo.

“Cosa cazzo pensi, che me ne freghi qualcosa di questa troia?” gracidò fremente di sdegno.

“Oh, no!” sorrise Vlad con la più dolce delle espressioni materne “Io intendevo qualcosa di più interessante; per la tua collezione.”

Eva smise di agitarsi, sorpresa suo malgrado: anche Bersaba sembrava interessata alle parole di Vlad.

“Di cosa parli?” domandò il Demone guardingo.

“Ma come!” si stupì Vlad serafico, accarezzando di nuovo il collo di Eva che gli sibilò addosso una inutile sequela di improperi “Pensavo che te ne fossi già accorta, amore mio. Proprio a te, che non sfugge mai niente di quello che gli altri possiedono di bello!”

La faccia di Bersaba divenne quasi verdastra: Eva si trovò a pensare fuggevolmente che il famoso detto “verde d’invidia” aveva la sua ragione di esistere, poi cercò ancora di liberarsi dalla presa di Vlad senza successo.

“Non ti sei accorta” continuò infatti il Demone in un sussurro “Di quanto sia meravigliosamente liscia, morbida e bianca la pelle di Eva?”

Le sue dita, abili e leggere, scivolarono sul viso di Eva, accarezzando la linea della mascella: gli occhi di Bersaba ne seguirono la traiettoria, sempre più ipnotizzati e interessati.

“Lo vedi com’è serica e pura?” mormorò Vlad con voce suadente, come quella di un incantatore di serpenti “Lo vedi com’è tiepida, giovane… non trovi che sia davvero invidiabile?”

Le dita leggere di Vlad scivolarono sulla maglietta di Eva che si alzava e si abbassava freneticamente al ritmo del suo respiro: seguirono pigre la linea snella della coscia e poi, con facilità come se fosse carta, strapparono un lembo dei pantaloni e scoprendo la gamba dalla caviglia al polpaccio.

“Che vuoi fare?” berciò Eva divincolandosi inutilmente “Lasciami, pezzo di merda!”

“Sì” mormorò invece Bersaba con la voce gutturale di chi ha una fame incontenibile “Ha proprio una bella pelle.”

Il Demone si passò la lingua sulle labbra, sbavando leggermente: a Eva si accapponò la pelle dal disgusto e tentò ancora di divincolarsi, bloccata dalla presa ferma di Vlad.

“E non ti piacerebbe assaggiarla?” domandò il Demone con voce ancora più bassa “Averne un pezzetto tutto per te… per la tua collezione?”

“NO!” ruggì Eva sgroppando con decisione, ma Bersaba non l’ascoltava: gli occhi cangianti, l’espressione affamata, strisciò verso di loro con le movenze furtive di un rettile.

“Sì, un assaggino… uno piccolo, sì…”

“No, ferma!” strillò Eva, decisamente spaventata “Stammi lontana, schifosa!”

“Rilassati, scimmietta” le sussurrò Vlad nell’orecchio, tenendola bloccata come se non gli costasse il minimo sforzo “Ti farà appena un po’ di male e dopo a casina bella Biancaneve ti ricucirà a dovere.”

“Che vuole fare?” singhiozzò Eva mentre Bersaba le afferrava una caviglia e le accarezzava il polpaccio come se fosse una santa reliquia “Lasciami, andare, ti ho detto!”

“Pelle, bella pelle.” gorgogliò Bersaba grufolando sulla sua gamba: le lasciò una scia di bava collosa lungo lo stinco ed Eva gemette disgustata cercando di liberarsi, ma la presa del Demone era impossibile da forzare.

“Vlad! Che schifo, falla smettere!”

“Buona ti ho detto” sorrise Vlad baciandole il collo e bloccandole il viso perché non si scostasse bruscamente “Bersaba ne prenderà solo un pezzetto. E in cambio ci dirà quello che vogliamo sapere, vero Bersaba?”

“Vero, vero… pelle, bella pelle.” sospirò il Demone, sfiorando la gamba di Eva in adorazione.

“E’ passata di qui l’orda infernale?” domandò Vlad in tono leggermente più perentorio “Sai chi l’ha autorizzata?”

“No” gorgogliò Bersaba, premendo i denti aguzzi contro la gamba di Eva in una smorfia di pura estasi “No, l’orda non è passata di qua. Sapevo che sareste venuti a chiedere…”

“Chi te lo ha detto?” pretese Vlad, l’ombra di sensualità completamente scomparsa dalla sua voce “Chi è che ha organizzato tutto questo?”

“Qualcuno” rispose Bersaba in un sussurro “Non posso dire altro.”

Poi, incapace di resistere oltre, addentò la gamba di Eva: affondò i denti nella sua carne in un morso goloso, affamato ed Eva si inarcò spasmodicamente, urlando di dolore. Incurante, Bersaba le strappò un brano di carne come se fosse una morbida bistecca: rimase per un attimo col viso alzato, gli occhi accesi di lucido piacere, la bocca lorda di sangue. Era così oscena che Eva urlò di nuovo: anche se la ferita che Bersaba le aveva lasciato era relativamente piccola, il disgusto che provava era così raccapricciante che, appena Vlad si decise a lasciarla andare, rotolò via, incespicando, e gemendo, indecisa se vomitare o scappare. Bersaba era scivolata di nuovo al suo posto e si girò di spalle, baloccandosi tra le mani il suo pezzo di carne, incurvata a proteggerlo come temendo che qualcuno glielo volesse rubare.

“Beh, Bersaba, grazie di tutto” esclamò Vlad balzando in piedi con la gioviale benevolenza di un ospite ben accontentato “Eva e io ora andiamo via. Ti siamo molto grati dell’ospitalità. Naturalmente, questa piccola conversazione rimarrà tra di noi, vero…?”

Bersaba, concentrata sul suo nuovo gingillo, nemmeno di degnò di guardarlo.

“Sì sì” disse distrattamente “Andate andate. Ci si vede, Vlad. Addio puttana.”

Eva girò le spalle nauseata, subendo lo sguardo divertito di Vlad: in quel momento, potendo, avrebbe ucciso sia quella specie di Barbie rappezzata che quello stronzo di Demone Tutore.

“Addio anche a te” borbottò con puro odio “Spero che la mia carne ti vada tutta di traverso.”

*          *          *

“Mi spieghi perché l’hai fatto?” berciò Eva claudicando a passo di marcia lontano dal Nodo.

“Fatto cosa?” chiese innocentemente Vlad.

“Quello schifo! Quel… cazzo, Vlad, mi hai fatto quasi mangiare da quella zombie… che orrore, se ancora penso alla sua saliva mi viene da vomitare!”

“A me è sembrato un ben misero scotto da pagare per avere le informazioni che cercavamo.”

“E cosa abbiamo saputo? Quello che sapevamo prima! E io ho un pezzo di gamba in meno!”

“Cenerella ti ricucirà in un attimo. E noi almeno sappiamo che l’orda non è passata di qui, no?”

“Questa si che è una notizia! Vuoi un pezzo di coscia per ringraziamento?”

“Bersaba è il Demone Capitale dell’invidia: se volevo che parlasse dovevo distrarla usando le sue debolezze. La sua collezione di pelle è famosa in tutto l’Inferno e tu, scimmietta… diamine, una pelle come la tua equivale a una Gioconda per un collezionista di opere d’arte! Poterne avere un pezzo ha fatto abbassare la guardia di Bersaba e ha cantato quello che sapeva.”

“Ammettilo, tu ti sei divertito a vedere quella pervertita che mi masticava la gamba!”

“In effetti è stato uno spettacolo piuttosto interessante.” mormorò Vlad con un sorriso leonardesco.

“Tu sei… fai schifo più di lei!” strillò Eva furiosa “E le hai fatto anche credere che tra me e te…”

Si bloccò troppo tardi.

“Tra me e te?” chiese Vlad con un sorriso segreto “Continua, scimmietta, non aver paura.”

“Le hai fatto credere che tra noi ci sia qualcosa.” grugnì Eva, esternando il vero motivo del suo malumore.

Vlad le si parò davanti aggraziato ed Eva si fermò bruscamente per non sbattergli contro.

“Ma qualcosa tra di noi c’è, scimmietta” le ricordò con intenzione “Il Triumviro, ricordi?”

“Non dire stronzate! Tu mi hai usata per farla ingelosire…”

A sorpresa, Vlad alzò una mano e quasi con indifferenza le carezzò il braccio con un dito: colta in contropiede Eva non lo scostò, ma la sua pelle reagì bruciandole il sangue come se fosse fuoco liquido.

“E secondo te non c’è davvero niente tra me e te?” le domandò a bruciapelo, sottovoce, in tono morbido “Secondo te quel mostriciattolo di Bersaba non ha visto qualcosa che è palese per tutti?”

Eva sbiancò e poi arrossì di nuovo.

“Non pensare nemmeno per un secondo che ci sia qualcosa di diverso da puro, esclusivo odio tra me e il degno compare di quella stronza Demone vampira!”

Vlad si fece serio di botto, afferrandole il braccio con una presa ferma e attirandola verso di sé.

“E’ vero” confessò a sorpresa “Capisco molto bene la voglia di morderti di Bersaba: dopotutto, hai un sapore che mette davvero l’acquolina…”

Avere premuto addosso il suo corpo snello e asciutto era una vera tortura per i sensi sfiniti di Eva; molto più lentamente di quanto avrebbe voluto, si scostò da lui, tenendo gli occhi bassi per la segreta paura di cadere di nuovo nella sua rete di incantatore.

“Lasciami.” disse, anzi supplicò.

Vlad sorrise irriverente.

“Come vuoi, scimmietta, come vuoi. Il camper è là e tu sei quasi in salvo, aggrappata alle gonne della tua checca alata e del tuo gingillone umano. Ma dove ti nasconderai per essere in salvo da te stessa e da quello che senti per me?”

Eva decise che era molto meglio non rispondergli: strappò il braccio dalla sua presa e quasi scappò via, girandogli le spalle.

*          *          *

“Che succede?” domandò Raf vedendola arrivare con gli occhi che mandavano scintille e una smorfia feroce a deturparle la bella faccia: era seduto nella cabina di guida di fianco a Gino che, comprensivo, accese subito il motore e portò il camper fuori dal parcheggio.

“Quel pervertito stronzo bastardo…”

“Oh, Vlad.” commentò Gino agitando le dita in direzione del Demone che entrava nel camper, salutava con un beffardo cenno del mento e si dirigeva verso il suo fido lettone nell’altra stanza, mani in tasca e faccia da schiaffi.

“Che ha fatto stavolta? Ti ha fischiettato tutto il repertorio di Mino Reitano?”

Eva sbuffò, le braccia incrociate sul petto, dritta e rigida come un pilone di cemento.

Raccontò tutta la storia mentre Raf le medicava la ferita sulla gamba fissandola con i suoi pacati occhi celesti.

“Mi ha usata” ammise infine Eva con bruciante vergogna “Mi sono distratta un millisecondo… merda! Mi ha intortato come se fossi una novellina qualunque, quel bastardo di un Demone!”

“Eva, Eva…” mormorò Raf con snervante dolcezza.

“E la protezione del Triumviro?” domandò Gino per nulla scosso.

“Era vicino” si difese Eva corrucciata “E quella Bersaba era così agghiacciante che mi ero distratta.”

“Eva, tesoro, non ti colpevolizzare troppo” la consolò Raf illuminandola col suo radioso sorriso “Lo sapevi che Vlad avrebbe usato metodi poco ortodossi. Anche se adesso sappiamo che l’orda infernale non è partita da qui, Vlad rimane comunque un elemento pericoloso e dover stare a così stretto contatto per così tanto tempo gioca solo a suo favore.”

“Già” si ammansì Eva, sentendosi un filino meno arrabbiata “E non mi aiuta nemmeno il fatto di essere sempre più incazzata con lui. La rabbia mi destabilizza, purtroppo. Ma che devo fare? Se solo guardo di striscio quel suo sorrisino da stronzo mi viene voglia di tirargli il collo.”

“Potresti pregare” suggerì Raf con dolcezza “A me aiuta moltissimo.”

“A me invece aiuta farmi un goccetto” aggiunse Gino con sicurezza “Vuoi provare?”

Eva trattenne a stento un sorriso: provò a chiudere gli occhi e a liberare la sua essenza di Angelo dalla ridda melmosa di sentimenti che la presenza di Vlad le suscitava.

“Padre nostro che sei nei cieli…”

Prima via la vergogna: inutile, tutti siamo peccatori e figli agli occhi dell’Altissimo.

“…sia santificato il Tuo nome…”

Secondo, via la rabbia: impedisce di vedere le cose con chiarezza.

“… venga il Tuo regno…”

Terzo, via la lussuria: uhm… lo sguardo obliquo di Vlad sempre puntato addosso… non facile questa….

“… sia fatta la Tua volontà. Non quella di Vlad, non la mia, ma la Tua…”

Quando riaprì gli occhi, dopo alcuni lunghi minuti di meditazione, Eva si sentì meglio.

“Tutto bene?” domandò Raf.

“Sì” sorrise Eva a Gino che la guardava interrogativo “Ora ci sta quel goccetto.”

Gino, ignorando doverosamente la guida del camper, rovistò nelle tasche dell’immancabile giacca, tirò fuori una fiaschetta di metallo tutta acciaccata e la porse alla compagna senza fare commenti: Eva bevve un lungo sorso, lasciando che il liquore le invadesse di fuoco la gola e lo stomaco.

“Ok” sospirò restituendo la fiaschetta a Gino “Così va decisamente meglio.”

“Preghiere e grappa, questa sì che è una panacea” gorgogliò Gino “Proponile anche allo stronzo, magari si converte.”

“Si, Vlad convertito” sbuffò Eva “Quello è troppo contento di quello che è per pensare di cambiare. Gli piace proprio il suo infido e subdolo mestiere, se solo fai tanto di lasciarlo solo con…”

Interruppe la frase a metà, sbiancando di colpo.

“Eva?”

Si girò verso Raf che le puntò addosso due enormi fanali azzurri e allarmati.

“Lorella!”

*          *          *

La porta scorrevole era chiusa.

“Vlad!” sibilò Eva volando verso la porta, la faccia grigiastra e la nausea che le pesava sullo stomaco.

“Eva, stai calma.” la blandì Raf con voce stranamente preoccupata, ma Eva era troppo furiosa per sentire più di un lontano ronzio insignificante; aprì l’anta scorrevole così forte che il rumore sembrò uno sparo.

Il suo sguardo immortalò la scena come una fotografia in bianco e nero: Vlad era in piedi, camicia slacciata sul petto e sorriso malefico stampato sul viso, e Lorella, inginocchiata davanti a lui, armeggiava con la cintura dei suoi pantaloni.

“Vlad!” ruggì di nuovo Eva e al suono della sua voce Lorella sobbalzò così penosamente che perse la presa sulla cintura di Vlad.

“Lorella!” esclamò Raf quasi scandalizzato arrivando alle spalle di Eva e Lorella si girò di mezzo profilo, sbattendo le palpebre come se si svegliasse da un sonno profondo.

“Raf?” pigolò incerta: sembrava un pulcino abbandonato. Vlad sbuffò con indolenza, appoggiandosi al muro senza curarsi minimamente di riallacciarsi i pantaloni e Raf allargò le braccia finché Lorella, come animata da una forza invisibile, si alzò in piedi e corse ad abbracciarlo, nascondendo la faccia nel maglioncino azzurro che indossava.

“Lorella, piccola.” le disse l’Arcangelo con voce paradisiaca.

“Mi dispiace” balbettò Lorella sottovoce “Io non so… Io cosa…?”

“Niente. Non è successo niente, stai tranquilla.”

“Per un pelo” gorgogliò Gino arrivando al trotto dopo aver precipitosamente parcheggiato il camper in mezzo alla strada e fissando Vlad con una sorta di riottosa ammirazione “Accidenti, Eva, avevi proprio ragione: Vlad è uno stronzo.”

Raf uscì dalla stanza mormorando parole dolci a Lorella e Vlad, per niente scomposto, abbozzò una specie di inchino irriverente verso Gino.

“Lo prendo come un complimento” gorgheggiò poi con sublime indifferenza “Comunque ci tengo a precisare che io le ho chiesto solo di aggiustarmi la fibbia della cintura: era lei che insisteva per farmi un pompino.”

Eva diventò rossa in viso come se stesse andando a fuoco.

“Te l’ho già detto” sibilò minacciosa aprendo e chiudendo spasmodicamente i pugni “Stai lontano da lei o, Triumviro o no, ti ammazzo con le mie stesse mani!”

Vlad scrollò i riccioli rossi dalle spalle, sorridendo poi con estrema scioltezza.

“Che ti aspetti che faccia?” domandò poi con dura arroganza “Che mi metta a farle le trecce e il cavalluccio? Sono un Demone, sono un Lussurioso e la ragazzina vuole essere scopata. Io mi stavo limitando a darle un contentino.”

Aveva una tale espressione di malvagia esultanza dipinta sul viso, una tale compiacenza di sé che Eva sentì la rabbia e la frustrazione saltare alle stelle e rivestire tutto di una rossa cortina di fuoco. Prima che Gino potesse bloccarla, aveva scavalcato il letto, aveva afferrato Vlad per i lembi della camicia aperta e lo aveva sbattuto con quanta forza aveva contro la parete del camper.

“Maledetto bastardo!” gli ululò contro sbattendolo di nuovo “Maledetto…”

Non terminò la frase: con un deciso colpo di reni, Vlad la spinse indietro facendola incespicare: crollarono sul letto, lei sotto a dibattersi inutilmente e lui sopra, a bloccarla in una morsa d’acciaio.

“Sapessi come mi ecciti quando sei arrabbiata.” le sussurrò con la bocca a un centimetro dalla sua faccia rossa e congestionata: Eva sgroppò inutilmente, il cuore impazzito in gola e ogni centimetro di pelle dolorante per il conturbante contatto con Vlad.

“Lasciami bastardo! Gino, aiuto!”

“Ehi, che dovrei fare?” si difese Gino alzando impotente i palmi delle mani “Io sono solo un Umano, quello mi spalma contro al muro come una carta da parati!”

Incurante dei suoi strepiti, Vlad le tenne i polsi bloccati sopra la testa e ruotò il bacino contro i suoi fianchi, in un segnale inequivocabilmente sensuale.

“Lasciami!” strillò Eva ma non poté fare a meno di sentirsi violentemente eccitata e la cosa la fece infuriare ancora di più.

“Ammetti che piacerebbe anche a te, scimmietta” le mormorò Vlad nell’orecchio mentre Eva si dibatteva freneticamente “Tutto questo odio, tutta questa rabbia… sei gelosa di Bersaba e di Lorella perché in verità anche tu vuoi la stessa cosa che vogliono loro…”

“Non è vero! Lasciami, ho detto!”

“Ti si legge in faccia, amore mio: vuoi che io ti strappi i vestiti… vuoi che io ti morda, che ti prenda con la forza per potermi odiare ancora di più…”

“Ti odio già troppo, stronzo!”

“Perché alla fine, al di là di tutto, odiare è nella tua natura. Tu sei un Demone esattamente come me, scimmietta.”

Vlad la mollò di colpo, scattando in piedi con indolenza e sorridendole serafico: Eva rimase ad ansimare sul letto, consapevole come non mai di gridare segretamente di desiderio frustrato in ogni cellula del corpo. 

“Ti odio.” ripeté sottovoce, caricando di verità ogni singola lettera di quelle due parole.

“Anche io, scimmietta” rispose Vlad facendole l’occhiolino “Ma questo tra Demoni non equivale a dichiararsi amore eterno?”

“Rettifico: sei decisamente stronzo.” borbottò Gino e stavolta era quasi nauseato.

“Vai via” sibilò Eva alzandosi a fatica a sedere sul letto “Vai via. Mi fai venire il vomito.”

Vlad, una volta tanto, ubbidì: con un sorrisetto sghembo e i pollici infilati in tasca, trotterellò fuori, soffiando verso Gino un bacio a fior di labbra. L’uomo rimase ritto ai piedi del letto fissando corrucciato la schiena rigida e un po’ curva di Eva, indeciso se parlare o rimanere zitto.

“Ehm, Eva…” tentennò infine, ma la ragazza alzò una mano e Gino capì al volo: uscì anche lui in silenzio, pronto a fare il cane da guardia al Demone e lasciò sola Eva con la sua collera e la sua frustrazione.

La lasciò a guardare fisso fuori dal finestrino, arrabbiata, muta e delusa in un modo che nemmeno poteva ammettere con se stessa di essere.

Cercando senza saperlo un capriolo per poter ritrovare il sogno di un po’ di poesia.

 

 

 

 

 

 

NOTE DELL’AUTRICE:

Scusate, sono costretta a saltare i saluti “ad personam” causa problemi lavorativi. Non me ne vogliate, anzi, inviatemi mentalmente tanto amore e ottimismo, qui la situazione è tristissima!! So che è crisi dappertutto, ma ragazzi, non ci dormo la notte… quindi, per favore, tanti baci e tanta fortuna!

Sempre vostra

Elfie

  
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