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Autore: Angel TR    28/12/2015    2 recensioni
E se Lili ed Asuka s'incontrassero durante l'epoca vittoriana?
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[Inoltre partecipa alla Challenge "le situazioni di lei&lui indetta su efp]
Genere: Generale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Asuka Kazama, Emily Rochefort
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La Belle Époque'
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"Partecipa alla Challenge "Le situazioni di lui&lei (lei&lei)" indetta da su efp"
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Nickname: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: Asuka Kazama/ Lili Rochefort
Genere: Fluff, generale
Rating: Giallo
Prompt: Back to past! Epoca vittoriana

Nickname: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: Asuka Kazama/ Lili Rochefort
Genere: Fluff, generale
Rating: Verde
Tabella: Blu
Prompt: Occhi


THE VICTORIAN COMPROMISE: Eyes to kill

I Vittoriani sono così.
Segreti di pulcinella e l'apparenza che tutto salva e tutto conta .

Asuka Kazama voleva incontrare il destino della "fallen woman".
Un sottilissimo nervo sulla fronte le pulsava mentre attraversava le vie di Londra, scansando, furiosa, carrozze trainate da splendidi cavalli pezzati, coppie che passeggiavano, pigramente, a braccetto.
Le lunghe occhiate da sotto le ciglia che le donne, mollemente appoggiate contro il loro marito, le lanciavano la facevano rabbrividire di rabbia.
Insomma, ma cos'avevano da guardare quelle lí?
Solo perché il loro cappellino valeva quanto tutto il pezzo di stoffa che equivaleva al suo "vestito", non potevano di certo atteggiarsi in quel modo, credendosi superiori!
O, meglio, solo perché avevano un uomo al loro fianco, non erano migliori di lei! Non erano realizzate.
Asuka le odiava.
Asuka odiava tutte le donne e gli uomini della Londra della sua gioventù -ma soprattutto quelle ochette che pensavano solo ai vestiti, alla carità falsamente professata e a sposarsi.
E, quindi, aveva deciso di dedicarsi all'educazione dei bambini nati in famiglie povere di minatori.
Peccato che quest'idea aveva fatto inorridire i suoi , i quali, prontamente, avevano pensato di combinarle un matrimonio -così, per calmarle i bollori. Con una famiglia da badare, non avrebbe avuto sicuramente tempo di riempirsi la testolina di stramberie.
Asuka digrignò i denti: come la facevano imbestialire! Non potevano imbrigliare lei, imprigionare lei, Asuka Kazama, in quattro mura di mattoni, un marito e una squadra di pargoli.
No, no e ancora no.
Fu così che, nel fuoco bollente della sua ribellione, Asuka fu quasi schiacciata da un maestoso cavallo bianco che, strattonato di getto del vettorino, s' imbizzarrì ed impennò. Il sole si rifletté sugli scintillanti e pericolosissimi zoccoli del cavallo e nella testa di Asuka sfrecciò l'immagine di sé riversa a terra, con la fronte aperta in due.
Istintivamente, paró le mani davanti al cavallo, come a volerlo immobilizzare, e inciampò in un ciottolo.
Ecco, ora Dio gliela stava facendo pagare sul serio per tutti quei pensieri indecenti per una fanciulla. Ecco, si era tanto lamentata e ora era stata punita.
Ma tutto questo non successe: il cavallo si limitò a nitrire, spaventato, e il cocchiere si sporse per verificare le condizioni di Asuka. Portava un monocolo che gli conferiva un'aria da gentleman acculturato, un cilindro sui curati capelli d'argento -non sembravano neppure una parrucca!- e, come tutta l'alta borghesia, indossava gilet, cravatta e guanti inamidati.
Al suo fianco, un bastone da passeggio.
Aveva gli occhi chiari e sinceramente preoccupati. << Signorina, è ferita? >> le chiese, in un inglese perfetto variegato solo da un forte accento francese.
<< Sì, sì. >> rispose bruscamente Asuka, cercando di nascondere quanto fosse rimasta colpita dall'uomo, malgrado il suo cavallo stava per ucciderla. << Grazie. >> aggiunse, tanto per scacciare il fastidioso senso di colpa.
<< Sebastian? Che succede? Ça marche? >>
La voce, inconfondibilmente femminile ed inconfondibilmente borghese, proveniva dall'interno della carrozza. Asuka inarcò un sopracciglio, sprezzante: l'ennesima francesina di buona famiglia, in gita a Londra per trovare marito.
<< Sí, mademoiselle Rochefort. Il cavallo si é ribellato leggermente per un brevissimo momento, ma ora é tutto sistemato. >> tranquillizzò il cocchiere, voltandosi indietro. Asuka pensò che dovesse essere molto noioso trasportare una francese spocchiosa e petulante.
Qualche passante curioso osservava la scena, lanciando ogni tanto occhiate a destra e sinistra per sincerarsi di non essere osservato a sua volta.
Asuka sbuffò. Ipocriti.
Ebbe giusto il tempo di riportare lo sguardo davanti a sé, un secondo, che il decorato sportello della vettura si aprì e spuntò una testa bionda.
<< Oh! Sebastian, non la trovi deliziosa? Sembra una principessa vestita di stracci! >> esclamò.
Sebastian -che doveva essere il cocchiere o, almeno, così aveva capito Asuka- si voltò terrorizzato e si affrettò a scendere dal suo posto per aiutare la dama a scendere.
Le sussurrò qualcosa in francese mentre le tendeva una mano. Lei alzò gli occhi al cielo e sorrise; sorrise come una bambina capricciosa che sa maledettamente bene quanto sono efficaci i suoi piagnistei.
Finalmente, la dama si voltò ad osservare Asuka. La guardò dalla testa ai piedi eppure non sembrava giudicarla come le altre donne del suo rango. Sembrava...incuriosita, divertita, eccitata. Come se stesse infrangendo una regola.
Asuka inclinò la testa da un lato. E ora che cosa voleva questa mocciosetta? Poi i suoi occhi azzurro cielo si fiondarono nei suoi e Asuka restò di stucco.
Maria Antonietta è di nuovo tra noi.
<< C'est merveilleux! Qui ès tu, ma chérie? >> sussurrò la straniera, muovendo un passo in avanti, la lunga gonna ondeggiante. Le sue mani, avvolte da morbidi guanti bianchi lunghi fino al gomito, corsero al petto.
Asuka non era tipa da indietreggiare nemmeno davanti a dei modi così strambi, quindi restò ferma, le braccia incrociate al petto, un sopracciglio inarcato. << Le spiace parlare inglese, lady...? >> Su, Asuka, è solo una tizia buffa. Sii cortese, come ti ha insegnato zia Jun. Tratta bene gli estranei.
L'estranea in questione scoccò un'occhiata meravigliata al cocchiere. Doveva conoscerlo molto bene per comportarsi così, concluse Asuka.
<< Oh, sì, certo. Mi chiamo Emilie Rochefort. Sono lieta di visitare la vostra splendida città, moderna e all'avanguardia! E tu? Lavori nelle miniere? >> quest'ultima domanda avrebbe dovuto mandare Asuka su tutte le furie ma qualcosa la fermò...sembrava sinceramente interessata. Gli occhi azzurri brillavano.
Magari si meritava una risposta. << No, non lavoro nelle miniere. >> stava per aggiungere altro ma si bloccò, diffidente. E se l'avessero riconsegnata alla sua famiglia? Si scrollò di dosso la paura e, in un'alzata di spalle, spiegò, avvicinandosi alla dama per essere sentita solo da lei << Sto scappando dalla mia famiglia. >>
Lei fu percorsa da un tremito -stima, adorazione, un po' d'invidia. << Sebastian! La possiamo adottare? >>
Furono così inaspettate, così infantili, quelle parole lanciate nell'aria in modo così estasiato, che Asuka non poté trattenere una risata.
Quella biondina era davvero stramba. Aveva un faccino delizioso, da fanciulla di buona famiglia, eppure Asuka sospettava che nascondesse un'anima ribelle. O era come tutte le altre vittoriane: viso d'angelo e stile di vita diabolico, sempre tutto sepolto sotto i modi signorili e virginali.
<< Salga sulla mia carrozza. Andremo a prendere un tè insieme, così avrà tutto il tempo di raccontarmi di lei. >> aggiunse Emilie, voltandosi e porgendo la mano a Sebastian cosicché l'aiutasse a salire le scalette della vettura.
Asuka, un po' titubante, la seguì. Insomma, si sarebbe divertita un po' a ridere di tutto il lusso e delle buone maniere della dama.
Mentre si accomodava sui morbidissimo cuscini ricchi di decorazioni in filo d'oro, disse << Mi chiamo Asuka. >>
La dama si sedette di fronte a lei e le rivolse un sorriso furbetto << Dammi del tu, deliziosa Asuka. >>
La carrozza iniziò ad avviarsi e, a causa della strada un po' dissestata, ogni tanto sobbalzava e Asuka odiò la sensazione di nausea che le provocava.
Emilie sorrideva. Sembrava al settimo cielo, con quell'aria di chi sta architettando un piano machiavellico. << Ti piacciono le scosse? Io le adoro. Immagino sempre di galoppare su un cavallo bianco e selvaggio, in viaggio verso chissà dove. Libera. >> confessò, la voce femminile bassa e roca, e il viso, un attimo prima luminoso ed allegro, si spense. Era rivolta verso il finestrino; la luce soffusa del tardo pomeriggio, che filtrava attraverso le tendine, le illuminava la bocca rosea piegata all'ingiù, il collo sottile e le guance arrossate dal belletto. Si portò una mano al cappellino adornato di piume e fiori e lo buttò sul sedile, in un gesto di disperazione. Armeggiò un po' , finché i capelli non le ricaddero in una cascata di ciocche biondo miele, lunghe fino a metà schiena. Poi aprì la spilla con il rubino incastonato e si sfilò la mantella dalle spalle con una scrollata di spalle.
Asuka osservò la trasformazione in silenzio, sorpresa ancora una volta dal lato ribelle di Emilie.
Lei se ne accorse e le scoccò un sorriso amaro << Mi piacciono molto i tuoi capelli sbarazzini. Vorrei tanto poterli portare sciolti anch'io. >> e si passò una mano guantata tra i le ciocche bionde, a sottolineare il concetto. La mano si fermò attorno ad un nodo. Emilie si liberò anche dei guanti bianchi, rivelando la mano affusolata e candida.
Si sbottonò il primo bottone della camicetta piena di ruches e pizzi, scoprendo la delicata pelle bianca, tenuta al riparo dal sole quasi con maniacalità.
Asuka si raddrizzò sul cuscinetto: iniziava a sentire una sorta di connessione con la ragazza borghese che aveva di fronte. Forse non erano poi tanto diverse.
Improvvisamente, lei le rivolse un altro sorriso, questa volta più allegro. << Ma non scappo di casa perché non ne ho il coraggio. Sono troppo abituata alle comodità della mia villa: le carrozze, il maggiordomo, il cuoco, il lusso, i vestiti...non sopravvivrei un giorno senza tutto ciò. Mi reputi superficiale, vero? L'apparenza conta molto al mio rango eppure non posso negare di provare una certa tristezza quando mi rendo conto di non poter esprimere la mia personalità. O, forse, come dice mia madre, saggia donna, è perché ancora non ho imparato come far convivere il ruolo sociale con quello personale.>> immerse i suoi occhi azzurro cielo in quelli marroni di Asuka. << I tuoi occhi sono così esotici! >> esclamò, di getto.
Si portò una mano alla bocca, sorpresa dalla sua audacia. Ma poi il suo sguardo si fece giocoso e , da dietro la mano, Asuka poté vedere gli angoli della bocca che curvavano verso l'alto.
<< Chi sei tu? >> chiese, a metà tra il divertito ed il sospettoso.
<< Sono Emilie. Ma tu puoi chiamarmi Lili. >> rispose lei, come se la stesse rivelando un segreto intimo. << Allora! >> fece, battendo le mani. << Cosa viene servito a casa tua, di solito, all'ora del tè? Cosa preferisci tu? >>
<< Non lo bevo il tè. >> ribatté Asuka, e le scappò da ridere vedendo l'espressione sconvolta di Lili.
<< No? Ma se è così buono! Devi assolutamente provare la variante monegasca. È deliziosa! >> scandì bene le sillabe e sgranò gli occhioni per enfatizzare il concetto.
<< Mone-che? >> esclamò Asuka.
<< Monegasca. Principato di Monaco. >> chiarí Lili, come una maestrina con un alunno poco sveglio. << Mai visto? Possiamo portarti con noi, quando torniamo a casa! È meraviglioso, vedrai. >>
Suonava così entusiasta che Asuka si chiese se facesse mai cose divertenti nella sua vita, oltre alle gitine con gli altri borghesi. Sembrava una persona con poca vita sociale, nonostante frequentasse sicuramente più gente rispetto a lei.
Lei, però, stringe rapporti falsi con persone false, a differenza mia. Anche se è sempre attorniata di gente, in realtà, Lili è sola., rifletté Asuka.
Il resto del viaggio continuò così, in silenzio.
Mentre Asuka era intenta ad osservare Lili, immaginando come dovessero essere i suoi genitori e in che tipo di ambiente dovesse vivere, la carrozza si fermò dolcemente. Lili scostò le tendine e, per farlo, si protese verso Asuka, invadendole le narici del suo profumo di colonia.
<< Siamo arrivate! >> annunciò, tutta contenta. Scese dalla vettura come un fulmine, senza aspettare Sebastian, rischiando d'inciampare nell'ampia gonna. Asuka si domandò come potesse sopportare la crinolina (per lei, la "gabbia di ferro").
Lili correva, le gonne raccolte tra le mani. << Padre! Papà! Siamo tornati! Ho portato un'amica! >> urlava.
Asuka si passò una mano sul viso. Suo malgrado, sorrise all'entusiasmo di Lili. Una mano guantata di bianco si tese. << Signorina, la posso aiutare? >>
Poggiò i le scarpine di stoffa sull'erba fresca e desiderò subito sfilarsele. L'aria era decisamente pulita, lontana dall'inquinamento della città. La ragazza si voltò per vedere finalmente il luogo dove viveva la sua nuova "amica". Si portò una mano al cuore: quello sí che era un villone!
Attraversò i giardinetti, ammirando la fontanina dove sguazzavano dei passerotti, prima di fermarsi davanti al grosso portone d'ingresso. Lili stava abbracciando un signore, suo padre; vedendola, si staccò e la presentò << Padre, quest'incantevole fanciulla è Asuka! La sua famiglia risiede a Londra da generazioni. Possiamo prendere il tè nel salone? >>
La biondina è convincente, pensò Asuka.
<< Certo, mia cara. Tutto quello che vuoi. Il tè arriverà tra pochissimo.>> acconsentì il padre.
<< Vieni, Asuka! >> Lili afferrò la mano della ragazza e la trascinò nel salone, ridendo. Questo è il mondo dell'aristocrazia francese, altro che borghesia londinese!
Appena arrivate nel salone, Lili completò la trasformazione. Aprì con uno strappo secco la camicetta di velours, saltò qualche bottoncino. Si sfilò la prima gonna, saltellando su una gamba. Poi diede la schiena ad Asuka << Mi aiuti a togliere il bustino? Voglio sentirmi libera come te. >> domandó.
Asuka inarcò un sopracciglio ma si avvicinò: sapeva come sfilare quello strumento di tortura. Il corsetto presentava una chiusura a busk e i lacci. Asuka osservò con orrore le stecche in osso di balena, chiedendosi perché mai le donne si sottoponessero a questa tortura.
Le spostò ordinatamente i lunghi capelli biondi su una spalla, meravigliandosi della loro morbidezza. Poi iniziò ad allargare i lacci dietro la schiena, sfiorando la pelle bianca di Lili. << Tu già sei così magra e slanciata, a che ti serve questo coso terribile? >> le chiese, mentre finalmente arrivò all'ultimo laccio, stretto così tanto da essere quasi un quadrato.
La ragazza accennò un sorriso malinconico. << Per essere la più bella di tutte, è ovvio. Tu mi trovi bella? >>
Le abili dita di Asuka si arrotolarono attorno al nastro. << Che domande sono... >> borbottò, allargando finalmente il corsetto. Lili trasse un profondo respiro di sollievo, finalmente libera.
<< Ora voglio un vestito come il tuo. >> ordinò, mettendosi le mani sui fianchi.
<< Non puoi semplicemente indossare una veste senza corsetto? >> intervenne Asuka, cercando di farla ragionare. Insomma, che capricci!
La biondina scosse la testa. << Assolutamente no. >> ribatté. Batté le mani due volte. Il loro schiocco rimbombò secco nella stanza.
Dopo due minuti esatti, arrivò Sebastian che si profuse in un inchino per salutare la dama. << Desidera, mademoiselle? >>
Negli occhi azzurro zaffiro Lili scintillò qualcosa di oscuro e pericoloso.
<< Voglio il suo vestito. >> puntò il dito verso Asuka. Voltò la testa per ancorare lo sguardo al suo. La brunetta impallidì. Che vuole fare, questa pazza?
Sebastian restò di stucco. Ma era ovviamente abituato alle stramberie della sua mademoiselle, per cui si riprese subito, ostentando un contegno perfetto. << Perché non prendere un vestito simile a quello della signorina? Oppure, mandare dalla sarta uno degli abiti che possedete? >>
Lili sembrò pensarci su. Posò l'indice bianco sulle labbra rosate, prima di annuire, finalmente acquietata. << E va bene. >>
Si lasciò sprofondare nel divano -rigorosamente rosa e bianco- e batté la mano sull'enorme cuscino vicino al suo. Asuka si sedette.
<< Togliti la maschera. >> sbottò la brunetta, in un impeto di sincerità e noia. Era chiaro che Lili o era preda di uno degli stupidissimi capricci delle ricche o era davvero stufa di quel mondo dorato e finto.
<< Lo sto facendo. Me lo permetterai? O te ne scapperai anche tu, come tutti gli altri? >> sussurrò lei, di rimando.
Asuka voltò la testa di scatto, ritrovandosi a fissare gli enormi occhi azzurri, di quell'azzurro puro, di Lili, lucidi, impauriti.
La sua prigione di cristallo non la soddisfaceva più.
Voleva scoprire cosa si nascondesse dietro quei due laghi: un mondo incantato o un semplice riflesso della società ipocrita vittoriana?
Poi la porta si aprì. << Mademoiselles, il tè. >> annunciò la tranquillizzante voce di Sebastian.
L'incantesimo si spezzò e Asuka scostò il viso: si era resa conto di avere gli occhi della ragazza a pochi palmi dai suoi.
Maledizione!
Mentre sollevava la tazzina con dita tremanti, scoccò un'occhiata a Lili con la coda dell'occhio.
La stava osservando, i maliziosi zaffiri illuminati, ormai sicuri, le lunghe ciglia che sbattevano. Da dietro la tazzina, si poteva scorgere un sorrisetto impudente.
Asuka scosse la testa e, non seppe per quale motivo, iniziò a ridere.
Erano due fuggitive, due pazze insoddisfatte della vita e dell'epoca in cui vivevano e si erano incontrate.
Chissà che fine avrebbero fatto, insieme.


N/D: Una delle Challenge richiedeva una relazione. Io in realtà non sono molto abile a descrivere le relazioni. Anzi, faccio proprio chifo xD quindi non ho messo nessuna coppia visto che la cosa é molto interpretabile.
Kisses, Angel

  
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