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Autore: Giulia2200    28/12/2015    1 recensioni
Queste è una storia dove Vegeta racconterà tutti i suoi sentimenti, i suoi problemi, le sue emozioni, le sue frustrazioni e le sue paure durante il corso del tempo. Incontrerà e conoscerà persone meravigliose dove l'aiuteranno a cambiare in meglio. Ci saranno azione e amore. Imparerà ad amare non solo se stesso, ma anche quelli che lo circondano. Naturalmente il suo carattere resterà sempre arrogante e orgoglioso, perché ammettiamolo se non l'avesse non sarebbe più il grande Vegeta, no?
Buona lettura, lascerò a voi le parti migliori da scoprire !
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Trunks, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17- Una cosa tira l'altra 
 
 
 
 
 
 
 
Una maledettissima e fastidiosissima zanzara non smette di ronzare sopra il mio orecchio. La scaccio con la mano e, per un momento, mi sento sollevata che se n'è andata, ma poco dopo ritorna, provocando un rumorino insopportabile e girando sempre allo stesso modo. Non posso restare a dormire per uno stupido insetto rompiscatole! Riprovo a cacciarla, ma nulla. Ritorna sempre.
Cerco di liberarmi dalle lenzuola furiosamente, essendo incastrata, ma senza molto successo. Mi alzo di scatto, sempre ingarbugliata dalle coperte, perdo l'equilibrio e cado come un salame legato... 
Ahia!
Ho la guancia destra appiccicata al pavimento e il sedere all'insù. Riesco ad alzarmi per metà e mi siedo sopra le ginocchia. Mi sarei aspettata un pianto improvviso di Trunks per il rumore provocato dallo spiaccicamento facciale, ma, a quanto vedo, lui non c'è... 
DOV'È!!?!!?!?!? Scatto in piedi come un soldato chiamato all'appello.
<< Trunks!!! Dove seii??? >> urlo nella speranza che mi senta e mi dia un segnale. Anche una puzzetta va bene. << Mammaaaaa!!!! Dov'è MIO FIGL... >> lo scatto della porta mi interrompe.
<< Ehiiiii!! Cugina miaaa!! >> strilla entusiasta la ragazzina con in braccio... IL MIO BAMBINO!!! 
<< Trunks! Tesoro mio! >> corro verso di lui per prenderlo nelle mie braccia, al sicuro, non dando retta a quella sguaiata di mia cugina. 
Per fortuna è tutto intero...
<< Cugi, che fai non mi saluti?? >> domanda con la voce squillante. 
<< Si si... Ciao Alice... >> dico senza entusiasmo << Immagino che hai già conosciuto Trunks... >>
<< Oh! Si si... È un bambino delizioso. Ha delle guanciotte paffutelle! >> esclama tutta contenta per poi avvicinare le sue dita alle guance di mio figlio e stringerle delicatamente, almeno spero... 
<< Quando sei arrivata?? >> domando perché ero del tutto ignara della sua visita.
<< Stamattina presto, verso le sette. Avevo detto alla zia che sarei passata per farvi una sorpresa! Non sei felice di vedermi, Bulmina? >> come posso essere contenta di vedere la cugina che mi ha rovinato la vita? Purtroppo è mia cugina di primo grado. Mia madre e suo padre sono fratelli. 
È sempre stata insopportabile... Anche il suo fisico è insopportabile... Adesso che la vedo è cresciuta ed è una donna... Solo in apparenza però. Ha i capelli castano chiaro, fino alle spalle, prima invece erano molto più lunghi. Gli occhi sono di un verde smeraldo, circondati da trucco scuro che gli evidenzia ancora di più, e le labbra sono sottili, dipinte di rosso fuoco e in più con un sorriso a trentadue denti fastidiosooo. È più o meno alta quanto me. Ha un corpo minuto ed è magrissima. Noto che il suo seno è aumentato almeno il doppio. Non aveva tutta questa abbondanza l'ultima volta che l'ho vista. Se lo sarà rifatto... Lo ha sempre detto che lo voleva più grosso.
Mi ricordo che, quando eravamo bambine, lei era quella che doveva stare in primo piano, non le interessava di nessuno a parte di se stessa. Se mi faceva uno scherzo e a me non andava bene, piangeva a dirotto al posto miooo!! Perché lei non poteva essere rimproverata, doveva solo essere coccolata. Viziata, viziata e viziata.
Abbiamo la stessa età, quindi ho dovuto passare il liceo insieme a lei. Se non la facevo copiare i miei compiti o se non le davo suggerimenti - oh, che tragedia che succedeva - si arrabbiava e venivo rimproverata dai miei zii perché le cugine si dovevano sempre aiutare.... Bleah!! Non studiava mai.. Certo!! È sempre stata raccomandata. Io, anche se ero figlia di un grande scienziato, non ho mai avuto nessun aiuto, ho sempre usato la testa. Si è sempre dedicata ad altri passatempi nel pomeriggio... Come i ragazzi! Diamine, ogni giorno aveva un ragazzo diverso... Anche Iamco è stato un suo hobby momentaneo... Meglio non pensare a questo.
Almeno su una cosa sono contenta. L'ultimo anno di liceo si è trasferita in un posto isolato, a causa dei suoi problemi di ninfomane, ha partecipato anche a delle sedute di gruppo. Dopo essere stata con più di duecento ragazzi, ci credo che il tuo cervello sfasa. 
<< Estasiata. >> rispondo dopo una luuunga riflessione. 
 
 
 
 
  
                                                     * * *
 
 
 
 
 
<< Devi metterci più forza Trunks! >> lo rimprovero. Ci stiamo allenando da più di tre ore, e lui non ci mette tutto se stesso << Non ho tempo da perdere. O ti alleni come si deve oppure fa da solo. >> pazzesco. Abbiamo solo otto giorni per prepararci al torneo a disposizione e lui sta giocando! 
<< Io faccio una pausa. Non mi sento bene. >> afferma esausto. Non gli rispondo. 
Esce dalla stanza gravitazionale. 
Calcio altri sacchi da pugile, ma con solo pugno li rompo tutti. Ho bisogno di qualcosa di più resistente. Ho usato di tutto e tutto era dieci volte più resistente, fatto appositamente per i Saiyan. La gravità è aumentata di cento e sono a cinquecento, ma ormai mi sono abituato. Devo aspettare di riandare nella stanza dello spirito e del tempo, però, l'attesa è una tortura. Esco anche io. Prendo una asciugamano e la metto attorno al collo. 
Sono tutto sudato e ho fame.
Giro un po' per la casa e, mentre mi muovo, sfioro, con il polso, la fiamma di un candelabro moderno in vetro di forma rettangolare, e in superficie c'è un'apertura dove esce il fuoco, ed è appoggiato su un comodino di legno bianco. 
Dannazione!!
 Immediatamente, con l'altra mano faccio pressione sul polso dove c'è l'imminente scottatura. Istintivamente, senza ragionare e pieno di rabbia, con l'altro braccio colpisco il tutto, fracassando ogni cosa. Pezzi di vetro e di legno a terra e fortunatamente il fuoco si è spento prima con il colpo di vento causato dalla velocità del mio braccio. Sento il sangue scorrere velocemente e le vene, a loro volta, pulsare più frequentemente. Così questi terrestri imparano a non mettere trappole infernali!!! 
<< Cosa è successo?!? >> la voce stridula di Bulma, si avvicina davanti a me, e mi arriva pesantemente fino alle orecchie. 
<< Qualcuno si è fatto male?!? >> un'altra voce, proveniente dietro di me, che non si chi sia.
<< È tutto apposto?!?! >> ancora un'altra, ed è della svampita mamma di Bulma.
Tutte e tre le voci arrivano in tre corridoi diversi, e si materializzano accanto a me. Come ho già detto prima ci sono madre e figlia con le facce preoccupate e l'altra non so chi sia e non mi riguarda...
<< Vegetaaaaaa!!!! Ti esce sangueee!!! >> Bulma strilla terrorizzata. Seguo i suoi occhi spalancati che si poggiano sul mio braccio sanguinante con dei pezzi di vetro infilati nella carne. Solo ora mi rendo conto di quanto cazzo fa male, cerco di mantenere il controllo e di non andare in escandescenze perché, diamine, fa malissimo! 
Non servono a nulla queste terrestri. Una se n'è andata, l'altra che non conosco sta ferma a fissarmi come se fossi un dolce, e Bulma guarda attentamente le gocce di sangue color cremisi che arrivano sul pavimento. Buone a nulla!!
<< Vegetaaaa!!! >> esclama con rabbia. Io sollevo un sopracciglio << MI STAI SPORCANDO LA MOQUETTE!!!!!! >> mi prende dal polso dove c'è la scottatura, in segno di andare, e io sussulto dal dolore. << Cosa ti prende ades... Ma come diamine ti sei bruciato??? >> domanda essendosi soffermata sulla bruciatura. 
<< Il tuo cavolo di candelabro era messo in mezzo alle scatole per un corridoio così piccolo!! >> rispondo accigliato.
<< Corridoio piccolo?!?! Ma se è largo due metri e mezzo!! Ammettilo che che eri disattento invece di dare la colpa al mio candelabro... Che hai distrutto insieme al mio comodino???! >> dà un'occhiata al bordello e poi ritorna a guardarmi ancora più arrabbiata. 
<< Era in mezzo alle palle e io l'ho spostato. >> rispondo altezzoso e soddisfatto.
<< Spostato?!? L'hai distrutto!!!! Frantumato!!! >>sbraita. 
<< Ehm... Non vorrei disturbare, però, penso che questo ragazzo abbia bisogno delle cure. >> dice l'altra terrestre intervenendo. Ohh, finalmente una sana di mente.
<< Grazie, per l'informazione, cugina... Ma adesso puoi andare, ci penso io qui. >> risponde Bulma incolore.
<< Comunque io sono Alice... >> dice con mezzo sorriso provocatorio per poi dileguarsi.
<< Perfetto!! È arrivata oggi e già detta legge!! Fantastico... >> commenta.
<< Che vuoi che m'interessa! >> dico annoiato.
<< Infatti parlavo da sola!! Posso pensare ad alta voce o devo chiedere il permesso a te?? >> domanda accigliata. 
<< Fai come ti pare... >> 
Ci dirigiamo al piano terra dove c'è un Medical Center. Per tutto il tempo non parliamo.
 
 
<< Sta fermo!! >> ordina tenendo una pinzetta tra le dita per togliere le rimanenze di alcuni pezzetti di vetro sul braccio.
<< Ma fa malissimooo!! >> urlo con noncuranza. 
<< Se non avessi spaccato i miei mobili, non sarebbe successo nulla!! >> esclama esasperata.
<< Se non avessi messo quelle cose in mezzo al corridoio, a quest'ora mi starei mangiando un panino in tranquillità!! >> dico, copiando lo stesso suo tono di voce.
<< Allora la prossima volta, visto che non ti piace la postazione dei miei mobili, fatti ospitare da un'altra casaaa!!! >> e detto questo, un pezzo di vetro più grande rispetto agli altri, lo estrae sul colpo. 
<< Cazzoo!! >> mi acciglio, mettendo un mano sulla ferita ben visibile. << Hai la delicatezza di un'elefante! >> sbotto.
<< E tu la presunzione di avere ragione anche quando hai torto. >> risponde soddisfatta con le mani incrociate al petto. Le mando un'occhiata velenosa.
<< Abbiamo finito?? >> domando, cercando di trattenermi.
Sì, mi fa arrabbiare quando dice le cose come stanno, mi dà sui nervi, e poi le dice con una terribile calma che di conseguenza fa scattare la scintilla della mia ira. Ma mi controllo, non voglio darle soddisfazione.
<< No. Ancora devo fasciarti il braccio e poi metterti la pomata sulla scottatura. >> dice alzandosi per poi andare davanti a un armadietto pieno di medicine, facendo uscire garze e disinfettanti.
<< Sto benissimo così! Non ho bisogno delle tue stupidissime pomate. >> mi alzo anche io dalla sedia. Faccio per uscire, ma una mela mi colpisce la schiena. << Cosa hai fatto, donna?? >> sibilo a denti stretti. Mi volto e cammino verso di lei lentamente.
<< Non dovevi toccarmi. >> puntualizzo fermandomi a cinque centimetri distante dal suo viso 
<< Devo finire quello che ho iniziato e non voglio essere più interrotta. >> dice con le sopracciglia aggrottate e i pugni stretti lungo i suoi fianchi. 
<< Io non mi faccio comandare da nessuno. >> sussurro vicino al suo orecchio per poi ritornare di fronte al suo viso. Le sue palpebre sono chiuse e le guance leggermente rosacee.
<< Vegeta... >> la sua voce è sensuale e come prevedevo il mio piano funziona è così prevedibi... 
Un colpo.
Un colpo di siringa nel mio braccio.
Gli occhi sono sempre più pesanti e le gambe fanno fatica a restare in piedi.
E solo per un piccolo misero aggeggio, perdo la coscienza.
 
 
 
 
 
                                                * * * 
 
 
 
 
<< Ecco fatto! >> esclamo entusiasta tra me e me. Sono riuscita a fasciare le ferite del suo braccio e mettergli la pomata. << Ho fatto proprio un bel lavoro! >> commento con un grosso sorriso. 
È sdraiato sul lettino e dorme beato. Ha una mano appoggiata al suo stomaco e si alza in contemporanea con il suo respiro. L'altro braccio, quello tutto bendato, è al bordo del lettino. 
Seguo il contorno del suo viso e lo studio, come se lo facessi per la prima volta. La sua espressione è sempre accigliata, tanto tempo sarà stata in quella posizione la sua fronte che i muscoli ormai si sono adeguati. Il suo naso come una lama tagliente e più giù le sue labbra. Labbra sottili, indurite, che aspettano ad essere toccate, baciate, accarezzate, per poi farle diventare morbide e ancora più invitanti. Con l'indice traccio la sua mandibola ben squadrata e noto qualche residuo di barbetta. Il tutto si incornicia perfettamente con quei capelli di un nero pece tutti arruffati, sparati in aria, che aspettano soltanto il tocco di un mano per renderli più soffici. 
Mi accorgo della mezz'ora appena passata a contemplarlo e ad ammirarlo. E mi dò della stupida perché anche se sono infuriata con lui non riesco a smettere di stargli accanto. Lo odio, per questo potere che ha su di me. Lo odio, perché mi ha scombussolato la vita. Lo odio, perché senza di lui sarei persa. LO ODIO! 
È pazzesco come io possa provare del sentimento per una persona testarda e arrogante... per un assassino. Perché? Perché? Perché doveva succedere a me? Perché dovevo innamorarmi di uno come lui? Eppure il mio sesto senso dice che non c'è solo quello che vedo, ma c'è molto di più. Che dietro al suo modo di fare, alla sua presunzione, alla sua cattiveria, ci sia qualcosa tutto da scoprire. 
Io ho passato con lui molto tempo e ancora non l'ho capito totalmente. 
Quella maschera che porta è solo un modo per proteggersi, per far credere che sia malvagio. Ma io non ci credo che sia la verità, anzi, non VOGLIO crederci. Io ho visto. Ho visto in uno spiraglio del suo muro protettivo, che lui è diverso. Ma poi mi chiedo perché non mostrarsi per quello che si è? E poi sono arrivata ad una conclusione.
Per paura. La paura più grande di non essere capito! E perciò si nasconde e allontana chiunque capisca qualcosa di diverso in lui con l'unico modo che conosce, o meglio, che gli è stato insegnato... Che poi la diversità è proprio bella, invece! Io l'ho capito, perché anche io mi nascondevo. 
Spesso sorridevo, soprattutto quando delle cose mi andavano male,  perché non volevo che nessuno si accorgesse di qualche mia debolezza. Non volevo essere la notizia principale delle voci pettegole. E di conseguenza, diventavo scontrosa e prevenuta a tutto, per proteggere me stessa. Anche ora a volta mi capita, ma di più per orgoglio. 
Io vorrei aiutarlo, ma lui non vuole! Purtroppo, per la mia anima benevola, ci sarò sempre per lui, ma lui mai per me... Finché non capirà chi è veramente.
 
Appena si sveglia, sarà infuriato con me. E vabbè, pazienza! Sono cose che capitano. Oh, accidenti sono le due del pomeriggio. Devo dare la pappa al mio Trunks e almeno approfitto di salutare anche l'altro Trunks.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                       * * * 
 
 
 
 
 
Mi sento davvero pieno. Fortunatamente mi sono rifornito di cibo. Almeno potrò continuare l'allenamento. 
<< Ehi nonna! Grazie per il pranzo. Era tutto delizioso! >> la ringrazio mentre rientra nella cucina.
<< Oh-oh... Grazie nipotino! >> risponde sorridendo.
<< Sai dov'è mia madre? >> 
<< Oh... No caro. Un'oretta fa era al piano di sopra con Vegeta. Tuo padre si è ferito colpendo un candelabro e perciò l'ha portato al piano di sotto dove c'è il nostro personale ospedale... Ehm, vuoi una fetta di torta? >> afferma per poi cambiare discorso come niente fosse.
<< Si è fatto male? >> domando un po' preoccupato. << Comunque sì, grazie. >> rispondo alla sua domanda. 
<< Che gusto vuoi? >> prende un coltello e un piattino. << Sinceramente non lo so. Io son salita di corsa per aver sentito del vetro rompersi e poi ho visto il sangue sul braccio che aveva Vegeta e così me ne sono andata perché mi faceva impressione. >> racconta tranquillamente. 
<< Come?! >> domando incredulo, mi alzo di scatto e la sedia cade. Rompendo il silenzio << Comunque vaniglia e cioccolato. >> 
<< Salve a tutti! >> una voce familiare si dirige verso la cucina.
<< Mamma! >> la saluto, contento di vederla. Ha in braccio il piccolo Trunks che è mezzo addormentato. Si avvicina e mi schiocca un bacio sulla guancia. 
<< Oh, anche io voglio una fetta di torta! >> esclama desiderosa di dolce appena vede il piattino sotto di me.
<< Papà come sta? >> domando affettando un pezzetto e assaporarlo. 
<< Dorme. >> dice semplicemente, sedendosi accanto a me con il bimbetto sulle sue braccia che si ciuccia un pollice. Afferra il piattino che la nonna le da e si gusta il sapore appena addentato della torta. Le sue palpebre si chiudono dolcemente e mugugna qualcosa di insensato, ma che ha del tutto senso avendo assaggiato la meraviglia. << Prima l'ho mandato KO con un sonnifero e poi l'ho fasciato e disinfettato tutto. >> sbatto un paio di volte le palpebre perché quello che ho appena sentito non mi sembra vero. Anche la nonna è rimasta immobile con la pentola in una mano. << Che c'è? >> domanda con la bocca mezza piena, notando la sorpresa incredula nel nostro viso. << Non voleva che lo curassi, perché per lui andava bene anche senza bende, allora in qualche modo dovevo farlo stare fermo, no? Tanto si sveglierà tra venti minuti... >> continua, come se nulla fosse, a mangiare. 
<< Lo sai che adesso sei in pericolo di vita? >> domando con un sopracciglio inarcato e tutti e due gli occhi sbarrati. 
<< Non lo farà mai e poi se lo meritava! >> sorride colpevole. 
<< Buongiorno famiglia! >> saluta nonno Brief entrando dall'altra porta. << Bulma, cara, posso prendere il mio nipotino in braccio? È arrivata l'ora del nonno-sitter. >> 
<< Fai con comodo. >> risponde. 
<< Ehi giovanotto! >> si riferisce a me perché mi arruffa i capelli con la mano. 
<< Ciao nonno. >> risposto educatamente. Poi si avvicina al bimbo e, prendendolo in braccio, lo abbraccia. 
<< Papà, fammi un favore... Prendi il biberon e dagli il latte. >> 
<< Certo cara. Per te questo e altro. >> risponde con un sorriso amorevole. 
Davvero bello questo quadretto famigliare. Anche io avrei voluto questo per la mia famiglia. 
Come se nulla fosse, compare sulla soglia della porta una ragazza. Ha indosso una maglietta di quinte taglie in più del dovuto, dei pantaloncini in tuta molto corti, capelli arruffati come se avesse dormito. 
<< Oh, Alice... Hai già sistemato le valige? >> spezza il silenzio nonna Brief. 
<< No, in realtà mi sono appisolataaa. >> ammette, provocando poi un lungo sbadiglio. 
Sento un borbottio che proviene dalla bocca di mia madre, precisamente un " Tsk, e ti pareva " e poi si rimette a guardare giù diventando malinconica per la sua torta quasi finita. 
<< Accomodati, adesso mangiamo. >> la invita nonno Brief a sedersi.
<< A quest'ora? Ma sono le due e dieci! >> dice controllandosi il suo orologio al polso << Pensavo che aveste già mangiato. >> 
<< Di solito mangiamo tardi perché siamo sempre indaffarati. >> risponde nuovamente il nonno sorridendo, 
<< Ah, allora mi unisco a voi. >> prende una sedia e si accomoda accanto a me. Mi esamina, con quegli occhi smeraldo scrutatori, dal capo in giù. Mi mette un po' a disagio perché non smette di fissarmi. Eppure penso di averla già vista da qualche parte. 
<< Alice! Evita di sbavare dietro a mio figlio. >> la riprende mia madre accigliata.
<< È tuo figlio?!? Non sapevo che ne avessi un altro! >> la guarda per poi ritornare a me, scrutandomi ancora di più. 
<< Piacere io sono la cugina di tua madre, Alice... Come ti chiami? >> si presenta tendendomi una mano affinché io la stringessi. Ecco chi era! La cugina psicopatica! Quella che mia mamma odia. Ora che ci penso ho visto una sua foto.
<< Piacere Trunks. >> stringo la sua mano con decisione anche se mi inquieta molto il suo viso. Non so molto di lei, mia madre non ne ha mai parlato direttamente con me. Ha sempre detto qualche frase del tipo "quella psicopatica di Alice" oppure "cugina odiosa"... Cose così.
<< Trunks... >> ripete il mio nome, riflettendo attentamente al mio nome come se ci fosse qualcosa che non andava. Poi si volta verso Bulma << Debbo dire che hai molta fantasia nel dare i nomi ai tuoi figli. >> commenta con un ghigno sarcastico. 
<< Tu. >> mia madre si alza dalla sedia a denti stretti, sbattendo le mani sul tavolo, è davvero infuriata << Non sai un bel niente, quindi chiudi il becco! >> esclama arrabbiata. 
<< Bulma. Sta calma. È ovvio che ha questa impressione, se non sa niente. Pure tu l'avresti detto... >> 
<< Non t'impicciare, papà. Lei lo fa solo per farmi un torto, perché ci gode! E io ancora non capisco il motivo per cui lei è qui! >> e detto questo, esce dalla stanza infuriata. Io la seguo con gli occhi. 
Mollo la mano che ancora mi stava stringendo. Mi alzo per seguirla ma un braccio mi ferma. Mi volto e vedo mio padre che penso abbia assistito allo spettacolo. Non dice niente e non guarda nessuno, semplicemente, si dirige verso le scale con una calma tremenda. 
 
 
 
 
 
 
 
                                                        * * *
 
 
 
 
Mi fermo davanti alla porta della sua stanza con le braccia incrociate al petto. Dovrei entrare e farle una sfuriata di quelle incredibili, per avermi drogato e via dicendo. Dovrei ammazzarla per il suo carattere irritante. Dovrei prenderla a pugni per la sua sfacciataggine ad affrontarmi. Ma niente di tutto ciò mi passa per la mente. 
Entro. Senza bussare. È sdraiata nel letto a braccia aperte e le gambe fuori dal letto, solleva il capo appena mi vede entrare. 
<< Non eri tu quello che dicevi che si bussa prima di entrare? O forse mi ricordo male?>> chiede sbuffando per poi riabbassare la testa e guardare il soffitto << Senti se hai qualcosa da dirmi, possiamo rimandare a più tardi? Non ho le forze per arrabbiarmi... >> ammette stanca. Trattengo una risata. << Se ti piace stare fermo, fai la statua da un'altra parte! >> mi da un'occhiata e vede che ancora sto fermo a fissarla. 
<< Io non rimando niente. >> dico semplicemente.
<< Ohh, ma allora sei cocciuto!?! Sono stanca e voglio essere lasciata in pace! >> dice gesticolando. 
<< Non mi importa. Tu hai sbagliato e ora ti prendi le conseguenze. >> udendo queste parole si alza di scatto. 
<< Come come?! Io ho sbagliato?! >> mi punta un dito contro << Se sei un bambino cocciuto che non vuole essere guarito perché si caga sotto per una semplice pomata e un disinfettante devo prendere delle precauzioni. Ho agito come qualsiasi medico avrebbe fatto con davanti uno scimmione senza cervello...>> la guardo un po' sbalordito << .... E non mi guardare in quel modo. Ho soltanto fatto il mio dovere e dovresti solamente ringraziarmi. >> si avvicina a passo spedito vicino alla porta, la apre  e con un gesto alla mano mi "invita" ad uscire. << E adesso che mi sono presa le mie conseguenze, come definisci tu, sarei davvero estasiata se portassi le tue chiappe fuori da qui, prima che esplodo. >> 
<< Fammi vedere. Esplodi. Dimmi tutto quello che devi dirmi. >> sogghigno.
<< Che diamine ti passa per la testa idiota? Ho detto ESCI. >> dice marcando l'ultima parola.
<< No. Io non vado da nessuna parte. >> appoggio la mano sulla sua che tiene la porta  e con un colpo la chiudo. << Mi sono rotto con queste tue frecciatine. >> 
<< Io non faccio frecciatine a nessuno, tanto meno a te che non capisci un accidente!!! >> dice furibonda.
<< Cos'è che non capisco? Avanti, dimmelo. >> le ordino. 
<< Tutto! Non capisci quando è l'ora di smetterla. Non capisci quando esageri. Non capisci che devi frenare il tuo ego interiore che a volte parla per te e nemmeno te ne accorgi. Non capisci che facendo così, rimarrai solo! E arrivato a quel punto neanche io ti potrò salvare! >> esclama urlando. 
<< Da cosa mi dovrei salvare? >> chiedo dopo un po' più calmo. Guardando i suoi occhi un po' lucidi.
<< Se ti chiuderai in te stesso, ti perderò per sempre. >> detto questo, distolgo lo sguardo dal suo, voltandomi verso la finestra per guardare le nuvole cariche d'acqua che minacciano un temporale. Lei continua a fissarmi in un punto imprecisato sul mio volto. Appoggia una mano sulla mia spalla e io a quel tocco così confortevole chiudo gli occhi per paura che possano tradirmi e mostrare le mie emozioni in quel momento tanto critico. << Sono stanca di aspettare un tuo qualche segnale che mi faccia capire che sei con me. Sono stanca di essere stata delusa troppe volte da te. Sono stanca di vivere una vita arrabbiata e frustrata per colpa tua... >> si avvicina sempre più per poi poggiare l'altra mano al centro del mio petto. << ... Sono stanca di aspettarti. >> la frase che non avrei mai voluto udire. 
Ancora il mio sguardo è rivolto verso il basso e non intendo guardarla. Una strana sensazione di angoscia pervade il mio corpo e un nodo alla gola mi impedisce di parlare. Odio farmi vedere debole in questo momento. Dovrei fregarmene, dovrei fare qualcosa che solo il principe dei Saiyan sa fare... Se un problema non gli andava bene uccideva chiunque, senza pietà. E invece proprio il Saiyan di cui parlo si è rammollito, per colpa di una terrestre che le ha stravolto la vita. È pazzesco come cambiano le cose. Sto diventando peggio di Kaaroth. 
Un mezzo sorriso mi dipinge il viso. Bulma è contrariata a quel gesto.
<< Mi trovi divertente? >> domanda accigliata.
<< No, affatto. Stavo pensando che mi sono ridotto come Kaaroth. >> ammetto.
<< E perché? >> sorride leggermente. Alzo lo sguardo incontrando i suoi occhi celesti. 
<< Perché farebbe di tutto per la sua famiglia. >> Bulma rimane stupita dopo la mia ammissione. << E adesso, prima che tu mi prenda per il culo dopo aver detto quella cosa... >> sorride colpevole perché sa che lo farà <<... Posso baciarti? >> domando un po' molto imbarazzato. Dio, non è da me! Ma cavolo non ci riesco a stare un altro minuto di più senza toccarla. Lei è rimasta imbambolata. Fa un solo unico movimento, quello di sbattere le palpebre due volte. Allora lo prendo come un sì. 
Mi avvicino dolcemente, ma con forza, e la bacio.
 
Un casto bacio che poi diventa qualcosa di possessivo. 
Labbra che bramano labbra in attesta di essere toccate, sfiorate, assaporate.
Lingue che si sfiorano e poi si toccano, che si ritraggono e infine tornano.
Danza, quella delle loro labbra, danza lenta e sensuale che diviene irruente quando prende il posto delle parole che giacciono ancora incastrate in gola.
Il profumo della pelle, invitante, inebriante, appagante.
Mani che si agitano, che scivolano sulla pelle di seta. Mani che affondano nei capelli, che li accarezzano e li arruffano con dolcezza.
Dita che si intrecciano ritmicamente, unghie che affondano nella carne con possesso.
Pelle da toccare e da mordere, da stringere e da accarezzare.
Corpi che si sostengono, che si baciano, quasi con disperazione, la malinconia della perdita di quel contatto dolce e pericoloso al tempo stesso. 
Ansiti, lievi sospiri che incorniciavano i baci e l'abbraccio dei loro corpi nudi.
Occhi che si incontrano, che si vedono e si guardano, occhi che comunicano ciò che la voce non può esprimere. 
Parole sussurrate, parole che dicevano tutto e niente, accompagnate dall'esigenza di un contatto più profondo che entrambi sentivano di voler pretendere. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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