Ciao
a tutti!
Purtroppo
oggi vado molto di fretta, devo finire di studiare letteratura greca per l’interrogazione
di domani.
Grazie
mille a coloro ch hanno recensito: Giulls (tesoro, davvero è uno dei tuoi
preferiti? Sono commossa! Ti voglio tanto bene! ^^), giunigiu95 (scusa l’errore,
è che i nomi originali sono altri e devo modificarli! ^^), vero15star (è stato
un piacere chattare con te tesoro, e spero che questo “fatidico” cap sia di tuo
gradimento! Ti voglio bene!), 95_angy_95 (ok, i lavori per la statua per Andrea
sono già iniziati! xD), Angel Texas Ranger (eh si, la tua nometanea ha rimesso
la testa a posto! E Ada è la ragazza di Francesco! ^^).
Vi
lascio ad un cap moooolto dolce!
A
venerdì
la
vostra milly92.
Capitolo 49
Il Desiderio Di Compleanno Avverato
“Tante
Deb a me, tante Deb a me! Tante Deb a me e Andrea a te!”.
La
mattina del 7 agosto mi svegliai sobbalzando. La prima cosa che vidi fu un
soffitto diverso da quello di casa mia e poi, a completare quel senso di
smarrimento, trovai Andrea seduto sul mio letto, perfettamente vestito e
pettinato.
Il
mio contrario, ovvio, che avevo una piccolissima camicia da notte rosa e i
lunghi capelli disordinati.
“Andrea,che
ci fai qui?!” urlai, inveendo mentalmente contro le lenzuola del letto che non
avevo a causa del caldo e che, di conseguenza, non potevano coprirmi, mentre
lui terminava la sua improbabile canzoncina di auguri.
“Ed
io che mi aspettavo gli auguri!” protestò, mettendo un finto broncio.
“Oh,
si, è vero! Auguri!Buon compleanno!” dissi, strofinandomi gli occhi e
avvicinandomi per dargli due baci sulle guance.
“Grazie”
rispose mentre mi avvicinavo, prima di voltarsi di proposito e far si che lo
baciassi sulle labbra invece che sulla guancia.
Aprii
gli occhi per la sorpresa, ma continuò a trattenermi a sé e a baciarmi con un
ritmo lento ma sempre più incalzante.
Mio
malgrado mi separai di botto,alzandomi e
parandomi le mani davanti, con il fiatone, quasi come se avessi fatto una corsa
chilometrica.
Cavoli, che bel risveglio….
“Andrea,
calma” iniziai, con il cuore che batteva a mille. “So che abbiamo un
appuntamento ma… Preferirei che le cose andassero lentamente, ci siamo rivisti
dopo tanti anni e… Voglio passare un po’ di tempo con te prima di arrivare a certi comportamenti, anche se
ovviamente…”.
“Ovviamente
cosa?” domandò lui innocentemente, alzandosi dal letto e avvicinandosi, con
quell’aria da bravo ragazzo che mi faceva impazzire.
“Ovviamente…”
tentai di continuare, mentre il sole appena sorto gli illuminava il viso e gli
rendeva gli occhi color miele. Miele che avrei tanto voluto assaggiare e riassaggiare
per l’eternità.
“Ovviamente…?”
domandò nuovamente, divertito, continuando ad avvicinarsi finchè non mi
appiattii contro il muro e mi cinse la vita con le braccia.
“Ovviamente
mandi in tilt dicendo una semplice parola come “Ovviamente”…” terminai
sussurrando, sporgendomi verso di lui.
“E
tu mi mandi in tilt solo sussurrando, siamo pari” sussurrò anche lui,
accarezzandomi una guancia e continuando a scendere con la mano fino alle spalle, facendo
abbassare la bretella della camicia da notte e proseguendo verso i fianchi.
“Come
dobbiamo fare?” domandai sorridendo maliziosamente per la prima volta, perdendo
ogni brandello di lucidità.
“Io
un’idea ce l’avrei” rispose.
“Dimmi,
sono qui”.
“Lo
so, e so anche che non te ne andrai…” terminò, annullando la distanza tra noi e
baciandomi con foga.
In
quel preciso istante mi sentii esplodere, presa da un’insana voglia di sentirmi
stringere da lui e stringerlo a mia volta. Risposi, mentre le nostre lingue
iniziavano una lotta che non ammetteva sconfitti…
Ci
separammo dopo parecchi minuti, quando lui, non soddisfatto prese a baciarmi il
collo, spingendomi verso il letto.
Avevo
paura di star commettendo un grosso sbaglio, ma forse era per questo che
desideravo essere lì con tutta me stessa.
Sentivo
la pelle scottare ogni volta che i nostri corpi si scontravano , ma
all’improvviso la porta bussò.
“Deb,
sei sveglia?”.
Era
la voce di Eliana; udendo ciò ci separammo di botto, e risposi: “Si, Eli, mi
sto vestendo” con una voce che suonava innaturale.
“No,
perché volevo dirti che io e Ross usciamo con Niko e Pierre, ci vediamo a
pranzo, ok?”.
“Ah,
ok, buon divertimento” dissi. Aspettammo il rumore della porta d’entrata che si
chiudeva prima di guardarci.
“Andrea…
Dovremmo darci un taglio” iniziai. “L’appuntamento è stasera, fino ad allora
non dobbiamo vederci e… far si che ciò si
ripeta, ok?” domandai, imponendolo più a me stessa che a lui.
Lui
annuì. “Si, scusa, avevo perso il controllo ma… nemmeno tu hai fatto nulla per
fermarmi” spiegò, guardandomi maliziosamente.
Gli
buttai il cuscino in faccia, dicendo: “Scemo! E poi, che ci facevi qui?”.
“Sono
entrato dalla finestra, volevo vederti dormire, ma poi non ce l’ho fatta più…”
spiegò.
“Non
devi più permetterti! Davvero, mi metti in soggezione…” gli imposi. “Ed ora
torna a casa, su!”.
“Ok,
ok! Ma, dimmi, perché vuoi andarci piano, nel senso che vuoi conoscermi
meglio?” domandò.
“Perché
voglio che sia una cosa speciale, ci tengo a te, e vorrei che fosse una cosa
duratura” spiegai, con aria di semplicità. “Ora sono cresciuta, e non voglio
commettere i vecchi errori”.
Andrea
annuì. “Allora direi che ne vale la pena aspettare” constatò, avvicinandosi
alla finestra. “Vale lo stesso per me, ma purtroppo non è colpa mia se perdo il
controllo quando sei nelle vicinanze” ammise.
Ci
sorridemmo, prima che mi decidessi a tirarlo per un braccio. “Puoi usare la
porta di casa, scemo!”.
Quando
uscì mi ritrovai a passeggiare da sola per la casa, quella casa che conoscevo
da sole ventiquattro ore ma in cui avevo già vissuto momenti magici, ascoltando
la radio. Proprio in quel momento mandarono una canzone di Britney Spears
abbastanza vecchia, “Sometimes”,ma che poteva esattamente riassumere quello che
provavo.
You tell me you're in love with me
That you can't take your pretty eyes away from me
It's not that I don't want to stay
But everytime you come too close I move away
I wanna believe in everything that you say
Cuz it sounds so good
But if you really want me, move it slow
There's things about me you just have to know
Sometimes I run
Sometimes I hide
Sometimes I'm scared of you
But all I really want is to hold you tight
Treat you right, be with you day and night
Baby all I need is time
I don't wanna be so shy, uh-uh
Everytime that I'm alone I wonder why
Hope that you will wait for me
You'll see that, you're the only one for me
I wanna believe in everything that you say
Ah cuz it sounds so good
But if you really want me, move it slow
There's things about me, you just have to know
Just hang around and you'll see
There's no where I'd rather be
If you love me, trust in me
The way that I trust in you
All I really want is to hold you tight
Be with you day and night
Tu mi dici di
essere innamorato di me
come che non riesci a togliere il tuoi begli occhi via da me
Non è che non voglio rimanere
Ma ogni volta che ti avvicini troppo a me io mi allontano
Voglio credere in tutto quello che dici
Perché suona così bello
Ma se mi vuoi veramente, vacci piano
Ci sono delle cose di me che devi ancora sapere
A volte scappo
A volte mi nascondo
A volte ho paura di te
Ma tutto quello che voglio veramente è stringerti forte
Trattarti bene, stare con te giorno e notte
Baby tutto quello di cui ho bisogno è tempo!
Non voglio essere così timida
Tutte le volte che sono sola mi chiedo perché
Spero che mi aspetterai
Lo vedrai che sei l'unico per me
Voglio credere in tutto quello che dici
Ah perché suona così bello
Ma se mi vuoi veramente, vacci piano
Ci sono delle cose di me che devi ancora sapere
Rimanimi qui vicino a me e vedrai
Non c'è altro posto in cui preferirei essere
Se mi ami, fidati di me
Nel modo in cui io mi fido di te
La
canticchiai allegramente dicendomi che allora non era pazza a voler aspettare
un po’ visto che qualcun’altro aveva pensato ciò prima di me!
Continuavo
a domandarmi cosa mi fosse preso; non avevo mai perso il controllo in quel modo.
Ma ho anche diciannove anni, ci sono
ragazze che alla mia età sono già madri…
Arrossii,
ripensando ad Andrea, a me, a noi, ai suoi baci, alle sue mani che fino a poco
prima mi stavano accarezzando dolcemente… Dovevo andarci piano, non dovevo
scottarmi.
Passai
la giornata pensando, ogni volta che Eliana e Rossella mi chiedevano cosa
stessi pensando mi limitavo a rispondere: “Niente, sono in ansia per stasera” e
cambiavo stanza.
Eppure,
che cavoli, avrei dovuto pensare all’università, a quali corsi frequentare…
Eliana
e Rossella mi aiutarono a decidere cosa indossare; alla fine optai per un
abitino bianco, perché a giudizio di Rossella “esaltava i miei occhi e i miei
capelli”.
“Mi
raccomando, fai il più tardi possibile e non fare la santarellina. Almeno in
modo eccessivo” mi ammonì lei mentre uscivo di casa, sorridendo.
“Tranquilla”
le risposi, facendo l’occhiolino e scendendo. Mi assicurai di avere il regalo,
un braccialetto di oro bianco, nella borsetta e raggiunsi Andrea che mi
aspettava fuori al palazzo, davanti alla sua auto.
Quando
lo vidi trattenni il respiro, era bellissimo come sempre, anche se indossava
dei semplici jeans e una camicia nera a mezze maniche.
“Ciao”
disse.
“Ciao…
E ancora auguri” dissi. Mi diede un lieve bacio sulla guancia e mi fece segno
di salire in auto. “Scusa, ma prima cera un paparazzo poco distante”.
Accese
la radio, come per riempire il nostro silenzio iniziale, e quando mise in moto
disse: “Allora, non sei curiosa di sapere dove andremo?”.
“Si,
ma voglio sembrare educata, almeno solo per un’ora” ironizzai.
“Tranquilla,
farò finta di non aver sentito” stette al gioco. “E comunque non te lo dirò lo
stesso dove andiamo!”.
Lo
guardai, fingendomi offesa. “Va bene, ok…” iniziai, ma fui interrotta dalla
suoneria del mio cellulare.
“Cavoli,
è mamma…” lo informai.
“Rispondi,sono
curioso! E salutamela” aggiunse.
“Si.
Pronto, mamma?”.
“Debora!
Come va?” mi domandò subito.
“Benissimo,
mamma, benissimo! Ma te l’ho già detto oggi” le ricordai, visto che mi aveva
chiamato tre ore prima.
“Si,
lo so, è solo che mi sentivo sola…” disse.
“Mamma,
anche tu mi manchi” qui Andrea mi guardò, ghignando, “Ma purtroppo è per il mio
futuro, no?”.
“Si,
hai ragione. Cosa fai, comunque?”.
“Sono
in auto con Andrea, Eliana, Rossella e… Dante, andiamo un po’ in centro”
mentii. “Ti saluta Andrea” aggiunsi.
“Bene,
ricambia e divertiti. Ci sentiamo domani, ciao tesoro!”.
“Ciao
mamma, ti voglio bene!” la salutai, staccando prima che potesse dire altro.
Guardai Andrea, che continuava ad avere un sorriso stampato in faccia.
“Ricambia i saluti”.
“Non
andiamo in centro, comunque” sogghignò.
“Ho
dovuto mentire visto che non lo sapevo” lo presi in giro.
“Si,
ma resta il fatto che sei una figlia cattiva”.
“E’
solo colpa tua” lo rimbeccai.
Ci
guardammo con i sopraccigli levati prima di scoppiare a ridere e iniziare a
canticchiare la canzone che stavano dando in radio, “Il peso della felicità” di
Massimo, che era uscita l’anno prima.
“Perché sono felice qui con te ma mi
sento in colpa per chi non sa cosa sia la felicità, poi penso che nessuno
pensava a me quando non la conoscevo e allora rido, e ti bacio e rido e sorrido
e ti penso…”.
“Max
è con noi” dissi.
“Si,
pensa che è grazie a lui che ci siamo rincontrati” mi ricordò lui. “Gli devo un
favore”.
Annuii,
mentre una domanda mi attanagliava. “Quando hai saputo del battesimo hai mai
sperato che fossi invitata?”.
“Si,
anche se non avevo molte speranze dopo che non eri venuta alle nozze”.
“Io
quando ti ho visto aprire la porta ci sono rimasta” rivelai. “Ma ci avevo
sperato” aggiunsi.
La
canzone terminò, e con essa anche il tragitto che Andrea aveva percorso: fermò
l’auto, e mi fece cenno di scendere.
Intorno
era ormai tutto buio, c’erano tanti bar illuminati e abbastanza passanti.
“Ora
mi devi scusare, ma devo fare una cosa in stile “Tre metri sopra il cielo”,
anche se ammetto di odiare tutte quelle scemenze” disse Andrea.
“Cioè?”
domandai divertita. Quell’appuntamento, anche se non era ancora iniziato per
davvero, mi incuriosiva, teneva sveglia in me la felicità che provavo in quei
giorni.
Per
tutta risposta lui estrasse dalla tasca una benda nera, facendo una smorfia.
“Wow,
ahaha!” esclamai, scoppiando a ridere.
“Dai,
su, che mi sento già in imbarazzo” si affrettò a dire, legandomela dietro la
nuca e facendo si che non vedessi nulla.
“Ora
però devo aggiungerci una cosa mia, altrimenti è troppo facile per te capire
dove stiamo andando” dichiarò.
Annuii,
e sentii un tuffo al cuore quando lo sentii sollevarmi da terra. D’istinto mi
aggrappai a lui, e fu bellissimo sentire il suo respiro vicinissimo a me. “Ma
così non vale, non posso vedere la tua espressione, puoi farmi qualche smorfia
a tradimento”.
Lo
sentii ridere prima di dire: “Solo quello? Potrei fare cose ben peggiori…”.
“Ah-ah,
ad esempio?” lo schernii.
“Venderti
a qualche banda di cinesi in cerca di organi, o abbandonarti dopo averti legata
ad un lampione, per esempio” disse, con finto tono crudele, provocandomi uno
stupido brivido di paura.
Dopotutto sono pur sempre con un
venticinquenne che ho rincontrato da poco per le vie di Roma o qualche paesino
lì vicino alle nove di sera…
“Idiota,
taci o mi tolgo la benda!” lo rimproverai.
“Ok,
ok, diciamo che il massimo che mi sentirei di fare è baciarti a tradimento, ma
non ho intenzione di farlo visto che sono un gentiluomo e rispetto gli accordi”
dichiarò con tono leggero, facendomi ridere. “Oh, ecco, siamo arrivati…”.
Intorno
a me sentivo un inconfondibile rumore di onde…
Mentre
ero ancora tra le sue braccia mi autorizzò a togliermi la benda. Eseguii,
emozionata, e rimasi stupita ritrovandomi per davvero su una spiaggia. La luna
piena si rifletteva sul mare, e poco distante c’era un tavolino con due sedie e
un candelabro sopra che illuminava il tutto.
“Oh,
ma è stupendo!” esclamai senza fiato, voltandomi e trovandomi vicinissimo al
suo sorriso.
Non
disse nulla, ma mi strinse a sé, accarezzandomi i capelli, mentre io mi
stringevo più intorno al suo collo. Entrambi avevamo il respiro corto, ci stringevamo
senza un preciso motivo, ci sfioravamo, ma senza sorridere, come se solo in
quel momento ci rendessimo conto di essere stati lontani per tre anni.
“Mi
sei mancata da morire” confessò, mentre scendevo dalle sue braccia. “E anche se
alla fine mi sono abituato, il tuo pensiero è sempre stato qui” aggiunse,
prendendo la mia mano e conducendola vicino al suo cuore.
Annuii,
sentendo le lacrime agli occhi, e lo abbracciai. “Non me lo dire, io… Io sono
stata una stupida, non so come ho potuto ripensare a Niko alla finale, dopo
tutto quello che c’era stato tra me e te! Spero mi perdonerai” rivelai, senza
guardarlo negli occhi.
“Io
non ce l’ho mai avuta con te” disse semplicemente, riacquistando il sorriso.
“Ma ora, dai, andiamo, la cena ci aspetta”.
Mi
accompagnò vicino al tavolino, spostò la sedia e mi fece accomodare. Suonò il
campanello che c’era sul tavolo, e due camerieri comparirono da lontano,
portando un carrello con sopra la cena e la torta e se ne andarono. Iniziammo a
parlare, finalmente, del più e del meno, dei vari aneddoti vissuti in quei tre
anni…
“E
poi, non puoi immaginare che colpo mi è venuto all’esame! Il professore di
geografia astronomica, alla fine del colloquio, dice: “Bene, signorina, sono
d’accordo con la commissione nel metterle 35…” e stava già scrivendo quando
domanda: “Lei è la signorina Braccio, giusto?”. Ci è voluto la mano di Dio per
convincerlo che non ero io, stava per mettere il voto ad un’altra, che per di
più non era ancora andata al colloquio”
dissi poco prima della torta.
“Ma
dai! Non so come abbia fatto questo professore a non ricordarsi il tuo nome, se
avessi un’alunna come te sarebbe la mia preferita…”.
“Lecchino!”
lo rimproverai affettuosamente.
Fece
finta di non avermi ascoltato, perché disse: “Invece io all’esame di stato mi
inventai di sana pianta la parte di arte, era una materia che odiavo, e come
professoressa c’era una di un’altra sezione, una tipa rimbambita, che alla
fine, dopo che gli ho descritto la “Guernica” di Picasso, mi guarda compiaciuta
e dice: “Bene, signor Romani, immagino abbia approfondito molto…”. Poi
ovviamente alla fine fu lei a convincere la commissione a darmi 30” disse,
ridendo.
Lo
guardai scioccata, scuotendo il capo. “Che fortuna! Ma con quanto ti sei
diplomato? .
“89/100”
rispose. “Spero di essere degno di frequentare una ragazza che ha preso tre
punti in più a me…”.
“Forse
no, ma diciamo che dopo questa bellissima sorpresa sono anche disposta ad
interrompere il nostro accordo” concessi, imitando di nuovo lo sguardo
malizioso che gli avevo rivolto quella mattina.
“Bellissima
sorpresa?” domandò, guardandomi attentamente.
“Si,
è sempre stato il mio sogno cenare a lume di candela su una spiaggia con il mio
principe azzurro” rivelai. “Ma da quel che ho capito non ti importa del fatto
che sono disposta ad interrompere il nostro accordo e che ti ho appena chiamato
principe azzurro” aggiunsi, cercando di provocarlo un po’.
Andrea
sorrise, scuotendo il capo. “No, certo che mi importa! Ma dopo la torta, voglio
prima esprimere il desiderio” dichiarò, mettendo i piatti vuoti sul carrello e
prendendo la torta con su un grande 25.
“Allora
è arrivato il momento del regalo” annunciai mentre accendeva le candeline,
prendendo la borsa e prendendo il pacchetto. “Buon compleanno”.
“Grazie…
Ma il vero regalo che mi hai fatto è un altro” disse, dopo averlo aperto e aver
indossato il braccialetto.
Lo
guardai, aspettandomi qualche frase sdolcinata, ma con mia grande sorpresa lui
estrasse dei fogli dalla tasca e li aprì.
“Cos’è?”
domandai senza capire, avvicinandomi.
Andrea
si schiarì la voce e iniziò a leggere. “Il
breve periodo che passai con Andrea fu la parte più bella di tutta l’avventura
a Music’s Planet. Mi sentivo felice come
non lo ero mai stata e sentivo di essere ricambiata al 100%. Finalmente dopo molte
ricerche, sentivo di aver trovato quella che poteva essere la mia dolce metà,
ma purtroppo a ricordarmi che ciò non era possibile, ci pensava la finale che incombeva
sempre più rapidamente, accorciando sempre di più il filo del tempo che ci
teneva uniti. Spesso pensavo a cosa sarebbe successo una volta usciti dal loft,
e provavo una fitta allo stomaco pensando che di sicuro prima poi l’avrei trovato fotografato su tutti i giornali
al fianco di qualche ragazza famosa. Ma dovevo godermi ogni istante con lui. E
così feci”.
Terminò
di leggere, alzando lo sguardo e trovandomi meravigliata. “Tu hai letto il mio
romanzo?” domandai. Non sapevo perché, ma mi sentivo un po’ imbarazzata nel
sapere che lui aveva letto quelle pagine.
“Era
nella pen drive che mi hai dato, l’ho aperto innocentemente e quando ho trovato
quella parte mi sono sentito di nuovo lì nel loft, con te vicino, più piccola,
più insicura … Ma al cosa più bella è stato leggere che a te dispiaceva davvero
di vedermi al fianco di qualcun’altra, anche se alla fine siamo di nuovo qui,
io e te, senza nessuno tra i piedi… Ora ci sono, anche se quei giorni sono
lontani migliaia di chilometri” affermò,
riponendo il foglio in tasca.
“Si…
Spegni le candeline, su!” lo incoraggiai. “Tanti auguri a te, tanti auguri a te…” iniziai a cantare, battendo le mani.
Spense
le candeline, poi si voltò a guardarmi, con un’espressione da bambino dipinta
in volto.
“Esaudisci
il mio desiderio?” domandò lentamente.
“Guarda
che è anche il mio desiderio, dopo stasera ho capito che in certe occasioni il
cervello non va ascoltato…” gli rammentai, sorridendo e avvicinandomi.
Prese
il mio volto tra le sue mani e mi baciò dolcemente, con calma, come per
ricordarmi che quella sera era tutta nostra, che non c’era nessuno a darci fretta. Risposi con altrettanta calma,
chiedendomi da quanto tempo era che desideravo un momento del genere, e non mi
accorsi nemmeno di finire stesa sulla sabbia al suo fianco, dove restai finchè
entrambi non ci addormentammo come dei bambini tra un bacio e l’altro.
“Per
la prima volta il mio desiderio di compleanno si è avverato” mi annunciò
parecchie ore dopo, quando mi svegliai e mi ritrovai con la testa sul suo
petto, guardandolo un po’ stranita, mentre l’alba tingeva il cielo di rosa e
arancione.
“Quale
sarebbe precisamente?” gli domandai dopo averlo baciato per dargli il
buongiorno.
“Quello
di essere il tuo ragazzo, no?” mi ricordò, accarezzandomi i capelli.
Risi,
prima di fingere una faccia smemorata. “Perché, io e te stiamo insieme?” feci.
“Si,
da ben sette ore” mi ricordò, circondandomi la vita con le braccia e
ribaciandomi a sua volta.
Restammo
avvinghiati finchè il mio cellulare non prese a squillare, rivelando un sms di
Eliana: “Deb dove sei? Sei già uscita o non ti sei proprio ritirata?
Rispondi, siamo preoccupate”.
Andrea
lo lesse, e fece una faccia soddisfatta. “Permetti che chiamo io?” domandò,
godendosela un mondo.
“Ma
certo, mio prode cavaliere…”.
Inutile
dire che finimmo di nuovo avvinghiati a fare i piccioncini, e Eliana l’avvertii
solo un’ora dopo, mentre eravamo in macchina per ritornare a casa.
Qualche Anticipazione:
“Spero
che questo ritardo di almeno sette ore sia valso a qualcosa” sghignazzò
Francesco.
________
“Cioè, hai diciannove anni e
non hai mai… Oddio” fece Rossella.
________
“Certo
che lo voglio, so che non me ne pentirò” decisi, ritornando a baciarlo e slacciandogli
la camicia.
________
Per
tutta risposta gli passò il giornale; Andrea indugiò un secondo prima di
cacciare gli occhi fuori dalle orbite ed esibire un’espressione sconvolta.
________
Dalla
macchina uscì una ragazza dalla chioma bionda e luminosa, tutta arrabbiata. “Ma
dico io, chi gliel’ha data la patente?” urlò, avvicinandosi.