16)My heart is
yours
Leah
p.o.v.
Cammino
avanti e indietro da almeno un’ora.
Il
sole cala lentamente all’orizzonte e ha iniziato a spirare
una venticello
fresco che mi fa rabbrividire, visto che indosso una maglia a mezze
maniche con
un teschio stampato sopra e una mini di pizzo.
Gli
altri sono seduti sulle rocce che ci sono nel piazzale dove siamo
accampati,
duecento metri più in là c’è
una piazzola dove c’è il pullman dei Pierce The
Veil e Delilah mi sta tempestando di messaggi su whatsapp.
Io
continuo a scriverle che non è successo niente e guardo la
portiera. L’idea di
far parlare Jacky e Asia in questo momento è stata mia. Ho
pensato che
trascinato dalla collera e dalla paura il chitarrista avrebbe
finalmente
trovato il coraggio per vuotare il sacco.
“Dite
che ho fatto bene?”
Chiedo agli altri.
“Non
ne ho idea.”
Mi risponde Ronnie.
“Ma
è stata una bella pensata, magari con una sana incazzatura
in circolo Jacky si
dà una svegliata. Spero si svegli o domani mattina ci
trovano ibernati.”
Io
ridacchio imbarazzata e mi accendo una sigaretta.
“Te
l’avevo detto che dovevamo prendere gli alcolici, Radke,
quelli almeno
scaldano.”
Borbotta
Derek.
“Sto
cercando di non esagerare e non siamo in Russia.”
Quindici
minuti, innumerevoli messaggi di Delilah e di cazzate varie dopo la
portiera
del pullman si apre e Jacky e Asia escono mano nella mano, entrambi con
un
sorrisone.
A
giudicare da quello lui le ha detto tutto e non ci sarà
nessun aborto. Li
guardiamo trepidanti.
“Beh.”
Prende la parola Vincent.
“Io
e Asia stiamo insieme e lei ha deciso di portare avanti la gravidanza,
la
famiglia dei Falling In Reverse avrà un nuovo
membro.”
L’annuncio viene accolto da urla di trionfo e ben presto la
coppietta viene
sommersa da abbracci, manate e altre manifestazioni fisiche.
Quando
arriva il mio turno sfoggio il mio sorriso migliore.
“Sono
felice che tutto si sia risolto per il meglio…Oh! Fatevi
abbracciare!”
Li
abbraccio tutti e due.
“Non
ci sarà alcun aborto, quindi.”
“No, puoi disdire l’appuntamento.”
Io annuisco sorridendo.
“Venite
dentro, vi facciamo vedere le radiografie.”
“Aspettate,
vogliono venire anche i Pierce The Veil! Delilah mi ha tempestato di
messaggi!”
Urlo
io.
Gli
altri entrano, io avviso la mia collega e mi fumo un’altra
sigaretta, sollevata
e felice della piega che hanno preso gli eventi.
Una
decina di minuti spuntano i Pierce The Veil, Delilah, Sofia, Viviana e
Liz.
“Oddio,
sono così felice!”
Urla
Liz, alzando le braccia verso il cielo.
“Li
shippava come una ragazzina.”
Dice ridendo Viviana.
“E
allora? Erano così carini!
Oh,
ci fanno vedere le ecografie, vero?”
“Sì, entrate.”
Gli altri mi precedono, io entro per ultima e Mike mi si affianca, con
disinvoltura passa il suo braccio sul fondo della mia schiena.
“Visto,
pessima dottoressa?
Hai
trovato l’idea giusta per farli chiarire, il che vuole dire
che non sei così
pessima come credi.”
Io sorrido timida.
Amo
come sappia trovare sempre le parole giuste per tirarmi su,
è un lato di lui
che ho scoperto da poco, da quando abbiamo domito insieme per la
precisione.
Prima
che riuscissi a prendere sonno non ha fatto altro che dirmi parole di
incoraggiamento, accarezzarmi e baciarmi.
È
stata la prima volta che mi sono sentita davvero amata da qualcuno, un
ragazzo
in grado di accettare i miei scarsi pregi e i miei molti difetti. Mi ha
fatto
sentire bene, mi ha dato speranza per il futuro e una nuova fiducia
nelle mie
capacità.
“Grazie
di esistere, Mike Fuentes.
Senza
di te, non ce l’avrei fatta a sopravvivere a questa
crisi.”
Lui mi sorride orgoglioso.
“Ne
sono felice.
Ehi,
ho pensato una cosa, verresti a cena con me domani?”
Io
mi blocco un attimo.
“Non
so cosa mettermi.”
“Eh?”
“Sì, vengo!”
La
portiera si apre e Vic si affaccia.
“Volete
venire o no a vedere l’ecografia della baguette?”
“Baguette?”
“Jaime.”
Urliamo
poi insieme.
“Comunque,
arriviamo! Volevo un po’ di privacy per invitare a cena la
mia ragazza!”
“Timidone!”
Vic
se la ride.
Noi
entriamo, gli altri sono già affollati intorno al
tavolinetto basso della zona
relax.
“Dove
eravate?”
“Mike
voleva un po’ di privacy per invitare fuori la sua
ragazza.”
Risponde divertito Vic, sollevando una selva di ululati e di risate.
“Timidone!”
Urla
un Ronnie piegato in due dalle risate.
“Cosa
c’è da ridere?
Fatemi
vedere queste ecografie, piuttosto.”
Rispondo
io con le guance tinte di un pallido rosa.
Asia
non infierisce e ci passa le ecografie, entrambi guardiamo queste
sottospecie
di fotografie in bianco e nero in cui a malapena si distingue una
figuretta umana
in posizione fetale.
Se
non avessi sentito il battito del suo cuore stenterei a credere che sia
vero,
pur essendo un medico.
Ah,
il miracolo della vita!
“È
bellissimo! È così piccolo, ma già
distingui qualcosa.”
Commenta
rapito Mike, indicando con le sue lunghe dita il contorno appena
accennato
della testa e dei piedini.
“Sì,
è bellissimo.”
Gli faccio eco io sorridendo, pensando che in fondo è grazie
a una delle mie
idee brillanti che questa meraviglia potrà nascere. Forse
metterò anche questo
nel mio studio.
“Complimenti,
Asia. Complimenti, Jacky.”
Mike sorride loro mentre gli porge le ecografie.
“Grazie,
amico.”
Risponde incerto il chitarrista, io decido che è arrivato il
momento di disdire
l’appuntamento di Asia e chiamo l’ospedale. La
donna all’accettazione sembra
sollevata di sapere che la neomamma ha cambiato idea.
“Ok,
ragazzi!”
Urlo
non appena ho chiuso la chiamata.
“Ho
disdetto l’appuntamento di Asia, festeggiamo?”
Annuiscono tutti e in un attimo tutti hanno della birra o del whisky in
mano,
pronti come solo sanno essere a fare festa. Vic mi porge una bottiglia
di birra
che accetto volentieri dopo tutta la tensione della giornata.
“Ad
Asia, Jacky e alla loro meraviglia!”
Il
tono di voce di Ronnie è alto per contrastare il casino, ma
quando alza la sua
bottiglia di birra tutti lo imitano.
“Ad
Asia, Jacky e alla loro baguette!”
Rispondono
come un solo uomo.
Beviamo
tutti e io sento la tensione scivolare via.
È
finito tutto nel migliore dei modi, ora devo solo pensare a come
sopravvivere
all’appuntamento di domani.
Non
che sia sgradito, ma mi mette ansia.
E se
Mike decidesse che non mi vuole e che non mi ama?
Questa
notte dormo veramente male, quindi non mi sorprende ritrovarmi
completamente
sveglia alle cinque di mattina nel mio letto.
Dormono
tutti, si sente solo il leggero russare di qualcuno, i suoni della
prima
mattina che ben conosco.
Mi
alzo, mi faccio una doccia, mi asciugo e pettino i capelli, mi metto un
vestito
nero e poi vado in cucina. Accendo il mio pc e aggiorno il mio diario
– se lo
vendessi a qualche editore sarebbe un best seller di sicuro –
e il mio mitico
studio.
La
rivista che me lo ha commissionato troverà delle belle
sorprese leggendolo, si
tratta una vasta gamma di problemi.
Alle
sette ho finito di fare tutto e c’è ancora
silenzio – segno che dormono tutti –
io prendo una penna e lascio un biglietto in cui dico che vado a fare
un giro a
Portland.
Il
piano è fare colazione in uno dei bar della città
e poi fare un giro alla
ricerca di un vestito per l’appuntamento di Mike.
Esco
dal bus, rabbrividisco nel vento mattutino e alla prima edicola compro
dei
biglietti per un pullman che mi porti in centro.
L’edicolante
me li vende anche se è chiaro che non ama particolarmente il
mio look, mi
chiede persino se sto bene o se non è il caso di fare
qualche analisi.
Lo
metto a disagio quando gli dico che sono un medico e che sto benissimo,
fisicamente parlando. Venti minuti dopo scendo al capolinea del bus che
porta
in centro, mi guardo attorno e noto subito una piccola caffetteria
italiana.
Italiana
significa ottimo cappuccino, uno di quelli che ti tengono sveglia sul
serio.
Entro
e mi siedo su un tavolino appartato, ordino la colazione alla cameriera
e
controllo la guida della città e una mappa, per sapere dove
cercare quello che
mi serve.
“Ecco
il tuo cappuccino e la tua brioche, hai bisogno di qualcosa?”
Mi chiede cordiale la cameriera, una bionda abbronzata.
“Un
posto dove vendono roba goth.”
Lei
corruccia un attimo le sopracciglia – qualcosa mi fa intuire
che non veste
niente neanche lontanamente goth – poi si illumina.
Mi
indica un punto sulla cartina e mi spiega come raggiungerlo, dice che
una sua
amica a volte ci va quando vuole comprare i vestiti per Halloween.
“Grazie
mille.”
Una
volta che è tornata al bancone mi bevo il mio cappuccino
– divino – e divoro la
mia brioche: ho sempre una fame assurda quando non riesco a dormire.
Una
volta finito pago il conto e torno a immergermi nel caos contenuto del
centro,
seguo le indicazioni della bionda e alla fine mi ritrovo davanti a un
negozietto che vende solo abiti neri e con foggia ottocentesca.
Apro
la porta e il suono purissimo di una campanella annuncia il mio arrivo,
una
commessa si fa subito avanti e guardo con approvazione il mio cappotto
grigio
stretto in vita e svasato in fondo, con le tasche rifinite in velluto
nero.
“Posso
aiutarti?”
Mi chiede gentile.
“Sì,
ho bisogno di un vestito per andare a un appuntamento.”
Lei annuisce e me ne mostra diversi, tutti più o meno troppo
appariscenti per
il mio gusto. Solo dopo un po’vedo l’Abito.
È
completamente nero e arriva appena sopra il ginocchio. Parte dal collo,
che è
decorato da un cameo bianco, scende con una serie di rouches di seta e
pizzo,
sotto cui si trovano due fiocchi di seta, il corpetto è
fatto di seta ricoperta
di pizzo, le maniche di seta con dei volants di pizzo sui bordi. La
gonna
scende larga e in tre punti il bordi di pizzo nero su seta rossa
è come
sollevato da fiocchi da cui pendono sottili catenelle, sotto il bordo
si vede
il bordo di un’altra gonna a pieghe di seta con un bordo di
pizzo sottile e
leggerissimo.
Lo
provo e sembra fatto apposta per me, lo compro insieme a una borsa
fatta di perline
nere, con un piccolo cameo in centro. Un paio di calze nere e di scarpe
a tacco
alto e sarò perfetta. Ne ho giusto un paio con un tacco e
zeppa altissimi e con
dei lacci che salgono quasi alla schiava, saranno perfette per
compensare la
mia statura non esattamente da gigante.
Ho
trovato tutto quello che cercavo, non potrei essere più
soddisfatta.
Lo
pago e prendo il pullman per tornare al tourbus, ignara del casino che
si è
scatenato.
Non
appena apro la porta vengo travolta da una marea di gente, ossia i
Falling in
Reverse, i Pierce The Veil e le mie amiche. Urlano tutti come dannati e
non ci
capisco un cazzo.
“Zitti,
cosa succede?”
Urlo esasperata.
“Pensavamo
che te ne fossi andata.”
Mi
risponde Vic, chiaramente sconvolto.
Io
li guardo come se fossero ammattiti tutti all’improvviso.
“E
perché avrei dovuto farlo?”
Chiedo
confusa.
“Te
ne sei andata senza avvisare nessuno.”
“Avevo scritto un biglietto e l’avevo attaccato al
frigo, possibile che non
l’abbia vito nessuno?”
Vado
in cucina, lo stacco e lo mostro a tutti che guardano Mike.
“Lui
ha controllato la cucina.”
“Scusate,
non l’ho visto!”
Lui alza le braccia come a difendersi da un attacco.
“Hai
scatenato la terza guerra mondiale per niente, sei peggio
dell’ISIS.”
Commenta Ronnie con un tono tra il divertito e l’arrabbiato.
“Ormai
è successo, andiamo a mangiare.”
E con questo chiudo l’argomento e mi metto ai fornelli,
decidendo che un piatto
di pasta è il modo migliore per placare gli animi.
Il
pomeriggio passa in fretta.
Insieme
ai ragazzi pulisco un po’ il pullman, poi mi chiudo in bagno
e mi faccio una
lunga doccia, mi raso e mi spalmo il corpo di creme di bellezza. Non le
porto
quasi mai in tour con me, ma questa volta – per fortuna
– ho fatto
un’eccezione.
Quando
esco cinque paia di occhi maschili mi fulminano ostili.
“Mi
stavo pisciando addosso, per fortuna sei uscita.”
Jacky supera con uno scatto i suoi amici e io mi rifugio nella zona
delle
ragazze, indosso un paio di calze a rete autoreggenti, il vestito che
ho preso
oggi e le scarpe con i lacci alla quasi schiava.
Lascio
i capelli sciolti dopo averli pettinati a lungo e stirati con la
piastra,
vorrei andare in bagno per truccarmi, ma sento ancora dei tumulti in
quella
zona ed evito.
Mi
trucco di nero gli occhi e metto un rossetto rosso scuro sulle labbra,
la mia
pelle sembra porcellana, questo è l’unico tratto
ereditato dai miei antenati
che mi piaccia.
Alle
otto faccio la mia comparsa nella zona relax, Mike è
già arrivato e sta
parlando con i ragazzi, smette quando mi vede. Il suo silenzio mi mette
a
disagio e arrossisco lievemente, senza abbassare gli occhi.
“Sei
l’unica che riesce a essere sexy anche vestita da bambolina
di porcellana, stai
benissimo, Leah.”
“Grazie mille, anche tu stai bene.”
No, è da stupro con quel cappellino, la felpa un
po’larga, i pantaloni stretti,
la barba non fatta, i capelli un po’ lunghi e il suo piercing
con cui ama
giocare.
Con
grazia mi avvicino a lui e gli bacio la guancia ruvida in modo
così leggero che
non rimane nemmeno traccia, lo stesso lo sento fremere.
Lui
mi prende per mano e sorride.
“Noi
andremo. Adios.”
Usciamo dal bus e saliamo su una macchina.
“Dove
andiamo?”
“Segreto.”
“Dai,
Mike!”
“Nah,
nah!”
Se la ride divertito.
Io
mi imbroncio leggermente, ma decido di non dirgli più nulla,
anche se sono
curiosissima di sapere dove mi porterà.
Alla
fine ci fermiamo fuori da un piccolo ristorante messicano nel centro di
Portland, io lo guardo stupita.
“Qualcuno
mi ha detto che sentivi la mancanza della cucina messicana e ho deciso
di
sfruttare questa informazione.”
Io sorrido, ha raccolto informazioni su di me e non è una
cosa che fa con tutte
le ragazze.
“Ci
hai preso, non vedo l’ora di mangiare qualcosa di
messicano.”
Lui mi prende per mano ed entriamo, la ragazza all’ingresso
ci guarda stupita:
un tizio che sembra un latinos di una qualche gang e una ragazza che
sembra una
bambola che cammina sono una coppia davvero strana.
“Ho
prenotato un tavolo a nome Fuentes.”
“Sì, certo.”
Controlla il suo registro.
“Mi
segua.”
Ci fa strada nel ristorante affollato e ci fa sedere su un tavolo che
dà sul
fiume Willamette, ci lascia i menù e poi scompare.
Chiacchieriamo
amabilmente mentre guardo cosa offre la casa, mi piace stare con lui,
mi sento
in sintonia come non mi era mai successo con nessuno, nemmeno con
Ronnie. Forse
è stupido, ma sento come se lui fosse la mia anima gemella.
Ordiniamo
delle mini empanadas e salsiccia e fagioli neri alla messicana, roba
leggera
insomma. Probabilmente stanotte sputerò fuoco come un drago
grazie alla
combinazione di peperoncino e fagioli.
“Perché
hai scelto me invece di Alysha?”
Lui punta un dito sulla mia fronte.
“Tu
hai questo, Leah, e io lo apprezzo. Davvero.
Ci
sei sempre stata quando avevo bisogno di fare dei discorsi seri o ero
preoccupato per Vic e io l’ho apprezzato tantissimo . E poi
sei bella, davvero
bella e con te rido.
Mi
piace stare con una persona con cui posso fare l’idiota e che
mi appoggia fino
a fare l’idiota anche lei.
Smettila
con le paranoie e goditi la serata.”
Mi stringe le mani tra le sue.
“Hai
sempre le mani fredde.”
“Roba da aristocratiche, pare che si gelino con le prime
mestruazioni e tornino
calde con la menopausa. Così i principi possono stringerle e
scaldarle.”
Io gli faccio l’occhiolino e lui ride.
“Ottima
spiegazione.”
Mangiamo
quello che abbiamo ordinato, è una bomba, ma è
tutto buonissimo. Non mi ero resa
conto di quanto mi mancasse la cucina messicana fino a stasera.
“Prendiamo
un dolce?”
“No, pensavo di prendere un gelato in giro,
c’è un posto che ti potrebbe piacere
qui a Portland e ho intenzione di portatici.”
“Va bene.”
Ordiniamo il caffè e poi Mike paga per tutti e due, sono
curiosissima, dove mi
porterà?
Saliamo
in macchina e lui – come prima –
non vuole
dirmi nulla, io non mi irrito nemmeno più visto che so che
ormai ha buon fiuto
per quello che potrebbe piacermi o meno.
Parcheggia
e poi mi porta davanti a una porta in puro stile cinese con tanto di
leoni, io
rimango sbalordita.
“Che
posto è questo?”
Chiedo in tono ammirato.
“Questi
sono i classical chinese garden di Portland, chiamati anche Lan SU
Chinese
Garden, sono i più grandi giardini cinesi al di fuori della
Cina.”
Entriamo e sono subito catturata dalla magia di questo posto: ci sono
ponti, laghetti
e vegetazione in puro stile cinese illuminate da lanterne multicolori.
Lui
mi prende per mano e seguiamo un sentiero che costeggia il laghetto
più grande
e arriviamo in una grande casa in stile cinese.
“Questa
è una sala da the, ma d’estate vende anche gelati.
Stasera è l’ultima sera.”
Compriamo un cono ciascuno, io menta e cioccolato, lui vaniglia e
fragola e
riprendiamo a passeggiare, attraversiamo un piccolo ponticello un
legno. Io
guardo ammirata lo spettacolo dei riflessi nell’acqua, mano
nella mano con lui.
Questo
posto è meraviglioso, romanticissimo e interessantissimo per
me che un giorno
voglio visitare Cina e Giappone.
Ogni
tanto vedo una gigantesca carpa koi passare pigra sotto le ninfee e i
fiori di
loto.
“Wow,
Mike è bellissimo.
Grazie,
io… io sono senza parole.”
Lui sorride e mi porta su un altro ponte che ha una specie di terrazza
proprio
al centro, di forma ottagonale. Qui si ferma, mi guarda dritto negli
occhi e mi
prende per mano.
“Leah,
io ti amo sul serio.
Questa
volta voglio impegnarmi in una relazione seria, perché penso
che tu sia la
persona giusta, quindi… Vuoi essere la mia
ragazza?”
Io mi porto la mano libera sulla bocca, in un gesto di educato stupore
e poi lo
abbraccio più stretto che posso.
“Certo
che voglio essere la tua ragazza, Mike!
Ti
amo, ti amo tantissimo.”
Sotto la luce della luna e tra quelle delle lanterne cinesi ci baciamo
come se
non ci fosse domani.
Lo
amo e questo il miglior appuntamento della mia vita.
Non
so cosa farei senza di lui ora come ora.
Sono
felice che abbia deciso di rientrare nella mia vita e spero che decida
di
rimanerci il più a lungo possibile.