Libri > Eragon
Segui la storia  |       
Autore: mjay    29/12/2015    3 recensioni
« Verrà il tempo
in cui il figlio combatterà il padre,
fratello combatterà fratello,
sangue verrà versato,
arriverà il caos e poi il nulla,
ed il mondo finirà nel ghiaccio e nel fuoco ».

Duecento anni sono passati dalla caduta di Galbatorix, ma ad Est l' ombra di una nuova minaccia sta crescendo.
Alagaesia è chiamata alle armi, nuove e vecchie conoscenze dovranno stringere un' alleanza per proteggere ancora una volta la pace e la stabilità duramente conquistate secoli prima.
***
Anche il capitolo 05 è stato corretto, presto arriverà il capitolo 06, il tempo di decidere come affrontare determinati passaggi e sarà online!
Genere: Fantasy, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Castigo, Murtagh, Nuovo Personaggio | Coppie: Eragon/Arya
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap I
NdA: Il capitolo è stato riscritto e ricaricato. Nei prossimi giorni toccherà al prossimo!
In fondo al capitolo trovate una sorpresa, purtroppo non so chi sia l'autore, se qualcuno lo conosce mi avverta anche per messaggio che così aggiungo i credits.
I prestavolto sono Garret Hedlund e  Katheryn Winnick, i cui volti si sono generosamente prestati per la mia longfic (?).
Auguro a tutti buona lettura!
Che la vostra spada possa essere sempre affilata!


NOTE INTRODUTTIVE

GENERE
 

Introspettivo, Romantico, Avventura, Fantasy, Guerra. 
RATING 
Generalmente Giallo e Verde, in alcuni capitoli sarà Arancione per le scene e gli argomenti trattati.
PERSONAGGI 
Murtagh Morzanson, Castigo, Arya, Angela, Eragon, Orrin, gli abitanti di Ostagar ed il popolo di Alagaesia.
DESCRIZIONE 
Ambientata 200 anni dopo la caduta di Galbatorix, ad Ostagar, un lontano regno ad Est del continente conosciuto, un improvviso e misterioso attacco alla Regina  annuncia l' arrivo di una nuova minaccia. Ancora una volta il popolo di Alagaesia è chiamato alle armi per proteggere la pace tanto agognata. Un Cavaliere errante e una Regina spodestata dovranno raccogliere le proprie forze per affrontare i demoni interiori e combattere la nuova oscurità, affrontando prove che metteranno a dura prova la loro forza e il loro coraggio.
Riusciranno a far fronte alla nuova minaccia? O soccomberanno contro il nuovo e antico potere che è stato risvegliato?
NOTE 
  • Per rimanere aggiornati su "Du Sùndavar freohr - La Morte delle Ombre" o altre storie posso rimandarvi al mio blog, contattatemi in privato per inviarvi il link.
  • Ringrazio tutti coloro che hanno seguito questa storia dal primo capitolo, chi ha commentato e aggiunto ai preferiti questa piccola storia, ed un' altro ringraziamento va a chi lo farà. "Amo chi legge. E leggo chi amo".
  • In fondo al capitolo troverete un piccolo glossario per aiutarvi a ricordare meglio tutti i nuovi nomi che verranno citati.
  • Un grazie particolare va alla gentilissima Clara (micia95), che ha revisionato questo testo con molta attenzione, correggendo i miei errori!
  • Mail 
DISCLAIMER
I personaggi della saga originale appartengono a Christopher Paolini. Gli abitanti di Ostagar, coloro che non appaiono nei libri e le loro vicende sono frutto della mia fantasia. La storia è scritta al solo scopo ricreativo e senza fini di lucro.
 

Creative Commons LicenseThis work by mjay is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial 4.0 International License.


titolo




CAPITOLO I

Sangue di drago


Murtagh raccolse la raspa, riposta assieme ad altri oggetti sul drappo sporco di grasso tra le radici dell’abete sotto cui si era seduto, l’arco di tasso posato sulle ginocchia.
Con movimenti decisi e sicuri iniziò a scavare il legno, grattando via con l’unghia del pollice le schegge che si incastravano nelle piccole incisioni  che aveva intagliato nei giorni precedenti con cura e attenzione.
Spinse più a fondo la lama su di un viticcio vicino all’impugnatura incrociandolo con altri due. Quando vi soffiò sopra piccole particelle di polvere si sparsero in aria.
Non aveva un disegno preciso in testa, seguiva il suo istinto mentre ad un solco se ne aggiungeva un altro, andando ad incrociarsi con piccoli motivi e figure. Ma lentamente il legno prendeva vita.
Accanto a lui Castigo sbuffò, stiracchiandosi pigramente le zampe prima di tornare raggomitolato a sonnecchiare. Piccole volute di fumo grigio si alzavano dalle narici del drago, avvolgendosi in spirali.
Faceva un certo effetto averlo visto uscire dall’uovo che era poco più grosso del suo avambraccio e vederlo ora, così imponente ed ormai adulto. Gli faceva comprendere quanto tempo fosse davvero trascorso dai giorni crudeli passati come prigioniero alla corte di Galbatorix.
Non aveva più lasciato la Du Weldenvarden, la foresta elfica, dalla fine della guerra. Il fascino racchiuso tra gli alberi secolari era incantevole quanto pericoloso, al suo interno vi si poteva smarrire la cognizione degli anni e perdere di vista ciò che continua a vivere all’infuori di essa. Sebbene il tempo non indugiasse mai, crescite e trasformazioni non erano uguali ovunque sulla terra di Alaga
ësia, ciò era particolarmente percepibile nei domini degli Elfi e nelle terre dei semi-mortali.
Condividendo con loro una vita longeva, Murtagh aveva presto compreso la loro visione del mondo: dove il tempo stesso girava molto rapido e molto lento. Rapido, poiché cambiano poco, mentre il resto fugge via. Lento, perché non contano gli anni che passano, o perlomeno non lo fanno per sé.
I primi anni vissuti all'interno della Du Weldenvarden erano trascorsi in un battito di ciglia, poiché aveva perso il conto delle ore ed il tempo era scorso rapido per lui come per gli Elfi. Le lune vecchie passarono, e quelle nuove crebbero e calarono nel mondo esterno, mentre lui si tratteneva ad Ellesméra. Quelli, però, furono giorni scanditi da notti colme di incubi e da giornate in cui il senso di colpa per gli atti immondi compiuti sotto il giogo di Galbatorix lo paralizzava fino a togliergli il respiro.
Riuscì a prendere di nuovo coscienza degli anni passati solo alla morte di Sloan, il vecchio macellaio. La vecchiaia era stata clemente con lui, portandolo via ormai centenario e finalmente sereno.
Murtagh era stato così concentrato nel cercare uno spiraglio di pace fra i pensieri distruttivi che lo logoravano ogni giorno da ritirarsi in lungo silenzio. La morte dell’uomo era arrivata come un faro fra la nebbia dei suoi pensieri, colpendolo con la stessa violenza dei flutti in tempesta contro gli scogli. 
In un'epifania un pensiero incalzante si era fatto largo dentro di lui. Il ricordo ancora vivido del corpo inerte del macellaio, consumato dal senso di colpa e dalla vergogna nati da una vita miserabile, lo aveva convinto a non sprecare la sua lunga vita ad annaspare nei ricordi delle atrocità commesse. Ne avrebbe ricavato, invece, un' importante lezione, come da tutte le sue esperienze di vita passate. 
Avrebbe usato quelle consapevolezze per non ripetere gli stessi errori e non permettere mai più a nessuno di manipolarlo. Nonostante gli errori commessi, la sua vita gli stava troppo a cuore per passarla in rimpianti.
Quando ne prese finalmente coscienza era troppo tardi.
Il mondo al di fuori della foresta era profondamente cambiato.
Ad aspettarlo vi era un luogo diverso da quello che aveva imparato a conoscere; smarrito, lo aveva colto un'estranea sensazione di vulnerabilità mai provata prima.
Estraneo a quel mondo e ignaro a quale posto egli appartenesse all'interno di quel nuovo ordine, la fermezza della decisione presa vacillò solo per un breve momento. Determinato a tornare nella capitale, volando con il suo fidato Castigo, era pronto a quello che lo avrebbe aspettato.
Nulla però avrebbe potuto prepararlo alla notizia.
Fu da un giovane scudiero, che non sembrava avere idea di chi lui fosse, che apprese della dipartita delle persone a lui care.
Di fronte a quell'ultimo crudele tiro mancino si era scoperto vuoto, completamente perso ed ancor più estraneo in una realtà ove per lui non era rimasto più nulla se non la completa solitudine.
Fu con rassegnazione che fece ritorno ad Ellesméra, sconfitto, arrabbiato con se stesso e con il destino che era riuscito a tirargli, con disprezzata ironia, il suo ultimo tiro mancino: quando finalmente era riuscito a trovare un po’ di pace dentro sé stesso, a perdonarsi per tutte quelle scelte sbagliate – 
compiute al solo scopo di sopravvivere, si ripeteva - , oramai non vi era più nessuno da cui tornare, se non fredde e silenziose lapidi bianche nel cimitero di Illirea. 
In quella spirale di tormenti aveva vissuto il suo primo secolo. 
Il vuoto dentro di lui pareva crescere di giorno in giorno, diventando un abisso oscuro e profondo. Mai era stato così cieco alle bellezze racchiuse nelle Du Weldenvarden come allora.
L'animo era di nuovo prigioniero di oscuri pensieri.
Nelle loro vite immortali gli Elfi avevano appreso molte vie per curare i dolori dello spirito, poiché nelle loro lunghe vite avevano visto più addii di quanti la vita di un Uomo potesse contare. Fu grazie alle loro enormi conoscenze che il dolore divenne finalmente sopportabile.
In seguito si era dedicato anima, mente e corpo ad imparare le arti degli Elfi e ad affinare le sue abilità da Cavaliere. La notte, però, tornava in completa balìa dei suoi sogni, o meglio visioni, da quando uno stato di semicoscienza si era sostituito al sonno. 
La trasformazione era stata graduale, quasi impercettibile. Quando una mattina Murtagh si era alzato per bagnarsi il volto, aveva faticato a riconoscersi nel riflesso allo specchio. Il volto dall'altra parte, così familiare ma al tempo così dissimile dal suo, lo fissava accigliato e stupito.
Si era sfiorato le orecchie, le cui punte erano state nascoste sotto i capelli scuri, ed era ammutolito. Le mani erano corse a sfiorarsi il volto trovandolo oltre che maturo – oramai divenuto quello di un uomo - , più pronunciato sugli zigomi e sul profilo. Morbidi e corti riccioli scuri erano cresciuti sopra il labbro, sul mento e sulle guance, in una lieve peluria. Osservando l'individuo di fronte a lui si era stupito, chiedendosi se fosse ormai più Elfo che Uomo. Ma si era presto liberato di ogni futile questione ridendo di sé stesso e dei suoi stessi sciocchi pensieri, non sarebbero state certo altre orecchie ed il viso più spigoloso a cambiarlo: il fantasma dell’uomo che era e che era stato era sempre presente a ricordarglielo. Con un sorriso amaro, si era domandato se fosse stata l’ aria di quella foresta a intorpidirgli i sensi e fargli nascere quelle strane idee.
Da quando aveva fatto di Ellesméra la sua dimora, la vita si era rivelata fin troppo tranquilla e si era chiesto più volte fino a quando si sarebbe mantenuta tale; d'altronde il mondo esterno era in continuo mutamento – ne prese consapevolezza in quel momento più che mai, ora che aveva l'occasione di osservarlo - e non sarebbe potuto rimanere in equilibrio per sempre.
Incise un’ altra linea, soffocando quei pensieri tra le venature del legno.
Si prese una pausa dal suo lavoro per grattare, con un sorriso, le squame che ricoprivano il collo di Castigo, poco sotto la mandibola, ed il drago emise un basso e lungo suono di piacere, facendolo somigliare, più che ad una belva selvaggia ed indomabile, ad un innocuo gatto di strada.
Con la mente, accarezzò la coscienza del suo drago, l’unica roccia su cui si era appigliato in quei due secoli e che gli aveva impedito di cadere sommerso dai suoi pensieri più oscuri. Castigo era l’ unico che non lo avrebbe mai abbandonato in questa vita, poiché l’uno era il prolungamento della coscienza dell’altro e senza quel legame avrebbero per sempre smarrito una parte di sé stessi. La loro unione non era mai stata più profonda di quel momento.
Forse un po’ egoisticamente, Murtagh aveva da sempre avuto la convinzione che il loro legame fosse unico, qualcosa che gli altri Cavalieri non avrebbero mai potuto condividere con il proprio drago. Entrambi avevano conosciuto i meandri più oscuri dell'anima dell’altro e dove altri sarebbero fuggiti, loro si erano fatti forza l’ un l’ altro, vittime di un destino troppo crudele.
Tutta questa tranquillità non ti starà rendendo un grasso drago da salotto?
Castigo aprì le palpebre, puntando l’iride cremisi su di lui.
Grazie al loro contatto mentale Murtagh avvertì chiaramente l’irritazione che il drago stava provando per la sua affermazione, ma invece di rispondergli, quest'ultimo decise che l’indifferenza fosse la più giusta punizione. 
Castigo si alzò solo per arrotolarsi di nuovo su sé stesso, dandogli però la chiara visione del suo massiccio…
Sedere da grasso drago impigrito, lo canzonò Murtagh prima di essere quasi decapitato dalla coda che veloce e precisa, colpì il tronco dell’albero poco sopra uno dei lunghi ciuffi scuri dell'indomabile chioma dell'uomo.
Dai rami più bassi, una pioggia di aghi di abete cadde sul Cavaliere e sul suo lavoro. Castigo continuò a muovere la coda a mezz’aria, come silenzioso monito. Non sembrava in vena di prese in giro quel giorno.
Murtagh piegò la testa e si passò le dita fra i capelli per liberarli dagli aghi, poi con una scrollata di spalle tornò alla cura del suo arco, grato di avere ancora la testa attaccata al collo. 
Posò la raspa ed iniziò a inumidire la metà superiore del legno con uno straccio bagnato di strutto, stava per afferrare il coltello quando un cambiamento nella coscienza semi addormentata di Castigo lo distrasse. Lo sentì improvvisamente attento, in ascolto, ed anche lui si fermò, con il coltello ancora a mezz’aria.
Il grande drago alzò la testa, le lucide scaglie rosse brillarono sotto gli spiragli di luce fra le foglie degli alberi. Annusò l’aria, i suoi occhi divennero fessure mentre scrutava fra gli alberi.
Cosa hai sentito? Domandò il Cavaliere fissandolo.
Lo vide sbuffare dalle narici, innervosito, 
Un drago.
Murtagh alzò un sopracciglio, scettico, 
Fìrnen?
No, quando Castigo aprì le fauci in un ringhio del fumo nero si dipanò fra i denti aguzzi come punte di lancia, non conosco il suo odore, è diverso, e c’è puzza di sangue.
E quello non è mai un buon segno, pensò Murtagh scattando in piedi, Zar’roc assicurata alla cintola, ed abbandonò l’arco ed i suoi strumenti per salire sulla groppa di Castigo.
Mentre il drago si alzava in volo, sollevando foglie e muovendo l’aria con le sue possenti ali per prendere quota, il Cavaliere si chiese chi potesse essere e quale fosse la natura di quella visita.
Nessuno avrebbe potuto irrompere nella Du Weldenvarden senza il permesso di Gilderien il Saggio e varcarne i confini senza che la regina ne venisse a conoscenza per tempo; dunque non doveva essere una presenza minacciosa.
Forse qualche giovane Cavaliere era stato troppo avventato e si era ferito in volo con il suo drago nei pressi della foresta, o qualche drago giovane e troppo caparbio si era azzannato per una dragonessa. 
Ma se aveva imparato qualcosa durante la sua vita era che non bisognava mai farsi cogliere impreparati e voleva accertarsi lui stesso che ciò che stava avvenendo fosse solo uno screzio fra draghi o un piccolo incidente di percorso.
Volarono in direzione sud-est, il sole li illuminava, mentre il vento sferzava il suo viso e qualcosa dentro di lui si risvegliava. Non ricordò l’ultima volta che si erano spinti così a Sud verso il limitare degli alberi, e, malgrado tutti quegli anni passati lontani dalle battaglie, notò con orgoglio che la loro nuova vita non aveva indebolito le ali del suo fidato compagno.
Sebbene volassero spesso fuori da Ellesméra per cercare un po’ di solitudine, non lo avevano mai fatto a quella velocità. Le ali, più forti e grandi dalla loro ultima battaglia, erano tese e cavalcavano i venti, si spostavano sulle correnti discensionali con agili e fluidi movimenti senza il minimo sforzo. Nessuno dei due era più un guerriero acerbo.
In groppa a Castigo, Murtagh dovette schiacciarsi contro il suo corpo quando la brezza tagliente iniziò a ferirgli gli occhi. 
Quel giorno si erano spinti nei pressi di Sìlthrim, sulle sponde del lago Ardwen, molto vicini al confine della foresta ed era proprio lì che a quanto pareva erano diretti.
Siamo vicini, lo avvertì Castigo calando di qualche piede e virando verso est.
Seppe che erano arrivati ancor prima di scorgere qualcosa: un ruggito rabbioso e crudele lacerò il silenzio ed il sangue gli si ghiacciò nelle vene per la violenza e la forza con cui arrivò alle sue orecchie.
Forse era qualcosa di più grave di una zuffa finita male. 
Mentre in groppa a Castigo planava al limitare della foresta là dove gli alberi erano più radi, Murtagh riuscì a vederla: un'enorme figura si agitava furiosa mentre alcuni elfi provavano ad avvicinarsi, ma con scarsi risultati.
Era un drago. Di questo era certo. Ma era diverso rispetto a qualsiasi drago avesse mai visto.
Era grande quanto Castigo prima del loro ritiro ad Ellesméra, quindi doveva essere un drago giovane: non avrebbe dovuto avere più di un quarto di secolo.
Le squame, delle stesse sfumature dell’azzurrite, erano più grosse e spesse di quelle normali: scaglie simili a placche d'armatura ricoprivano la carne tenera dei muscoli dalla testa alla coda. Un’altra serie, più chiare di quelle del dorso, gli ricoprivano l’addome. Il loro colore era diverso da quelli che aveva visto fino a quel momento, esso racchiudeva tutte le sfumature di azzurro e blu, le vene in trasparenza sulle ali e nei punti più chiari parevano sfumare in tonalità quali il bianco ed il rosa.
Quello non era l'unico aspetto curioso della creatura, anche nello scheletro e nella fisionomia, spigolosa e minacciosa, era arduo riscontrare somiglianze con il resto dei draghi di Alagaësia. La testa, dalla tipica forma allungata, era acuminata, sormontata da quattro corna nodose ed appuntite. Le ali più grandi dell’intero corpo terminavano con un pollice uncinato e tre dita artigliate, esse sembravano l'abbozzo di ciò che rimaneva delle zampe anteriori -di cui era privo. Alla fine di ogni osso dell'ala, una punta scura fuoriusciva alla fine della leggera membrana, di un azzurro più chiaro e evanescente rispetto alle squame, che interconnetteva le articolazioni.
Le stesse punte scure, ma ben più grandi, tornavano lungo tutta la schiena, interrompendosi solo sulla coda e su una piccola porzione del dorso, alla fine del collo -lungo e massiccio- su cui era legata una sella di cuoio e pellicce. Sopra di essa sembrava esserci ancora legato qualcuno, probabilmente privo di conoscenza, mentre il drago ruggiva colonne di fuoco vermiglio, in preda ad una furia senza controllo.
Quando finalmente Murtagh fu a terra, lo osservò meglio, dall’alto non era riuscito a scorgere le ferite sul corpo di quella strana e curiosa bestia. Sangue nero colava al di sopra dell’ala sinistra e da un’altra brutta lacerazione perdeva del sangue lungo tutta la zampa posteriore destra che teneva leggermente sollevata. Il collo era curvo, pronto a scattare al minimo segno di minaccia ed alla sua base vi era l’ evidente segno del morso di un' altro drago. La coda, l’ unica appendice sana, sferzava l’ aria, nervosa.
Tutti gli sforzi che stavano facendo gli elfi per calmarlo erano vani, se uno di loro provava ad avvicinarsi troppo, le fauci del drago scattavano nella loro direzione, tentando di morderli.
La bocca del drago si socchiuse e piccole scintille fuoriuscirono dalla gola, quando Murtagh capì cosa stesse per fare decise che era tempo di intervenire. Il drago non attaccava se provocato, non voleva fare del male agli Elfi, purché questi ultimi mantenessero una debita distanza, ma al tempo stesso era disposto a tutto per proteggere sé stesso e il suo Cavaliere, arrivando ad ucciderli se avesse fiutato in loro una qualsiasi minaccia. O almeno questo fu ciò che il Cavaliere riuscì a dedurre osservando il suo modo di agire.
« State indietro » intimò Murtagh allargando le braccia, gli elfi vedendolo fecero come gli era stato detto e retrocessero finché tutta l’attenzione del drago non fu su di lui.
Gli occhi cerulei della creatura si posarono su di lui, Murtagh lo vide spostare il peso da una zampa all’altra, evidentemente confuso da quel repentino cambiamento. La punta della coda del drago scattò in aria ed emise un basso ringhio di avvertimento.
Che vuoi fare? Castigo parve allarmato, ma questo non gli impedì di ergersi alle spalle del suo Cavaliere emettendo a sua volta un basso brontolio in risposta alla minaccia, se fosse stato costretto sarebbe intervenuto in sua difesa.
Ma il drago di fronte a loro non sembrò intimidito da quell’eventualità, sebbene Castigo lo superasse come stazza ed esperienza.
È spaventato, gli fece notare Murtagh, muovendo cauto un passo in avanti. Teneva le mani sollevate e Zar’roc era riposta ancora nel fodero. Voglio provare a calmarlo prima di usare la forza.
Ti farai ammazzare e per la tua sconsideratezza mi porterai con te, Murtagh mosse un’altro passo ignorando le sue parole, e per tutta risposta Castigo sbuffò, ma che mi ascolti a fare, tanto fai sempre di testa tua.
Murtagh avrebbe riso del suo fastidio in circostanze normali, ma in quel momento non poteva distrarsi dall’enorme bestia di fronte a lui.
Provò a raggiungere la sua coscienza, tentando di fargli percepire che non era una minaccia per loro, ma trovò solo un muro di rabbia, dolore, paura e confusione.
Non c'era breccia su cui far leva ed ogni parola fu inutile e rimase sospesa nel limbo fra le due menti, non ascoltata. Avrebbe dovuto cercare un altro modo di farsi comprendere.
Respirò a fondo, piccole gocce di sudore gli imperlarono la fronte, se qualcosa fosse andato storto niente avrebbe impedito a quel drago di attaccarlo e strappargli un braccio. Nemmeno Castigo sarebbe riuscito ad intervenire in tempo in quel caso. 
Se qualcosa andasse storto…
Sarebbe colpa tua
, intervenne Castigo, ringhiando.
Rincuorante.
Mosse il piede poco più avanti, lentamente, avvicinandosi ancora di più al drago che nemmeno per un momento perse di vista lui e Castigo. Quando la sua coda prese a muoversi più velocemente in aria, Murtagh si fermò, attendendo che si calmasse, e poi tornò ad avanzare.
Decise che se non poteva raggiungere la sua coscienza, allora avrebbe potuto provare alla vecchia maniera « Non voglio farti del male… » mormorò a voce bassa per non farlo infuriare a causa di un tono troppo incalzante « Anche io sono un Cavaliere, vedi? » gli mostrò il palmo destro su cui brillava opalescente il gedwëy ignasia.
Il drago non parve toccato dalle sue parole, ma Murtagh non si arrese, si mosse nuovamente e lo guardò negli occhi sapendo che avrebbe compreso le sue parole « Tu e il tuo Cavaliere siete feriti, avete bisogno di cure, cibo e riposo. Morirete entrambi se non lascerai che io ti aiuti » la coda si fermò e per un momento il drago di fronte a lui parve soppesare la sua proposta. 
Sebbene apparisse ancora restio a fidarsi, doveva aver colto la verità dietro a quelle parole.
Quando finalmente Murtagh lo vide abbassare la testa, arrendevole, capì che aveva spinto sulla leva giusta. Ma continuò ad avvicinarsi con cautela ed aspettò che fosse il drago a dargli il permesso di avvicinarsi al Cavaliere ancora sulla sua groppa, quando gli porse il fianco poté sciogliere i legacci della sella su cui quest'ultimo era rimasto incastrato.
Quando le gambe furono libere, il Cavaliere scivolò di lato come un peso morto, ma Murtagh fu agile nel prenderlo fra le braccia prima che toccasse terra.
Era più leggero di quello che si era aspettato, ben presto ne capì il motivo, era una giovane donna. Dall’alto, con l’ armatura e le pellicce, era un dettaglio che non aveva notato perché troppo concentrato sulla bestia.
I lunghi capelli biondi, raccolti in piccole trecce e in una coda di cavallo, ricaddero indietro quando la sollevò in braccio. Gli occhi erano chiusi, un lungo rivolo di sangue le colava dal cuoio capelluto sulla fronte, sullo zigomo, lungo le guance pallide fino alla netta linea della mandibola. Il labbro inferiore, divenuto ormai cereo, era rotto.  
Ma fu altro che catturò la sua attenzione, sentì le dita fradice e quando guardò, le trovò macchiate di sangue. Scostò il mantello della straniera: la cotta di maglia era lacerata su un fianco laddove si allargava una ferita ancora viva e pulsante. Il braccio sinistro era abbandonato lungo il fianco con un'angolatura innaturale, segno evidente che fosse rotto.
Soppesando le sue condizioni Murtagh comprese l'urgenza con cui doveva prestare delle cure e oltre che a lei al suo drago. L'odore acre emanato dalle lacerazioni non era rincuorante.
Guardò Castigo, che nel frattempo si era avvicinato con circospezione, ancora diffidente nei confronti dei nuovi arrivati « Dobbiamo curare le ferite più gravi o non sopravvivranno, poi dovranno essere portati nella città più vicina, il resto spetta a loro » 
Posò la mano sulla ferita della ragazza, mormorò parole nell’Antica Lingua e la ferita cominciò a rimarginarsi. Quando la pelle della sconosciuta tornò intatta, toccò al drago. Con l’aiuto di Castigo, presto anche le sue ferite furono guarite.
« Hanno bisogno di riposo e di un guaritore » dichiarò sollevando la ragazza, vista la grandezza di Castigo per lui non sarebbe stato un problema volare con due persone sul dorso. In quanto all'altro drago, non sapeva se avrebbe avuto abbastanza forze per seguirli con tutto il sangue che aveva perso, ma a giudicare dall’insistenza con cui aveva protetto il suo Cavaliere non era certo che li avrebbe lasciati andare senza di lui.
Issò la ragazza sulla sella, assicurò i lacci intorno alle sue gambe e poi prese posto dietro di lei, cingendola con le braccia per essere sicuro non cadesse durante la traversata.
« Avvertite la Regina Arya del loro arrivo, al resto ci penserò io » ordinò agli elfi, poi si voltò verso il drago « Sei libero di seguirci se ti senti abbastanza in forze per farlo, in caso contrario la stiamo portando alla città più vicina, ci potrai raggiungere una volta che ti sarai riposato un po’ volando verso nord-est » il drago allargò le ali, pronto a sollevarsi, e Murtagh piegò un angolo della bocca in un mezzo sorriso« Non avevo dubbi ».
Andiamo Castigo.
Coraggiosa ed audace, ma incosciente quanto te, brontolò Castigo alzandosi in volo.
Murtagh corrucciò le sopracciglia, confuso, 
Chi?
Il drago. È femmina. Lo informò Castigo voltandosi, quasi a volersi assicurare che la dragonessa li stesse seguendo e non fosse caduta fra gli alberi per lo sforzo di librarsi in volo. Ma lei era lì, proprio dietro di loro, e non sembrava intenzionata a lasciarli andare seppure sembrava tenersi in aria solo per forza di volontà.
Murtagh abbassò lo sguardo, osservando la straniera abbandonata contro il suo petto che pareva dormire serenamente.
Qualcosa dentro di lui, però, gli suggerì che il loro arrivo non avrebbe portato buone notizie.





Drago

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Eragon / Vai alla pagina dell'autore: mjay