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Autore: Billie Edith Sebster    29/12/2015    1 recensioni
Breve raccolta di cose che non tutti sanno su Sherlock Holmes, più una confessione alla fine.
Inconsapevolmente commissionata da Mycroft Holmes e con la collaborazione speciale di John Watson.
Sherlock ci tiene a farvi sapere che è solo una trovata psicanalitica freudiana della zona del suo cervello che non è ancora in grado di controllare.
Buono a sapersi.
{Naturalmente Johnlock}
1 - A Sherlock piace sentire John che legge.
2 - Sherlock ha un fetish per gli ascensori (panoramici)
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Le cose che non sai di Sherlock Holmes + 1: Le candele Natalizie rendono Sherlock stupidamente felice.

 

Mycroft, ancora una volta, è riuscito a coglierti in contropiede, cosa che ovviamente detesti a livello viscerale. Detesti sottostare al suo volere e che il vantaggio d'età lo faccia vincere un considerevole numero di volte (sai che non è propriamente così, ma mica puoi dare la colpa a te stesso), e detesti anche che se ne vanti con Lestrade.

Perché adesso sono molto più vicini di quanto ti ricordassi ed userai il fatto che una volta l'abbia visto al lavoro con una cravatta appartenente al poliziotto (ne sei incondizionatamente certo. Hai indagato) per sbeffeggiarlo un po'. John ti ripete spesso che non dovresti farlo perché “Non c'è niente da prendere per il culo, si vogliono bene e basta” ma tu sai perfettamente che l'esistenza di Myc ha il solo scopo di assillarti e talvolta non puoi negarti il medesimo piacere. Che vi piaccia o no, siete pur sempre fratelli.

Comunque.

Al momento sei relegato (di nuovo) in casa tua, perché ti è stato espressamente vietato di indagare su qualsiasi cosa che non sia la data di scadenza del latte, e il fatto che John si sia di punto in bianco messo a fare il pudding è decisamente una sublime distrazion… – Non l'hai pensato, oh no.

Sei steso sul divano e fissi biecamente lo smile giallo che di recente hai ripreso ad impallinare senza troppi complimenti per la noia, e cerchi disperatamente di non volgere la testa e sbirciare nell'altra stanza, perché okay. È basso e brontola come un vecchio alle volte, ma è carino quando cucina, il sole freddo di dicembre che entra dalla finestra lo illumina debolmente mentre si affaccenda tra gli utensili e tutta quella cioccolata che si è spalmato sulla guancia più l'espressione assorta lo fanno sembrare ad un bambino un po' imbronciato.

Diavolo, ti rendi conto di starlo fissando e ti affretti a raggomitolarti sull'altro lato.

Devi andartene prima che ti scopra, ma la verità è che stai veramente molto comodo ora che il tuo corpo ha scaldato i cuscini e c'è una strana quiete nell'appartamento che non puoi negare di apprezzare. Ovviamente, il lieve clangore di stoviglie che senti non è minimamente equiparabile all'apocalisse che c'è nella tua testa. Accidenti a Mycroft che voleva una scusa per non averti fra i piedi e andare a spassarsela con Lestrade, ora stai perdendo il controllo delle tue facoltà mentali.

Prendi in considerazione l'idea di infrangere la Regola Numero uno Imposta Da Tuo Fratello e svignartela per fare pulizie nel tuo Mind Palace dove non ci sono distrazioni che possano impedirtelo.

 

 

 

Visto che non hai veramente preso in considerazione altre ipotesi più fattibili (tipo rifugiarti da Mrs. Hudson ed occultarti fra i cuscini foderati di tweed del suo sofà, ma sarebbe poco dignitoso), ora sei fuori. Hai preso un taxi, non ricordi bene come ma sei arrivato a Piccadilly Circus. Ci sono alcuni street performers, circondati da un capannello di curiosi e turisti che scattano foto e battono le mani. Ci sono chioschi della cioccolata calda, del tea, e anche uno che vende guanti. C'è un architetto sul punto di divorziare, un bambino rimasto orfano di padre che si aggrappa al braccio della mamma, un turista svedese in fuga da problemi familiari e troppe informazioni che turbinano intorno a te.

Decidi di smettere di pensare agli altri, e cominci a pensare a te stesso.

 

 

numero tre:

Ora hai una vaga idea del perché sei arrivato fino a qui, e le tue gambe cominciano a muoversi fra le fiumane di persone che si avventano nella direzione opposta. Attraversi un paio di vie, procedi per cinque minuti (no, in realtà sono sei minuti e otto secondi, nove, dieci…) e ti fermi dirimpetto alla vetrina. Senti un paio di signore di mezza età bisbigliare fra loro mentre escono e ti vedono, lanciandoti brevi occhiate ammirate. Dannato cappello, non nascondeva un bel niente in quella fotografia. Dovresti adottare un sistema diverso, eppure.

Eppure.

A John stava bene il cappello che si era preso per sé, ti ricordi della sua risolutezza nel venir colto da quel lampo di genio. No, Sherlock, sono dettagli, piccolezze, elimina, elimina, elimina. Inutili minuzie da cestinare.

Sette minuti e trentuno, trentadue, trentatrè.

Sei qui per non pensare a John ed al fatto che si fosse arrotolato le maniche per cucinare.

Entri nel negozio tutto impettito e sei assolutamente deciso a non uscirne a mani vuote.

 

 

***

Ti accorgi dell'assenza di Sherlock solo quando lo vedi rientrare nell'appartamento imbacuccato nel suo cappotto lungo (bavero alzato, normale amministrazione degli zigomi) e la sciarpa avvolta fino al naso. Ha della neve fra i capelli, non sapevi stesse nevicando. Non ti eri accorto nemmeno di questo.

Passa qualche secondo a fissarti con quella sua aria curiosa e scientifica, il sacchetto di cartone rosso e verde ancora stretto al petto come ce l'aveva quando era entrato.

Lo fissi di rimando, ma devi interrompere la gara di sguardi perché una delle due coppette che hai in mano si sta pericolosamente inclinando, e il contenuto minaccia di spappolarsi sul pavimento.

– Hai il cacao su tutta la faccia. – fa, il tono piatto e monocorde. Quasi disincantato.

– E tu la neve nei capelli. – replichi, posando sul tavolo le ciotole. – Intendi levarti il soprabito prima che ti venga un accidente? – Non sei affatto arrabbiato, tant'è vero che sorridi. Vorresti sapere dove è stato, e anche che cosa ha comprato (con la tua carta di credito probabilmente), ma dopo essersi spogliato dei vestiti umidi si tuffa sul divano ancora stringendo la busta dando segno di non essere troppo in vena di parlare.

Gli offri il pudding, sedendoti accanto a lui e cercando di non fare caso al fatto che sembra incredibilmente soddisfatto del suo acquisto mentre si accinge a sbirciare nel sacchetto. Non vorresti pensare che ha qualcosa di adorabile ma oh. Lo stai pensando eccome. Ciao ciao cervello, abbiamo passato dei bei momenti.

Prende la sua coppetta, mette in bocca una generosa cucchiaiata di pudding. Non lo osservi, sai che non gli piace essere osservato mentre mangia.

– Hai riordinato la cucina?

Non ti aspettavi certo un complimento. Nemmeno una critica, in realtà, ma beh. È Sherlock.

– No, è un vero casino. – ammetti, cominciando a mangiare a tua volta. Sei abbandonato contro al divano mentre lui è leggermente chino in avanti, vorresti dirgli della postura sbagliata, ma suoneresti barboso e non ti darebbe retta. Vedi le sue spalle rilassarsi.

– Ne è valsa la pena. – dice semplicemente.

La cosa ti rende incredibilmente felice, sei al settimo cielo, vorresti abbracciarlo. Non è il primo complimento che ti fa, sa essere una persona apprezzante (solo con te, ecco un dettaglio che hai notato e che contribuisce a farti sorridere), ma beh. È sempre Sherlock. È un pretenzioso bastardo, come detto, mica pretendi troppo in tali circostanze.

Rimanete in silenzio. Sa che stai ancora sorridendo e lo vedi stringere le labbra compiaciuto mentre gusta un'altra cucchiaiata, per poi posare la coppetta e riprendere a scartare il sacchetto.

Ne estrae quello che inizialmente sembra un barattolo (effettivamente lo è), che poi la tua mente cataloga come marmellata di prugne, ma ti rendi conto che a Sherlock non piace la marmellata di prugne e che non si è mai vista una marmellata blu.

Sporgi la testa per vedere.

– Cosa hai preso?

Non risponde, stappa e annusa. Ti ritrovi a sperare che non sia un qualche tipo di nuova droga in circolazione.

Tira fuori dalla tasca un accendino (pensavi di averglieli requisiti tutti, dovrai fare un altro giro di perlustrazione)e lo immerge nella sostanza blu; a questo punto capisci che si tratta di una candela.

Lo stoppino prende quasi subito e dopo pochi secondi l'aria ha un profumo dolce e delicato.

Sherlock la abbandona sul tavolo e si siede scompostamente raccogliendo le ginocchia al petto, con la schiena premuta contro i cuscini dietro di sé, e puoi sentire quanto è calmo e tranquillo (quasi innaturalmente, perché non sembra stare pensando a nulla), finchè non ti accorgi che le vostre spalle si stanno toccando e sei effettivamente rilassato anche tu.

– C'è un motivo particolare per cui sei sparito senza alcun preavviso per comprare una candela da tre chili e mezzo che finiremo in almeno sei mesi?

Sherlock ride. Pianissimo, se non ci fosse quel silenzio misurato fra di voi non lo sentiresti, ma la tua sensibilità militare avverte un debole fremito accanto a te, un respiro più veloce degli altri.

– Buon Natale, John.

Ti volti a guardarlo, non perché sei sorpreso, ma perché sei curioso di vedere che effetto hanno quelle parole su di lui quando te le dice. Purtroppo, l'unica cosa che noti è che siete molto più vicini di prima.

– E tanto perché tu lo sappia, hai ancora la cioccolata su tutta la faccia.

Stavolta suona divertito. E non sia mai che parli forte e chiaro ed ammetta quanto le candele natalizie lo rendano stupidamente felice.

– Buon Natale anche a te, Sherlock.

 

 

 

E buon natale anche a tutti voi :)

 

 

   
 
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