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Autore: Mymlen    30/12/2015    1 recensioni
Dopo la caduta di Voldemort, tutti gli studenti che, a causa della guerra e dell'arrivo dei Mangiamorte, non hanno potuto frequentare appropriatamente il settimo anno sono stati chiamati a ripeterlo. Il controllo del potere sta cambiano, fra i Serpeverde, ora che i capifamiglia purosangue più politicamente influenti sono stati assassinati o imprigionati - e Draco sta cercando di risollevare le sorti della famiglia Malfoy. Nella scuola, tutti stanno cercando di fare i conti con quello che è successo durante la guerra e ciò che essa li ha fatti diventare. Voldemort può anche essere morto, ma dire che tutto va bene sarebbe una bugia. [Traduzione a cura di GwenCassandra.]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Pansy Parkinson, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Dopo cena, Draco si avviò verso la biblioteca per iniziare il proprio tema di Babbanologia. Era ancora un corso obbligatorio, nonostante il programma fosse cambiato drasticamente rispetto all’anno precedente, e stava incontrando delle difficoltà nel rimanere al passo con le lezioni. L’insegnante era abbastanza competente, tuttavia sembrava voler infilare troppi argomenti in un solo anno di corso e coprire aree troppo vaste per un'unica materia – il che significava che, di tanto in tanto, le lezioni andavano a toccare i campi più disparati. A volte vertevano sulle scienze politiche o economiche, il che era la versione babbana di ciò che i tutori privati di Draco gli avevano insegnato. Altre volte la lezione cambiava completamente punto focale - dall’Aritmanzia alle scienze babbane, virando poi ancora verso la Storia. Era un incubo e Draco sapeva benissimo che, prima o poi, avrebbe dovuto chiedere aiuto ad uno dei Mezzosangue di Corvonero.
Theodore Nott era già seduto ad uno dei tavoli in biblioteca. Draco portò una sedia di fronte a lui.
“Ti dispiace se mi siedo qui?” chiese.
Theodore alzò lo sguardo.
“Per niente. È il tema sui Babbani?”
Draco prese piuma e pergamena, e si mise a sedere. 
“Esatto.”
“Stessa cosa. Ho già trovato dei libri, puoi usarli se ne hai bisogno.”
Indicò una pila di libri sul tavolo.
“Grazie.”
Lavorarono in silenzio per un po’ e, quando le lancette dell'orologio segnarono le nove, Draco cominciò a mettere a posto la sua roba.
“Stai andando via?”
“Ho una punizione con la McGranitt, stasera.”
Theodore sorrise astutamente.
“Oh, giusto. Buona fortuna.”
“Grazie,” rispose.
Theodore tornò a concentrarsi sul suo libro e Draco si incamminò verso la classe della professoressa McGranitt.
La punizione sembrò non finire mai. Aveva avuto il sospetto che sarebbe stato qualcosa riguardo la guerra, che ci fosse qualcosa di cui la professoressa volesse parlargli – invece, lo fece solo esercitare in Transfigurazione all’infinito, mentre correggeva dei compiti.
Lo guardò a malapena, a parte quando il ragazzo si tirò su le maniche della camicia e l’occhio le cadde sul Marchio. Naturalmente sapeva della sua esistenza, ma il disgusto era ben visibile sul suo volto e Draco sentì il suo stomaco contorcersi: nell'incrociare lo sguardo della donna, un brivido di vergogna lo attraversò.
Tornò subito a concentrarsi sugli incantesimi ed ella continuò a correggere il compito successivo. Era già passata mezzanotte quando finalmente lo congedò – Draco era così stanco che considerò l’idea di dormire per due giorni interi, una volta arrivato al dormitorio.
“Buonanotte, signor Malfoy,” gli disse, mentre il ragazzo apriva la porta.
“Buonanotte, professoressa McGranitt.”

Cominciò a camminare velocemente e quasi subito andò a sbattere contro un ragazzo che camminava in direzione opposta.
“Guarda dove vai, idiot-” si fermò, “Oh, sei tu. Scusami.”
“Fa niente,” disse Potter, disorientato. Ci volle qualche secondo perché i suoi occhi mettessero a fuoco Draco, e c’era qualcosa di strano nella sua espressione, come se stesse cercando un segno sul volto del Serpeverde e quella ricerca gli avesse impedito di indossare la solita maschera d’ovvia repulsione.
“Cosa ci fai qui?” domandò.
Draco sentì una familiare irritazione bruciargli nel petto.
“So che tutti si sentono in pericolo, con i Serpeverde in giro nel buio,” disse lentamente, “ma ho appena finito di buttare via ore della mia vita in punizione con la preside, e sto tornando nei sotterranei, quindi puoi stare tranquillo. Apprezzo molto la tua guardia notturna per i corridoi, comunque. Siamo tutti più tranquilli, con te che vegli su di noi.”
“Non è quello che sto facendo!” rispose l'altro, sdegnato.
“No? Hai la bacchetta in mano. Sei sicuro di non volermi Disarmare, tanto per stare tranquillo?”
La sua bacchetta era già nella fondina sull'avambraccio, quindi Disarmarlo non sarebbe stato necessario. Potter osservò la propria bacchetta come se non si fosse reso conto di averla avuta in mano tutto quel tempo.
“È solo un’abitudine,” mormorò, “non riuscivo a dormire.”
“Benvenuto nel club. Ora, posso tornare a letto o vuoi continuare con l’interrogatorio?”
“Dovresti prima abbassarti le maniche.”
“Cosa?”
“Le tue maniche,” gesticolò vagamente, ripetendo le parole con meno certezza, come se avesse realizzato che, forse, Draco stesse mostrando il Marchio di proposito.
Draco abbassò lo sguardo e sentì il sangue affluire verso il volto. Se n’era dimenticato – non poteva crederci. Non doveva succedere. Non era mai successo prima.
No, controllava sempre, sempre, che il Marchio fosse coperto.
Considerò la possibilità di prendere la bacchetta – non gli importava di finire ad Azkaban, era disposto a pagare un prezzo simile pur di uccidere Harry Potter e dimenticare l’accaduto. Si abbassò velocemente le maniche fissando l'altro ragazzo con astio. 
“Non lo dirò a nessuno.”
“Beh, grazie per la premurosa bugia, Potter, ma lo sanno già tutti, quindi non penso che qualcuno rimarrà particolarmente colpito dalla tua storia, quando deciderai di raccontarla,” sibilò, non riuscendo, però, a mantenere il solito tono indifferente e sarcastico che era solito rivolgere a Potter. “E non era mia intenzione metterlo in mostra, giusto per essere chiari.”
“Davvero?” s'informò Potter, con un tono improvvisamente gelido. “Quando ti sei fatto Marchiare ne eri particolarmente orgoglioso.”
“Sì, beh, non si può togliere. Sono andato al San Mungo svariate volte e, a parte l'amputazione, mi sono sottoposto a ogni trattamento: niente ha funzionato. Sarei andato all’estero a cercare maghi migliori, quando i miei medici inglesi si sono rivelati incompetenti, ma la mia famiglia non può lasciare il Paese.”
“Forse avresti dovuto pensarci prima di unirti a Voldemort.”
“Avevo quattordici anni,” soffiò. “Avevo quattordici anni quando è tornato!”
“Anche io.” Si voltò, pronto ad andarsene. Draco lo osservò incrociando le braccia. Di rado aveva sperimentato scatti d’ira come quello. Forse era stata la mancanza di sonno a renderlo così fumantino, ma in quel momento stava quasi tremando dalla rabbia.
“Eravamo bambini!”
La sua voce echeggiò fra le mura, ma Potter continuò a camminare. Quando scomparve, girando l’angolo, le braccia di Draco caddero lungo i suoi fianchi. Prese un respiro profondo per ricomporsi, sopprimendo la rabbia bruciante, e quindi si avviò lungo il corridoio, in direzione dei sotterranei.

 
   
 
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