Russia
Il volo Tokyo-Mosca era in perfetto orario. L’arrivo
era previsto per le dieci e mezza a Mosca, e alle dieci e venti, le ruote del
carrello dell’aereo toccarono il suolo russo. Il viaggio era stato tranquillo e
silenzioso, una cosa gradita al ragazzo che aveva preso l’aereo all’ultimo
momento, senza nemmeno portare una valigia con se. Aveva fatto in tempo ad
avvisare chi doveva e poi era partito. Certo, Takao se la sarebbe presa a morte
con lui, ma ora pensare al blaider del drago azzurro era l’ultima cosa che
aveva in mente il ragazzo. Dato che non aveva bagagli, l’unico problema di Kai
era dover passare la dogana, ma non appena gli agenti videro il suo passaporto
russo, il ragazzo fu lasciato libero di entrare nel suo paese. Già, il suo
paese, si ritrovò a pensare Kai. Anche se sapeva di essere nato lì, di averci
anche vissuto da piccolo, anche sapendo che era il paese di origine dei suoi
genitori, Kai non riusciva a pensare a quel posto come casa. A dire la verità,
lui non aveva nessun posto che fosse casa sua, o che sentisse come casa sua. La
sua famiglia, alla fine, era Dranzer. Da quando aveva memoria, la fenice rossa
era sempre stata con lui, era stato il solo compagno fedele che avesse mai
avuto, che non lo aveva mai abbandonato, nemmeno quando lui si era lasciato
distratte da Black Dranzer, la fenice era sempre stata lì, pronta al suo fianco.
Era la sua famiglia, assieme ormai a quella piccola palla di pelo grigia. Gli
era dispiaciuto lasciarlo in Giappone, da solo, ma sapeva che Rei se ne sarebbe
preso cura. O almeno lo sperava, avrebbe fatto bene a telefonargli, prima o
poi, per sapere come stava. Kai scosse la testa, stupito
di se stesso. Da quando era cambiato così tanto, non lo sapeva. Un tempo lui
non si sarebbe mai preoccupato per un piccolo gatto, un tempo non avrebbe mai
pensato ad avere un gatto e adesso… adesso si preoccupava persino per lui.
-Perso nei propri pensieri Hiwatari?-
Kai si riscosse a quella voce, ma si riprese subito
non appena vide la chioma rossa del suo amico Yuri.
-Che ci fai qui?-
Yuri tirò fuori dalla tasca dei jeans il suo telefono
-Mi hai mandato un messaggio, ricordi?-
Kai lo guardò, senza dire niente, e il rosso sospirò
-Hai detto che saresti arrivato con il primo volo del
mattino. Ti sono venuto a prendere-
-Non ce n’era bisogno-
-È quello che fanno gli amici…-
Kai si limitò a fissare il blaider, mal celando un
sorriso ironico
-Togliti quel sorriso dalla faccia, Hiwatari…-
Ma Kai continuò a sorridere. Yuri cercò di ignorarlo,
mentre si incamminava lentamente verso l’uscita dell’aeroporto. Una volta usciti,
Yuri si avviò veloce verso il parcheggio, e poi verso una macchina. Una volta
tolte le chiavi dalla tasca, Yuri aprì la macchina, invitando Kai a salire. Ma
Kai lo fissava, perplesso
-Non sappiamo aprire da solo una portiera, Hiwatari? Senza
il maggiordomo non ne siamo capaci?-
-Tu hai 17 anni, come me…-
Yuri lo fisso
-Lo so, e allora?-
-Tu non puoi guidare-
Yuri sorrise, sarcastico
-Posso farlo, invece…-
-E come?-
Yuri alzò le spalle, in un gesto di noncuranza
-Finché non mi prendono, posso farlo. Allora vuoi
salire? Per arrivare al monastero ci vuole un’ora, e non mi piace lasciare per
troppo tempo Boris e Sergei da soli-
Detto questo Yuri aprì la portiera del guidatore e
salì in macchina. Kai fissò ancora per qualche secondo la macchina, poi si
avvicinò alla portiera, l’aprì e salì. Dopotutto, se lui poteva prendere in
affitto una casa per conto suo, Yuri poteva guidare.
Non parlarono molto durante il viaggio in macchina,
anche se di cose di cui parlare ne avevano anche troppe. Yuri non se la cavava
male alla guida, dopo tutto, e Kai iniziò lentamente a rilassarsi. Era stanco.
Stanco di quella vita, in cui l’ombra di suo nonno non sembrava allontanarsi
mai da lui.
-So cosa si prova-
Disse ad un tratto Yuri, senza mai distogliere gli
occhi dalla strada. Ormai si erano lasciati la confusione di Mosca alle spalle
e si stavano avvicinando all’enorme complesso che era il Monastero. Ormai non
era più il luogo di torture e soprusi che era stato fino a qualche anno fa, ormai
era solo un semplice orfanotrofio, di cui Yuri Boris e Sergei si occupavano,
anche se Kai non si era mai soffermato molto a pensare come. Lui tecnicamente
era il proprietario di tutto il terreno del monastero, essendo stato a sua
volta di proprietà di suo nonno, ma Kai non si sentiva padrone di quel luogo,
ed era lieto che Yuri se ne occupasse. E doveva ammettere, con Yuri non c’era
bisogno di dovere parlare troppo, perché Yuri aveva vissuto ciò che lui aveva
vissuto.
-Vorrei solo essere lasciato in pace-
-Come tutti noi-
-Cosa hai scoperto nell’ufficio di Vorkov, Yuri?-
Yuri strinse con forza il volante che teneva tra le
mani. Ormai erano entrati dentro i cancelli del monastero, e Yuri rallentò
sempre di più fino a che non parcheggiò la macchina di fronte all’ingresso
principale dell’edificio. Kai poteva vedere delle facce curiose di bambini che
sbirciavano dai vetri per vedere chi mai avesse portato Yuri lì. Non ricevevano
molte visite. Yuri spense la macchina e solo a quel punto si voltò a guardare
il ragazzo seduto di fianco a lui
-Devi vederlo con i tuoi occhi, Kai-
Senza aggiungere altro, Yuri uscì dalla vettura,
seguito subito dopo da Kai. Non si dissero altro, fecero tutto il percorso in
silenzio. Kai sapeva dove lo stava portando il blaider dai capelli rossi, lo
stava portando al secondo piano del blocco centrale dell’edificio, in quello
che una volta era lo studio provato di Vorkov, e che da quando se ne era andato
tre anni fa, i ragazzi non lo avevano mai cambiato. Non volevano nemmeno
entrarci là dentro, ad essere sinceri. Una volta arrivati al secondo piano, Kai
non fu stupito di vedere appoggiati al muro, gli altri ragazzi che formavano la
squadra della Neoborg.
-Boris, Sergei-
Disse Kai semplicemente. Gli altri annuirono con la
testa. Non c’era bisogno di molte parole tra di loro, e questo a Kai piaceva.
Senza dire altro Yuri aprì la porta dello studio ed entrò. Kai lo seguì subito.
Lo studio non era diverso da come se lo ricordava Kai. L’enorme scrivania di
legno scuro troneggiava in mezzo alla stanza. La luce proveniva da una grande
finestra posta dietro di essa, incorniciata da pesanti tende di velluto rosso
scuro.
-Colore del sangue…-
-Vorkov non aveva certo gusti, come dire, raffinati-
Si limitò a spiegare Yuri, mal celando un piccolo ghigno.
Le due pareti laterali dell’edificio erano occupate da delle librerie, piene di
libri. Nel complesso, se si escludeva la prevalenza dei colori scuri e l’aria
pesante di quello studio, Kai non vide niente di strano. Si voltò meravigliato
verso Yuri
-Cosa dovrei vedere per la precisione?-
Yuri gli lanciò un sorriso sarcastico.
-La pazienza non è mai stata una tua virtù, vero?-
Kai non gli rispose, ma gli rivolse una occhiataccia.
-Oh andiamo Hiwatari… non posso nemmeno stuzzicarti un
pochino?-
-Non sono venuto qui per dei giochetti Ivanov…-
Yuri si fece di colpo serio
-Lo so, cercavo solo… di alleggerire la situazione-
Kai fissò allibito il blaider dai capelli rossi. Yuri
alzò lentamente una mano in segno di resa
-Fidati Kai… dopo che avrai visto, capirai-
In quel momento Yuri si avvicinò ad uno scaffale della
libreria
-Non ce ne siamo resi conto subito, Vorkov era un tipo
in gamba, questo glielo devo concedere. È stato un bambino, a vedere ciò che
noi non siamo stati in grado di notare per anni-
-Di cosa stai parlando Yuri?-
-La finestra. Cosa vedi dalla finestra?-
Kai si avvicinò e guardò in basso. C’era un piccolo
cortile, circondato da tre lati dal monastero. E in quel momento il cortile era
pieno di bambini che stavano giocando
-Bambini che giocano?-
Yuri annuì
-Già, ma lo vedi quel bambino seduto per terra di
fianco alla porta sul lato destro?-
Kai si sporse di nuovo a guardare fuori e in quel
momento lo vide. Era un bambino che doveva avere all’incirca cinque anni, forse
sei, ed era, come aveva detto Yuri, seduto per terra. Era tutto intento a
disegnare qualcosa dentro un blocco da disegno.
-Si chiama Alexander, ed è un bravo bambino.
Silenzioso, diligente e ubbidiente, preferisce passare il tempo da solo a
disegnare, ma ha un buon rapporto con i suoi coetanei-
-E questo a cosa mi servirebbe?-
-È stato lui a farcelo scoprire. Precisamente un suo
disegno-
-Un disegno?-
Yuri annuì
-Disegna sempre, e gli piace disegnare cose che può
vedere e copiare. Tre settimane fa mi ha portato questo disegno e mi ha fatto
una domanda a cui non sapevo cosa rispondere-
Yuri tese un foglio di carta piegato che Kai prese
veloce. Una volta aperto, Kai riconobbe il disegno stilizzato del cortile del
monastero. Era un disegno veramente molto accurato, se si considerava che era
stato fatto da un bambino così piccolo. Ma ancora Kai non riusciva a capire
cosa Yuri gli volesse dire
-È un disegno-
-Guarda le finestre-
Gli disse il blaider. Kai lo fissò sorpreso, ma fece
come gli era stato detto. Kai vide le finestre del primo piano, e
istintivamente si mise a vedere fuori il cortile. Il bambino era stato
veramente preciso nel riprodurre la facciata. Passò poi al secondo piano, e si
soffermò sulla finestra dello studio di Vorkov, dove erano loro in quel
momento. E fu lì che lo vide
-C’è una finestra in più…-
Kai sapeva come era fatto il monastero, ci aveva
passato molto tempo dopo che Vorkov era sparito, e tutti sapevano che nel
blocco centrale della costruzione, al secondo piano c’era solo una cosa: lo
studio di Vorkov. E di conseguenza ci doveva essere solo una finestra che
doveva essere visibile dal cortile. Non due.
-Si, so cosa stai pensando. È un bambino, avrà sbagliato.
Gliel’ho fatto notare e lui sai cosa mi ha risposto? “Ho cinque anni non sono mica
stupido”-
Kai non poté non trattenere un sorriso. Quel bambino
gli piaceva
-Mi ha trascinato in cortile e me lo ha indicato. E
aveva ragione, c’è una finestra, più piccola, ma c’è-
-Come abbiamo fatto a non notarla?-
-Perché è quasi sempre in ombra. L’ala sinistra del
monastero mette quasi sempre in ombra quella parte della costruzione, e
ammettilo, nessuno di noi prima aveva tempo da perdere nel guardare la facciata
di questo posto-
Kai non trovò nessuna obiezione alle parole di Yuri.
-Perciò se c’è una finestra…-
-Ci deve essere un’altra stanza, è lo stesso che
abbiamo pensato noi-
-E l’avete trovata-
-L’abbiamo trovata, anche se non è stato facile-
Yuri si avvicinò allo scaffale sulla sinistra della
libreria, più precisamente al centro della parete.
-Kai, sai qual era il libro preferito di Vorkov?-
Kai scosse la testa
-Anna Karenina-
-Anna Karenina? Il libro preferito di Vorkov?-
Yuri annuì
-Si, lo so, è follia, ma ti manca di sentire che
motivazione dava. Per Vorkov, Anna Karenina era un libro illuminante sulla
natura umana-
-E quale sarebbe questa teoria?-
-“L’amore
ti porta alla morte”-
-Non è questo il senso di quel libro…-
-Tu l’hai letto sul serio?-
Kai non gli rispose, ma si avvicinò al ragazzo. Quando
arrivò davanti alla libreria, vide il libro, posto al centro della libreria.
-Dopo di te, Hiwatari-
Gli disse Yuri. Kai allungò la mano, e la pose sul
libro. Poi si voltò verso Yuri
-Non è che ti stai prendendo gioco di me, non è vero?-
Le labbra di Yuri si incurvarono in un ghigno.
-C’è solo un modo per saperlo-
Kai prese il libro e provò a tirarlo fuori dalla
libreria. Il libro però non si sfilò, anzi, si piegò leggermente in avanti. In
quel momento, un suono sordo, come di una serratura che veniva aperta si sentì
per la stanza, e la libreria, si spostò leggermente all’indietro. A quel punto
Yuri mise una mano sulla base dello scaffale e indicò a Kai di fare lo stesso
sul bordo esterno della libreria. I due ragazzi si misero a spingere e
lentamente, l’intero scaffale iniziò a ruotare su un lato. I ragazzi spinsero
lo scaffale fino a che non fu completamente spalancato, come una porta, e Kai
vide dietro di esso una stanza, e la finestra che ne illuminava l’intero.
Tuttavia non fu la meraviglia di avere trovato una stanza segreta, né che
questa fosse sempre stata sotto i loro occhi, ma era ciò che vi era dentro
quella stanza. Kai non era minimamente preparato a ciò che i suoi occhi videro
in quel momento
-Bentornato in Russia Hiwatari-
Fu il commento di Yuri, mentre superava Kai ed entrava
nella stanza. Kai si guardò intorno, spaesato, sconvolto, senza sapere cosa
fare o dire. Poi il suo sguardo si spostò verso una bottiglia di vodka
appoggiata in un angolo di una scrivania. Kai ci si avvicinò velocemente, e ne
bevve un sorso. Yuri lo fissò, senza commentare. Quando Kai ebbe finito di
bere, si voltò di nuovo verso il ragazzo e si decise a parlare
-Voglio leggere tutto quello che c’è in questa stanza-
-Come vuoi. Quando avrai finito sai dove trovarmi-
Kai annuì, poi si voltò verso i documenti che
giacevano sulla scrivania dello studio segreto di Vorkov. Ma prima che Yuri se
ne andasse completamente dalla stanza Kai lo fermò di nuovo
-Yuri… credo che mi servirà dell’altra vodka!-
Yuri ridacchiò, ma annuì
-Una o due?-
-Facciamo tre-
Yuri fissò Kai, sempre con un sorriso sul volto
-Ora si che vedo un russo in te. Se avessi saputo che
bastava trovare lo studio segreto per vederti ubriaco, ti avrei chiamato molto
prima-
E detto questo Yuri sparì dalla stanza. Kai non se la
prese per quelle parole, anzi, capiva il suo bisogno di cercare di sdrammatizzare.
Kai spostò lo sguardo verso il muro della stanza, dove aveva visto ciò che lo
aveva sconvolto. Era una vecchia foto, una foto che lui non aveva mai visto,
eppure sapeva immediatamente chi vi era rappresentato. Erano sei persone, che
sorridevano. Era una foto scattata a Mosca, nella piazza rossa per la
precisione, in quello che doveva essere stato un momento felice. Ma la cosa
sconvolgente non era la foto in se, ma ciò che vi era stato tracciato sopra.
Infatti, qualcuno aveva segnato con una penna quella foto, e in un modo
raccapricciante. Sopra ogni volto era stata tracciata una X, e non ci voleva
molta immaginazione per sapere che cosa rappresentava quella X. Erano tutti
morti, uccisi. Kai allungò piano una mano, e lentamente e delicatamente, si
ritrovò ad accarezzare il volto di una donna, di una donna sorridente, che lui
non aveva mai conosciuto, ma che era impossibile non capire chi fosse. Quella
donna aveva un paio di occhi color ametista, proprio come i suoi. Kai sferrò un
pugno contro il muro, un pugno così forte che la fotografia appesa alla parete
vibrò leggermente.
-Scoprirò perché vi hanno fatto questo, ve lo
prometto-
E nel silenzio dello studio, sotto lo sguardo dei suoi
genitori, Kai si mise a leggere tutto ciò che Vorkov aveva lasciato in quello
studio. E più leggeva, più beveva alcool. Si sarebbe ubriacato, ma se era
quello che serviva per continuare a leggere, si sarebbe ubriacato.
Se c’era una cosa che Rei aveva sempre pensato e anche
sostenuto, era che Kai, nonostante fosse di poche parole, asociale e spesso
poco propenso a stare in compagnia dei suoi amici, in fondo era un buon amico,
anzi, uno dei suoi migliori amici. Per questo lo aveva sempre difeso, lo aveva
sempre capito, aveva sempre cercato di fare in modo che anche gli altri
vedessero il meglio in lui. Eppure quella mattina, mentre osservava la furia
scatenata di Takao, furia diretta tutta contro la sua persona, si chiese se in
realtà, sotto sotto, Kai lo odiasse.
-Come sarebbe a dire che è in Russia? Cosa vuol dire
che è andato via? Ora, proprio adesso??? Lo sa quanto manca al prossimo torneo?
Due mesi… mancano solo sessanta giorni, prima che le migliori squadre del mondo
scendano in campo per sfidarmi e cercare di prendermi il titolo mondiale… e lui
cosa fa? Se ne va in vacanza? Proprio adesso? E in Russia?-
Si trovavano tutti nella cucina del dojo, lui, Max e
Takao. In quel momento più che una cucina, però, si trattava di una specie di
campo di battaglia. Rei e Max erano schierati vicino alla parete, il tavolo che
si frapponeva tra loro e Takao, che non faceva che percorrere la stanza avanti
e indietro, inveendo contro Kai, la sua dannata testardaggine russa, e Rei, che
non aveva avuto altra colpa che portare il messaggio del suo “cosiddetto”
amico.
-Andiamo Takao… ti ho detto perché è andato là e…-
-Non provare a difenderlo Rei! Ditemi la verità, non è
che in fondo volete vendicarvi per il fatto che in tutti questi anni non siete mai
riusciti a battermi? Dimmi Rei, non è che tutto questo rientra in un piano
diabolico che avete creato per cercare di prendermi il titolo?-
-Oh, come on
Takao! Now you’re exaggerating! (Oh, Andiamo Takao! Adesso
stai esagerando) Ti abbiamo detto cosa ci ha detto il
presidente Daitenji, giusto? E anche della telefonata che Yuri ha fatto a Kai…
non è poi così strano che Kai sia partito, non trovi?-
Takao si mise a braccia incrociate seduto per terra,
lo sguardo ancora imbronciato.
-Si, me lo avete detto, e anzi, grazie tanto per non
avermi invitato nel vostro piccolo nuovo gruppo privato-
Max alzò gli occhi al cielo mentre Rei si lasciava
andare ad un sospiro. Ecco qual era la vera ragione dell’arrabbiatura di Takao
-Takao, senti… non volevamo lasciarti all’oscuro di
tutto, chiaro? È che ci siamo ritrovati all’improvviso dentro qualcosa di molto
più grande di noi, e tu semplicemente non c’eri. Non ti abbiamo escluso di
proposito! Non abbiamo avuto il tempo di chiamarti. Lo sai che non faremmo mai
niente per escluderti-
-Rei’s right, my dear friend. (Rei ha ragione, mio caro amico!) È stato solo un caso…-
-Ma c’erano le ragazze!! Si può sapere perché le
ragazze si e io no? Cioè stiamo parlando delle… ragazze! Vogliamo mettere loro
con…-
In quel momento Takao vide Rei e Max spalancare gli
occhi e impallidire.
-Ti consiglio di moderare bene le parole, visto che
stai parlando delle mie migliori amiche, le mie compagne di squadra, e di
ragazze molto più intelligenti di quanto tu potrai mai sperare di diventare
mai, campione mondiale dei miei stivali-
Takao, sentendo la voce minacciosa di Hilary provenire
dietro di lui, non poté trattenere un improvviso brivido di terrore. Lentamente
si alzò da terra e si avvicinò alla ragazza dai capelli castani, con un sorriso
incerto stampato sul volto
-Hilary, non ti avevo sentita arrivare!-
Hilary alzò gli occhi al cielo spazientita e si avviò
decisa dentro la stanza.
-Ciao Max, ciao Rei!-
I due ragazzi le sorrisero
-Good mornig Hilary!-
-Buongiorno Hilary-
Hilary andò dritta verso Rei, protendendo la mano. Max
e Takao guardarono confusi quello strano gesto da parte della ragazza, ma Rei
non aveva bisogno di spiegazioni. Si mise una mano in tasca e prese il mazzo di
chiavi di casa di Kai, che Hilary afferrò al volo
-Grazie-
Rei la guardò voltarsi e poi andare dritta verso la
porta
-Sai, non credo che lui…-
Hilary si fermò proprio sulla porta, e si voltò veloce
verso Rei
-Doveva pensarci prima di lasciare quel povero animale
da solo. E poi credimi, l’unico che non vuole è Takao, io non ho problemi-
Takao, sentendosi chiamato in causa decise di
intervenire
-Di cosa state parlando? Chi è che non mi vuole e…
animale? Si può sapere di cosa state parlando?-
Hilary e Rei si guardarono e contemporaneamente
dissero la stessa cosa
-Niente-
Max, che aveva invece capito a cosa Rei si riferisse,
e anche Hilary, scoppiò a ridere. Anche Rei si lasciò andare ad una risatina,
mentre Hilary sorrise solamente.
-Ciao ragazzi, ci vediamo-
Disse poi la castana, andandosene. Takao, che come al
solito, non aveva capito niente, si ritrovò a fissare i suoi due compagni di squadra
che stavano ancora ridendo e Hilary, che ormai si era avviata verso la porta di
casa
-Ehi, Hilary aspetta, ma dove vai? E poi, cosa volevate
dire con… niente? Hilary non ti azzardare a chiudere la porta di casa senza
degnarti di darmi una spiegazione! Ehi, Hilary! Oh insomma, qualcuno si degna
di rispondermi?-
Rei si avvicinò all’amico, e gli pose una mano sulla
spalla
-Fidati Takao, è una cosa che non vuoi sapere. E poi,
mi dispiace, ma Hilary ha ragione. Se te lo dicessi, Kai mi ucciderebbe, e
ancora alla mia vita ci tengo, sai?-
Detto questo Rei uscì anche lui dalla cucina, ma
invece di prendere la via verso l’uscita, come aveva fatto Hilary, si avviò
verso il cortile interno, pronto per allenarsi. Takao guardò sconsolato Max, in
cerca di un aiuto, ma il ragazzo alzò le mani
-Non ci pensare nemmeno. Non ti dirò niente, come Rei
anche io ci tengo alla mia vita! E se devo essere sincero, preferisco avere Kai
calmo e tranquillo in squadra, che non furioso. I want to win like you so… I’m
sorry, ma non ti dirò niente! (Voglio
vincere come te, così… mi dispiace) Dovrai chiedere a Kai o a Hilary. E
ora, let’s go! Gli allenamenti ci aspettano-
E anche Max si avviò verso il cortile. Takao rimase
fermo, immobile, nella stanza vuota. Poi esplose
-Ma insomma! Qualcuno si vuole decidere a spiegarmi le
cose? Dopotutto sono il capitano della squadra!!! Dovrei essere io ad avere
informazioni da condividere con voi, non voi ad avere segreti con me. Insomma,
sono il campione mondiale, sono il capitano!-
-TAKAO! Cosa
sono queste urla in casa mia?-
E Takao rabbrividì per la seconda volta in quella
mattinata. Perché se c’era una cosa che lo spaventava più di Hilary, quello era
suo nonno
-Scusa nonnino…-
Era meglio se per quella mattinata andava ad
allenarsi. Almeno così avrebbe avuto la possibilità di scaricare un bel po’ di
rabbia.
-Rei, Max, ora vi disintegro-
Hilary si chiedeva come potesse sentirsi così a suo
agio in quella casa. Eppure eccola lì, sdraiata sul divano di Kai, mentre
guardava la televisione, e con il gatto acciambellato sulla sua pancia che le
faceva le fusa. Quel luogo era una vera e propria isola di pace. Era arrivata
lì la mattina subito dopo essere uscita dal dojo di Takao e aveva passato la
giornata con il gatto, in tranquillità. Ora era ormai pomeriggio inoltrato, quasi
ora di cena, e anche se non aveva fatto niente quel giorno, il tempo era volato
per lei. Le Wisteria avevano deciso che quella giornata sarebbe stata senza
allenamento, infatti le altre ragazze avevano avuto altro da fare. Mao aveva
avuto una lunga telefonata con suo fratello Lao, aggiornandolo sulle novità.
Mariam aveva deciso di contattare i suoi capi del villaggio per sapere se per
caso avessero mai sentito parlare della Suprema Essenza. Anche se la ragazza
era convinta di non ricevere risposte, era comunque intenzionata a cercare
indizi che potessero collegare il suo villaggio e il loro compito di custodi
con la Suprema Essenza. Per quanto riguardava Julia invece… Hilary non aveva
capito bene cosa avesse intenzione di fare la spagnola. Aveva detto qualcosa in
spagnolo troppo velocemente per permetterle di capire, e poi semplicemente era
sparita. Hilary sapeva che quando avesse avuto intenzione di farsi viva,
l’avrebbe sicuramente chiamata al telefono. E così, lei era finita
nell’appartamento di Kai, con Neko.
-Anche se siamo soli io e te stiamo comunque bene, non
è vero?-
Disse la ragazza, mentre passava una mono sulla testa
del gatto e si soffermava a grattare il felino dietro le orecchie. Neko rispose
con un miagolio di piacere, e si mise a fare le fusa sotto la mano della
ragazza
-Chi avrebbe mai detto che Kai potesse avere un gatto
così coccolone?-
Nella mente di Hilary passo l’immagine di Kai sdraiato
nella sua stessa posizione che faceva esattamente quello che stava facendo lei,
ma stranamente non le sembrò strana come immagine, anzi. Hilary se lo
immaginava veramente farlo, passare una giornata in ozio, tranquillo, con il
suo gatto. Hilary afferrò l’animale con entrambe le mani, e lo sollevò
leggermente in aria, in modo da potere guardarlo negli occhi. Neko rispose con
un miagolio risentito per quel cambio di posizione, cambio che non gli piaceva
per niente.
-Lo sai che sei un micio fortunato? Kai deve essere
proprio un bravo padrone…-
In quel momento, il telefono di Hilary si mise a
squillare, e la ragazza si affrettò ad appoggiare il gatto per terra, mentre
con la mano di nuovo libera, si affrettava ad afferrare il cellulare. Guardando
lo schermo, si meravigliò molto nel notare un numero a lei sconosciuto.
Tuttavia decise di rispondere
-Pronto?-
Chiese con voce quasi titubante. Dall’altra parte il
telefono restò muto per qualche minuto, prima che una voce maschile parlasse
-Come sta il gatto?-
Hilary rimase per un attimo disorientata. Uno sconosciuto,
un uomo, le aveva appena chiesto come stava il gatto?.
-Come?-
-Neko… come sta Neko, il mio gatto?-
Il cervello di Hilary sembrava incapace di formare un
ragionamento logico in quel momento.
-Ma chi…-
L’uomo dall’altra parte sembrò all’improvviso capire
cosa stesse succedendo nella mente della ragazza, e le venne in aiuto
-Sono Kai-
Il nome del blaider russo rimise in funzione i neuroni
della ragazza
-Kai? Kai Hiwatari, sei proprio tu?-
-Si-
-Ma non dovresti essere in Russia?-
Kai sembrò quasi ridacchiare prima di rispondere
-Sono in Russia-
-E allora come…-
-Hilary esistono le chiamate intercontinentali, sai? È
possibile chiamare da paesi diversi-
-Ma tu non chiami mai quando sparisci per i tuoi
viaggi…-
-Sto parlando con te ora…-
-Lo so, e la cosa mi manda in confusione direi…-
Hilary questa volta sentì Kai ridere veramente
-Ho notato-
Hilary era sconvolta per quello che le stava
accadendo. Forse si era addormentata e stava sognando. Eppure…
-Kai stai bene?-
-Forse ho bevuto qualche bottiglia di vodka di
troppo…-
-Intendi dire che sei… ubriaco?-
-No-
Questo era il Kai che Hilary conosceva. Risposte
secche e decise
-Bene, anche perché sei minorenne… non potresti bere
alcool tecnicamente. E berne troppo non fa bene, sai?-
Kai rimase in silenzio per qualche secondo. Hilary pensò
che forse lo aveva offeso, o che magari la linea era caduta. Stava per parlare
di nuovo quando la voce del russo la raggiunse
-Di solito non bevo… insomma, posso farlo, e lo
faccio, ma non sempre, non mi ubriaco mai e…-
Hilary si ritrovò a ridacchiare al telefono. Kai
Hiwatari si stava per caso… giustificando con lei?
-Non devi giustificarti…-
-Non lo sto facendo-
-Si invece!-
Continuò la ragazza ridacchiando. Kai sospirò
dall’altra parte del telefono
-Sei stata tu ad iniziare-
-Non osare scaricare la colpa su di me Hiwatari!-
Kai si ritrovò a ridacchiare. Era una situazione così
assurda, pensò Hilary, ma piacevole. Negli ultimi giorni si era resa conto che
non conosceva affatto Kai, e il ragazzo che aveva visto in quel tempo le
piaceva. Kai era una persona con cui stava bene, e parlare con lui così al
telefono le piaceva. E si chiese come mai non l’avessero fatto prima
-Perché non l’abbiamo mai fatto?-
Gli chiese ad un tratto. Kai rimase in silenzio.
Hilary si ritrovò ad arrossire per la sua stessa domanda.
-Intendo… intendo parlare, io e te, così come stiamo
facendo ora-
Si affrettò ad aggiungere poi, mentre mentalmente si
dava della cretina. Il ragazzo rimase ancora in silenzio, e per qualche secondo
Hilary pensò di averlo offeso in qualche modo. Stava cercando un modo per risolvere
quella situazione imbarazzante che aveva creato, quando la voce del ragazzo si
fece risentire
-Forse prima non avevamo niente di cui parlare-
-Forse…-
Si ritrovò a mormorare Hilary. Il telefono rimase
ancora silenzioso e Hilary doveva pensare in fretta. Come poteva recuperare una
telefonata che non voleva fare finire? Ci voleva qualcosa, e all’improvviso
capì come risolvere
- Oppure non mi ritenevi all’altezza del grande
Hiwatari-
Hilary riuscì a sentire il sorriso di Kai sentendo le
tue parole, e immediatamente si sentì sollevata
-Probabile-
-Neanche provi a smentirmi? Mi ritengo offesa ora-
Questa volta Kai rise proprio, e anche lei si lasciò
andare. In quel momento, Neko rispuntò fuori, e iniziò a strusciare la testa e
il corpo contro la gamba di Hilary. Guardando l’ora nell’orologio appoggiato
alla parete, la ragazza notò che erano le otto di sera passate.
-Hai fame Neko? Ora ti do la pappa-
Hilary si alzò dal divano e si avviò veloce verso la
cucina, intenta a dare da mangiare al gatto.
-Sei a casa mia quindi-
Le disse Kai. Hilary si fermò di colpo, come se fosse
stata colta in flagrante mentre commetteva qualche crimine. Dopotutto, Kai
aveva dato le chiavi a Rei, non a lei, e aveva chiesto a lui di prendersi cura
del gatto, non a lei. Poi però le vennero in mente le prime parole che si erano
scambiate all’inizio della conversazione
-Tu come facevi a sapere che mi stavo prendendo cura
di Neko, scusa?-
-Rei-
Fu la laconica risposta del russo.
-Rei? Te lo ha detto lui?-
-Esatto-
Hilary rimase ferma in piedi, nello specchio della
porta della cucina, indecisa su cosa fare.
-Ti da fastidio? Che io sia qui intendo…-
Il silenzio dall’altra parte del telefono si protrasse
per qualche secondo, ma ad Hilary parve un’eternità.
-No-
La risposta fece esalare un sospiro di sollievo da
parte della ragazza
-Grazie-
Gli disse, mentre il suo cuore tornava a battere con
un ritmo regolare
-Di te mi fido-
Disse ad un tratto Kai. Hilary sgranò gli occhi per la
sorpresa.
-Tu… cosa?-
-Scusami ora Hilary, devo andare, mi rifarò vivo.
Prenditi cura di Neko-
E detto questo, Kai chiuse la telefonata. Hilary non
fece nemmeno in tempo a dire niente, che sentì il classico suono della
telefonata chiusa. La ragazza tolse il telefono dall’orecchio e rimase ad
osservare lo schermo ormai spento del suo cellulare. Kai Hiwatari aveva detto
che si fidava di lei… le sue guance si tinsero di un rosso accesso, e si
ritrovò con il cuore che le batteva all’impazzata. Neko la osservava dalla
porta, fermo immobile. Hilary si ritrovò a fissare quella palla di pelo, poi si
inginocchiò e aprì le braccia. Il gatto la guardò per un istante, poi si
precipitò verso di lei. La castana lo prese subito al volo e se lo mise in
braccia, come fosse un bambino e avvicinò la testa al muso dell’animale.
-Il tuo padrone prima o poi mi farà scoppiare il
cuore, lo sai?-
Il gatto miagolò, e Hilary si ritrovò a sorridere
-Ora della pappa Neko-
E Hilary sparì dentro la cucina, cercando di
allontanare dalla mente il suono della voce di Kai che le ripeteva “mi fido di te”.
Kai era seduto per terra, la schiena appoggiata contro
la parete, un braccio posto sopra gli occhi. Nella mano sinistra teneva ancora
in mano il cellulare. Ma cosa gli era saltato in testa di fare chiamandola?
Quando aveva telefonato a Rei per aggiornarlo su alcune cose che aveva trovato
nello studio, e cosa aveva trovato era da non credere, l’ultima cosa che si
sarebbe aspettato era che il ragazzo gli dicesse che Hilary aveva praticamente
preso il compito di prendersi cura del suo gatto. Non sapeva poi nemmeno perché
aveva chiesto a Rei se per caso avesse il numero di telefono della ragazza.
Anche se avevano un intero continente tra loro, Kai era riuscito a vedere il
sorriso stampato sul volto del cinese alla sua richiesta. E quanto era stato
contento di dargli il numero… già immaginava le innumerevoli domande del tutto
ingiustificate che il cinese gli avrebbe fatto. Come se lui avesse fatto qualcosa
di male, poi. Conosceva Hilary da anni ormai, la conosceva abbastanza da potere
chiedere il suo numero di telefono senza che ci fosse nessun altra implicazione
sotto. Poi Hilary si stava prendendo cura del suo gatto quindi, aveva tutti i
diritti per telefonare e sapere come stava. Non c’era niente di male nel
sentire un’amica che ti stava facendo un favore… e allora cos’era quella sensazione?
Cos’era quella voglia improvvisa di risentirla, sentirla ridere e prenderla in
giro che provava in quel momento? E perché l’idea di lei sola in casa sua non
gli dava il minimo fastidio? E soprattutto, perché stava cercando di
immaginarsela seduta sul suo divano, con il gatto in braccio a fare le fusa?
-Ho bevuto troppo…-
-Due bottiglie non lo definirei troppo, ma un buon
inizio. Ma se tanto basta per farti perdere il controllo, la prossima volta mi
assicurerò di fartene bene tre-
Kai sentì Yuri sedersi al suo fianco. Era strano il
suo rapporto con il ragazzo dai capelli rossi. Con lui non aveva bisogno di
parlare, non aveva bisogno di spiegare le cose, Yuri lo capiva e basta. Come
lui capiva l’altro. Avevano uno strano rapporto, non erano amici, erano come…
una sorta di famiglia. Sapevano di potere contare l’uno sull’altro, e che si
sarebbero sempre aiutati. E come ogni buon membro di una famiglia, Yuri sapeva
sempre come colpirlo nei punti giusti
-Telefonata interessante direi…-
-Ora mi spii?-
-Spiare è una così brutta parola… sono semplicemente
entrato nella stanza e ti ho sentito parlare accidentalmente-
-Potevi anche lasciare la stanza…-
-Siamo in un paese libero, posso fare e stare dove
voglio-
Kai lasciò perdere il discorso. Sapeva che una
discussione del genere poteva andare avanti anche per molti minuti e in quel momento,
Kai non ne aveva voglia, non dopo tutto quello che aveva letto, e con l’alcool
che ancora girava per il suo corpo. Ma Yuri non mollava
-Comunque, lasciamelo dire, sentire dalle tue labbra
che ti fidi di quella ragazza… ammetto che, forse è la cosa più schioccante che
abbia sentito negli ultimi tempi, e come bene sai, di cose assurde ne ho viste,
lette e scoperte di recente-
Kai non rispose, di nuovo, ma questa volta lanciò al
rosso una delle sua occhiate fulminanti. Yuri ridacchiò, sarcasticamente
-Oh andiamo Hiwatari… se non vuoi che qualcuno scopra
i tuoi punti deboli, tu non farli scoprire. Non è colpa mia se parli così
liberamente qui dentro-
-La cosa che più mi preoccupa è il fatto che tu
capisca così bene il giapponese a dire la verità…-
-Che ci vuoi fare Hiwatari… sono portato per la
conoscenza delle lingue-
Kai fissò malamente il suo amico, mentre il rosso gli lanciava
uno sguardo ironico
-Allora, ne vuoi parlare o preferisci che ti tormenti ancora?-
Kai alzò un sopracciglio confuso. Yuri alzò gli occhi
al cielo
-Andiamo Kai… è chiaro che tra te e quella ragazza ci
sia qualcosa-
-Tra me e Hilary non c’è niente-
-Davvero speri che ci creda? Ho telefonato a casa tua
e lei mi ha risposto dopo avere passato la notte a dormire da te. Tu ora sei
qui e lei è sempre a casa tua, a prendersi cura dell’unico essere vivente per
cui tu abbia mostrato un minimo di umanità, e quando lei ti ha chiesto se ti scocciava
se stava da te, tu hai detto di no-
-Come fai a…-
-Ho un ottimo udito, Hiwatari. Sentivo quello che ti
diceva-
Kai rimase senza sapere cosa fare, o dire.
-È un’amica-
-Questa è la prima volta che ti sento parlare di
amica…-
-E ha visto sua madre morire davanti ai suoi occhi-
Fu il turno di Yuri di rimanere senza parole, con gli
occhi sgranati per la sorpresa.
-Abbiamo qualcosa in comune allora…-
-Ed è uno dei motivi per cui mi fido di lei-
-Perché condividete un tragico passato?-
-Perché si è confidata con me, e io ho fatto lo stesso
poi con lei. Sa cosa vuol dire…-
-Avere un vuoto che non si riesce a colmare-
Kai rimase in silenzio, ma annuì con la testa. I due
rimasero in silenzio ancora per qualche minuto, senza muoversi, ascoltando il
silenzio attorno a loro. Ad un tratto si sentì in corridoio, il rumore
caratteristico di piedi che correvano, seguito subito dopo da delle risate di
bambini, mentre qualcuno, probabilmente Boris, stava urlando loro qualcosa che
però i due non riuscirono a sentire. Tuttavia sia Kai che Yuri sorrisero
-Questo posto è tornato a vivere…-
-Una volta era impossibile sentire delle risate
risuonare in questo posto, invece ora… bambini urlanti ovunque, nessuno che ti
ascolta, fanno tutto quello che vogliono fare. L’unico modo in cui riusciamo a
farli stare buoni è durante i pasti, sono troppo concentrati sul cibo per fare
altro. Eppure…-
-Non faresti a cambio con il passato-
Yuri scosse la testa deciso
-Questi ragazzi non vivranno mai quello che abbiamo
passato noi. Preferisco arrabbiarmi e urlare ma vederli sereni, che non sentire
le urla di notte a causa degli incubi…-
Kai si ritrovò ad annuire. Poi si alzò, e si mise di
fronte alla foto dei suoi genitori
-Non permetteremo alle cose di tornare come erano una
volta. Qualsiasi cosa mio nonno o Vorkov stiamo tramando, io li fermerò-
Yuri si alzò, e si mise di fianco al suo amico, anche
lui lo sguardo fisso su quella fotografia
-Loro sono tutti morti Kai-
-Lo so-
-Potremmo fare la loro stessa fine…-
-Lo so, ma proteggeremo tutti quelli che sono qui. Ne
varrebbe la pena-
Yuri annuì, senza aggiungere altro. Senza una parola,
si avviò verso la scrivania e prese la bottiglia di Vodka che Kai aveva
lasciato appoggiata lì sopra.
-На
здоровье!- (n.a. si pronuncia na sdarovie, ed è ciò che i russi dicono
quando fanno un brindisi! Ora, io il russo non lo parlo e non lo conosco bene,
so solo qualche parola, quindi spero sia scritto correttamente!!)
Disse il rosso, per poi portarsi la bottiglia alla
bocca e bere un sorso. Fatto questo, Yuri passò la bottiglia a Kai, e anche lui
bevve. Rimasero in silenzio ognuno perso nei propri pensieri, poi Yuri pose la
domanda che Kai si aspettava da quando era entrato in quella stanza
-Credi a quello che è scritto lì? Credi che sia tutto vero?-
Kai si voltò verso la finestra. Quello che aveva letto
lo aveva lasciato senza parole, sconvolto, e una parte di lui faceva veramente
fatica a credere che tutto fosse vero. Ma un’altra parte, quella che credeva
nel suo bit power, che credeva nel suo legame con Dranzer, che credeva al
contenuto della lettera custodita dal presidente Daitenji, gli diceva che era
tutto vero. Così annuì
-Si Yuri, è tutto vero-
-E i nostri genitori…-
-Erano amici, già-
-Tuo nonno ha ordinato che fossero uccisi Kai. Sono
orfano per causa sua…-
-Come ha reso orfano me-
Kai strinse forte i pugni mentre una rabbia sorda e
cieca si impossessava di lui. In quel momento avrebbe voluto con tutto se
stesso potere prendere a pugni l’uomo con cui disgraziatamente era imparentato.
Come aveva potuto fare una cosa del genere a suo figlio? Come poteva un padre
ordinare l’omicidio di suo figlio e della nuora e lasciare un nipote solo senza
genitori? Tutto poi per il potere.
-Cosa pensi di fare ora?-
Kai si voltò verso Yuri, occhi ametista che fissarono
occhi colore del ghiaccio
-La stessa cosa che pensavi di fare tu, cercare altre
informazioni-
Yuri annuì. I due tornarono ad osservare la fotografia
raffigurante quelle sei persone. I genitori di Kai, i genitori di Yuri, e gli
altri due sconosciuti, un uomo e una donna.
-Dobbiamo scoprire chi siano gli altri due, Yuri, e
dobbiamo sapere cosa possedevano da spingere mio nonno ad ordinare la loro
morte-
-Credi che anche loro fossero parte…-
-Si, certo. E qualsiasi segreto custodissero, mio
nonno ne voleva entrare in possesso-
-E ci è quasi riuscito…-
-Ma non del tutto. Gli manca ancora qualcosa-
-Il problema è proprio questo… cosa manca? Quale
segreto potevano mai avere custodito da spingere quegli uomini ad ammazzarli?-
-Non lo so Yuri, non lo so. Ma qualsiasi cosa sia, era
importante-
-Questo non lo metto in discussione-
-Ed è proprio quello che dobbiamo scoprire… dobbiamo
capire cosa cercavano di tenere lontano da mio nonno-
-La fai semplice, ma la metà delle cose che sono qui
non hanno senso-
-Perché mancano delle parti-
-Intendi dire…-
-Mio nonno e Vorkov non possiedono tutte le
informazioni di cui hanno bisogno. Hanno il quadro generale, ma gli mancano dei
tasselli di cui hanno un disperato bisogno-
-E come pensi di trovarli?-
Kai scosse la testa
-Non lo so, ma è questo il nostro obbiettivo ora-
-Certo, cosa vuoi mai che sia. Ci lanciamo in una
ricerca disperata per qualcosa che non sappiamo cosa sia, non abbiamo idea di
dove cercarla, e per cui potremmo anche rimetterci la vita. E tutto alle soglie
di un torneo mondiale di beyblade a cui dobbiamo partecipare. Una passeggiata-
-È proprio il torneo quello di cui abbiamo bisogno
invece-
Yuri fissò il blaider con gli occhi sgranati.
-Hiwatari, quanto alcool hai bevuto? Come può aiutarci
il torneo?-
-Perché saranno loro a venirci a cercare-
Yuri ora fissava Kai decisamente sorpreso e perplesso
-Di cosa stai parlando? Intendi il seria killer che
tuo nonno ha assoldato? Perché per lui farci fuori durante il torneo sarebbe la
cosa più sensata…-
-Non mi riferivo a Pavlov veramente-
-E allora a cosa…-
-La Suprema Essenza. Saranno loro a venire fuori, e
noi li troveremo-
-Kai, i nostri genitori sono morti. La società
segreta, o quello che era, è morta con loro. Loro erano la Suprema Essenza, e loro
sono morti-
Kai scosse la testa, deciso
-No, ce ne sono altri. E verranno-
Yuri pose una mano sulla spalla di Kai
-Cosa sai che io non so?-
-Daitenji ha una lettera-
-Una lettera?-
-Scritta da una di loro-
-Ce ne sono altri-
Kai annuì
-E noi li troveremo-
-E come pensi di fare?-
Kai guardò la fotografia dei loro genitori, deciso
-Perché manderemo un messaggio. Gli faremo sapere che
noi sappiamo di loro, e che abbiamo bisogno di parlare con loro-
-E come pensi di farlo?-
-Ancora non lo so-
-Grandioso. Direi che il tuo piano fa acqua da tutte
le parti…-
-Ma è l’unica possibilità-
-Moriremo allora-
-Può darsi-
Yuri alzò gli occhi al cielo
-Hiwatari, lo sai, ti strozzerei in questo momento-
-Abbiamo cose più importanti da fare-
-No, fidati. L’idea di ucciderti ora mi alletta più di
qualsiasi altra cosa-
Kai guardò Yuri. I due si fissarono, ma alla fine, a
cedere, fu il rosso
-Cosa proponi?-
-Dobbiamo identificare l’altra coppia presente in
quella fotografia-
Yuri si ritrovò ad annuire.
-E come hai intenzione di fare?-
-Non ne ho la minima idea…-
Si limitò a dire Kai. Yuri sospirò, rassegnato
-Hiwatari, puoi farmi un favore?-
Kai lo guardò
-La prossima volta che hai intenzione di prendere un
aereo per Mosca per venire qui, non farlo-
In quel momento, per il monastero risuonò una
campanella. Kai guardò Yuri interrogandolo con lo sguardo
-Sono le quattro. Le lezioni sono finite e i ragazzi
hanno ora del tempo libero per svagarsi o riposarsi, anche se la maggior parte
ne approfitta per andare nelle palestre ad allenarsi con i beyblade. Poi intorno alle sette e mezza tutti i ragazzi
scenderanno in mensa, dove daranno una mano ad apparecchiare e dove poi
mangeremo. E non mi guardare così, mando avanti questa baracca per conto tuo, e
non mi ricordo mai una tua telefonata per sapere cosa succedeva qui, quindi non
ti azzardare a giudicare le regole che abbiamo deciso di utilizzare. Ci sono
centoventidue bambini qui, dai quattro ai quattordici anni, e fidati, è un
miracolo se questo posto è ancora in piedi, ed è merito mio. Quindi risparmiati
quel sorrisino ironico-
Kai si limitò a rimanere in silenzio, senza dire
niente. Alla fine Yuri si lasciò scappare una imprecazione e si voltò a passi
veloci verso la porta dello studio
-Giuro Hiwatari che prima o poi farai una brutta fine,
e potrebbe anche essere per mano mai. Perciò renditi utile, e cerca di scoprire
chi siano quelli nella foto. Io preferisco andare ad affrontare dei ragazzini e
ad allenarmi-
E detto questo sparì dallo studio, chiedendosi la
porta alle spalle senza esitazione. Una volta rimasto solo, Kai si limitò ad un
piccolo sorriso sarcastico. Ma poi il suo sguardo tornò alla fotografia, e ogni
traccia di divertimento sparì.
-Scoprirò chi siete, e vendicherò le vostre morti.
Prenderemo il vostro assassino, e fermeremo mio nonno-
Kai sfiorò per l’ultima volta il volto di sua madre,
prima di voltarsi e dirigersi verso l’uscita della stanza. In quel momento
avrebbe voluto prendere a pugni qualcuno, ma sapeva che esisteva un modo migliore
per scaricare tutta quella rabbia. Afferrò saldamente il suo beyblade e si
preparò a scendere verso le palestre. Era arrivato il momento di allenarsi, e
sul serio.
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Pavlov se l’era presa comoda quella mattina. Aveva
assaporato la meravigliosa sensazione di passare una giornata nell’ozio totale,
circondato dal lusso del Ritz. Aveva passato la mattinata quasi completamente a
letto, e non da solo. La facilità con cui lasciava laute mance aveva fatto sì
che uno degli uomini dell’hotel avesse trovato una giovane ragazza che fosse
ben disposta ad infilarsi nel letto con lui per tutta una notte, e la
possibilità di soldi extra avevano fatto si che anche la mattinata fosse
assicurata. Dopo anni di isolamento, Pavlov aveva speso ore a recuperare i piaceri
della carne che per anni aveva dovuto evitare e se non fosse dipeso per il
lavoro che era stato mandato a svolgere non avrebbe di certo mandato via la
ragazza. Ma se c’era una cosa che Pavlov amava di più della compagnia di una
donna, era la possibilità di togliere la vita a qualcuno. E l’idea di cercare
una giovane ragazza ignara del pericolo che la minacciava, innocente per via
delle sua giovane età poi, lo eccitava più di qualsiasi altra cosa. Per cui, al
pomeriggio, si dedicò alla caccia. Purtroppo non aveva un nome, né un
indirizzo, né un pur piccolo indizio di chi potesse essere o dove si potesse
trovare la giovane Birkof. Ma la ricerca non lo spaventava. Dopotutto, i suoi
datori di lavoro aveva detto che aveva tempo, e anche loro sapevano che la
ricerca sarebbe stata difficile e lunga. Dieci anni fa era stato fortunato, un incontro
voluto dal caso, il destino che gli aveva messo nelle proprie mani lei, ma
questa volta sarebbe stato tutto molto difficile. Se dieci anni fa avesse
saputo che la figlia era ancora viva avrebbe fatto le cose in modo diverso, non
avrebbe semplicemente eliminato la donna come gli era stato chiesto. Ripensare
a lei gli faceva ancora venire su una rabbia cieca… perché quella donna non
aveva avuto paura di lui, anzi. L’aveva sfidato apertamente, senza provare
paura. Non aveva voluto svelare i suoi segreti, come avevano fatto anche tutti
gli altri del resto. Ma almeno la Ivanov aveva urlato prima di morire, aveva implorato
pietà, la povera illusa. E con gli Hiwatari era stato tutto troppo veloce. Gli
aveva dato la possibilità di parlare, come il vecchio aveva ordinato.
-Uccidili solo se non parlano-
Gli aveva detto, e lui aveva obbedito. Tagliare i cavi
dei freni della loro auto era stato fin troppo semplice, ma l’incidente era
stato sicuramente uno tra i suoi più spettacolari. Ancora Pavlov si ricordava
come l’auto fosse rimbalzata sulla strada, il suono dei vetri infranti, il
rumore della carrozzeria che veniva schiacciata dall’urto provocato contro
l’asfalto… ma la Birkof, lei era stata tutta altra faccenda. Era un mistero
come le fosse sfuggita la prima volta. Aveva bruciato la casa, aveva visto la
villa avvolta dalle fiamme e poi la polizia aveva trovato i cadaveri… eppure
lei era sopravvissuta. Qualcuno l’aveva protetta, su questo non c’erano dubbi,
e lui si era fatto fregare come un novellino. Ma era stato obbligato a fare le
cose di corsa, ad agire velocemente senza prendere tutte le precauzioni e…
aveva fallito. Ma questa volta avrebbe fatto le cose per bene. Avrebbe studiato
il territorio, avrebbe studiato i loro movimenti, e non avrebbe commesso altri
errori. Perché lui non doveva solo trovare ed eliminare la Birkof dopo averle
preso la chiave, ma anche eliminare chiunque si fosse messo nel suo cammino. Pavlov
sapeva che qualcuno della Suprema Essenza sarebbe intervenuto per salvare la
ragazza, e lui non aspettava altro. Da quando aveva scoperto l’esistenza della
società segreta, e da quando loro lo avevano umiliato escludendolo, aveva
giurato vendetta contro tutti gli affiliati e li avrebbe eliminati. Si, lui
avrebbe cancellato anche le ultime vestigia di quella razza di custodi, non
avrebbe lascito nessuno vivo, tutti loro sarebbero morti. E lui avrebbe gioito per
quelle morti e avrebbe aiutato il suo capo ad ottenere ciò che voleva. E lui
avrebbe avuto soldi, più soldi di quanti mai avesse potuto immaginare.
-Sarà la vostra fine, Suprema Essenza… sarà la vostra
fine e la fine della vostra discendenza-
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A 10.848,14
km di distanza da Tokyo, un telefono squillava ininterrottamente. Era una
decina di minuti che quel telefono non faceva che squillare. Quando finalmente,
la porta dell’appartamento si aprì, una donna, dai capelli biondi e gli occhi
azzurri, si precipitò veloce verso il ricevitore
-Hello!-
-Judith-
La donna si
bloccò di colpo. Erano dieci anni che non sentiva quella voce, da quella
telefonata.
-Jun… sei
proprio tu?-
-Ciao Judith-
-Sei viva!-
La donna
dall’altra parte del ricevitore ridacchiò
-Ci vuole molto
per uccidere una tigre come me. E sono brava a nascondermi-
-Dove sei?-
-Non te lo posso
dire. Non so chi possa ascoltare questa telefonata…-
-Lo capisco-
-Judith, lo sai
perché ti sto chiamando, vero?-
-Allora è
vero…-
-Si è vero. Lei
è viva-
-Come è
possibile? Dovrebbe essere morta durante l’incendio di sedici anni fa.
Elisabeta mi disse che sua figlia era morta-
-L’ha fatto per
proteggerla. Sapeva che le potevano ancora dare la caccia, e meno cose sapevamo
le une delle altre, meno rischi avremmo corso-
-Ma Jun… lei è
sola ora. È in pericolo-
-Lo so, per
questo la dobbiamo cercare. Soprattutto dopo quello che sta succedendo in
questi giorni…-
-Pavlov è sulle
sue tracce, non è vero?-
-Si, la sta
cercando. Sta cercando la chiave-
-Non possiamo
permettere che la prenda. Hanno già due dei cinque pezzi. Se ne avessero tre…-
-Niente li
potrebbe fermare dallo scoprire tutto, lo so. E a quel punto tu saresti in
grave pericolo-
-Fino adesso
mai nessuno mi ha associato a voi-
-Ma se trovano
il terzo pezzo lo sapranno. E a quel punto tuo figlio sarebbe in grave
pericolo-
A pensare al
suo bambino, Judith sentì il cuore stingersi in una morsa di paura.
-Cosa vuoi che
faccia Jun?-
-Ne sei sicura?-
Judith strinse
forte la catenina che portava al collo. Era un regalo che le aveva fatto suo
figlio l’anno scorso per il suo compleanno.
-Così quando
sarai a New York avrai sempre qualcosa di mio con te-
Gli aveva
detto, sorridendo il suo Max.
-Farò di tutto
per proteggere mio figlio. Cosa devo fare?-
La donna
dall’altra parte del ricevitore rimase un attimo in silenzio.
-Hai mai
sentito parlare della tribù degli Scudi Sacri?-
Subito nella
mente della donna comparve l’immagine della squadra di beyblade che aveva
tentato di rubare i bit power di suo figlio e dei bladebrakers
-Si, li
conosco-
-Bene. Trova il
loro villaggio Judith-
-Cosa? Nessuno
che non sia parte della tribù sa dove sia!-
-Devi trovarlo
Judith. E devi chiedere il loro aiuto-
-Ma…-
-Judith,
abbiamo bisogno del loro aiuto molto più di quanto tu non possa pensare. Siamo
rimasti in cinque della Suprema Essenza. Dobbiamo assolutamente avere qualcun
altro al nostro fianco, e tu lo sai-
Judith non
dovette pensare molto prima di decidere
-Li troverò-
-Sapevo che
avrei sempre potuto contare su di te, amica mia-
La bionda
sorrise.
-Come io so di
potere contare su di te, amica mia-
Non si dissero
altro. Jun chiese la conversazione in quel momento, e così fece Judith. La
donna si accasciò sul divano del suo appartamento di New York e si guardò
intorno. Lei era stata fortunata nella sua vita. Aveva un figlio meraviglioso,
e l’aveva visto crescere. Ma ora era arrivato il momento di rispettare un
vecchio giuramento, e lo avrebbe fatto, per coloro che aveva perso e per suo
figlio. Avrebbe trovato gli scudi sacri, a qualsiasi costo.
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Ciao a tutti!
Si, lo so, sono tornata, e sono in ritardo! Ormai ci rinuncio a scusarmi, vi
prego, prendetemi così come sono…
Allora, non so
bene cosa pensare di questo capitolo. Ho fatto molta fatica a scriverlo, perché
non voglio svelare tutto e togliere delle sorprese che ho in serbo per il
futuro, ma non potevo non dire alcune cose, se no non avreste capito niente e
quindi… ho perso il conto delle mille versioni che ho scritto, cancellato,
modificato e… e alla fine questa era la versione che più mi convinceva. Spero
piaccia a voi tanto quanto piaccia a me.
Perché la
verità è questa… adoro questa storia, mi innamoro di essa ogni volta che ci
penso e che la scrivo e… sono perdutamente innamorata di Yuri, ve lo dico.
Adoro scrivere di lui e farlo parlare, perché non lo so, io me lo immagino
così, all’apparenza freddo e distaccato, ma in realtà sarcastico e divertente e
quando prende in giro Kai che invece è sempre così impassibile… lo adoro. E
adoro anche Kai ovviamente, mi diverte vederlo così confuso, ma in questo
momento lo deve essere. Troppe cose sono venute fuori, troppe verità e Hilary non
aiuta a farlo ragionare. So che forse può risultare OC, ma vi ricordo che si è
scolato due bottiglie di vodka, vi prego, perdonatelo.
Infine, Neko. Adoro quel micetto, e se qualcuno volesse sapere come
me lo immagino, vi allego il link di un micetto che io immagino proprio uguale
a Neko.
http://www.tonioworld.net/immagini3/images/9773741.jpg
Ok, come
sempre, grazie a tutti quelli che leggono e seguono la storia, chi vuole
lasciare una recensione e farmi sapere cosa ne pensa è sempre ben accetto, e se
doveste trovare degli errori di battitura o peggio, anche se spero di no, non
fatevi problemi a segnalare!!
Un bacio grande
a tutti e visto che ormai ci siamo Buon Anno!!!
Ci vediamo alla prossima,
che spero sia abbastanza presto, un bacio, la vostra
Juls