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Autore: _windowsgirls    30/12/2015    0 recensioni
«Devi smetterla, ok? Non puoi dire così.»
«Cazzo, Harry, ti rendi conto che siamo in prigione?»
Harry e Louis, i due capitani della squadra di Dodgeball della loro scuola.
Imbattibili, vincono ogni gara che venga loro proposta.
Eppure, con la finale di campionato alle porte, la scuola e i vari impegni legati ad essa, si ritroveranno a dover affrontare il loro mondo totalmente scombussolato dall'arrivo di due persone. Le loro vecchie abitudini verranno messe da parte per focalizzarsi su qualcosa di diverso che si rivelerà essere più grande rispetto alla loro portata.
Presi a fondo da tutta la situazione, Harry e Louis non si accorgeranno che il futuro ha in serbo per loro qualcosa che non si aspetterebbero possa accadere, ogni loro credenza scivolerà in un oblio che, pian piano, li trascinerà con sè.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Going out




Era il 14 maggio e a Londra non aveva mai fatto così caldo, nemmeno l'estate si raggiungevano tali temperature. Harry aveva portato Rachel in un piccolo boschetto non degno di nota dove gli alberi erano molto alti e riuscivano a fare ombra su spiazzi erbosi davvero estesi. Ai loro piedi vi era un piccolo ruscello e Rachel si era tolta le scarpe e lasciava che l'acqua fredda le lambisse le piante dei piedi, Harry era accanto a lei, in pancia in giù e con le mani che galleggiavano sulla superficile del ruscello fresco. Gli uccellini cantavano tranquilli, non era nel mezzo della città e proprio per questo motivo non sentivano neanche un clacson nei paraggi. Rachel si reggeva sulle braccia tese, mentre Harry si girava sulla schiena, lo sguardo verde perso tra le fronde degli alberi attraverso cui il sole veniva filtrato delicatamente. Il cestino del picnic sostava ai piedi della quercia poco distante, così come anche la piccola tovaglia dalla fantasia scozzese ripiegata sul cestino di vimini. Rachel faceva oscillare i piedi nell'acqua, poi quando si rese conto che Harry aveva gli occhi chiusi e le mani incrociate sul petto, perso in quella tranquillità, sorrise sadica e sbattè i piedi sulla superficie rapida del ruscello, schizzandolo.
Harry si sollevò di scatto e si asciugò la faccia con la mano, allargando le narici. «Ivy ti ha infettato?»
Rachel sollevò le spalle ritirando le gambe e stringendole al petto. «Nah» disse sorridendo, poi Harry si buttò di lato, facendola cadere sull'erba soffice sotto di loro. Rachel scoppiò a ridere, poi Harry le afferrò entrambi i polsi bloccandoglieli sulla testa e mettendosi a cavalcioni su di lei.
Sorrise beffardo, facendo uscire le labbra in fuori e mordendosi quello inferiore. «Vediamo se riuscirai a non smettere di ridere adesso.» E iniziò a muovere le dita della mano libera freneticamente sotto il collo, sulla pancia e sui fianchi sperando di farle soffrire il solletico, ma in risposta Rachel alzò gli occhi al cielo, i capelli sparsi intorno alla sua testa come un'aureola, le labbra strette tra loro, cercando di non far scappare il sorriso che stava trattenendo.
Harry, la mano stretta intorno ai suoi polsi, appoggiò l'altra dall'altro lato della testa, sorreggendosi su di lei. «Non posso crederci. Sei l'unica ragazza che conosco a non soffrire il solletico.»
«Deluso?» lo provocò Rachel leccandosi le labbra senza alcuna malizia. Harry scosse un poco la testa.
«Diciamo che con te non cado nel solito clichè in cui speravo, sinceramente.»
Rachel, nonostante fosse immobilizzata a terra, con i piedi sul bordo del ruscello, scosse le spalle. «Io sono diversa dalle altre, mi dispiace non essere all'altezza delle tue aspettative» disse, ed Harry scoppiò a ridere sollevando la testa.
«Infatti è proprio per questo che sono con te, non cado in convenevoli e c'è sempre una sorpresa dietro l'angolo.»
«Ti piacciono le soprese?» chiese lei, i suoi occhi cervoni persi a rimirare quelli verde smeraldo di Harry che non avevano abbandonato le sue labbra sottili nemmeno per un istante.
«Quelle belle sì, moltissimo.» E si abbassò sul suo volto, baciandola, sorreggendosi per non premere contro il suo corpo. 
Rachel era sotto di lui, le gambe di Harry che le tenevano fermi i fianchi e le mani immobilizzate sopra la testa. Il bacio si approfondì un po' di più, e non potè evitare di liberarsi dalla presa ferrea del ragazzo, infilando le sue mani delicate tra i suoi lunghi capelli scomposti, le loro lingue che si cercavano e danzavano insieme. L'attrazione fisica tra loro era palpabile, Harry si abbassò più su di lei facendo aderire i loro petti, la sua mano che percorreva la guancia e poi scendeva sul collo della ragazza, la sua bocca che lasciava una scia di baci umidi sulla mascella per poi tornare sulle sue labbra delicate. Rachel, una mano tra i suoi capelli, gli accarezzava la schiena, sfiorando con le dita al di sopra della maglietta i muscoli della schiena di Harry che guizzavano per sorreggerlo e non farlo cadere sul suo corpo minuto e accalorato. Poi Harry si staccò e si rimise seduto, sollevandosi e dandole un leggero colpetto sulla pancia. 
«Andiamo» disse, mentre Rachel respirava affannosamente e dalla guance leggermente arrossate, bramosa di riavere le labbra di Harry sulle sue. Quello staccamento era stato brusco, eppure se non lo avesse fatto lui, Rachel non ne sarebbe stata in grado sicuramente. Si mise seduta quando vide Harry avvicinarsi alla quercia e iniziava a sistemare la tavoglia sul prato. Così si alzò in piedi e, accarezzandosi le braccia piene di brividi e senza scarpe, lo raggiunse.
Si sedettero l'uno di fronte all'altra, mangiando in delle piccole coppe quello che si erano portati da casa.
Rimasero in silenzio per un bel po', gli uccelli che danzavano da un albero all'altro e le loro bocche impegnate a masticare. Harry poi tirò fuori dal cestino due lattine di Diet Coke e le aprì con uno scatto, porgendone una a Rachel.
La ragazza fece un lungo sorso, poi guardò Harry, sorridendo.
Lui, con la bocca piena e il piatto in mano, la osservò di rimando. «Che c'è?» disse con le guance piene.
Rachel scosse le spalle. «Niente, è che sei bellissimo persino mentre mangi.»
Harry ingoiò e prese un sorso dalla Coca, «Madre Natura è stata fin troppo generosa con me.» Poi si alzò in piedi spazzolandosi i jeans e si andò a sedere alle spalle di Rachel, afferrando le sue spalle e spingendole verso il suo petto ampio. A sua volta, Harry si appoggiò alla corteccia dell'albero e la abbracciò da dietro, avvolgendo le braccia intorno al busto di Rachel.
«Hai detto qualcosa ai tuoi?» le chiese a quel punto, il suo mento appoggiato sulla testa della ragazza. Rachel gli accarezzò il braccio con la mano.
«Ho detto che uscivo con te.»
«E basta?»
«Sono persone di poche parole» ammise lei, lo sguardo che si spostava dal ruscello rapido alle fronde ondose degli alberi. Harry si morse l'interno della guancia.
«Ma io dico» fece una pausa, «i miei mi fanno il terzo grado, e sono un ragazzo, e a te non danno alcuna raccomandazione?» disse lui sorridendo.
Rachel scoppiò a ridere e intrecciò la sua mano con quella di Harry. «Non hanno nulla di cui preoccuparsi, si fidano di me.» Poi sollevò la testa per incontrare gli occhi verdi del ragazzo alle sue spalle. «Ma non conoscono te, per cui mi hanno detto di stare attenta, questa volta. Contento?»
«Mmh» mugugnò Harry, stringendola a sè. Chi l'avrebbe mai detto che dopo tre settimane e mezzo si sarebbe trovato con una ragazza tra le braccia, appoggiato su un albero in un boschetto lontano da Londra? Se gliel'avessero predetto, non ci avrebbe mai creduto.
«Rachel, devo chiederti una cosa.»
«Dimmi» rispose lei serena. Harry sollevò gli occhi su un pezzo di cielo scoperto sopra le loro teste.
«Ti stai sentendo con Jason?» sputò d'un fiato, perché gli pesava parecchio ammetterlo ad alta voce, temendo persino la risposta.
Rachel si liberò dalla sua stretta e si girò verso di lui, spostandosi una ciocca di capelli da sopra gli occhi. «Credi davvero che, impegnata con te, io possa sentirmi con altri ragazzi? Mi ha solo scritto in chat e non gli ho nemmeno risposto.»
«Davvero?» chiese lui allibito. Allora Jason l'aveva preso per il culo e ci era cascato. Ma quanto era debole e stupido?
«Ovviamente. Sono con te, e penso a chattare con altri ragazzi che - tra l'altro - non mi interessano?»
«Ma-» Però Harry si bloccò, e si mise meglio seduto contro la corteccia dura dell'albero. «Senti, io non sono nessuno per dirti con chi stare, per cui potresti anche sentirti con altri ragazzi...ma non con Jason, per favore. Tutti ma non lui.» Poi si rese conto di quanto appena detto e si scompigliò i capelli. «Facciamo una cosa, ritiro tutto. Sono Harry Styles e non devi sentirti con altri ragazzi, in particolar modo con lui» puntualizzò, e Rachel scoppiò a ridere.
«Solo tre settimane e sei già geloso» disse scompigliandogli il ciuffo ribelle, «Comunque non mi interessa che sei Harry Styles, io parlo con chi voglio, ma ció non significa che io abbia il diritto di sentirmi con gli altri quando ho te, è chiaro?»
Harry sorrise soddisfatto. «Però ti prego» disse divenendo serio tutto in una volta, «Jason Mars lascialo perdere, perché ti userebbe soltanto contro di me, e sai che un'azione tanto meschina deve essere evitata come la peste.» Le diede un bacio sulle labbra. «Odio i tradimenti» terminò lasciandole un altro bacio rapido.
Rachel abbassò gli occhi stringendosi nelle spalle e mordendosi l'interno della guancia. «Sei mai stato tradito?»
Harry fece un rapido calcolo mentale. «Nah, che io sappia no. Chiunque mi tradisca deve starmi alla larga, perché altrimenti non risponderei delle mie azio- ehi!» urlò decretando la fine della conversazione, spostandosi dalla sua posizione e gettandosi sul cestino di picnic dove un piccola anatra aveva infilato il becco. «Brutta oca di merda, sparisci» continuò Harry prendendo un bastoncino da terra e punzecchiandola. Ma l'anatra gli rispose con un craaaa prima di correre verso Harry cercando di pizzicarlo. Rachel scoppiò a ridere e si fiondò sul cestino che era stato liberato perché Harry si era allontanato con l'animale al seguito, così spezzò un pezzo di mollica di pane. Fischiò stringendo le labbra e sia Harry sia l'anatra si girarono verso di lei. Rachel smosse la mollica tra il pollice e l'indice e la lanciò nel ruscello, facendo sì che l'anatra si gettasse in acqua per prenderla e si lasciasse trasportare dalla corrente. Harry aveva il bastoncino in mano, con il busto piegato e la mano sul fianco.
«Mpf, anche io avrei fatto così. Sono un esperto in materia.»
«Sì, certo» fece Rachel e fu felice che la conversazione fosse caduta, mentre Harry si avvicinava a lei e iniziava a punzecchiarla con il bastoncino, giocando come due bambini.



 

Al centro di tiro si sentivano detonazioni da ogni dove, pareti di vetro che vibravano ed erano sporche di polvere, bersagli che venivano colpiti e cadevano di lato pieni di buchi all'altezza del petto. Certo, non era un ottimo posto per un appuntamento con una ragazza, ma si trattava di Louis ed Ivy, di certo nessuno si sarebbe mai aspettato qualcosa di normale da parte loro. L'istruttore era un uomo sulla trentina, le braccia muscolose che aiutavano Ivy a mettersi in posizione, un accenno di barba a decorargli il mento e gli occhi scuri leggermenti infossati. Era molto più alto di Louis, e il ragazzo non potè che provare fastidio, perché comunque Ivy non faceva altro che pendere dalla sue labbra assecondando i movimenti che lui spingeva a farle fare.
«Pedofilo» sussurrò, eppure l'istruttore, una mano sotto il braccio di Ivy, l'altro sul suo addome, sollevò lo sguardo.
«Come dici, scusa? Con tutti questi spari non ti ho prestato attenzione» ammise quello sorridendogli, poi Ivy lanciò un'occhiataccia a Louis.
«Ma tu quando spari?» gli chiese e a quel punto, con due paia di occhi addosso, Louis scoppiò a ridere a disagio. 
Si mise al centro del piccolo cerchio bianco tracciato per terra e mise la gamba sinistra più avanti di quella destra, le braccia spiegate in avanti e le mani chiuse intorno all'impugnatura dell'arma. Chiuse l'occhio sinistro e aspettò qualche secondo prima di dar fuoco. Sentiva i muscoli delle braccia tirare per lo sforzo e il petto schiacciato per i rapidi respiri che stava facendo, così prese la mira e sparò. La detonazione lo spinse addirittura all'indietro e perse presa sulla pistola che gli cadde a terra, fumante. Ovviamente non aveva centrato il bersaglio. 
Ivy lo guardò sollevando un sopracciglio. «Bene.» Si girò verso l'istruttore e gli mostrò un adorabile sorriso, scostandosi il ciuffo azzurro dagli occhi. «Vorrei provarci da sola, ora» ammise con tono suadente, poi una volta puntato lo sguardo davanti indurì la mascella come se fosse una vera poliziotta pronta a sparare a qualcuno. Louis si appoggiò al muro alle sue spalle, sfidandola con il mento sollevato.
«Vediamo se sei in grado di centrarlo»
gridò per farsi sentire dalla ragazza che mollò la presa sulla pistola con la mano destra per mostrargli il medio, dopodichè impugnò la cannula e aspettò. L'ispettore aveva le braccia conserte e i bicipiti gonfi che sembravano due palloni di backet, così Louis incrociò le braccia a sua volta e mise in mostra i suoi muscoli che purtroppo, nonostante si allenasse da anni, affianco al trentenne sembravano due palline da tennis. Allargò le narici e spostò tutta la sua attenzione su Ivy che premette il grilletto. Inutile dire che per la potenza venne scaraventata all'indietro e cadde di culo a terra sul tappetino di gomma del pavimento. Louis scoppiò a ridere e iniziò a battere le mani ritmicamente, poi quando si accorse che l'istruttore le si era avvicinato e la stava aiutando a mettersi in piedi, divenne serio tutto in una volta e si avvicinò ad Ivy, afferrandole l'altro braccio. L'istruttore si rese conto dello sguardo omicida di Louis e si scostò sollevando le mani, mentre Ivy, con la pistola ancora in mano, si girò verso di Louis.
«Ti sembra il caso di ridere per un mio sbaglio?» urlò muovendo la pistola freneticamente. Louis sollevò le mani in aria e si allontanò. 
«Sì, okay, magari sarebbe meglio se lasciassi quella pistola, che dici?»
Sembrò che la ragazza si fosse accorta solo in quel momento di tenerla in mano, così sorrise sadica e la impugnò verso Louis, chiudendo un occhio. «Dici questa?»
Louis, vedendosi l'arma puntata contro, si allontanò ulteriormente. «Woah, stiami calmi qui, eh?» disse con un fil di voce mentre dalle altre stanze si sentivano le detonazioni continuare. 
L'istruttore represse un sorriso e appoggiò le mani sulla canna della pistola, puntandola verso il pavimento rivestito di gomma. «Sarebbe davvero il caso che non ne puntassi una contro qualcuno che non sia un bersaglio.»
E nonostante Ivy gliela stesse cedendo, si avvicinò a Louis e gli cinse il collo con le braccia, un sorriso sadico sul suo volto paffuto. «E chi le dice che lui non sia un bersaglio?»
Lo disse con una tale naturalezza che Louis le puntò il suo sguardo spaventato addosso spalancando leggermente la bocca. «Oh cielo.» Poi si abbassò e le diede un rapido bacio, mentre l'istruttore lucidava la pistola con un lembo della maglietta.
«Già, dovresti avere paura di me» disse Ivy dandogli un altro bacio per poi staccarsi, con gli angoli delle labbra leggermente rivolti verso il basso. Si girò verso l'istruttore e sorrise nuovamente, appoggiandogli una mano sul bicipite scolpito. «Grazie per la lezione, comunque, signor...»
«Chiamami Tobias» le sfoggiò un sorriso.
Louis prese Ivy sottobraccio. «Sì, okay, alla prossima» tagliò corto e spinse la ragazza affinchè abbandonassero il centro di tiro. Quando furono fuori l'edificio, Ivy si liberò dalla presa di Louis e lo guardò con le sopracciglia disegnate e sollevate verso l'alto.
«Devi smetterla con queste sceneggiate» si bloccò, gesticolando con le mani. «Già tutto questo è abbastanza strano, non ti ci mettere anche con i tuoi teatri di gelosia, Louis.»
Il ragazzo si appoggiò alla macchina parcheggiata sulla via, incrociando le braccia e sorridendole sornione. «Ma io non sono geloso.»
Ivy scoppiò a ridere e scese dal marciapiede, andando verso il posto del passeggero e aprendo la portiera. «Certo, e io il mio nome non è Ivy.»
Louis era entrato in macchina e a quell'espressione sbattè le mani sul volante, facendo partire il clacson. «Ecco, l'ho sempre saputo. Magari ti chiami Ursula» ammise lui mettendo in moto.
Ivy appoggiò la testa al braccio, scuotendola. «E perché mai dovrei chiamarmi così?» chiese celando un sorriso.
«Beh, perchè come un piovra, mi hai afferrato con i tuoi tentacoli.» Ivy scoppiò a ridere e gli diede un colpo sul braccio. «Attenzione in caso ti fai male, sono duri» esordì Louis sollevando le sopracciglia in contemporanea.
Ivy si massaggiò fintamente le nocche, «Mi dispiace, ma non sono come quelli di Tobias
E Louis inchiodò sulla strada, provocando lo scoppio dei clacson dei veicoli che procedevano dopo di lui. Si girò verso di lei con i denti digrignati. «Cosa?»
Ivy scoppiò a ridere e con la mano libera ingranò la marcia, stampandogli un bacio sulla guancia. «Muoviti, Tommo, portami a casa.»
Louis strinse le labbra tra loro e la accompagnò fino alla sua imponente abitazione. Una macchina aveva appena parcheggiato e Ivy sbuffò. «I miei sono tornati prima oggi» disse, mentre una chioma bionda ossigenata lasciava la vettura di fronte il cancello e usciva sul marcipiede. Aveva un tailler a fasciarle il corpo magro, gli occhiali da sole appoggiati sulla fronte e una ventriquattrore stretta nella mano dalle unghie curate. Louis poi guardò il padre, vestito anch'egli elegante e con il telefono all'orecchio, un bracciale d'argento che faceva capolino dai gioielli della camicia. 
«Non ti va a genio, questa cosa?»
«Per niente» disse lei e aprì la portiera, ma Louis la trattenne con un braccio.
«E comunque, proprio perché mi hai chiamato Tommo come fa solo Harry-»
«Ma voi due siete solo amici? Perché potres-»
«Dicevo» riprese lui sorridendole. «Proprio perché hai osato chiamarmi in quel modo, ti salverò Azzurrina in rubrica.»
Ivy alzò gli occhi al cielo. «E' l'atto più trasgressivo che tu possa mai fare» disse sorridendo, poi fece per abbandonare la macchina proprio mentre i genitori si fermavano di fronte al portone, girando dubbiosi lo sguardo sulla loro figlia.
Louis le strinse il polso e la fece girare verso di sè, sorridendo beffardo. «No, è questo» disse prima di baciarla mentre i genitori di Ivy li guardavano con la bocca aperta. Il signor Johonson aveva persino staccato il telefono dall'orecchio, impalato com'era sotto il portone in attesa di entrare in casa.
Ivy si staccò da Louis e gli lanciò un'occhiata di puro astio mista a rabbia e, ovviamente, un briciolo di ribellione e divertimento. «Ti odio.» E finalmente scese dalla macchina, raggiungendo i suoi. Louis aspettò che fosse loro accanto prima di ripartire, gli occhi che notavano quanto sembrasse strano il fatto che provenissero dalla stessa famiglia seppur totalmente diversi: i suoi genitori un insieme di eleganza e ordine, la figlia il caos più totale, la tipica ribelle della famiglia che è disposta a cambiare fisicamente pur di dar fastidio ai genitori.
Louis l'adorava per quello. 
E mentre la signora Johonson squadrava Ivy, Louis si allontanò lungo la strada, sapendo che quella sera le avrebbe parlato per sapere come sarebbe finita.





 

  
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