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Autore: Felix_Felicis00    30/12/2015    7 recensioni
INTERATTIVA - ISCRIZIONI CHIUSE!
La storia può essere seguita anche se non si hanno tributi.
***
Dalla storia:
Tutto era pronto ormai.
Le telecamere erano state inviate ai distretti, con gli accompagnatori e la troupe televisiva.
I nomi, scritti su foglietti di carta, erano nelle bocce.
Le piazze erano state abbellite da stendardi colorati.
I ragazzi dai dodici ai diciotto anni erano stati radunati all’interno di zone delimitate da funi e contrassegnate a seconda dell’età, i più grandi davanti e i più piccoli dietro.
Ogni cosa era preparata, i trentesimi Hunger Games stavano, finalmente, per iniziare.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Strateghi, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’arena

Kaya Patel (6), Reylen Sheed (8), Vegas Ghellow (8)
Reylen e i suoi alleati, Kaya e Vegas, erano riusciti a sfuggire illesi dalla Cornucopia e si erano addentrati in fretta nel bosco. Gli alberi erano molto fitti e impedivano di vedere oltre, quasi come se gli strateghi avessero voluto nascondere qualcosa. Percorsi un centinaio di metri, si accorsero che le piante davanti a loro non erano più verdi e fitte e che al posto delle foglie, sui rami, c’era uno spesso strato di neve, anche la terra era coperta da un manto bianco. I tre si fermarono immediatamente e, all’unisono si voltarono: il paesaggio dietro di loro non era cambiato.
- Cosa significa? Non riesco a capire – chiese Vegas confuso.
- È come se fossimo in inverno, forse gli strateghi vogliono dividere l’arena per stagioni? – disse Kaya.
- Possibile. Fatto sta che siamo capitati nella stagione peggiore. A parte il freddo, dobbiamo occuparci delle impronte: se camminiamo rimarranno delle tracce! – osservò Reylen, guardandosi in giro con occhio critico.
- Che cosa facciamo, allora? Non possiamo arrampicarci sugli alberi, ci potrebbero comunque vedere! L’unica soluzione è cancellare le impronte dietro di noi – suggerì Vegas.
- Forse potremmo tornare indietro e accamparci – propose Kaya. – Non possiamo stare qui: rischieremmo troppo! –
- Hai ragione, torniamo indietro – disse l’altra ragazza.
I tre si voltarono, ma non appena fecero un passo avanti una barriera di fuoco si elevò dal terreno, i ragazzi fecero un balzo indietro, spaventati.
- Correte! – urlò Vegas
Le ragazze non se lo fecero ripetere due volte e iniziarono a correre più veloci possibili.
Qualche metro più in là, Reylen si accorse però che il fuoco non si era diradato, ma nemmeno spento: era solo una barriera creata per non farli tornare indietro.
- Fermatevi: non c’è nessun incendio! – gridò ai suoi alleati, i quali la ascoltarono subito. – Evidentemente agli strateghi non andava a genio la nostra idea di tornare indietro, ma non vogliono ucciderci, non ancora almeno. –
- Quindi, che si fa? – chiese Kaya con il respiro affannato per la corsa.
- Beh, a questo punto direi di inoltrarci ancora un po’ e poi fermarci per controllare quello che abbiamo negli zaini. –
- Mi sembra una buona idea, Vegas. Andiamo e cerchiamo di cancellare le nostre impronte con dei rametti – disse Reylen.
Vegas e Kaya annuirono e i tre cercarono subito un ramo, per poi iniziare a camminare.
    
Kathleen Vince (3), Riven Cole (3), Jake Sander (9)
- Non so il perché, ma non mi piace questo posto – sussurrò Jake guardandosi intorno; si trovavano in un bosco, ma era diverso rispetto a quello in cui camminavano fino a pochi minuti prima: sugli alberi crescevano fiori colorati e frutti dall’aria gustosa, l’aria profumava e riuscivano a sentire degli uccellini cinguettare.  - È tutto così bello che non può essere vero. Ho come la sensazione che questo posto sia più pericoloso di quanto sembra. –
- Penso che tu abbia ragione. Sarebbe troppo facile se quei frutti fossero commestibili e se non ci fosse niente di pericoloso – lo appoggiò Riven.
- Beh, sono d’accordo con voi, ma non possiamo certo tornare indietro: staranno ancora combattendo – osservò Kathleen. – È pericoloso. –
I due ragazzi annuirono, anche se non troppo convinti. Jake sembrava terrorizzato da quel posto, mentre Riven era ancora scosso a causa del rumore dei numerosi colpi di cannone. Alla Cornucopia, appena scoppiato il gong si era spaventato, perciò si era tappato le orecchie  e seduto sulla sua postazione cercando di calmarsi, incurante del pericolo che lo circondava. Fortunatamente Jake era abbastanza vicino a lui e lo aveva afferrato per un braccio e trascinato via. Gli aveva sicuramente salvato la vita.
- Forse uno di noi dovrebbe arrampicarsi su un albero per cercare di vedere come è fatta l’arena e per scorgere un laghetto o un fiume, insomma un posto dove trovare l’acqua – suggerì Jake.
- Mi sembra un’ottima idea, chi si arrampica? – chiese la ragazza con un tono che lasciava sottintendere che lei non sarebbe stata in grado di farlo.
– Lo faccio io, d’accordo? – disse Jake, dopo aver lanciato un’occhiata a Riven, che ora se ne stava per terra ad osservare un vecchio orologio ed era completamente assorto da questo che probabilmente non sapeva nemmeno di cosa stessero parlando.
Il ragazzo si arrampicò dunque sull’albero più alto di quella zona, con fatica riuscì ad arrivare in cima e cominciò a guardarsi intorno.
- Non si vede molto lontano, ma riesco a vedere qualcosa. Che strano. . . –
- Cosa, Jake? Che c’è di strano? – gli domandò Kathleen con voce preoccupata mentre si metteva sulle punte come a cercare di vedere, anche se da lì era impossibile.
- Sembra che da quella parte ci sia la neve. –
- Neve? –
- Giuro. È tutto bianco e non ci sono foglie sugli alberi! – spiegò il ragazzo. – È tutto così inquietante. –
- Riesci a vedere dell’acqua? – chiese la ragazza cambiando discorso.
- Sì, c’è un laghetto. È un po’ distante da dove siamo noi, però. –
- È nella zona della neve? –
- No, fortunatamente è qui. Ora scendo, vedi di riuscire a far alzare Riven da terra. -
Una decina di minuti dopo i tre ragazzi si misero in cammino, ogni tanto Jake doveva arrampicarsi su un albero per controllare che la direzione fosse quella giusta e a volte Kathleen doveva esortare Riven a camminare perché si fermava a fissare il suo orologio, ma tutto sommato andava tutto bene. Erano ancora vivi.

Allison Thomas (7), Jack (10)
Allison scese dall’albero su cui si era arrampicata con facilità: era abituata a scendere e salire dai rami, dopotutto proveniva dal distretto del legname.
- Non capisco lo scopo di dividere l’arena in due parti diverse! – borbottò Jack, scalciando distrattamente un mucchietto di foglie per terra.
- Credo che siano più di due zone, mi è sembrato di intravedere delle piante verdi da quella parte – rispose Allison indicando con il dito verso destra. – Erano piuttosto lontane. Forse è un’idea stupida, ma credo che abbiano voluto ricreare le stagioni. -
Nel bosco dove si trovavano gli alberi erano spogli e il terreno era ricoperto di foglie colorate che scricchiolavano ad ogni loro passo. C’era una leggera nebbia, ma si riusciva a vedere bene, il vento però soffiava piuttosto forte facendo ondeggiare i rami.
- E quindi noi siamo in autunno? –
La ragazza annuì e Jack sbuffò.
- Sempre meglio che l’inverno, no? – chiese Allison.
- Sì, certo. È solo che trovo tutto così frustrante! – esclamò prima di sedersi a terra, appoggiando la schiena contro il tronco di un albero e passandosi una mano tra i capelli. – Insomma, ti rendi conto? Loro si divertono! Si divertono ad inventare un’arena nuova ogni anno, a pensare a pericoli mortali, agli ibridi e a tutto il resto. Si divertono a vedere ventitré persone all’anno morire. Si divertono, Allie. Come possono farlo? Non hanno ancora capito che siamo persone, persone come loro? –
Jack stava urlando, ma la ragazza non provò nemmeno a zittirlo: aveva ragione e aveva il diritto di sfogarsi.
- Me li immagino, sai? Vestiti eleganti, seduti tutti attorno ad un tavolo su delle comodissime sedie di velluto mentre si grattano la barba e pensano al posto dove far morire altri ventitré ragazzi. Poi ad un certo punto uno di loro si alza ed esclama. “Perché non facciamo le stagioni?”. Tutti applaudono e festeggiano bevendo vino e mangiando aragoste. Nel frattempo le persone nei vari distretti muoiono di fame e lavorano per ore per dare a loro quelle fottute sedie di velluto, i loro pregiati tavoli di legno, il vino e le aragoste! E sai qual è la cosa che mi fa innervosire di più? Che alcuni di noi partecipano a questi giochi con piacere, non vedono l’ora di farlo! Pensano di mettersi in mostra, di ottenere la gloria, la fama, ma in realtà siamo tutti nelle loro mani. Anche se non lo vogliamo, anche chi si ribella, tutti siamo delle pedine dei loro giochi. Possono fare di noi quello che vogliono e noi non ce ne rendiamo nemmeno conto! Ci mettono l’uno contro l’altro, ci richiudono qui dentro e ci fanno uccidere nostri coetanei. I distretti finiscono per odiarsi tra di loro e per dimenticare che il vero nemico è solo Capitol City! Ed è tutto così frustrante perché non possiamo fare niente per cambiarlo. Le mie parole saranno state sicuramente tagliate e probabilmente per quello che ho detto non uscirò mai vivo da qui, ma non m’importa. Forse è meglio morire che tornare in quello schifo di mondo! -
- Jack, hai ragione, hai pienamente ragione, ma ora ti devi calmare: qualcuno potrebbe sentirti. Inoltre si sta facendo tardi e dobbiamo ancora decidere cosa fare questa notte. –
- Scusami, Allie. Mi sono lasciato prendere. Cerchiamo di avvicinarci al laghetto che hai visto, poi decideremo cosa fare – disse prima di sollevarsi da terra e infilarsi lo zaino sulle spalle.
I due ragazzi ripresero il cammino in silenzio. La ragazza ripensava alle parole di Jack e di quanto fossero vere, ma lei non era come lui: Allison doveva tornare a casa, non le importava quanto fosse brutto il mondo, lei aveva la sua famiglia, i suoi amici e il suo ragazzo. Non poteva non tornare.

Alexia Black (5), Nigel Collins, Matthew White (11)
Erano ore che camminavano e faceva caldo, molto caldo. Il sudore grondava dalle loro fronti e bagnava le loro magliette, erano stanchi e assetati. Erano riusciti a recuperare uno zaino dalla Cornucopia, ma conteneva solo una borraccia d’acqua, che non bastava per soddisfare la sete di tre persone, quindi avevano deciso di non berla, almeno per il primo giorno.
- Guardate, ragazzi! Un laghetto! – esclamò Nigel, indicando una distesa d’acqua poco distante da loro. Ai loro occhi sembrava quasi un miraggio!
I tre si misero a correre, Matthew fu il primo a raggiungere il laghetto, si inginocchiò e mise le mani a goccia per prendere un po’ d’acqua. Ne bevette un sorso e poi:
- Fermi, non bevete! – urlò ai suoi compagni, che si erano in procinto di bere. – È salata! –
Alexia guardò prima Matthew e poi il laghetto, non poteva crederci, non voleva crederci.
- Cosa diavolo stai dicendo? – esclamò.
- Esattamente quello che ho detto: quest’acqua è salata. È acqua di mare – ripeté ancora una volta.
La ragazza emesse un gemito frustrato alzandosi in piedi, per poi iniziare a prendere a calci un sassolino.
- Non è possibile! Che senso ha mettere dell’acqua, se poi è salata? – si lamentò, camminando avanti e indietro.
Matthew, ancora seduto la osservava camminare, quasi spaventato dall’idea che potesse prendersela con uno di loro. Nigel, invece, era ancora inginocchiato e osservava il laghetto con aria critica. Poi, incurante dell’avviso del compagno allungò le braccia e fece per prendere un po’ d’acqua. Qualcosa proveniente dal lago, però, lo afferrò per il polso. Era qualcosa di viscido che lo stringeva e lo strattonava forte. Nigel si guardò il polso, strette attorno ad esso c’erano delle dita. Il ragazzo urlò, ma dalla sua gola uscì solamente un verso strozzato. Uno strattone ancora più forte lo fece sollevare da terra e finire in acqua. La creatura lo tirava giù, sempre più giù. Non poteva respirare, ma aveva bisogno di aria. Aprì la bocca, forse per urlare, forse per respirare. L’acqua gli entrò nei polmoni. La testa gli doleva forte. Doveva fare qualcosa, non poteva morire, non adesso. Ripensò ad Ashley, la sua ragazza, e a Peter, il suo migliore amico, entrambi morti per colpa dei giochi. Li avrebbe potuti raggiungere, sarebbe potuto essere felice con loro.
Un colpo di cannone.



SPAZIO AUTRICE
Lo so, lo so, sono pessima. Un mese e mezzo per questo. Un capitolo corto e privo di colpi di scena (escludendo il finale). Dovete perdonarmi, ma la scuola mi stava uccidendo. Non avevo più un attimo libero. Prometto di farmi perdonare pubblicando entro il 10 gennaio altri due capitoli.

Comunque finite le scuse, ora posso iniziare a parlare del capitolo.
Ecco qua l’arena. Come avrete capito è divisa nelle stagioni.
[L’ultimo pov erano nella parte dell’estate, non so se si è capito anche perché ho solamente detto che faceva caldo e che l’acqua era salata (acqua salata? e cosa c’entra con l’estate? Beh, io collego l’estate al mare e quindi… Perdonatemi XD)]
Spero che l’idea vi piaccia :)
Comunque le sorprese non sono finite! Vedrete nei prossimi capitoli.

Cosa ha ucciso Nigel? Eheheheh! Non ve lo dirò certo adesso *risata malvagia*
In realtà non avevo in programma che morisse, ma poi nello scrivere mi è venuta l’ispirazione e... poveretto!

Siamo rimasti quindi a sedici tributi ancora in gioco! Ve l’ho detto che ho già selezionato quattro possibili vincitori? Ovviamente non vi dirò i loro nomi, anche perché con il corso della storia potrei cambiare totalmente idea!

Colgo l’occasione per farvi gli auguri di Natale (anche se è già passato, ops) e quelli del nuovo anno, perché sicuramente non aggiornerò fino all’anno prossimo (che battutaccia, lo so  -.-).

A presto,
Felix    
p.s. Questo spazio autrice fa davvero pena :( 
  
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