5 – Coscienza
Erano passate solo tre
settimane dalla sua partenza da
Alagaesia e quasi quattro dall'ultima volta che aveva visto Aiden. Non
avere
più il bambino tra i piedi lo metteva di cattivo umore; non
poter sentire i
suoi gridolini, i suoi pianti e i suoi
‘perché?’ era fin troppo straziante.
Alla fine non incolpava
Murtagh – o forse sì – perché
capiva che quello che l’altro desiderava non era lui e non
voleva certo
imporgli la sua volontà. Però trovava difficile
perdonarlo per avergli portato
via quello che per lui era come un figlio; anzi, quello che per lui era
la
possibilità di guarire le cicatrici di una guerra durata
troppo a lungo e che
si era instaurata così a fondo nel suo cure da impedirgli di
vedere altro.
Senza Aiden e Murtagh
tutto ciò che era diventata la sua
rutine si lasciava dietro una pozza di amarezza, che faceva ritornare a
galla
rimpianti che pensava di aver dimenticato. Di notte aveva ricominciato
a
sognare i volti dei morti.
Pensava di aver
dimenticato tutto quel dolore, ma
evidentemente non era così. E da un lato si trovava felice
del fatto che non
aveva dimenticato ciò che la guerra porta, un promemoria
costante di quel che
gli uomini e le altre creature senzienti potevano portare. Ma
dall’altro lato
capiva che quei ricordi non erano solamente tali, ma portavano con se
insicurezze e paure che l’animo umano fatica a sopportare;
portavano con se
un’instabilità di quelle tra le più
pericolose.
Aveva sempre pensato
che la solitudine fosse stare
lontani da tutto e tutti, ma non era del tutto vero. Ora comprendeva
che la
solitudine era amare inutilmente; amare inutilmente non significava
solo non
essere ricambiati, ma amare così tanto da annullare quasi se
stessi.
E lui lo aveva fatto.
Aveva riversato tutto quello che
aveva su Murtagh e Aiden, da dimenticarsi che c’era altro
dentro di lui; aveva
vissuto così a lungo in funzione della sua
‘famiglia’ da scordare come era il
suo animo. Ora che la sua famiglia non esisteva più la sua
vera essenza aveva
deciso di ricordargli chi era e lo faceva nel modo più
doloroso e dirompente
possibile.
Stava distruggendo
tutti i muri che aveva creato e
riempiva la sua mente con le immagini dei morti e di quella pazzia che
aveva
portato Galbatorix al potere. Aveva paura di se stesso,
perché con tutto ciò
che gli stava succedendo non riusciva più a considerare
orribile quello che il
re aveva fatto. Anzi, lo iniziava a capire. Capiva il suo dolore in
modo
profondo e superficiale allo stesso tempo. Era come un fiume
d’inverno, la
superfice ghiacciata nascondeva sotto la corrente impetuosa. E
benché la sua
mente non riuscisse a capire ciò che l’animo
anelava, tutto in lui era un
dolore costante; tanto costante ed immutabile che dopo soli tre giorni
non lo
riconosceva nemmeno più.
Se lo avesse analizzato
più tardi nella sua vita avrebbe
capito quanto fosse pericoloso; il suo cervello processava pensieri
cupi e
violenti senza riconoscerli come tali, o facendoli passare per
necessari. Se
non fosse arrivata quella lettera non avrebbe saputo se avrebbe potuto
uscire
da quell’incubo che stava diventando la sua vita.
La rondine di pergamena
arrivò in un momento imprecisato
tra il tramonto e la notte. Si posò sulla sua spalla,
accucciandosi come se il
lungo l’avesse stancata, lui non si mosse; forse non era
nemmeno conscio che
lei fosse lì ad aspettare di essere letta. Alla fine il
vento della sera lo
riscosse e si decise ad aprire il piccolo messaggio.
Le poche righe che
recava lo scongelarono.
L’acqua
tronò a scorrere in superfice, più limpida e
cristallina di quanto non fosse stata prima. Consapevole di quello che
poteva
celarsi nei suoi abissi. La fitta scrittura di Murtagh recava un invito
ad
unirsi a loro – loro chi? Si chiese amaramente –
nella residenza estiva della
regina. Sul retro del foglio di pergamena c’era un disegno
fanciullesco di
Saphira e Castigo, con a lato tre figure stilizzate che Eragon
intuì essere lui
e Murtagh e tra di loro Aiden. Sotto di esse le firme di Aiden e
Murtagh.
Il cavaliere sorrise
nel constatare che il bambino aveva
una scrittura più elegante di quella del padre, ma sorrise
anche nel constatare
che Nasuada non appariva nel disegno o il suo nome tra le firme.
Come era facile al
cambio di umore. Erano bastate poche
righe e un disegno a farlo tornare consapevole di se. Più
felice, ma meno
ingenuo; promise a se stesso di non scordarsi di se ancora, ma di
convivere con
ciò che aveva fatto, portandone le cicatrici, senza
però lasciarsene
sopraffare.
Partì la
notte stessa, mentre con Saphira riordinava le
sue emozioni, i suoi ricordi e i pensieri; in modo da riconoscere
quelli
pericolosi da quelli innocui e ad accettare il fatto che era stato in
grado di
produrli. Che non era l’eroe senza macchia e senza paura; che
in lui, come in
tutti gli altri, c’era oscurità e luce in egual
misura, ma che aveva un
cervello con cui scegliere quale delle due seguire.
Saphira riconobbe
anch’ella di non essere stata abbastanza
forte da portarlo fuori da quel buco nero in cui era sprofondato, ma
non se ne
fece una colpa. Non poteva fare nulla per lui se lui non le parlava e
l’unica
cosa che sapeva è che lo avrebbe fermato se qualcosa d
peggio si fosse annidato
nel suo animo. Loro condividevano la mente e il cuore, ma entrambi
sapevano
cosa era giusto e cosa sbagliato e si giurarono a vicenda che se uno di
loro
avesse perso la ragione l’altro avrebbe dovuto fermarlo, a
qualunque costo.
NOTE DELL’AITRICE
Salve gente, sono tornata!!! Immagino vi sarete dimenticati
di questa storia dopo tutti i mesi che ci ho messo per aggiornare, ma
meglio
tardi che mai (spero non vogliate uccidermi per tutti questi mesi di
assenza).
Non vi sto a spiegare come mai è passato così
tanto tempo, storia troppo lunga;
piuttosto mi scuso sia per non essermi fatta sentire sia
perché il capitolo è
corto, ma è solo di passaggio e il prossimo sarà
decisamente più lungo (sì, è
già in fase di stesura).
Comunque io continuo a ribadire quanto siate fantastici e vi
adoro per non aver spostato la storia da preferite/seguite/ricordate,
anzi
siete cresciuti Piccoli
Funghetti – ho
sempre sognato di dirlo e ovviamente la maiuscola è
d’obbligo – spero anche che
recensirete questo capitolo, ho bisogno di incoraggiamento e calore
umano!!!
Bye-bye Piccoli Funghetti