Anime & Manga > Saint Seiya
Ricorda la storia  |      
Autore: Kourin    31/12/2015    4 recensioni
Sagittarius aveva vegliato da sola la sua dea per ben tredici anni: era giunto il tempo che qualcuno tornasse a prendersene cura.
Storiella natalizia dedicata, tanto per cambiare, ai miei amati segni di fuoco.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Leo Aiolia, Sagittarius Aiolos
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Stella Cometa




Prima di varcare la soglia della Casa del Centauro, Mū volse lo sguardo al cielo serale, constatando che era ancora coperto da densi nembi: si poteva ormai dare per certo che, quella notte di dicembre, il Santuario non avrebbe visto le stelle.
Le fiaccole del tempio disabitato erano spente, tuttavia, una volta entrati, lui e Kiki vennero immediatamente accolti dai tenui raggi emanati dall'armatura custode.
Sagittarius aveva vegliato da sola la sua dea per ben tredici anni: era giunto il tempo che qualcuno tornasse a prendersene cura. Mū si portò davanti al piedistallo e sfiorò le decorazioni che abbellivano l'arco, seguendone delicatamente i contorni con la punta delle dita. In risposta il centauro vibrò, accennando il suo caratteristico canto. Mū chiese: “Permettimi di restaurarti,” attese che l'arco venisse abbassato e infine lo prese cautamente in custodia. Era ancora privo della freccia, ma quello era un problema su cui non c'era modo di intervenire.
“Possiamo cominciare. Per favore Kiki, aiutami ad accendere le fiaccole.”
Fiamma dopo fiamma, gli spazi racchiusi dalle colonne tornarono ad illuminarsi di una tonalità calda. Anche se privo di tappezzeria e di mobilio, il tempio non trasmetteva affatto un senso di desolazione. Nonostante la temperatura esterna fosse prossima allo zero, il pavimento risultava addirittura tiepido al tatto. Merito dello spirito del custode che era tornato recentemente a scorrere attraverso le venature nel marmo e, forse, nelle stesse molecole che componevano l'aria che vi si respirava: profumava lievemente d'incenso, di una varietà a Mū sconosciuta.
Iniziò a lavorare controllando le ali. Staccava le penne dorate una ad una, le osservava scrupolosamente e infine le passava al suo apprendista, che le allineava su un ampio telo rosso.
“Kiki, sei proprio sicuro di non voler scendere a Rodrio? È la notte di Natale, assistere ai riti potrebbe essere più interessante che stare con me. Sagittarius è complicata e ho intenzione di controllarla con cura, potrei impiegarci più del solito.”
Kiki scosse energicamente la testolina fulva. “Preferisco restare con voi, posso?”
“Certo che puoi,” rispose Mū, non del tutto sorpreso del rifiuto. Dopo l'iniziale euforia per essersi trasferiti in Grecia, Kiki era diventato improvvisamente timido. Tendeva a non staccarsi dal suo maestro se non aveva valide ragioni ed, evidentemente, quell'usanza straniera non rientrava nella categoria. Non poteva biasimare il piccolo apprendista: del Natale greco, Mū stesso non possedeva che un ricordo sfumato dal tempo.


Nonostante sia sepolto da un pesante strato di coperte, Mū trema per il freddo. Vorrebbe annusarle, per sentire vicino almeno l'odore di Shion, ma il raffreddore gli ha portato via il senso dell'olfatto.
La stanza da letto del Grande Sacerdote appare immensa. È stata lasciata in penombra, illuminata dalla fiammella tremante di un'unica candela. La cameriera che l'ha accesa ha spiegato che è la luce della Stella Cometa e che va lasciata ardere fino al Natale.
Ormai è tardi. Nel corridoio non si sente il rumore di un solo passo. Fuori la neve fiocca, ammantando i templi con una pesante coltre di silenzio.
Mū prova ad uscire dalle coperte. Subito starnutisce così violentemente che gli sembra di aver fatto tremare la Tredicesima Casa. Si irrigidisce, spaventato al pensiero di aver causato dei danni, ma ben presto si rende conto che, in quel luogo sacro, lui è insignificante quanto i passerotti che stazionano sui fregi per ripararsi dal gelo.
Quanto tempo sarà trascorso? Che cosa avrà intenzione di fare di lui il maestro?
Mū non ce la fa più ad aspettare. Con attenzione scivola giù dal letto e, barcollante per la febbre, percorre a piedi nudi i corridoi che conducono allo studio.
La porta è aperta: sta per entrare, quando si accorge che, oltre al sacerdote, c'è un'altra persona. Si appiattisce al muro, trattenendo una serie di brividi e qualche colpo di tosse. Origliare è proibito, ma ormai le parole hanno già iniziato a rimbombare nella sua testa.
Vi ringrazio ... restaurare Sagittarius, so che ... particolarmente impegnato...”
Gli impegni non ... quest'armatura...”
Mū guarda il corridoio semibuio. Non può tornare indietro, non proprio ora che è così vicino alla voce del suo maestro!
Impiega un po' per trovare il coraggio di fare ciò che gli è stato vietato. Appoggia le mani sullo stipite della porta e sbircia all'interno. Gli occhi abituati al buio fanno un po' di fatica, così deve sbattere le palpebre più volte mentre cerca la figura di Shion. Quando riesce a mettere a fuoco la stanza, si rende conto che un paio di occhi celesti si è accorto di lui.
Ciao, Mū,” sussurra Aiolos.
Colto in flagrante, Mū torna a nascondersi e smette di respirare. Si sforza però di mantenere le mani saldamente ancorate allo stipite, pronte a catapultarlo nella stanza non appena ne capiti l'occasione.
Entra, Mū. E soprattutto saluta,” lo esorta finalmente la voce di Shion.
Buonasera Maestro, buonasera nobile Aiolos,” annaspa con voce roca, mentre si avvicina alla scrivania del suo maestro che gli chiede: “A cosa dobbiamo la tua presenza? Sai che dovresti essere a letto.”
Mū si aggrappa al bordo del tavolo e si solleva sulle punte dei piedi, cercando di farsi almeno un pochino più grande. “Permettetemi di rimanere con voi. Prometto che non darò fastidio!”
Shion gli risponde togliendosi l'elmo e fissandolo con i suoi occhi viola. Gentilmente, intensamente e fermamente, dicono che la richiesta non può essere in alcun modo accontentata.
Mū abbassa lo sguardo e annuisce lentamente. Torna ad appoggiare i talloni a terra, lascia sprofondare il viso tra le pieghe della sciarpa avvolta sopra la camicia da notte. Il maestro si sporge verso di lui e gli sfiora la fronte con le dita. “Hai ancora la febbre alta. Abbi ancora un po' di pazienza, ora devo scendere a Rodrio per assistere alle celebrazioni del Natale, ma tornerò da te appena possibile. Anche saper aspettare fa parte dell'addestramento per diventare santo.”
Rassegnato ad affrontare di nuovo la stanza vuota, Mū si trova già per metà nel buio del corridoio quando la voce di Aiolos lo trattiene.
Un altro bambino che è nelle stesse condizioni mi sta aspettando alla Nona Casa. Sommo Shion, se siete d'accordo Mū potrebbe aiutarmi a tenergli compagnia.”
Mū si volta e vede Shion sorridere, ma quasi si dispiace quando capisce che l'attenzione è tutta rivolta al Santo del Sagittario. Poi finalmente il maestro si rivolge a lui: “Che ne dici? Gli faresti questo favore?”
Mū, ancora sorpreso, annuisce così energicamente che torna a girargli la testa e lascia docilmente che Aiolos, dopo essersi caricato in spalla lo scrigno di Sagittarius, lo prenda braccio e lo porti con sé lungo la discesa innevata.
La Casa del Centauro è immersa nel silenzio come tutto il Santuario. I passi del suo custode riecheggiano tra le colonne quietamente, senza disturbarne la pace che la contraddistingue. Mū da parte sua cerca di starsene tranquillo senza porre domande, tenendosi stretto al ragazzo che lo ha voluto con sé. Risalgono una rampa di scale, raggiungono una stanza dove c'è una persona raggomitolata sotto le coperte. Si tratta di una persona piccola, un bambino. Dal cuscino spuntano solo i suoi riccioli biondi. Se ne sta così immobile che ci sono due possibilità: o è morto o sta trattenendo il respiro. Non è decisamente bravo a fingere di dormire. Forse anche Aiolos sta pensando la stessa cosa, perché ridacchia in silenzio e, dopo avergli fatto cenno di tacere, lascia scivolare Mū sul pavimento. Dapprima reclutante, Mū si accorge che la stanza è calda come l'abbraccio che lo aveva avvolto fino a pochi attimi prima. Ricambia il sorriso di Aiolos che torna a vegliare il tempio, poi mette le mani sui fianchi e si concentra sul compito che gli è stato assegnato.


Dopo aver spiegato a Kiki come deporre la polvere di stelle sulle ali smontate, Mū si occupò delle altre parti. Considerati gli eventi che l'avevano coinvolta, Sagittarius si era mantenuta tutto sommato in buone condizioni: fu sufficiente colare un po' di fibra in alcune incrinature che, peraltro, all'occhio comune risultavano invisibili.
Mū era intento a fissare le riparazioni con piccoli colpi di scalpello, quando sentì chiamare il suo nome. Alzò lo sguardo, meravigliato di non essersi accorto dell'arrivo di un altro santo d'oro. Il suo Cosmo si percepiva appena, come se avesse voluto celare di proposito la sua presenza. Un comportamento del tutto inusuale per lui, che pure avanzava vestito della regale Leo.
“Sei tu, Aiolia...” mormorò Mū, senza nascondere la sorpresa di vederlo venir meno al dovere di presidiare la Quinta Casa.
“Nobile Aiolia!” esclamò Kiki.
“Ciao Kiki,” salutò Aiolia, prima di riportare la sua attenzione su Mū. Mosse le labbra, ma poi parve cambiare idea e chiese, quasi sommessamente: “Non sapevo che stessi restaurando Sagittarius. Posso restare qui mentre lavorate?”
Imbarazzato, Mū abbassò lo sguardo sullo schiniere che aveva davanti. Riprese in mano lo scalpello e rispose: “Non mi sembra che la Casa del Centauro dica il contrario. Come vedi anche io e Kiki ci siamo auto-invitati.”
Dopo aver annuito, Aiolia andò a sistemarsi poco distante. Mū lo seguì con la coda dell'occhio, mentre si lasciava andare appoggiando la schiena su una colonna, proprio di fronte alla parete in cui era rimasta conficcata la freccia d'oro.
Erano trascorsi due mesi, eppure la ferita che rivelava la volontà del custode della Nona Casa era rimasta aperta. Perpetuamente lambiti da un riverbero dorato, quei caratteri greci affermavano, senza possibilità di fraintendimento: “Giovani che siete giunti fin qui, a voi affido Athena”.
Per quanto fosse consapevole che Aiolos aveva agito secondo un disegno divino che a loro non era dato né di comprendere né di giudicare, Mū non poté evitare che l'amarezza gli attraversasse i recessi dell'animo con la rapidità propria del dolore, finché lo scalpello gli scivolò di mano. Aiolia si mosse subito per afferrarlo e, quando glielo restituì, le loro dita si sfiorarono.
Pallide e screpolate quelle di Mū, che disse: “Grazie.”
Scure e ruvide quelle di Aiolia, che rispose: “Grazie a te.”


Con la mano fredda tocca timidamente quei capelli del colore dell'oro, provocando un sussulto nel corpo che si sforza caparbiamente di mantenersi immobile.
Ciao Aiolia.”
Aiolia scatta fuori dalle coperte. “Mū?” esclama sorpreso, ma non riesce ad aggiungere altro perché la tosse inizia a scuotergli il torace. Mū cerca di coprirlo, ma nel farlo inizia a tossire un po' anche lui.
Che cosa ci fai qui?”
Ti devo tenere compagnia.”
E perché 'devi'?”
Ordine del sommo Shion di Aries su richiesta del nobile Aiolos di Sagittarius.”
Il suo amico non sembra per niente impressionato e lo guarda dubbioso. Dopo avere tirato su col naso, spiega: “Dovevo andare a Rodrio, ma mio fratello me l'ha vietato perché ho l'influenza. Così mi tocca rimanere qui, proprio nella notte di Natale. Sei ammalato anche tu, vero?”
Mū si limita a fissare il pavimento. All'inizio anche Aiolia tace, ma poi esclama, trionfante: “Ho un'idea: facciamo che tu sei il mio fratello più piccolo!”
A Mū quell'idea non quadra. “Io non sono più piccolo di te,” afferma.
Ma sì che lo sei. Sei più basso.” Aiolia scende dal letto e gli si mette di fronte, tanto per ribadire il concetto.
Un concetto abbastanza inutile, dato che Mū ha la prova del contrario. “Io sono nato in marzo, tu in agosto, ricordi? Sono io, il più grande.”
Non ti va proprio l'idea, eh?” Aiolia torna a sedersi sul bordo del letto e si mette a dondolare le gambe tra un colpo di tosse e l'altro, impegnato ad inventare un'alternativa.
Mū pensa che così non va bene, che devono subito rimettersi al caldo. Allora si siede anche lui e propone: “Facciamo così: facciamo che, solo fino a mezzanotte, io sono tuo fratello minore.”
Aiolia smette muoversi e torna a sorridere. “Grazie, Mū! Posso abbracciarti?”
Se è per questo, potevi farlo anche prima.”
Ma non era la stessa cosa!”
Mū non è convinto di quell'affermazione, ma ormai le braccia forti di Aiolia l'hanno tratto a sé. Si abbandona per un po', realizzando che l'idea non era in fondo così male, quando un brivido lo fa sussultare. Si sforza di trattenersi, ma poi lo starnuto gli sfugge e innaffia con minuscole goccioline di saliva il volto dell'amico.
Scusa!” esclama, mortificato. “Io... non so come... insomma, non volevo!”
Va bene così, non preoccuparti, era solo uno starnuto,” dice Aiolia mentre si asciuga il viso con la manica della camicia.
Scusa,” mugola ancora Mū, avvolgendosi bene nella sua coperta per poi rannicchiarsi ai piedi del letto.
Ti ho detto che non importa...” insiste Aiolia. Poi, non ottenendo risposta, torna zitto zitto sotto le coperte.
Mū trascorre il tempo osservando i giochi d'ombra della candela. Basta un soffio perché la fiammella si muova e tutto cambi. Chissà se la candela della stanza di Shion è ancora accesa. Chissà se è davvero grave permettere che si spenga. Sono tante, le cose che Mū non sa.
"Fratello maggiore Aiolia," bisbiglia.
"Se lo dici così sembra che mi prendi in giro..."
"Aiolia," si corregge. "Stai dormendo, o vuoi che ti parli?"
Aiolia striscia sotto le coperte e gli si acciambella intorno dicendo: "Parla finché vuoi, sarebbe un peccato dormire."
"Che cos'ha di tanto speciale il Natale? Perché scendono tutti al villaggio?"
"Perché è una festa, si fa sempre così."
"Sei stato alla festa? Che cosa si fa?"
"Ci sono stato gli anni scorsi. Ogni bambino porta la sua candela in chiesa e poi..."
"E poi?"
"Adesso ti dico una cosa: siamo fortunati ad essere rimasti quassù!"
"Fortunati? Come mai?"
"È una sorpresa!"
Mū si china su di Aiolia con occhi sgranati, ma lui invece di spiegarsi meglio alza il braccio e gli appoggia la mano sulla fronte.
Come scotti, fratellino.”
Non come te,” replica Mū toccando a sua volta la fronte dell'amico.
Hai le mani più fredde delle mie!”
Non è vero...”
Sì che è vero!”
Come lui gli afferra la mano, Mū stringe a sua volta la mano di Aiolia. “Mi sa che sono uguali...” conclude in onestà, un po' deluso.


Non appena ebbe terminato il restauro, Mū comandò all'armatura di ricomporsi. Bastò una piccola spinta psicocinetica perché ogni parte tornasse al suo posto. Dopo aver inarcato il dorso, Sagittarius dispiegò le ali scrollandosi via l'eccesso di polvere di stelle, che le correnti d'aria presero con sé creando veri e propri nastri di luce. Kiki aveva decisamente esagerato con le quantità, ma non era proprio il caso di rimproverarlo, così Mū indugiò nell'osservare i suoi occhi viola raggianti di meraviglia prima di raccogliere e tornare riporre il prezioso pulviscolo. Quindi dedicò la sua attenzione all'arco, che aveva tenuto da parte. Chiuse gli occhi, ne fece vibrare la corda e, soddisfatto del suono ottenuto, disse: “Ti rendo la tua arma, Sagittarius. Che tu possa proteggere Athena come hai fatto finora.
L'arco rimase però sospeso a mezz'aria, oscillando come se si trovasse in bilico tra forze contrapposte.
“Che cosa sta succedendo?” chiese Kiki, curioso.
“Non capisco...” mormorò Mū, un attimo prima che l'armatura tornasse a scomposi a partire da copribraccia e bracciali. Il contatto di questi ultimi con sua pelle generò una serie di deboli scintille, che in parte finirono per attraversare i nervi di Mū sotto forma di elettricità, provocandogli una momentanea paralisi: quando l'arco gli finì in mano mosso da attrazione magnetica, non era nemmeno in grado di muovere le dita per stringerlo. Fu solo quando ci riuscì che le altre componenti terminarono, una dopo l'altra, di saldarsi al suo corpo.
Per quanto si fosse sempre occupato di armature, non ne aveva mai indossata alcuna al di fuori di Aries. Era così insolito quel formicolio sulla pelle dovuto al contatto con l'impronta di un Cosmo estraneo, così come la presenza delle ali: sembravano essersi fuse con la spina dorsale ed erano talmente sensibili che poteva sentire il solletico provocato dai suoi stessi capelli.
La cosa più difficile da gestire in quel momento, tuttavia, era lo sguardo con cui lo stava fissando il Santo di Leo. Nell'azzurro degli occhi striati dal riflesso delle fiamme sembravano alternarsi incredulità, dolcezza e rabbia, cosicché Mū non riusciva a capire con quale degli Aiolia che conosceva avesse a che fare, né soprattutto se quello sguardo cangiante fosse realmente rivolto a lui.
“Mi spieghi che cosa sta succedendo? Perché ora tu indossi Sagittarius?” chiese incrociando le braccia sul petto.
Prima che Mū riuscisse a recuperare la capacità di parola dal sistema nervoso intorpidito, tutti i presenti vennero distratti dal ticchettio di sassolini che rimbalzavano sul pavimento. Il tempio stesso pareva tremare lievemente... o forse era solo il suo braccio che stava vibrando?
“La freccia! Sta uscendo dal muro!” strillò Kiki, eccitato. Non ebbe nemmeno finito la frase che la freccia di Sagittarius era già nella mano di colui che la vestiva.
Mū tirò un sospiro di sollievo, poi si rivolse ad Aiolia. “Come ben sai, io non ho alcun diritto di portare quest'armatura. L'unica spiegazione plausibile è che mi stia comunicando la sua volontà.”
Aiolia guardò la parete da cui era giunta la freccia, poi tornò a fissare Mū con uno sguardo estremamente cupo. “E questa volontà quale sarebbe?”
Mū lasciò la freccia libera di muoversi sul palmo della mano e, quando questa si mosse, affermò: “Punta in alto, in direzione di Rodrio.”
“Non vorrai mica...”
“Non vedo perché dovrei rifiutare.”
“È un'assurdità!”
“Di che cosa state parlando?” s'intromise Kiki.
“È una sorpresa,” rispose Mū prima di dirigersi verso l'ingresso del tempio. “Tu seguici e resta fermo a guardare,” aggiunse.


Quando giunge l'ora, si avvolgono in una coperta e scendono quatti nel tempio, dove si respira un'aria notturna che odora di neve. Basta seguire il tintinnio delle piume d'oro per trovare Aiolos: se ne sta ritto in piedi alla fine del colonnato d'ingresso, dove il marmo si fonde con lo strapiombo. Tiene l'arco in pugno, brucia il suo Cosmo lentamente. La sua pelle è illuminata da un alone d'ambra soffuso, i suoi capelli fluttuano sospesi in uno spazio senza gravità.
Mū si stropiccia gli occhi per essere sicuro che l'immagine non faccia parte di un sogno, ma quando li riapre le ali incandescenti si sono addirittura dispiegate, come per spiccare il volo. Lui ed Aiolia restano accovacciati nel pronao ad osservare l'armatura che raccoglie la luce nascosta delle stelle finché il Cosmo divampa, generando lingue luminose che risalgono nuovamente verso le nubi. I fiocchi di neve, anziché sciogliersi, diventano oro e volteggiano come i petali staccatisi da un albero nel pieno della fioritura.
Aiolos incocca la freccia e tende la corda, ma non c'è nulla in alto, dove sta mirando. Perplesso, Mū interroga gli occhi turchini di Aiolia: sono diventati così limpidi che quasi si potrebbe continuare ad osservare la scena specchiandocisi dentro. Il suo fratello maggiore solo-fino-a-mezzanotte gli sorride, invitandolo a non preoccuparsi.


Raggiunto l'orlo del baratro Mū si fermò. Sopra la Nona Casa incombeva il silenzio di un cielo plumbeo, mentre all'orizzonte si stagliavano sagome di montagne ancor più scure. In basso, a fare da contraltare, il villaggio di Rodrio brillava di vita. Nonostante l'ora tarda tutte le abitazioni erano ancora illuminate e, lungo le strade, si potevano scorgere tanti piccoli agglomerati di candele confluire verso la piazza principale. Erano arrivati proprio al momento giusto.
“Te lo ripeto: è un'assurdità.”
“Che cos'è che non vuoi accettare, Aiolia?”
“Non accetto il complotto tra te e quest'armatura, va bene? Mi spieghi perché mai ti è venuto in mente di restaurarla proprio oggi?”
“Per lo stesso motivo per cui stasera tu sei salito fin quassù, credo. Se ben ricordo il tuo compito era presidiare la Quinta Casa. Sbaglio?”
“Non ho bisogno di sentirmi ricordare i miei doveri da te,” ringhiò Aiolia, ma non aveva nemmeno finito di parlare che Mū si era voltato verso di lui, premendo il pugno che stringeva l'arco sul pettorale. “Per favore, prendilo,” ordinò.
In risposta il Santo di Leo si erse in tutta la sua altezza, contrastando la spinta e squadrandolo dall'alto: il Cosmo, improvvisamente risvegliato, aveva la forma di una belva che emergeva da un cumulo di neve. Mū allentò per un attimo la tensione, solo per tornare a tendere il braccio con maggior fermezza, al punto che i suoi talloni superarono il bordo del precipizio. “Prendi quest'arco!” ripeté. Inevitabilmente il Cosmo dell'Ariete percorse l'armatura del Sagittario: l'arco produsse una serie di vibrazioni sconosciute, generando una melodia che sorprese entrambi i santi d'oro.
“Quanto sei testardo,” sbuffò Aiolia sovrapponendo le proprie dita a quelle di Mū, che allentò la presa finché l'arco non fu passato del tutto nella mano del compagno. “Come puoi essere così convinto che mio fratello approvi che io impugni quest'arma? Indossare la sua armatura non ti rende mica portatore della sua volontà.”
Mū in risposta gli porse la freccia. “Allora facciamo così,” disse. “Facciamo che, solo fino a mezzanotte, io sono tuo fratello maggiore.”
Aiolia si tolse il mantello, poi annuì con un ghigno sulle labbra. “Il mio fratello maggiore non mi sorriderebbe come stai facendo tu.”
Mū si concesse qualche secondo per riflettere. “È vero, lui sorrideva in modo diverso,” rispose infine ponendoglisi alle spalle.
Le loro braccia erano parallele e si sfioravano appena. Mentre Aiolia iniziava ad ardere il Cosmo in maniera progressiva Mū fece altrettanto, se possibile in maniera ancora più graduale, nel tentativo non prevaricare l'armatura che li stava guidando. Le ali lo sbilanciavano, ma il Leone si manteneva stabile e paziente, in attesa del segnale per il passo successivo. Quando Mū gli accennò di incoccare la freccia, fu come se in ciascuna delle sue mani iniziasse a risplendere la forza di un sole nascente. Fu quella forza a tendere la corda dell'arco, mentre, intrecciate all'asta, iniziavano a distinguersi tre code di luce infuocata. L'Ariete diede il via, il Leone scoccò e il Sagittario guidò il dardo mentre scostava le nubi per rivelare il sovrastante cielo stellato e rimanere, immoto e fiammeggiante, sopra il villaggio.
Le candele radunatesi nella piazza si fermarono. Rodrio trattenne il fiato nel veder riapparire, dopo tredici anni, la sua Stella Cometa.




 
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Kourin