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Autore: Carme93    31/12/2015    1 recensioni
Una nuova generazione alle prese con la propria infanzia ed adolescenza, ma anche con nuove minacce che si profilano all'orizzonte. I protagonisti sono i nuovi Weasley e Potter, ma anche i figli di tutti gli amici che hanno partecipato alla decisiva Battaglia di Hogwarts. Da quel fatidico 2 maggio 1998 sono ormai trascorsi ventun anni...
Genere: Avventura, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alastor Moody, Famiglia Dursley, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo ventisettesimo.

Ricordare, per non dimenticare.

Albus ripose in ordine libri e quaderni e si affrettò ad uscire dalla biblioteca. Rischiava di arrivare in ritardo. Non corse: ci mancava solo che lo beccasse Lorentz o peggio ancora Gazza. Era stata una lunga settimana, per fortuna però era già giovedì. Visto e considerato che la settimana era iniziata con la strillettera del padre, e suo padre non mandava mai strillettere, e si stava concludendo con la punizione da scontare: beh era stata una settimana pessima. Aggiungiamo pure che tutta la Casa di Grifondoro era furiosa con lui e Rose perché avevano perso la bellezza di cento punti. Certo come la cugina sottolineava imperterrita i Serpeverde ne avevano persi ben centocinquanta; ma ai loro compagni non interessava. Per conto suo aveva lavorato sodo per recuperare i suoi cinquanta punti e ci era riuscito egregiamente. Un unico effetto collaterale: per raggiungere questo obiettivo aveva dovuto mettersi un po’ in mostra, cosa che non sopportava di solito. Rose non si era minimamente preoccupata. Anzi non faceva che vantarsi e raccontare la loro impresa nella foresta con sempre maggiori particolari. Albus non stava nemmeno più ad ascoltarla. L’ultima volta aveva detto ad alcuni ragazzini del primo anno che si erano scontrati con un nundu ed l’avevano sconfitto solo grazie a lei. Ed il nundu era una creatura che viveva in Africa ed ammazzava molto facilmente i maghi. Scorpius era più nervoso perché veniva persino accusato di tradimento dai suoi compagni di Casa, ma, a parte quando aveva affatturato un loro compagno del terzo anno, era riuscito a mantenere la calma. Il Serpeverde non si era beccato alcuna strillettera: a quanto pare non era una reazione degna di genitori Purosangue. Dorcas ci era rimasta male quanto lui nel ricevere la strillettera, nessuno dei due si era mai messo nei guai e meno che mai in uno così grande. E comunque quella che mandava strillettere era sempre la mamma, mai suo padre: l’aver avuto questo onore non lo entusiasmava, anzi. Neanche Jonathan si era beccato un strillettera, ma a quanto ne sapeva il padre era venuto a trovarlo il giorno prima, probabilmente perché era stato male. Rose insisteva con la sua ipotesi e cominciava a convincersene anche lui: negli ultimi due mesi l’amico era stato in infermieria due volte ed entrambe le volte c’era la luna piena. Si riscosse proprio mentre raggiungeva la Sala d’Ingresso. Rose, Dorcas e Scoprius erano già lì.
«Ciao, ragazzi».
Rose era seduta a terra con le gambe aperte e la schiena appoggiata alla parete. Era la personificazione della Noia o meglio ancora della Strafottenza. Scorpius chiacchierava con lei a voce bassa, mentre Dorcas stava appoggiata al muro poco distante e si muoveva nervosamente. I primi due risposero con un cenno al suo saluto, mentre la Tassorosso gli si avvicinò.
«Ciao, Al» pigolò. Lui le fece un sorriso di incoraggiamento.
«Oh, i bambini sono già qui. Hai visto Mike?» il tono sarcastico di Alphonse Main attirò l’attenzione dei quattro.
«Probabilmente pensavano che li avrebbero sgridati se fossero arrivati in ritardo» replicò Douglas. Entrambi risero ed a loro si unì anche Warrington. Rose e Scorpius misero mano alle bacchette, ma prima che facessero qualcosa di impulsivo, come loro solito, intervenne una voce autoritaria a loro ben nota.
«Mi sembra il minimo, signor Douglas. A quanto mi risulta dovete scontare una punizione e non è accettabile il ritardo. E ti faccio notare che è mancato poco che lei ed i suoi amici non lo foste. Sinceramente non l’avrei gradito». Ernie Mcmillan era arrivato appena in tempo per sentire le provocazioni dei due ragazzi più grandi. «Direi che cinque punti in meno ciascuno potrebbero farvi riflettere» sentenziò. «E Weasley, alzati da terra e stai composta per l’amor di Merlino».
Neville sopraggiunse proprio mentre Rose si alzava con uno sbuffo. Era in compagnia di Jonathan. Il ragazzino era pallido in volto, ma rivolse comunque un sorriso sincero agli amici.
«Neville, non si era detto che Goldstain sarebbe stato esonerato per questa sera?».
Neville rispose con un’espressione contrita.
«Voglio scontare la punizione insieme agli altri» replicò invece Jonathan, con una sicurezza che sorprese Albus.
«Ha il permesso del professor Vitious» riferì Neville al collega.
«Va bene, ma se dovessi sentirti poco bene dillo al professor Paciock o ad Hagrid. Chiaro?».
«Sì, signore».
«Seguiteci» ordinò Neville.
I ragazzi obbedirono e si diressero nel cortile con i due insegnanti. Per essere la fine di aprile faceva ancora freddo. Albus si strinse di più il mantello a dosso. Neville accese la bacchetta ed illuminò il percorso. Non ci volle molto a capire che si stavano dirigendo verso i margini della Foresta Proibita.
«N-non andiamo nella foresta, v-vero?» chiese Dorcas con voce piagnucolante. Il gruppetto si fermò e tutti si rivolsero a lei. Stava tremando ed Albus comprese che non era solo per il freddo. I grandi sghignazzarono e smisero solo alle occhiatacce degli insegnanti.
«Dorcas» disse con tono gentile Mcmillan, avvicinandosi a lei, «non vi inoltrerete nella foresta e comunque il professor Paciock ed Hagrid saranno sempre con voi. Non c’è nulla di cui tu debba preoccuparti».
I ragazzi, però, sapevano che Dorcas non aveva reagito bene alla loro gita nella foresta. Era rimasta completamente sconvolta dalle acromantule tanto che Madama Chips l’aveva tenuta con sé in infermeria per tutto il fine settimana, ma Dorcas era stata silenziosa in quei giorni.
Scorpius si avvicinò e le sussurrò qualcosa all’orecchio, lei non sembrò molto convinta ma non scostò la mano del Serpeverde quando strinse la sua.
Il gruppetto riprese a muoversi e giunse ai margini della foresta. Lì li aspettava Hagrid. Il mezzogigante rivolse loro un immenso sorriso.
«Ciao».
«Bene, ci vediamo domani mattina a lezione» disse Ernie congedandosi.
«Paura, professore?» chiese Main.
Ernie si voltò e lo fulminò con lo sguardo: «Sbaglio Main od eri proprio tu quello che singhiozzava davanti ad un’acromantula? Sì, eri tu. Quindi fa poco lo spiritoso e non permetterti mai più di mancarmi di rispetto. Altri dieci punti in meno a Serpeverde e vediamo se hai ancora voglia di scherzare». Attese per qualche secondo in silenzio come a sfidarlo a parlare. «Bene» disse e si diresse verso il castello.
«Il vostro compito è abbastanza semplice» ruppe il silenzio Neville. «Dovete cercare dell’aneto e foglie e bacche di biancospino. Ci divideremo in due gruppi. Main, Warrington e Douglas con me; mentre voi quattro andrete con Hagrid».
«Signore, le faccio notare che i gruppi sono squilibrati in questo modo. Sarebbe più corretto farne due da cinque» intervenne Douglas.
Albus lo guardò male: lo aveva proposto apposta per separarli.
«Non credo faccia molta differenza. Non è una gara. Comunque Rose verrai con noi» replicò Neville.
Albus seguì Hagrid in silenzio.
«Guardatevi attorno e raccogliete le piante che vi ha detto Neville».
«E chi si ricorda come sono fatte» borbottò Scorpius.
«Ci pensiamo noi, Scorp» lo rassicurò Albus dandoli una pacca sulla spalla. In fondo lui e Dorcas si contendevano il titolo di primi della classe in erbologia e Jonathan, da buon Corvonero era bravo in tutte le materie.
Dorcas fu la prima a trovare il biancospino ed insieme raccolsero quanto richiesto.
«Mi raccomando, quanto basta! Ce ne stanno tante qui. Mica dovete spennare tutta questa» li avvertì Hagrid.
Scorpius nonostante le lamentale non se la cavava mica male in erbologia e fu lui a trovare l’aneto.
Albus sorrise e capì quanto volesse bene a quel gruppetto così eterogeneo. In quel momento Scorpius con un ghigno, degno di un Serpeverde qual era, rubò delle foglie di biancospino dalle mani di Jonathan e cominciò a saltellare da una parte a l’altra come un folletto, urlando che lui sapeva che cosa ci faceva i Babbani con le foglie. Risero tutti mentre il Serpeverde si ingegnava a rotolare la foglia, l’unico che non aveva capito era Hagrid che sorrideva comunque.
«Piuttosto ti ci vorrebbe un infuso di biancospino» ridacchiò Dorcas, finalmente rilassata.
«Non vorrai mica far venire un infarto ai tuoi perfetti parenti purosangue?» lo canzonò Jonathan.
«Che schifo. È amara» disse Scorpius sputando la foglia e suscitando altre risa.
Hagrid si era allontanato un po’ e Scorpius ne approfittò ulteriolmente. Prese dei rami spezzati da terra e li lanciò ai compagni.
«Avete presente i pirati? Difendetevi» disse puntando il suo ramo contro di loro a mo’ di spada.
«Scorp, sei sicuro che quella era una foglia di biancospino?» chiese Jonathan mentre parava il colpo con una certa maestria senza smettere di ridere. «E comunque cadi male con me. È l’unica cosa in cui ho sempre battuto mia sorella, quando eravamo piccoli. Ed un Cercatore verde-argento non mi fa paura».
Albus rise di cuore come non faceva da giorni e tirò qualche colpo contro Dorcas, che a sua volta sembrava essersi dimenticata di essere nella Foresta Proibita. Scorpius e Jonathan avevano preso sul serio il loro scontro.
«Io ho sempre fatto Peter quando giocavo con mia sorella» ansimò il Corvonero, evitando un colpo dell’amico.
«E chi sarebbe Peter?» chiese Scorpius, tentando di disarmarlo. La domanda aumentò le risate di Albus e Dorcas che smisero di duellare gustandoseli.
«Come non conosci il grande Peter Pan?» lo prese in giro Albus.
«Direi di no. Chi è? Il campione di duello con rami spezzati?».
«È il bambino che non vuole mai crescere! Lui lotta con i pirati e vive sull’Isolachenonc’è con i Bambini Smarriti» rispose Dorcas.
«Eh?» chiese sorpreso Scorpius.
«Ma che infanzia hai avuto? E poi queste sono delle spade! Non vedi che rifinitura ha la mia? Nell’elsa c’è pure uno zaffiro incastonato» intervenne Jonathan.
«Beda il Bardo e tanto tanto Quidditch» replicò con espressione beata il Serpeverde.
«Ma che state facendo?» il vocione di Hagrid li riportò alla realtà.
Istintivamente i ragazzi nascosero le loro spade, che erano tornate ad essere solo dei rami e si resero conto che nella foga del loro gioco avevano stipato alla rinfusa le foglie di biancospino e l’aneto nelle tasche della divisa.
«Non so se sia possibile, ma siete peggio dei vostri genitori» borbottò il mezzogigante. «Non avete portato a termine il vostro compito! E tra poco dovremmo tornare dagli altri! Che dirò a Neville?».
I quattro si scambiarono occhiate colpevoli.
«Ci diamo da fare adesso, Hagrid. Scusaci, ci siamo distratti» rispose Albus per tutti.
I quattro si misero di buona lena e riempirono la sacca, che Hagrid aveva portato con sé appositamente.
«Bene, ora possiamo andare» disse quest’ultimo facendo loro l’occhiolino.
Quando si ricongiunsero agli altri si resero conto che l’umore dell’altro gruppo era abbastanza basso e zio Neville sembrava parecchio seccato.
«Si sono comportati bene, Hagrid?» chiese senza mezzi termini.
«Benissimo» rispose con un immenso sorriso, che tranquillizzò ulteriormente i ragazzi. «Guarda quanto hanno raccolto!».
Quando rientrarono nella loro Sala Comune, Albus si rivolse a Rose: «Che avete fatto a zio Neville per farlo arrabbiare?».
«Nessuno di noi si ricordava come erano fatte quelle piante» sbuffò lei. «Credo che non abbia nemmeno considerato Warrington, ho sentito dire che ha preso una T ai suoi G.U.F.O. l’anno scorso. Ma si è arrabbiato particolarmente con me e soprattutto con Douglas e Main che frequentano i corsi avanzati per i M.A.G.O.».
«Capisco. Poverino».
«Poverino lui? Povera me! Quanto ci scommetti che alla prossima lezione mi interroga? E nemmeno ti immagini quante pagine, anzi capitoli devo ancora studiare!» replicò Rose, per poi dirigersi a grandi falcate verso il suo dormitorio.
«Buonanotte, eh» la richiamò Albus.
«Domani mi darai i tuoi appunti o è la volta buona che mamma mi uccide. Notte anche a te» rispose lei prima di sparire dietro la porta.
*
«Che hai?» chiese Roxi.
Frank smise di svuotare il suo zaino e si rivolse a lei: «Non trovo il libro di pozioni».
«Che problema c’è? Seguiamo insieme. Mamma mi ha mandato il mio».
«A parte il fatto che è di Albus e non posso perderglielo, ma là dentro avevo messo il tema per oggi! Eri con me ieri sera, l’hai visto anche tu!» rispose e Roxi percepì subito il suo panico, così si affrettò a rispondere. «Sì, me lo ricordo. Hai controllato bene? Magari l’hai lasciato nell’aula di Incantesimi o in quella di Trasfigurazione».
«Non mi pare. Non l’ho preso per niente stamattina! Perché avrei dovuto?».
«Paciock! Weasley! Volete stare attenti?! Vi ho chiesto due volte di consegnarmi i vostri temi!» li redarguì Mcmillan di fronte a loro. Cavoli, non l’avevano nemmeno sentito avvicinarsi. Roxi gli porse il suo elaborato e tentò di trovare una valida scusa per l’amico, ma Frank la precedette e spiegò all’insegnante quello che gli era successo. Per Roxi fu una pessima mossa, raccontare la verità agli insegnanti era quasi sempre una pessima mossa; ma Frank era fatto in quel modo.
«Mi dispiace, Paciock. Sei in grado di dimostrarmi che non è solo una scusa?».
Roxi lo guardò male: quella era la domanda più stupida che avesse sentito in vita sua! Certo che non poteva dimostrarlo! Neanche Albus Silente avrebbe potuto farlo, a meno che…
«Frank l’ha fatto il tema! L’abbiamo fatto insieme. Può usare la legilmanzia! I nostri ricordi sarebbero un’ottima prova o pensa che saremmo in grado di manipolarli?».
«Weasley, non mettere alla prova la mia pazienza! L’uso della legilmanzia, come del Veritaserum, è severamente vietato sugli studenti, soprattutto sui minorenni!» poi si rivolse di nuovo a Frank. «Paciock, per questa volta non ti punirò ma questo compito sarà valutato con un non classificato».
Roxi vide Frank abbassare la testa ed arrossire. Sapeva che non si sarebbe lamentato.
«Non è corretto!» si lamentò allora al posto suo. «Le dico che Frank ha fatto il tema!». Poi si rivolse agli altri Grifondoro alla ricerca del loro appoggio. «Ragazzi, c’eravate anche voi in Sala Comune! Diteglielo!».
«È vero! Abbiamo studiato insieme» s’intromise Gretel Finnigan.
«No, non è vero professore! Paciock è stato tutto il pomeriggio nel parco!» disse invece Charles Calliance, subito appoggiato da Granbell e da Hans.
Roxi si alzò e dall’alto del suo metro e trenta minacciò Calliance: «Dì un’altra stronzata del genere e giuro che ti faccio ingoiare la bacchetta!».
«WEASLEY!» la richiamò Mcmillan. «Quindici punti in meno a Grifondoro e mettiti a sedere prima che prenda altri provvedimenti!».
«Ma professore! Calliance non può dire queste cose di Frank!» s’infervorò Gretel.
«Signorina Finnigan, non ti ci mettere anche tu! E comunque non posso stabilire chi dice la verità, per cui il mio giudizio non cambia. Adesso però ricomponetevi o vi farò pulire calderoni per tutto il week end!».
La classe piombò nel più completo silenzio. Roxi fremeva, ma riuscì a trattenersi fino alla fine della lezione. Quando furono ben lontani da Mcmillan scoppiò.
 «Sono sicura che centra quel cretino di Calliance! Hai visto come ghignava? Ma stavolta ce la pagherà!».
«Lascia perdere» sospirò Frank.
«Lascio perdere?!» si irritò Roxi. L’amico non replicò ulteriormente, mentre sedeva al tavolo di Grifondoro per pranzare.
Roxi lo osservò mentre svogliatamente si riempiva il piatto: aveva un’espressione patetica. Era solo un non classificato, ma lei sapeva quanto si era impegnato ad alzare la sua media ed ora ogni suo sforzo era andato a farsi strabenedire.
Per tutta la giornata Roxi sopportò pazientemente il suo silenzio, per quanto avrebbe voluto prenderlo per le spalle e scuoterlo ben bene perché si svegliasse e smettesse di farsi mettere i piedi in testa.
«Ehi».
Erano entrambi in Sala Comune ed erano intenti a terminare i compiti per il giorno dopo; la voce di Albus li fece sobbalzare.
«Ciao, Al. Come va?» replicò senza molto entusiasmo.
«Bene, grazie. Voi? Avete delle facce? È successo qualcosa?».
«Al, mi dispiace sul serio. Ma ho perso il tuo libro di pozioni. Giuro che te lo ripago» bofonchiò Frank.
«Il mio libro di pozioni? Ma eccolo! Me l’ha dato un tuo compagno. Quel Calliance. Non ho capito perché ce l’avesse lui. Te l’ha preso?» disse Albus tutto d’un fiato.
«Lo sapevo!» sbottò Roxi.
Adesso basta: Calliance aveva esagerato. Se la sarebbe vista con i Malandrini. Una sola parola ad Alice e sarebbe scoppiato l’inferno. Una vera e propria guerra civile.
*
«Un attimo di attenzione, prego». La Preside si era alzata dal tavolo dei professori ed attese che vi fosse assoluto silenzio in Sala Grande prima di parlare.
James fissò con ostinazione il suo piatto. Sapeva già che cosa avrebbe detto.
«Oggi è il due maggio e come tutti voi sapete è il giorno della Commemorazione della Battaglia di Hogwarts. Questo pomeriggio, come di consueto, ci sarà la cerimonia. Ad essa prenderanno parte i membri di spicco della Comunità Magica. È inutile che io dica che pretendo da voi un comportamento decoroso. Guai a chi dovesse mettere in imbarazzo la Scuola! Inoltre vi invito a mantenere un contegno più serio del solito per rispetto di coloro che in questo giorno hanno perso i loro cari ventidue anni fa. Cercate di riflettere!» disse per poi avviarsi lungo la Sala. «Lo vedete questo segno, vero? Lo conoscete tutti senza dubbio: è qui che Harry Potter e Lord Voldermort si sono scontrati per l’ultima volta; però badate bene che tutta la Scuola è intrisa del sangue che i Difensori di Hogwarts hanno versato per sconfiggere Lord Voldermort. Nel momento in cui fate discriminazioni di qualunque tipo, voi sputate sulle sofferenze di chi ha dato tutto per un futuro migliore. Un futuro dove non vi fosse alcuna discriminazione. Un futuro di pace e serenità».
Gli studenti la osservarono per tutto il tempo ad occhi sbarrati e la seguirono con lo sguardo mentre lasciava la Sala.
«Miseriaccia! Cioè l’avete sentita? Non ha mai fatto un discorso del genere!» proruppe Rose al tavolo dei Grifondoro, ma non fu l’unica. All’uscita della Preside un grande mormorio si era levato per tutta la Sala Grande. James gettò un’occhiata agli insegnanti: alcuni, quelli che avevano combattuto, avevano un’espressione indecifrabile e poco dopo seguirono la Preside; altri con aria contrita ripresero a fare colazione. Teddy non si era proprio presentato quella mattina. Il loro fratellone odiava quella giornata: se fosse stato per lui l’avrebbe trascorsa a casa sua con la nonna, Harry e Ginny come quando era piccolo. Da quando aveva iniziato Hogwarts non era mai riuscito a defilarsi, poi la situazione era peggiorata all’Accademia Auror: gli allievi erano obbligati a prendere parte alla cerimonia. Infine quest’anno per la prima volta avrebbe dovuto affrontare la giornata da docente e chi lo conosceva, sapeva che non si sarebbe mai tirato indietro.
James per un attimo osservò gli stendardi neri che decoravano la Sala Grande. Poi distolse lo sguardo. Odiava le cose tristi.
*
Quel pomeriggio la Sala d’Ingresso era affollata di studenti ed i quattro direttori tentavano di metterli ordinatamente in fila e guidarli fuori.
Il professor Robards fu il più rapido di tutti: «Seguitemi fuori, immediatamente. Giuro che a chi rimane indietro farò fare il campo da Quidditch di corsa per quindici volte!».
I Serpeverde non se lo fecero ripetere due volte e si affrettarono ad obbedire.
Furono seguiti dai Corvonero con in testa il piccolo docente di Incantesimi. Ernie fece un cenno a Neville e lo precedette, tentando di tenere a bada alcuni Tassorosso del primo anno.
Neville, per scelta, fino a quel momento non aveva nemmeno tentato di ordinare i suoi ragazzi. Con l’aiuto dei Prefetti riuscì a mettere in fila l’intera Casa senza urlare troppo.
«Dov’è Molly?» chiese, accorgendosi dell’assenza della sua Caposcuola. Com’era prevedibile tutti i Potter-Weasley nicchiarono e cominciarono a guardare dappertutto tranne che nella sua direzione. Alla fine Albus rispose: «Sta arrivando… Stava poco bene».
Neville inarcò un sopracciglio, ma non commentò: se lasciavano ad Albus l’onere di trovare una scusa, dovevano essere disperati. Inoltre che Molly avesse un problema era più che chiaro a tutto il corpo docente, ma lei non si faceva aiutare in alcun modo. Purtroppo non poteva ignorare la sua assenza. Era la Caposcuola e le disposizioni della Preside erano chiare: accanto ai Responsabili delle Case dovevano esserci proprio i Caposcuola. Se l’avesse sostituita con uno dei Prefetti, lei se ne sarebbe accorta e sarebbe un eufemismo affermare che non avrebbe gradito.
Per fortuna Molly ebbe il buonsenso di arrivare.
«Sei in ritardo. Cerca di ricomporti: hai la cravatta messa malissimo» si limitò a dire. Non aveva senso infierire ulteriolmente: Molly non era più la stessa di prima e non sapeva se era un bene od un male. Anche se almeno in quel momento non ebbe dubbi in proposito. Fortunatamente Dominique ebbe un moto di pietà nei confronti della cugina e le riannodò la cravatta e le legò rapidamente i capelli.
«Andiamo» sospirò Neville.
I ragazzi man mano che si avvicinavano alla tomba di Silente si quietavano sempre di più. Anche loro percepivano una sensazione di turbamento, che aleggiava nel parco. Ogni anno gli sembrava di essere catapultato indietro nel tempo fino al funerale di Silente. Le sedie venivano sempre messe di fronte alla tomba del vecchio Preside proprio come allora. Sentì stringersi lo stomaco, come se qualcuno glielo stesse strizzando tra le mani. Almeno di solito c’era Hannah e dopo trascorrevano insieme la serata, rimarginando l’uno le ferite dell’altro. Quell’anno non sarebbe stato possibile, era assurdo solo pensare che la moglie si muovesse di casa.
Si pose accanto ad Ernie con i suoi ragazzi. I Prefetti affiancarono quelli di Tassorosso, come li era stato indicato in precedenza.
«Siete arrivati appena in tempo! Ti hanno dato problemi?».
Neville scosse la testa: «Mi ero perso la Caposcuola».
Ernie annuì comprensivo.
La Preside era seduto in prima fila, accanto a Kingsley Schacklebolt ed a Vitious. Alla destra del Ministro della Magia sedeva Harry Potter ed alla sinistra del professore di Incantesimi il Caposcuola Fabian Parker, che quell’anno avrebbe rappresentato gli studenti.
Percy Weasley era in seconda fila, proprio alle spalle del Ministro. A nessuno dei Potter-Weasley sfuggì l’occhiata infastidita che lanciò alla figlia maggiore: l’onore di rappresentare la Scuola aspettava allo studente migliore del settimo anno e lui si sarebbe aspettato di vedere la figlia al posto di Parker. Tutti sapevano che quello era un brutto colpo per lui: pochi anni prima seduti accanto al Vicepreside vi erano stati Teddy e Victoire.
Molly, per conto suo, sembrava completamente fuori dal mondo come se tutta quella situazione non la toccasse minimamente.
Sempre in prima fila ma a sinistra sedevano gli altri Capi Dipartimento del Ministero della Magia: Hermione Weasley, Draco Malfoy, Richard Parkinson, Gregory Mullet solo per citare i più noti tra i ragazzi.
Il resto della popolazione magica occupava gli altri posti messi a disposizione della Scuola. Ai lati all’in piedi vi erano gli studenti delle quattro Case e gli allievi Auror alle spalle di uno dei loro istruttori. Molti li osservavano con invidia e desiderio di emulazione.
Neville tentò senza molta convinzione di richiamare i ragazzi che si sbracciavano per salutare i genitori. Sia lui sia Ernie rinunciarono ben presto.
Nelle prime file vi erano anche Seamus Finnigan, direttore della Gazzetta del Profeta, ed Anthony Goldstain, primario del San Mungo.
La prima a prendere la parola fu la Preside McGranitt e quando lei concluse il Ministro si alzò e salì sul piccolo palco, che era stato eretto appositamente al fianco della tomba di Albus Silente. Il silenzio fu immediato.
«Buonasera a tutti! Anche quest’anno ci ritroviamo qui per commemorare la morte dei Difensori di Hogwarts. Badate bene: commemorare, ricordare… Non festeggiare. ‘Abbiamo vinto contro Lord Voldermort’, ‘I nostri cuori sono stati oppressi dal timore per anni’, ‘C’è eccome da festeggiare’ direte voi. È vero: abbiamo vinto; ma non c’è nulla da festeggiare. Abbiamo combattuto una guerra e le guerre non hanno vincitori. Ci sono solo vinti. Qui in questo momento sono presenti molti dei combattenti di allora: l’Ordine della Fenice, l’Esercito di Silente, i docenti di Hogwarts ed i suoi studenti. E a proposito di questo ci tengo a ringraziare particolarmente la Preside McGranitt perché ogni anno ci ospita nella sua Scuola. Sì, sua perché Hogwarts è sempre stata indipendente e non ha mai avuto bisogno del Ministero, per quanto gli sia rimasta fedele. E quella notte signori, non c’era il Ministero qui, non c’era la Squadra Speciale Magica, non c’erano gli Auror. Sono morti gli studenti di Hogwarts e gli abitanti di Hogsmeade. Il Ministero è caduto per prima e non ha saputo rialzarsi. Ad Hogwarts nonostante la presenza dei Mangiamorte gli studenti non hanno abbassato la testa, non hanno chiuso gli occhi di fronte alle ingiustizie. L’Esercito di Silente non ha mai smesso di combattere! Non mi dilungherò oltre questa sera. Vi lascio con un ammonimento: ci vuole molto di più a costruire che a distruggere. Alcune ferite di quella notte non si cicatrizzeranno mai. A quanto pare non è stato sufficiente! Non avete sofferto abbastanza? Non avevate detto di voler evitare le vostre sofferenze ai vostri figli? Ebbene un gruppo di maghi, che si fanno chiamare Neomangiamorte, ha già iniziato a gettare nel panico il mondo magico! Attenzione: le parole non servono a molto. Intelligentibus pauca». Il Ministro aveva iniziato il suo discorso con voce sommessa, ma a poco a poco era divenuta sempre più grave ed elevata. Il più completo silenzio accolse le parole e quasi molti non si accorsero che era tornato a sedersi.
Prese il suo posto un uomo sulla cinquantina: Edward Davidson, rettore dell’Accademia di studi storici ed umanistici. Egli diede un rapido resoconto della prima e seconda guerra magica, soffermandosi di più proprio sulla battaglia finale.
Fabian Parker pronunciò un discorso a nome degli studenti ed infine un impiegato del Ministero salì sul palchetto. Tutti i presenti si alzarono. L’impiegato iniziò ad elencare i nomi dei cinquanta che avevano perso la vita durante la Battaglia di Hogwarts. Ormai il parco era completamente al buio, ma ad ogni nome i famigliari accendevano la bacchetta e schizzavano dei segnali luminosi in cielo. Roxi vide suo padre in fondo alla platea alzare la sua bacchetta e scagliare in alto una luce rosso-oro, perché i gemelli Weasley erano sempre stati una spanna davanti agli altri e non era cambiato nulla.
I centauri emersero ai margini della foresta e tirarono frecce incendiate come personale segno di omaggio. I Maridi al centro del Lago Nero intonarono una specie di nenia triste e malinconica.
La voce di un ragazzino del terzo anno di Tassorosso si levò tremolante in quell’atmosfera sospesa: «Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengano trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi nel mondo».

 
Angolo autrice:
Ciao a tutti! Non pensavo che ce l’avrei fatta ad aggiornare oggi! Ed invece… Evviva, ci tenevo tanto!
Questo è un capitolo di passaggio; invece i prossimi due saranno decisivi. Ormai siamo quasi alla fine di quest’avventura! La mia prima fanfiction sta giungendo al termine :-D :-D :-D

Ci tenevo a scrivere qualcosa sul due maggio. In effetti il capitolo è un po’ triste, ma la frase conclusiva credo di debba leggere come un’esortazione ed in fondo porta con sé una piccola scintilla di speranza. Ci tengo e devo sottolineare che si tratta di una citazione di Gandhi.

Grazie a tutti i lettori silenziosi che continuano a leggere la mia storia e soprattutto xxJudeSharp_ , la cui ultima recensione mi ha fatto molto piacere e mi ha stimolato nella realizzazione di questo nuovo capitolo.

Vi auguro un 2016 pieno di felicità, soddisfazioni e tanta tanta fantasia, perché credo che sia una delle armi più potenti che l’uomo possiede (da qui anche il gioco di Scorpius nella foresta). Tantissimi auguri a tutti :-D :-D :-D
 
   
 
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