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Autore: cartacciabianca    10/03/2009    3 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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La certezza di un nuovo capitolo






Altair salì le scale due gradini alla volta.
Raggiunse lo studiolo del Maestro che trovò in piedi a guardare fuori dalle vetrate.
-Tharidl- lo chiamò. –ho trovato quello che mi avete chiesto- strinse con più forza il libro che aveva tra le mani.
Non dare pane ai suoi dubbi era un modo per tenere a freno la lingua. Se Altair non sapeva, non poteva controbattere. Quindi non volle chiedere come mai Tharidl gli avesse domandato di cerare quel libro, cui argomento l’aveva lasciato sospettoso.
Altair si passò una mano in volto. –C’è altro?- chiese rilassato.
Il vecchio sospirò. –Le tue attenzioni su Elena avranno presto fine, non temere. So che ella può comportare delle responsabilità maggiori, ed è per questo che ho chiamato Leila e Kamila a palazzo e riunito alla setta alcune delle Dee-.
-Cosa?- domandò stupito il ragazzo. –Mi bandite da una responsabilità cui traggo interesse ed è solo per qualche trucchetto con la lama che vorreste affidare Elena ad una Dea?- digrignò incredulo. –Un attimo!- tacque un istante. –Avete riunito le Dee?!- fece sbigottito, esterrefatto, ma si diede alla svelta un contegno.
Sul volto di Tharidl comparve un’espressione severa. –Puoi insegnarle ad arrampicarsi sui muri, puoi darle nozioni di spada e coi pugnali. Puoi addestrarla a sopportare il dolore, puoi impartile lezioni di portamento in combattimento, ma neppure tu saresti capace di sfruttare al massimo le capacità di una Dea. Fin dai suoi primi scontri, Elena ha dimostrato una flessibilità incredibile nei movimenti, ebbene non esiterò ancora. Ci sono dei gesti, nel suo polso, che mi lasciano esterrefatto. Mi chiedo se Kalel si sia accorto di tale maestria fin dalla nascita di quella ragazza. Ti stupisci mai di come apprenda in fretta? E ti chiedi mai come abbia fatto a gestire i poteri del Frutto?… taci, mio allievo, taci perché spiegazioni a questa forza inumana non esistono e sono incomprese alla nostra razza inferiore. Leila le impartirà quelle nozioni che tu non sei in grado di darle, e allora, quando sarà pronta, potrete tornare ad Acri e compiere ciò che deve essere fatto. E che la tua mente non si ostini ancora a controbattere la mia, Altair, perché sto cominciando a perdere la pazienza, e i tuoi atteggiamenti confondono oltremodo la tua ancora allieva Elena. Con questo non ho altro da aggiungere-. Tharidl si voltò, e i suoi occhi incontrarono quelli furiosi di Altair.
Il suo maestro d’armi scagliò il libro che aveva sotto braccio sul tavolo, facendo crollare sul pavimento il barattolo d’inchiostro e la penna d’oca, assieme ad alcune pergamene bianche.
Il vecchio alzò un sopracciglio. –Qualcosa non ti è chiaro?- domandò con un filo di voce che non parve affatto sorpreso.
L’assassino rimase immobile dov’era: il volto avvolto dall’ombra del cappuccio. –Spiegatemi questa decisione, avanti!- sbottò colpendo con i due pugni la superficie della scrivania, facendo sobbalzare quest’oggetto. –Attendo le vostre più sentite spiegazioni, vecchio!- proruppe ancora.
Le riserve di auto controllo si erano esaurite: non poteva credere a quelle parole.
Elena, giunta lì da poco, si sentì svenire ed indietreggiò spaventata.
Tharidl si portò una mano alla barba bianca. –Vedete nelle mie gesta un’ennesima follia, mio allievo?- fece tranquillo.
Altair s’irritò oltremodo. –Non sono vostro allievo, poiché le mie capacità superano di gran lunga quelle di tutti all’interno di questa fortezza! Dee comprese!- gridò e la sua voce tuonò tra le mura di pietra della roccaforte.
L’inchiostro si era rovesciato sul pavimento e si allargava in una grossa pozza blu intenso, quasi nero. In questa andava ad infangarsi la carta chiara di una innocente pergamena.
Elena tacque, mentre il suo insegnate dava di escandescenza ancora una volta.
-Non riesco a credere che abbiate trovato un modo per eludere quel patto! Non oso neppure immaginare come abbiate convinto i saggi! Non vi basta che essi siano contrari alla decisione più giusta per il Frutto, ma vi ostinate per di più a schierarli contro le leggi dettate da Al Mualim e Sashara in persona!- eruppe Altair, allungandosi sulla scrivania.
Tharidl, sereno, si avvicinò al ragazzo. –Contesti nuovamente il mio volere? Sai bene che non ti conviene- prese le sue difese, ma con estrema serenità.
Altair fece un gesto di stizza. –Oh, certo. Ebbene, vengo da voi non mettendo sottoquadro il vostro studio, bensì per assistere alle risposte che darete alla mia alunna! Forza, se non siete in grado di rispondere alle mie domande, allora spiegatevi a lei!- proferì risentito mettendosi da parte, accanto alla ragazza.
Elena fece per scansarsi, ma Altair l’afferrò per un braccio e la spinse avanti. –Forza e coraggio, razza di vecchio! Ella si sta domandando come mai la presenza di tre ex Dee all’interno della fortezza! Non è così, Elena?- la interpellò senza preavviso.
-Dee?- balbettò lei, e il suo insegnante la mosse ulteriormente dinnanzi al Gran Maestro.
Altair a quel punto tacque, ed Elena avvertì che stava tentando di darsi un contegno, poiché la reazione di Tharidl andava ben oltre la comprensione della ragazza, capace di ammonire con un solo sguardo quanto l’assassino stesse tirando la corta.
Il vecchio si chinò a raccogliere da terra le pergamene e la fiala d’inchiostro, con quel poco che ve n’era rimasto. –Puoi andare Altair, ti sono grato per avermi consegnato delicatamente tra le mani quello che ti ho chiesto di cercare- disse sereno sistemando il casino che l’euforia dell’assassino aveva comportato.
-Cosa?- fece Altair. –No, no! Sono certo che se non assisto a questa conversazione, troverete un modo sicuro per deviare l’argomento e tardare ad Elena ciò che le dovete da quando arrivò in questo luogo! Ossia il nome di suo fratello e il motivo di vesti tanto differente tra Dea e Angelo della Morte!-.
-Basta!- gridò Tharidl, e quella volta fu la sua voce a far zittire i colombi appollaiati sui tetti.
Elena avvertì un dolore lancinante allo stomaco: era il senso di colpa, il rimorso delle sue azioni insensate manifestatesi nelle ultime settimane. In fondo, in un modo o nell’altro, era stata capace di arrecare tanto tormento al suo maestro, si disse. Ma che Altair si schierasse così a prendere le sue posizioni, la lasciò alquanto stupita. Forse era vero che l’assassino mirava solo a sbarazzarsi di lei e dei suoi allenamenti. Insegnare ad una ragazza era così umiliante? Cosa aveva di tanto losco? Forse il suo maestro ce l’aveva con le Dee in generale, chissà che qualcosa l’avesse turbato nel vedere Elika seduta ai tavoli della mensa, si chiese, e poi pensò che come Elika, anche Leila e Kamila dovevano trattarsi della stessa tipologia di donne…
-So che in questi giorni sei piuttosto perso, Altair, ma l’ho tollerato abbastanza! Ora basta, perché te ne approfitti nella maggior parte dei casi, e questo comporta in te poco autocontrollo nel mantenere i piedi per terra e a non innalzarti oltre chi ti supera di rango! Cioè me, tuo Maestro Supremo!-.
L’assassino strinse i denti e si voltò. -Avete ragione, discolpatemi, ve ne prego- disse d’un tratto e, senza aggiungere altro, si allontanò sulle scale.
Elena lo guardò sbigottita perdersi nelle ombre del corridoio. Non era da lui, pensò, arrendersi così alle offese di Tharidl non era abitudine del suo maestro d’armi. Ma dopo tutto, non era stato proprio lui a dirle di moderare i suoi comportamenti esuberanti da ragazzina frignona giusto il giorno prima? Quindi il buon senso di Altair si alternava alle crisi d’identità. Elena provò ad immaginare come si sentisse il suo maestro nell’accingersi a diventare padre, ma non riuscì minimamente a concepire il peso di tale responsabilità. Otto mesi quasi, e forse avrebbe avvertito più che mai ulteriori cambiamenti in lui, ma Altair, allora, non sarebbe più stato suo maestro, ne era certa.
-Diamine!- il vecchio incrociò le braccia al petto tornando a guardare fuori dalle vetrate. –Chissà quale rivolta sarà capace di far sorgere quello lì!- pensò ad alta voce. –Ho impiegato tutte le mie ultime forze perché i saggi accettassero le mie condizioni, e quel dannato assassino troppo pieno di sé e della sua vita sentimentale farà saltare tutto quanto!- strillò ai quattro venti.
Elena sobbalzò. –Maestro, di cosa state parlando?- domandò incerta, movendo un passo avanti.
Tharidl si girò lentamente, prese fiato passandosi le mani in volto a stirarsi le rughe della pelle, fino a stropicciarsi gli occhi e massaggiarsi la radice del naso. –Perdonami, Elena, avrei dovuto chiedere la tua opinione prima di quella di chiunque altro, e imploro il tuo perdono per questo- proferì calmo.
Elena gli sorrise mesta. –Non tormentatevi, Maestro. Ho appreso che chinare la testa dinnanzi a voi è un dovere cui sento di sostare in ogni caso. Fu Altair a rammentarmelo, ma non mi sorprende che si comporti così, infondo sta per…- le parole le morirono in gola così com’erano nate.
Tharidl aggrottò la fronte. –Stavi dicendo?-.
-Nulla, assolutamente nulla!- fingere le riusciva proprio male.
-Sai forse a cosa mi stavo riferendo?- domandò lui confuso.
-No!- sbottò, invece sapeva che Tharidl sospettasse di lei e delle sue orecchie troppo grandi!
Il vecchio allungò le labbra sottili in un sorriso divertito. –Se il tuo buon udito è arrivato così lontano, te ne prego di non spargere la voce. In quel caso puoi star certa che né io né il tuo maestro ne saremmo tanto felici, anche se…- borbottò.
-Anche se?-.
-Anche se non è certo, ma ora basta divagare su queste sciocchezze. C’è altro che urge-.
Non era certo? E cosa voleva dire se non… ah, pensò la ragazza curvando le spalle. Ci sarà rimasto male, si disse.
-Sì, c’è molto… altro- proferì in un sussurro.
Tharidl aprì con cautela il testo che Altair aveva clamorosamente sbattuto sulla scrivania. –Sai cos’è questo e perché lo feci cercare al tuo insegnante?- chiese con tono profetico e soave.
Elena avanzò ancora, avvicinandosi e lanciando un’occhiata alle pagine ingiallite del tomo che Tharidl prese a sfogliare adagio.
-No- disse in tutta sincerità.
-Unica e sola testimonianza che lasciò Alice di sé quando aveva la tua età. Lo conservavo da parecchio, aspettando questo momento-.
Elena sorrise con gioia. Allora qualcosa di utile nella biblioteca era rimasto, pensò.
-Quale momento? La cerimonia? L’investitura? La riuscita della missione?- lo tempestò di domande che in loro contenevano già le risposte.
Tharidl scosse la testa. –Quelle donne che hai veduto sedute alla mensa, erano Dee, come disse il giusto Altair, che non appena ne venne a sapere, scoppiò su tutte le furie. Ho voluto che queste tornassero non solo in onore della cerimonia di domani, ma bensì per cominciare a spolverare le loro affinità. Kamila, Elika e Leila sono una piccola minoranza di costoro, le altre raggiungeranno la fortezza al calare del sole della prossima settimana massimo. Elle si trovano nei meandri di questa terra e mandai alcuni assassini in quei luoghi affinché le richiamassero tutte. Elena, sono oltremodo fiero di annunciarti che non sarai più sola nelle tue stanze, d’ora in avanti- proferì composto e austero.
Elena aprì la bocca, dalla quale non uscì alcun suono se non un gemito strozzato. –Cosa?- pronunciò confusamente.
-Hai capito benissimo, invece- rise il vecchio.
Elena si riscosse, riacquistando padronanza della sua voce. –Ma perché?-.
-Una mia semplice, solidaria scelta- annunciò.
-Non capisco!-.
-Non ti senti sola, incompresa?-.
-Parlate come Rhami…- borbottò.
Tharidl si fece ancor più serioso. –Elle sapranno aiutarti come non altri, poiché i tuoi addestramenti con Altair avranno termine al fine di questa settimana- disse cupo.
-Questa poi! No!- obbiettò. Era sconvolta, non poteva crederci. –Il mio addestramento non è giunto al termine! Ho altro da imparare da lui! Egli vede il vero in voi, vi vede un pazzo, ed ora neppure io sono capace di non contrappormi alle vostre scelte! Andate dicendo follie, Maestro!- sbraitò.
Il vecchio prese fiato. –Non nego che all’inizio potresti non comprendere, ma chiederò loro di darti alcune nozioni fondamentali perché tu apprenda cosa davvero si cela nella veste di una Dea-.
Sperava che quel momento non sarebbe mai arrivato. L’aveva sentito dire da Rhami, ma non credeva fosse vero. Non poteva essere vero. Se gli incarichi di una Dea rivolgevano certe… “attenzioni” alla vittima destinata alla lama, lei si sarebbe rifiutata. Che bastardi! Pensò. Prima l’attirano al mestiere mettendole come maestro un gran figaccione così da non farle cambiare idea tanto alla svelta, e poi Tharidl pretende che si abbassi a certi livelli! Insomma, parlando chiaro, il nome Vedova Nera diceva tutto, no?!
Elena si sentì avvampare. Perché tanto inganno nei suoi confronti? Si chiese. Era caduta forse nella trappola? Tharidl l’aveva portata a schierarsi dalla parte della setta così che non sarebbe stata in grado di tirarsi in dietro? Si chiese se la storia di sua madre che faceva la Dea fosse o no una farsa per portarla di nuovo ad indossare quelle vesti sconce e orribili che avevano fatto bene a bruciare. Rhami l’aveva avvertita: quel nomignolo, Dea, era una condanna, il codice che davano ai detenuti.
La fortezza di Masyaf aveva già abbastanza carcerati. Basta, lei mollava.
-No! Non mi abbasserò mai a fare la sgualdrina, e se questo comporta la mia licenza di assassina, be’ mi dimetto!- sbottò furiosa.
Tharidl non sembrò affatto sorpreso di quella reazione, tutt’altro disse: -Sapevo che avresti reagito così. Ebbene, voglio che tu dia un’occhiata a questo tomo, che Alice scrisse di suo pugno. Ella fu l’unica che conservò un suo diario privato, poiché alle Dee non era concesso mettere in bella vista i loro pensieri. Oggi ringrazio pregando tua madre di aver lasciato una giovane testimonianza! Tieni, prendi, fatti una cultura- le porse il piccolo scritto che Elena non accolse nel suo pugno.
La ragazza indietreggiò. –In quel diario…- parlottò –è tenuto il nome di mio fratello?- chiese severa.
-No- affermò il vecchio.
Elena fece un gesto con la mano. –Allora non ne sono interessata-.
-Tutto ciò è assurdo! Si tratta di tua madre! Prendilo!- si allungò in avanti, ma Elena indietreggiò di nuovo.
-No!- ringhiò lei. –Mi avete strappato dai miei punti fermi, Maestro! Perché accettarne di nuovi?-.
-Ti stai riferendo ad Altair?- domandò colpito.
-Non solo!- ribatté la ragazza. –Quando Rhami mi parlò di sua madre e accennò alla mansione che ella svolgeva, non credevo che… insomma… -.
Tharidl assunse un’espressione contorta, mista tra smarrimento e sorpresa.
-Che cos’è quella faccia?!- lei s’irrigidì.
-Posso sapere di cosa stai parlando?- rise di colpo, e la sua risata si diffuse fragorosa nel salone.
-Non… non…- balbettò lei, confusa e avvilita. Possibile che stesse pensando il falso?
-So bene cosa ti è passato per la mente!- ridacchiò il vecchio. –T’informo che le Dee da oggi aprono un nuovo capitolo della storia degli omicidi. Incarichi di quel genere risalgono, ecco, ai tempi della madre di Rhami!- si beffò.
-Quindi…- Elena abbassò lo sguardo.
-Elena, ma per favore! Credevi davvero che ti avrei fatto una cosa del genere?- Tharidl poggiò il diario di Alice sul tavolo e le venne incontro, cingendole le spalle con un abbraccio.
Ed Elena si strinse a lui affondando il volto nella sua casacca scura di Maestro. –Non ho idea di cosa mi sia passato per la mente, scusatemi…- mormorò.
Lui le accarezzò i capelli. –Permettimi di aggiungere che…- cominciò con voce melodiosa. –non sarei mai stato capace di fare un simile torto a tuo padre, sappilo. Lui ti mandò qui affinché ti proteggessi e t’istruissi, ma egli aveva sempre visto nelle Dee qualcosa di alquanto riluttante. A quei tempi condividevo il suo sdegno per le mansioni che Tharidl rendeva alle ragazze, e fui io stesso a gioire assieme a lui quando Alice venne bandita, perché ella, come tutte le Dee, non attendeva altro. Alla morte di Al Mualim, questo modo assurdo di disprezzare le Dee è stato rievocato, ma come ti dissi al tuo arrivo, in questo luogo dimora ancora chi non vede di occhi azzurri te né tanto meno chi ti circonda- le sussurrò.
-Dunque…- lei si distanziò appena. –non capisco cosa necessitano Kamila, Elika e Leila di insegnarmi- proferì più tranquilla.
-Devi sapere che il combattimento di una Dea si differenzia con netti contrasti da quello di un Angelo, e dopo la cerimonia ne assumerai a pieno le prime nozioni da Leila, che oso dire sia ancora la migliore- le fece l’occhiolino.
Chi? La bulla? Elena soffocò una risata che se fosse venuta fuori, non avrebbe più smesso. D’altro canto, doveva abituarsi all’idea di ridere poco alle spalle di quelle tre donne. Anche se conosceva il sufficiente necessario di Elika, Elena non si sentiva ancora in confidenza con lei. Giusto, una volta le aveva pianto sulla spalla tutti i suoi dolori, ma presto sarebbero state compagne di stanza e nulla le avrebbe impedito di trattarla come una bambola… la giovane assassina ripensò con fastidio alla scena di poche ore prima nella sala mensa, a quando le aveva pizzicato una guancia. Orribile ricordo che, in un modo o nell’altro, avrebbe rimosso al più presto.
-Apprendere da Altair potrebbe esserti ancora utile, non lo nego, ma vorrei che imparassi a sfruttare al massimo la flessibilità cui gode solo una donna- sorrise armonioso.
-Flessibilità?- domandò curiosa e meravigliata.
Lui annuì. –Avrai modo di scoprire da te che nel tuo corpo si cela una piuma che aspetta solo di essere sospinta da una fresca ventata invernale. A proposito d’inverno…- borbottò voltandosi alle vetrate. –prevedo la prima neve già dall’inizio di dicembre- sospirò.
Elena gli andò affianco.
-Come vola il tempo… mi sembra ieri che ti accolsi in una calorosa giornata d’estate tra queste mura- le carezzò una guancia, e lei arrossì.
-Prima mi avete spaventato, Maestro- disse la ragazza.
-Come mai?- aggrottò la fronte.
Elena esitò un istante. –Credevo davvero che… ma a parte quello, l’idea di allontanarmi dagli allenamenti cui mi sono abituata mi metteva ansia. Ma ora comprendo, e vi sono grata di tutto-.
-Sei tale quale a tua madre- le sussurrò abbracciandola ancora. –Tale e quale-.
Anche se non le piaceva pensare a quali tipologie di incarichi avrebbe svolto, Elena avvertiva il peso di troppi fardelli appartenuti alla sua famiglia per tirarsi indietro. In quelle vesti, sotto quelle vesti bianche e linde che indossava, si celavano l’anima di suo padre e sua madre, una parte delle quali era racchiusa nel corpo di suo fratello. La collana di Alice era come una catena di fiori che la teneva attaccata a quel luogo e a quelle vesti, che avrebbe voluto tanto bruciare… il ciondolo intarsiato nella pietra che Elena strinse tra le dita delicatamente, era tutto ciò che le rimaneva della sua famiglia, una piccola testimonianza che Tharidl e altri dicessero il vero. Non si sarebbe tirata indietro proprio ora che tutto attorno a lei stava prendendo una piega migliore, finalmente il mondo le arrideva, si disse. La cerimonia, l’investitura al rango più alto e un po’ di compagnia nelle stanze che per anni erano rimaste vuote… c’era un incantevole lato positivo in tutto quello.
Come una bambola di pezza, Elena si lasciò avvolgere dalle sue braccia che un poco le ricordavano Kalel; la stessa forza esile e delicata che solo gli adulti o i vecchi hanno.
-Maestro- chiamò ad un tratto scostandosi.
-Sì?- fece lui disponibile.
-Minha… che fine ha fatto?-.
Tharidl si guardò i piedi, spostando poi gli occhi scuri fuori dalle vetrate. –Adha non è riuscita a trovarla e temiamo il peggio… dalla biblioteca sono spariti alcuni documenti di vitale importanza, e la ragazza ci è sfuggita di mano giusto ieri notte, ne sono certo-.
-Fuggita?-.
-Le sue abilità vanno ben oltre ciò che immagini… quella donna fu una Dea, Elena, e le sue doti le sono servite per colpirci tanto in basso- brontolò.
Minha una Dea… avrebbe dovuto capirlo subito, perché la sua bellezza esagerata a la cura che aveva del suo aspetto davano a vedere una donna cui molti uomini si sarebbero inchinati.
-Perché credete che abbia fatto questo?- domandò in un sussurro.
Tharidl sospiro giungendo le mani dietro la schiena. –L’amore che aveva per Asaf l’avrebbe spinta ad allontanarsi dalla setta allo stesso modo di tua madre, ma ella era disposta a tutto pur di garantire l’anonimato delle sue azioni. Pazza e accecata dall’odio, Minha avrà visto in Corrado un modo per vendicarsi di me, suppongo… anche se mi viene celato il motivo certo. Da un punto di vista più lucido, non comprendo come mai Minha abbia stretto alleanza con l’uomo che ha comandato i soldati che uccisero Asaf. Tutto ciò è assurdo, ma non tocca a me assillarti in questo mondo. Alcuni comportamenti umani vanno ben oltre la mia comprensione…- parlottò il vecchio.
Elena allora tacque, ulteriormente confusa.
Poteva essere una coincidenza che Minha non fosse a palazzo?
-Elena, potresti farmi un piccolo favore?-.
-Ovviamente, di cosa si tratta?-.
-Vorrei che cercassi di tranquillizzare il tuo maestro. Sicuramente si sarà chiuso nelle sue stanze e posso star certo che non tornerà da me prima di domani mattina, ma ho bisogno di parlargli di altro, che se posso dire, ti riguarda. Quindi, potresti chiamarlo per me?- il vecchio allungò una mano e le alzò il cappuccio a celarle il viso, ed Elena sorrise.
-Farò come mi avete chiesto- proferì un inchino, ma Tharidl s’illuminò d’un tratto.
-Aspetta, prima avrei avuto piacere ad illustrarti alcune pagine di questo…- sfiorò la copertina scura del libro, ed Elena rimase inchiodata al suo posto.
-Va bene- acconsentì lei gioiosa e curiosa.

Tharidl la lasciò andare dopo che ebbero letto assieme una prima parte del diario di Alice.
Era ferma sulle scale con lo sguardo basso, mentre sotto braccio teneva il testo che Tharidl le aveva dato da spulciare quando ne avesse voglia.
Le rivelazioni di quelle prime pagine erano state come acqua che cade dal cielo nel mezzo del deserto, ma desiderava prendersi del tempo per pensare più affondo a tutto e tutti.
Si diresse nelle sue stanze, nelle quali non avrebbe sostato allungo dato l’incarico affidatole.
Passò per il corridoio, che trovò ancora traboccante di assassini e salì le scalette a chiocciola, fino a giungere negli appartamenti delle Dee.
Elena s’immaginò quelle stanze piene di belle ragazze. Vedeva le loro figure sinuose spostarsi da una camera all’altra, sentiva le loro risate acute alle quali le sarebbe piaciuto prendere parte. Era tempo di ricominciare a credere in loro, si disse, e nel loro operato, poiché esse, presuppose, potevano arrivare ben oltre le indagini comuni.
Elena poggiò adagio il diario sulla scrivania della sua stanza e guardò fuori dalla finestra, ove il panorama si perdeva all’orizzonte nei colori intensi del primo pomeriggio.
-Che cos’è?-.
Elena si voltò e portò una mano all’elsa della lama corta. –Che ci fai qui?! Non potresti essere qui!- digrignò.
Rhami era appoggiato all’ingresso della stanza, le braccia conserte, lo sguardo disonesto che Elena odiava tanto. –Te l’ha dato Tharidl? Che cos’è?- chiese ancora.
Il giovane stava per muovere un passo, ma la ragazza trasse dal fodero un pugnale da lancio e lo scagliò contro la parete, a pochi centimetri dal viso dell’assassino.
Rhami sorrise, ancor più soddisfatto.
-Non ti è bastata la lezioncina?- rise lei. –Ne vuoi ancora?!- sbottò irritata.
-La batosta mi è bastata… Non scaldarti tanto, voglio solo parlarti- disse serio tornando dritto.
Elena portò alla mano un nuovo pugnale. –Resta a distanza!- strinse i denti.
Rhami compié una giravolta. –Sono disarmato, vengo in pace!- ridacchiò mentre Elena notava che effettivamente non aveva con sé armi.
-Che cosa vuoi, dunque?- domandò nervosa.
Lui voltò il viso di lato e abbassò lo sguardo. –Ne sei felice?- mormorò.
Elena sgranò gli occhi. –Cosa?! Di cosa parli?!-.
-Le Dee! Stanno tornando e tu hai permesso che accadesse!- sibilò.
-Non avevo scelta, l’hai detto anche tu…- sussurrò lei. –Mi sento sola ed incompresa, e non capisco come questo possa darti tanto dispiacere- dichiarò.
Rhami avanzò ed Elena glielo permise restando vigile.
-E se ti dicessi che sono solo geloso? Perché quelle ragazze non hanno fatto altro, nella storia di questa fortezza, che rubare a noi gli incarichi!-.
Elena scoppiò a ridere. –Tutto qui? Una questione di… onore?!- rideva e non riusciva a fermarsi.
Rhami era tanto stupido? Gli Angeli della Morte di Masyaf potevano essere tanto stupidi?!?
-Non sto scherzando- sorrise lui. –davvero!- aggiunse allegro.
Dannata gelosia, che spingeva gli uomini a compiere azioni assurde, pensò tornando dritta e constatando che Rhami si era avvicinato ancora.
-Allora non ci siamo capiti- fece maliziosa.
-Oh, scusa tanto- indietreggiò con un saltello.
Guardare i suoi occhi azzurri e notare quanto si somigliassero, le dava fastidio. Così ad Elena balzò in mente un dubbio cui voleva sbarazzarsi al più presto.
-Tua madre- cominciò lei. –Tu l’hai conosciuta?- domandò con un filo di voce.
Il ragazzo soffocò il suo sorriso. –Sì. Se non fosse stato per Al Mualim, ora non sarei qui…-.
Ed io vivrei una vita tranquilla, pensò Elena. –Cosa?!- sgranò gli occhi.
Rhami s’incupì ed indietreggiò ancora fino ad allontanarsi nel salotto.
-Aspetta!- lo chiamò Elena correndogli dietro.
L’assassino, scoprì Elena, si era affacciato ad una delle immense vetrate aperte del salone e guardava il sole specchiarsi sui tetti della fortezza e splendere sulle piume argentate di Rashy che compieva acrobazie gioiose nell’azzurro firmamento.
La Dea gli si avvicinò con cautela e, cogliendolo con un’espressione afflitta e rassegnata che Elena non gli aveva mai visto, si permise di affiancarsi a lui. –Stai scherzando, vero?- balbettò.
Rhami soffocò una risata. –Ti prego, non fraintendere, Al Mualim non è mio padre… non ho idea di chi sia mio padre- proferì tornando serio.
-Ah, ecco… infatti- si aggiustò i capelli. –Credevo… eheh…-.
Rhami le volse un’occhiata, ma tornò alla svelta al panorama. –Sono figlio d’ufficio, capisci? Sono stato concepito in un incarico!- non riuscì a trattenere la collera.
Elena d’un tratto comprendeva.
-Rhami- mormorò il suo nome e lui si girò a guardarla, i loro occhi di ghiaccio s’incrociarono.
-Io… non pensavo, mi dispiace tanto- continuò lei non riuscendo a tenere quello sguardo.
Il ragazzo prese un gran sospiro, mentre una brezza fresca gli scompigliava i capelli ramati. –Non potevi saperlo; ed io non mi sentivo pronto a dirtelo- proferì accigliato.
Ecco cosa rischiava una Dea negli anni passati. Ecco qual’era il tormento che assillava quel povero ragazzo, pensò. Essere figlio di una missione non andata come si sperava, non conoscere il nome del proprio sangue… Elena capiva bene come si sentiva. La ragazza comprendeva meglio di altri cosa Rhami stesse provando in quel momento. Lo stesso sconforto, la stessa rabbia, la stessa dannata colpa che in ogni caso doveva cadere sempre su sé stessi. Un dolore profondo che segnava l’anima con una croce bella e buona che andava durare per tutta la vita.
-Ovviamente non ne vado fiero- bisbigliò lui –ma quando Tharidl mi disse la verità che invece Al Mualim mi aveva tenuto nascosta, accettai il mio destino e solo allora iniziarono i miei addestramenti. Solo all’età di 16 anni appresi l’essenza di essere un assassino. Ero mosso dalla vendetta, dalla voglia di scovare il bastardo che aveva lasciato in cinta mia madre e, se fosse stato possibile, di uccidere Al Mualim con le mie stesse mani. Egli aveva affidato a mia madre il compito più vile tra tutti, ovvero intrattenere la vittima. Un altro assassino avrebbe pensato al resto la mattina successiva… ma questo non si fece vedere e la missione si concluse con la fuga di mia madre. Non ero orfano, non ero figlio di nessuno se non di una puttana! E questo mi faceva arrabbiare e litigare molto spesso con mia madre, che alla fine lasciò la setta come tutte le altre Dee. Da lì non la rividi più, e ora sento mancarmi la famiglia che non ho mai avuto. Lei mi aveva abbandonato al mio destino, lasciandomi alla mano nient’altro se non il mio stesso dolore, che avrei usato come arma il giorno in cui sarei divenuto assassino. Ogni Angelo di questa fortezza ha la sua storia, i suoi dolori, le sue paure, i suoi timori… io mi sentivo all’epoca quello nelle condizioni peggiori. Scartato da tutti, isolato, messo da parte anche negli incarichi e visto di malocchio per quello che ero. Non noti una certa somiglianza? Poi sei arrivata tu…-.
Elena sollevò il volto e si trovò a stretta distanza con quello dell’assassino.
Ghiaccio che scioglieva, pensò Elena fissandolo negli occhi.
Rhami si chinò appena su di lei, ma Elena riuscì a sottrarsi al breve contatto delle loro labbra.
-Certi istinti non riesci proprio a tenerli per te?- domandò rigida.
Rhami scosse la testa, ed Elena rise.
-Sei patetico, avanti, vattene- indicò le scale.
L’assassino sorrise malizioso. –Vuoi davvero che me ne vada?-.
-Ah!- la ragazza si avviò. –Fa’ come meglio credi, ma se non te ne vai tu, levo le tende io!- sbottò scendendo al piano di sotto.

Rhami si guardò attorno, scrutando ogni particolare della stanza che quella “famosa” notte, a causa del buio, non aveva avuto modo di adocchiare. Il ragazzo avanzò sfiorando le federe del letto con due dita, e si fermò di fronte alla scrivania, sulla quale Elena aveva lasciato quel buffo piccolo tomo.
Lo prese tra le mani e cominciò a sfogliarne alcune pagine.
-Che cosa stai facendo?- Marhim entrò nella camera e gli si fermò alle spalle.
Rhami si voltò lentamente, con gli occhi ancora chini sul libro. –Tu perché sei qui?- chiese assorto.
-Rispondi alla mia domanda!- sbottò Marhim. – Che cosa stai facendo qui? Dov’è Elena?-.
Rhami alzò lo sguardo e fulminò il ragazzo con un’occhiataccia. –è nella stanza accanto, sul letto, nuda!- rise. –è stato divertente- aggiunse.
Marhim trovò la battuta tutt’altro che divertente. –Vattene, non puoi stare qui-.
-E tu sì?- Rhami faceva finta di ignorarlo rispondendogli con tono seccato. Nel frattempo leggeva il diario di Alice che stringeva tra le mani, sfogliando pagina dopo pagina.
-Perché non è qui? Gli assassini l’hanno vista salire- disse il ragazzo.
Rhami lo guardò torvo. –Vista salire ma non scendere?-.
Marhim scosse la testa.
-Strano- Rhami chiuse il diario di colpo e lo poggiò sul tavolo. –Sarà in giro sul piano- suggerì avviandosi.
Marhim lo afferrò per il cappuccio quando gli passò affianco.
L’Angelo più esperto lo fulminò con lo sguardo. –Che vuoi?!- digrignò.
Marhim cacciò la paura. –Stalle alla larga, chiaro?- proferì con quanto tono serioso gli era possibile.
-Sa essere distaccata quando vuole, dovresti ronzarle attorno meno anche tu!- Rhami si divincolò dalla presa e, con passo svelto quasi di corsa, scese le scale.

Elena esitò sulla porta, il braccio alzato, la mano in procinto di bussare.
Il corridoio alle sue spalle taceva, ma si diffondeva il canto degli uccellini e il crosciare continuo della fontana del cortile.
La ragazza si allontanò di un passo dall’ingresso serrato della camera. Si guardò attorno, ripensando che non era stata una buona idea. L’aveva visto così nervoso, turbato mentre parlava col Gran Maestro. Era più prudente andarsene e infischiarsene, ed Elena fece per obbedire alla sua coscienza sporca.
Un grido violento, e dall’altra parte della porta Elena colse il suono di fogli di carta che sbattevano, alcuni oggetti che si rovesciavano al suolo e poi una voce che strillava: -Rashy!- con estremo stupore e rabbia.
Elena allora scostò una battente della porta e si sporse nella stanza.
Rashy, l’adorabile falchetta, era con le ali spalancate poggiata sul cornicione della finestra aperta. Lo sguardo spaurito, il becco socchiuso e impiegato in un sibilo acuto e costante.
Sul pavimento erano sparsi fogli di tutti i generi, assieme ad un mucchio di libri, e in piedi dietro la scrivania c’era il suo maestro d’armi che in volto aveva solo agitazione mista a sbigottimento.
Rashy emise un nuovo grido, ma Altair si apprestò a serrargli il becco con una mano. –Smettila!- la rimproverò l’assassino richiudendole prendendola sotto braccio. Quando lasciò la presa dalla sua bocca, Rashy andò ad aggrapparsi alla sua veste fino ad arrampicarsi sulla sua spalla.
-Che cosa le è preso?- domandò Elena, e Altair fu alquanto stupito di vederla lì.
L’assassino tacque un istante. –Non ne ho idea, ma non deve essere stata una bella cosa- borbottò guardando la falchetta.
Elena si apprestò a raccogliere da terra le pergamene che l’atterraggio agitato di Rashy aveva sparpagliato sui tappeti.
-Lascia, ci penserò io più tardi- disse Altair aggirando lo scrittoio. –Tu puoi andare- aggiunse severo.
-Veramente…- cominciò lei raggruppando i tomi di esile carta gialla in grembo. –Tharidl mi manda a parlarvi - annunciò poggiando le carte sul tavolo, e chinandosi a raccogliere il resto della roba sparsa a terra: c’erano delle piume d’oca bianche usate per la scrittura, una bussola, un compasso, fermacarte. Elena raccolse tutto ai piedi del suo maestro che la guardava in silenzio.
-A parlarmi di cosa?- sbottò irritato.
-Di noi- proferì sollevandosi.
Altair alzò un sopracciglio.
-Cioè…- balbettò lei arrossendo. –Non di “noi”! A parlarvi di “noi” Dee…- gli volse un’occhiata.
-Come mai? So già abbastanza di “voi” e non intendo…-.
Elena scosse la testa, guardando Rashy che, scivolando giù dal braccio del suo maestro, zampettò sulla scrivania.
-No, più che altro egli mi manda a spiegarvi, come disse a me, che le Dee non svolgeranno più quel genere d’incarichi che vedete di mal’occhio. E ne sono tanto felice anche io. Inoltre, voleva che vi calmassi. Insomma, sembrate così teso…- mormorò ridendo.
Altair indietreggiò, tornando dietro la scrivania. Abbassò lo sguardo e tentò di mettere ordine sul tavolo. –Non so di cosa tu stia parlando-.
Sul volto di lei si disegnò un istantaneo sorriso malizioso. –Ma maestro- rise. –lo so io e voi no?- domandò giocosa.
-Ti ripeto- realizzò serio. –Non so. Di cosa. Tu stia. Parlando- ripeté.
Elena allora aggirò la scrivania e gli fu affianco. –Devo darvi io la notizia?-.
Altair perse la compostezza della schiena e crollò sulla sedia dello scrittoio, massaggiandosi il volto con le mani. –Va bene, va bene…- sibilò.
Elena sedette sulla scrivania e rimase con le gambe a penzoloni, mentre sistemava bene la veste ai suoi lati. –La vostra memoria dunque funge, maestro- ironizzò.
Lui poggiò le braccia sui braccioli e le lanciò un’occhiata neutra: -te l’ha detto Adha?- chiese affranto.
Elena fece la vaga. –Diciamo che… no-.
Altair a quel punto fu ancora più scioccato. –E come lo sai?- sbottò.
Elena si strinse nelle spalle. –Quando l’avete detto al Rafik di Acri ho ascoltato poco e niente, ma…- mormorò. –ma capito abbastanza-.
L’assassino puntò il suo sguardo silente dritto davanti a sé. –Ah, ecco- disse solo.
Il silenzio calò nella stanza, mentre Rashy aggrappata al balcone della finestra, si spulciava piuma dopo piuma le ali privandole della sporcizia accumulata.
Seduta sulla scrivania del suo maestro, che taceva in un ostinato mutismo, Elena si guardò attorno. Lanciò un’occhiata alla libreria, sui quali scaffali si allungava una scaletta mobile. Osservò taciturna Rashy che completava il suo bagno, contò gli uccellini che svolazzavano nel giardino fuori dalla finestra. Si lasciò cullare dal loro canto melodioso, ammirando il paesaggio di campagna che si perdeva fino ai piedi delle montagne.
-Effettivamente non era vero-.
Elena si voltò, e si accorse che gli occhi scuri del suo insegnante d’armi erano su di lei. –Cosa?-.
Altair rimase impassibile. –Non era vero che Adha aspetta un figlio da me- pronunciò poggiando i gomiti sul tavolo. Curvò la schiena e guardò altrove.
Elena sobbalzò. –Da un altro?- balbettò.
–No…- rise l’assassino.–Mi ha dato la notizia di sfuggita prima di partire per Acri. Quando sono tornato mi ha detto che non era vero- bisbigliò inquieto.
Ecco cosa intendeva Tharidl con “non è certo”.
Elena si rattristì, condividendo quella mancata gioia del suo maestro. –Mi spiace- mormorò chinando la testa.
 -Non dovrei condividere con te certe informazioni- proruppe Altair alzandosi. –Avanti, scendi dalla scrivania- la guardò torvo.
-Oh, scusate…- Elena fece un balzo in avanti e scese dal tavolo arrossendo.
-Hai piani in mente per oggi?- le chiese sorridendo.
-Non particolarmente, perché?- rispose speranzosa che avrebbero fatto qualcosa assieme.
-Se non sbaglio- cominciò lui –Marhim è tornato questa mattina, e non vi eravate dati appuntamento per un piccolo ripasso didattico?-.
Uffa, pensò lei.  -Sì! Avete ragione- disse e proferì un inchino. –Meglio che vada, maestro- si avviò all’uscita e aprì la porta.
L’Angelo seguì i passi della Dea perdersi nel corridoio, poi il silenzio calò in quell’ala della fortezza.
-Avanti, anche noi abbiamo molto da fare- Altair allungò un braccio e Rashy si avvinghiò ad esso. –Ti accompagno a caccia- disse mentre la falchetta saliva sulla sua spalla.


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“-Hai piani in mente per oggi?- le chiese sorridendo.
-Non particolarmente, perché?- rispose speranzosa che avrebbero fatto qualcosa assieme.”


Prego i gentili ascoltatori di non fraintendere il significato di queste parole: Elena intendeva chiaramente “qualcosa” come per esempio un allenamento extra o alcune lezioncine teoriche. (lo ammetto, i pensieri sconci sono balzati in testa anche a me!) XD


Elika95 ringrazia i gentili ascoltatori:


Saphira87
goku94
Lilyna_93
Carty_Sbaut


X Saphi: su msn ti ho detto… troppo. Tutti quelli spoiler, dio, ti avrò rovinato parecchio le sorprese, riducendo il finale della storia a 2 opzioni. Che crudele che sono, e ancora non so come farò per sdebitarmi. Come promesso, ho aggiornato questa sera, e mi sarebbe tanto piaciuto che tu facessi altrettanto… ç_ç Hmm, che altro? Ah, certo. Ebbene, sì, le Dee tornano alla carica, ma per il bene di Elena e della setta Tharidl ha rievocato quel “genere” di incarichi che svolgevano una volta le assassine. Leila e Kamila sono solo due delle centinaia di giovani ragazze che finalmente popoleranno i piani alti della fortezza!!! XD Altair nella biblioteca, quando ha colto in fragrante Marhim ed Elena, era arrabbiato perché Tharidl le aveva chiesto di prendere quel “testo” che aveva stillato in lui parecchi dubbi che non gli andavano a genio… e ci è rimasto un poco così O.O nel sapere che tornavano le Dee… chissà perché ù.ù ehehe (me ride malignamente: muhahahaha). Alla proxima puntata allora, e ci si becca su msn, ciauuu! P.S. Ovviamente spero che questo chappo ti sia piaciuto! XD

X goku94: spero che tu sia riuscito a trovare del tempo tra lo studio e tua madre per leggere questo chappo, che alla fine non è stato così pieno come credevo. In questo capitolo avrei dovuto mettere la cerimonia e tutto il resto, il “zappa dito della mano sinistra” per intenderci. Mi sono allungata troppo tra i litigi di Tharidl e Altair (che è diventato ad un tratto piuttosto isterico o.o). recensisci appena puoi, un saluto e ci si becca su msn, ciao!

X Carty e Lilyina: Carty, sono contenta che la mia ff ti piaccia, e Lilyna… dove sei finita? Avanti, questa punizione non durerà in eterno, ma piuttosto… ho visto che ti hanno taggato l’accaunt, perché sulla pagina del tuo profilo c’è una scritta strana e assurda, devo dire O.O è successo qualcosa che ha fatto incazzare quelli del server? Insomma… vedi tu e, se questo avviso lo sta leggendo Carty, puoi riferirglielo? Grazie ad entrambe e un saluto.

X Angelic, Assassin, Diaras:  fatevi sentireeeeee ç_ç

Ok cari ascoltatori, radio Elika chiude questo aggiornamento dandovi appuntamento alla prossima puntata oppure all’altra ff, come preferite. Un grosso “GRAZIE E VI ADORO” a tutti coloro che seguono la mia ff nonostante: gravosi errori di grammatica, soggetti sintattici “troppo” sottintesi o assenti, parolacce ben distribuite, quindi quasi assenti, e termini come “lampadina” che nel XII secolo non esistevano XD notte a tutti!


   
 
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