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Autore: PerseoeAndromeda    11/03/2009    1 recensioni
Ho ucciso mio padre, maledizione, l’ho ucciso e non ne sono pentito! L’ho ucciso e lo ucciderei mille volte, lo ucciderei ogni volta se dovesse risorgere! Come puoi negare gli istinti omicidi di un parricida non redento?! Rivivere tutto… tutto daccapo… solo per raccontarlo a loro… Cos’è questo male al petto? Non è vero quello che sento, non è male al cuore, non può essere quello, eppure…
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Shun, Phoenix Ikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL GHIACCIO NEL CUORE

Una delle tante fanfic tematiche organizzate dalla mailing list Il tempio di Shun^^

Di scena Mime, Shun ed Ikki.

Un bacio a tutti^*^

 

 

 

 

IL GHIACCIO NEL CUORE

 

- UNA TRISTE MELODIA -

 

 

 

E’ davanti a me, con quel visetto d’angelo, a predicare come un profeta, altro che guerriero! Che ne sa lui? Come si permette di indagare, come può pretendere di sapere di me più di quanto io conosca me stesso?

Una musica come la mia non può che essere prodotta da un cuore gentile, dice lui! No… non ha capito niente! Devo dire che l’ho ingannato meglio del previsto questo bambino… piccolo, ingenuo… mi è bastato insinuargli un dubbio, un piccolo, minuscolo dubbio ed egli è crollato. Eppure, neanche adesso che mi sono rivelato riesce a scorgere tutto l’odio che covo nel cuore… perché è il suo animo ad essere gentile e a non volerlo vedere questo odio, si rifiuta di vederlo, lo rifiuta!

Come vorrei raccontargli tutto, svelargli il mio passato perché capisca, questo angioletto candido, quanto lontano io sia dalla persona che crede di vedere! Sono nato nell’odio, cresciuto ed educato nell’odio, nient’altro che odio ho visto intorno a me… e per l’odio combatto e mi appresto ad uccidere questo bimbo incapace di odiare.

É vulnerabile ed indifeso e proprio non riesco a comprendere le ragioni per cui si è spogliato della sua sacra armatura di Andromeda; per quanto tenti di spiegarmelo le nostre vie mentali sono distanti anni luce… e mi minaccia pure… se gli do lo zaffiro mi risparmierà. É sicuro della sua forza il ragazzino, lui che sembrava così timido… sì… è sicuro della sua forza, ma non si direbbe orgoglioso di questo; c’è anzi tanta tristezza nel suo sguardo quando mi dice di avere, purtroppo, molte speranze di battermi.

Purtroppo?

Chi è questo giovane? Come pensa, come ragiona?

Lo devo ammettere, mi incuriosisce; mi incuriosisce perché… è simile a me? Ma cosa vado a pensare?

La sua maledetta catena non mi sente nemico perché è egli stesso a non percepirmi come tale.

No… non è vero… rieccola questa maledetta insicurezza, per colpa della quale quasi mi sembra di capirlo, di comprendere quel cuore incorrotto, incontaminato. Dentro di me so che potremmo essere fratelli, ma io respingo un tale pensiero, io non sono buono, non posso più esserlo, non posso e non voglio! Non dopo quello… quel maledetto giorno! Ogni briciola di bontà, se mai l’ho posseduta, scomparve dal mio animo nell’istante stesso in cui commisi quel crimine. Se n’è andata la bontà, volata via insieme al mio cuore gentile che questo piccolo uomo qui davanti a me crede ancora di vedere!

Ma come può vederlo, come se non c’è più?

Non c’è più, io lo so, non esiste più il musico dalle dolci, pure melodie! Solo morte arrecano adesso le mie note! Perché insiste nel voler vedere quello che non c’è? Perché io sento uno strano pizzico al petto? Perché sento battere quello che non c’è? E perché mi fa male? Da quanto non ascoltavo questi battiti, perché convinto di non avere nulla, dentro di me, che potesse battere?

No… no, non cederò! Non ci riuscirai, sacro guerriero di Athena! Non ti darò lo zaffiro! Scatena pure la tua tempesta, io la aspetto! É forte… è potente… non sei più il dolce angioletto, vero?

Bravo, dimostrami che puoi essere un guerriero, dammi un po’ di soddisfazione, cosicché io non debba ridurmi a massacrare un pargoletto indifeso! Mostrami che vali qualcosa, Andromeda, mostrami la tua vera forza! Mai avrei immaginato che celassi qualcosa di così devastante dentro di te!

Intorno a me tutto si sgretola, si distrugge… l’intero potere di una galassia si sta scatenando tra i ghiacci di Asgard!

Sono le corde della mia cetra a salvarmi, devo ammetterlo, non è stato facile e lui crede di avermi spazzato via.

Rimango ad osservarlo dall’alto: si guarda intorno, sperduto, spaventato sembrerebbe da ciò che ha scatenato intorno a sé e poi crolla in ginocchio. Crede di avere vinto e ciò non lo rende felice.

Non so cosa mi spinga a restare ad osservarlo così a lungo.

Rimane immobile, spossato nel fisico e nello spirito, ma trema in ogni frammento delle membra, completamente atterrato e atterrito dal suo stesso potere. Non mi sbagliavo quando, poco tempo prima, gli dissi che uccidendolo avrei posto fine al suo dolore, non sbagliavo a ritenere che la vita non gli riserverebbe altro che afflizione. Mi fa pena davvero e sono comunque stanco di giocare al gatto col topo… mi fa pena e mi fa rabbia, una parte di me desidera vederlo soffrire in una lunga agonia prima di concedergli l’ultimo respiro… e quella parte di me sa come procurargliela una tale agonia. Basta giocare con i suoi sentimenti, con il suo cuore così vulnerabile… ora giocherò con il suo corpo… la mia cetra giocherà con il suo corpo…

Perché voglio che soffra?

Perché quell’esserino dal cuore grande sta facendo soffrire me e merita che io lo ripaghi con la stessa moneta! Mi sta facendo soffrire dentro, io che sono così insensibile a tutto! Mi fa male il petto a causa di quel cuore che credevo non esistesse più e che voglio di nuovo far scomparire massacrando un bambino innocente e troppo buono… voglio farlo sparire perché crea troppo dolore… voglio far scomparire il bambino innocente e buono che sta cercando in tutti i modi di tornare dentro di me!

Me la pagherai Andromeda, ti farò pentire di avere rinnovato la mia sofferenza!

É allibito nel vedermi illeso e scorgo la paura in quegli occhi grandi, paura perché sa di avere esaurito le proprie risorse ed ogni forza residua… ed è pur sempre un bambino consapevole di essere in punto di morte… davanti alla morte, anche il coraggio trema.

E lui non prova neanche a reagire, leggo nei suoi occhi la consapevolezza della sconfitta dopo che mi ha mostrato le sue maggiori risorse; ma le hai davvero impiegate al massimo, Andromeda? Non ti sei forse un poco risparmiato perché, nonostante tutto, l’idea di attaccare per uccidere ti sconvolge oltre ogni dire?

Non ho bisogno di chiederglielo a voce, mi è bastato questo nostro, unico incontro per comprendere pienamente il suo cuore: no, non ha dato il massimo, era convinto di farlo, mi ha aggredito con la sua tempesta dicendo a se stesso che mi avrebbe ucciso, ma il suo animo lo ha frenato senza che neanche lui se ne rendesse conto… e ancora non se ne rende conto perché il suo stupore è sincero.

E’ vero, se il Nebula Storm venisse liberato nella sua massima potenzialità, di questo luogo non rimarrebbe nulla… non solo io ma neanche queste rovine, neanche la neve forse; mi è bastato assaggiarlo per saperlo, il cosmo del piccolo sacro guerriero dal delicato candore non ha realmente confini e lui lo domina anche quando ritiene di non farlo, lo frena, lo inibisce questo suo potere perché in realtà lo terrorizza, forse è ciò che lo terrorizza di più al mondo. Andromeda ha trascinato la propria vita sino a qui convivendo con un segreto che nega a se stesso e che, credo, nessuno ha realmente capito; solo, è completamente solo nel suo dolore e nella sua paura, ci voleva un avversario come me per leggergli dentro, perché il mio cuore…

Vorrei urlare, cosa stavo per pensare? Che il mio cuore batte all’unisono con il suo? Che è in simbiosi con il suo? Ma quale cuore? Io non ho cuore, se c’è dentro il mio petto qualcosa di vagamente simile non è altro che un muscolo atto ad espletare le proprie funzioni vitali, per il resto è freddo, congelato, tale deve restare!

Io ti odio, Andromeda, odio quel che stai cercando di farmi fin dall’inizio di questa battaglia, non te lo permetterò!

La mia ira è tale che, se ora mettessi le mie mani sul suo corpo, lo smembrerei, brano a brano, fino a ridurre le sue carni in brandelli lasciandolo vivo a gridare; gli avevo promesso che avrei posto fine alle sue sofferenze ma adesso non voglio, non mi fa pena, io non so provare pena, desidero sfogare su di lui la rabbia che mi ha provocato e non mi importa se ha sofferto ogni singolo giorno della sua esistenza, voglio che soffra ancora fino all’istante prima di morire e voglio che ci metta tanto, vorrei torturarlo per giorni e giorni finché il sangue giunga a rivestire ogni singolo millimetro di questa pelle di neve, finché la sua innocente avvenenza sia del tutto sfigurata e sconfitta e lui, ancora cosciente, dovrà continuare a piangere e urlare per la sofferenza!

Sto impazzendo, mi ha portato ad un punto orribile il piccolo bastardo, sono vuoto, sono cattivo, non sono sensibile, ma non sono neanche una bestia e le mie fantasticherie non hanno nulla di razionale, devo fare un passo indietro ed affidarmi ad i miei soliti metodi: un po’ di dolore per poi spegnersi lentamente, addormentarsi sulle note di una ninna nanna, perché non concederglielo, in fondo? Non posso negare che lo meriti, per quanto io sia adirato so riconoscere un animo nobile… e so riconoscere chi sarebbe in grado di morire interiorizzando la mia arte… in fondo è questo che conta per me, non certo generosità e pietà nel cullare i suoi ultimi respiri, ma costruire un capolavoro con le mie note, farle apprezzare, amare, sognare dalle mie vittime che dovranno trovarle bellissime, che dovranno godere di esse fino a dimenticare che non potranno godere più di altro. D’altronde è giusto, dopo aver toccato il culmine della bellezza con la mia melodia, quale senso avrebbe, per le mie vittime, vivere ancora? Che senso avrebbe trovare altre motivazioni per esistere, dopo?

Quindi preparo la mia cetra, lui fa un passo indietro, intuisce cosa sta per accadere ed una parte di me vorrebbe sussurrargli dolcemente di non avere paura, perché la sua fine sarà dolce, si spegnerà nell’oblio, dimenticando il sangue che scorrerà sul suo corpo, così come il sangue che ha tracciato la strada della sua crescita di ragazzino non ancora entrato nell’età adulta ma già troppo ferito dalla vita.

Non ha il tempo di muoversi, ma è più probabile pensare che, al punto in cui è giunto, neanche ci proverebbe a scappare, credo che in realtà non abbia mai voluto scappare da una battaglia, anche se non lo ammetterebbe mai, una parte di lui non vede l’ora di scomparire dal mondo, è più stanco di quanto voglia ammetterlo ed accoglierà la fine, intimamente, con gratitudine.

Le corde della cetra lo avvolgono, giocano con il suo corpo come serpenti avidi di lui, del suo sangue, della sua linfa vitale ed il piccolo allarga le braccia quasi accogliendole, per quanto il suo viso appaia sconvolto, in alcuni atteggiamenti del suo corpo risulta chiaramente rassegnato; trema, emette qualche esclamazione di sorpresa ma… accetta… ancora prima che la mia melodia abbia su di lui effetto concreto lui già sta accettando la sua sorte. Probabilmente ha un pensiero per i suoi compagni, per la sua Dea, per quel fratello che quasi mi sembra di conoscere, perché la sua presenza costante nei pensieri di Andromeda è, in un certo senso, palpabile; probabilmente sta pensando a loro, sì, ed anche in questi istanti, decisivi per lui, non è su se stesso che riflette ma sui sensi di colpa perché li sta abbandonando.

Ed una riflessione sul fatto che loro, invece, l’hanno abbandonato fin dall’inizio, neanche lo sfiora, perché non conosce come me l’animo umano, nonostante tutto lui crede, ha fede, spera, si sente in torto nei confronti di coloro che, sicuramente, tanti torti hanno compiuto contro di lui, perché è troppo facile colpire, ferire, tormentare un cuore perfetto come il suo persino senza rendersene conto… e forse, davvero, alla fin fine proprio io gli sto facendo del bene più di quanto gliene abbiano mai fatto i suoi affetti crudeli.

Il sangue scorre attraverso le sue vesti a brandelli, il suo corpo tremante si abbandona, vinto, in balia di sensazioni che a voce non saprebbe spiegare e che non saprei spiegare neanche io, perché non si può rendere a parole ciò che le note, se manipolate dall’arte, riescono a creare. Non mi sfugge l’occhiata tra il supplice e l’indifferente che lancia alla sua catena, giacente come un qualunque pezzo di ferro senz’anima del quale nessuno intuirebbe i poteri nascosti. Ed in effetti non è altro che un inerme, inutile oggetto in questi istanti, non interviene a proteggere il suo cucciolo di saint, anche lei irretita da me, questo probabilmente crede il bimbo, senza rendersi conto che, in realtà, è sempre lui che non la vuole, che non desidera la sua difesa, perché nonostante tutto continua a non sentirmi nemico, in fin dei conti non ha neanche tutti i torti adesso, non gli sto forse regalando l’eterna pace?

La pace… per ora si accompagna alle sofferenze delle ferite che la mia cetra infligge al suo corpo screziato di rosso, le sue membra ancora subiscono le sensazioni legate alla materia ma per poco, ancora qualche istante, e questo dolore si fonderà con il lieto abbandono; la ninna nanna sta giungendo implacabile e suadente verso la sua conclusione e presto l’ultima nota canterà con l’ultimo suo respiro. A tratti chiudo gli occhi, per concentrarmi assorto, a tratti li apro per nutrirmi degli effetti che il mio colpo più potente sta avendo su colui che lo subisce e devo ammetterlo… lui ne è degno… mai ho visto una creatura a lui pari, in cui la bellezza del corpo è un tale, straordinario riflesso della bellezza interiore. Sono portato a pensare che il suo aspetto fisico non sia mera materia ma il risultato della sua essenza.

E’ bizzarro come in un momento simile io riesco ad elucubrare in tal modo sulle grazie di questo fanciullo, ma ha anche una sua logica: tra tutte le mie vittime mai nessuna è stata altrettanto degna della mia musica; in quella figurina plasmata nella grazia più pura io cerco l’ispirazione di cui abbisogno per concludere trionfalmente il mio requiem di morte.

L’ultima nota, l’ultimo respiro, l’ultimo sprazzo di vita…

Le corde si spezzano, il mio urlo di sorpresa accompagna la caduta di Andromeda sul manto di neve che il suo sangue spruzza di chiazze scarlatte e la nuova presenza si palesa ai miei occhi…

Ikki di Phoenix… colui che viveva nel cuore e nell’anima di Shun è diventato umana consistenza nell’istante più estremo.

E così è questo il fratello di Andromeda, così non ha voluto lasciarlo andare, non ha voluto perderlo; sa di essere egoista? Ne è consapevole, il premuroso fratellone? Sa che ha impedito al suo angioletto di trovare la pace e l’ha condannato ad ulteriore sofferenza?

Oh, sì che lo sa, glielo leggo negli occhi di fuoco, quando me li punta contro, dopo che lo invito a riflettere sul male che ha causato al fratellino salvandolo! Al male che ha causato al suo… amore… già, come non capirlo? Come non percepirlo in quello sguardo che si scambiano, in quelle lacrime che scorgo, per quanto prigioniere, negli occhi della Fenice? Non ne sono consapevoli neanche loro probabilmente, ma a me non possono nascondere nulla, altro che tenero amore fraterno, lo sguardo di Phoenix è uno sguardo d’amore… e di possesso. Dentro di me rido, perché ciò che vedo, che interpreto, conferma il mio pensiero: Ikki di Phoenix è un egoista e lo sa, per questo è talmente arrabbiato, arrabbiato con me che ho osato sfiorare il suo tesoro ma anche arrabbiato con se stesso perché non può negarlo: sopravvivere ancora in questo mondo d’orrore significherà, per Shun, soffrire ogni singolo istante della sua gentile esistenza condannata alla perenne tragedia.

Un’altra battaglia dunque, cambierà la vittima, non cambierà il risultato, per quanto sia differente questo giovane che già sembra un adulto se paragonato a quel pulcino che ancora non riesce a riprendersi e che ha nello sguardo il senso di colpa per non poter lottare accanto al fratello: questi non glielo permetterebbe d’altronde, il suo egoismo prevale in ogni caso, preservare il suo tesoro anche a costo di umiliarlo e farlo sentire un nulla, un incapace… che importa ad Ikki di Phoenix? Ciò che conta, per lui, è tenerlo tutto per sé, non è vero? E maschera questo suo morboso bisogno dietro l’istinto protettivo dell’amorevole fratello maggiore.

E quel bimbo ingenuo lo adora come se avesse di fronte l’impeccabile divinità, lo venera, è così evidente, che sciocco! Che sciocchi a tenere così in conto i sentimenti… i legami affettivi… legami di sangue poi… quanto di più orribile, traditore, falso possa esistere nell’intero universo!

E’ un grosso errore per questi due esserini patetici mostrarsi così uniti davanti a me, loro non sanno che io vedo, nel loro rapporto tanto stretto, unicamente un’illusione che finirebbe comunque per spezzarsi, perché a nulla valgono i buoni sentimenti in questo mondo… ma non avranno la sfortuna di vedere il momento in cui la rottura giungerà, definitiva, a straziare le loro anime, moriranno prima, anche se forse non meritano una tale generosità da parte mia ma moriranno e con piacere, tra un po’, vedrò sangue scarlatto correre lungo il corpo della virile fenice.

E’ divertente far assaggiare anche a lui il suono delle mie corde pizzicate, genera in me un orgoglio senza pari scorgere lo stupore, lo sconvolgimento su quella faccia tosta, molta più soddisfazione, addirittura, di quanta ne abbia provata con il suo fratellino, chissà perché! Forse perché è così megalomane, così pieno di sé, così sicuro di essermi superiore; non può esservi nulla di meglio che prendermi gioco di un simile vanaglorioso.

Il piccolo Shun sta urlando, prova a metterlo in guardia, a spiegargli come evitare la mia trappola in musica ma dopo pochi passi ricade a terra quasi privo di sensi e Phoenix neanche lo ascolta, non fa neanche finta di accettare un aiuto a parole, piuttosto preferisce morire, quanta boria, quanta superbia racchiusa in un così patetico guscio umano!

Troppo facile, davvero troppo facile; l’ultimo pizzico, il colpo di grazia, mentre il bimbo rialza il capo e grida la sua disperazione, perché si rende conto anche lui che l’adorato Niisan è perduto per sempre.

Questo è quel che credo, ma mi inganno; più coriaceo di quanto mi fossi aspettato ancora mi fronteggia, mi assale, costringendomi al corpo a corpo, le nostre mani si scontrano… e sorride, osa sorridere il bastardo! Mi sfida parlandomi del suo colpo di cui ancora non mi è dato conoscere la natura. Perché Phoenix? Credi che mai la conoscerò? Credi che ti darò il tempo di farmela conoscere? Perché mi fissi in quel modo?

Il sorriso è sostituito da un’espressione di cui non lo credevo capace; stupore? Non mi piace quello che leggo adesso in quegli occhi, voglio convincermi di essermi sbagliato, devo sbagliare, ancora tenta di ingannarmi!

Comprensione?

Non la voglio la sua comprensione, perché questi maledetti avversari sono così… patetici… sì… ancora questa parola perché nessun'altra potrebbe definirli nel modo migliore; perché anche negli occhi di Phoenix, adesso, scorgo bontà? Cosa porta le persone ad illudersi ancora che la bontà possa esistere e possa condurre a qualcosa di buono?

Lo spingo via da me, alcune gocce di sangue piovono al suolo e non riesco a capire se siano sue… o mie… no… sono mie… in fondo non importa, non è il sangue che conta ma qualcosa che mi pizzica dentro e che mi spinge a fissare questo ragazzo… quest’uomo… che sembra volermi parlare con gli occhi.

“Non ho mai conosciuto un uomo come te…”

E’ vero… è proprio così… mai conosciuto… e per questo lo odio ancora di più!

Nel suo sguardo leggo l’ammirazione nei miei confronti e la cosa solletica il mio orgoglio, ma c’è anche qualcos’altro, che invece mi infastidisce; risponde alle mie provocazioni con una calma che urta i miei nervi, sta cercando di raccontarmi una storia, di farmi credere che era come me, un insieme di parole l’una dopo l’altra che non capisco, perché non le voglio capire, non voglio sentir parlare di buoni sentimenti, di amicizia, di fede… di amore, ma cosa sta cercando di fare questo verme qui davanti a me, cosa sta cercando di dirmi? Osa farmi la morale? Osa dare a me del patetico quando lui ed il suo cucciolo dagli occhi verdi, che ormai non è neanche in grado di sollevare il capo, sono la coppia più patetica che io abbia mai incontrato nel corso della mia esistenza?

Ancora colpi che si susseguono e lui è a terra ma ormai ho capito, so che si rialzerà ancora e so che, come Andromeda prima di lui, proverà a farmi la paternale, a convincermi di qualcosa che neanche voglio ascoltare; non sono affatto diversi come li avevo definiti all’inizio questi due fratelli, sono, anzi, noiosamente uguali con i loro vani ideali, così inutili per me, due mosche fastidiose che mi ronzano intorno con le loro chiacchiere vuote; odio le persone come loro… no… odio le persone, anzi, non provo nulla nei confronti di nessuno, l’odio è pur sempre un sentimento ed io non ho sentimenti, per quanto questi due ridicoli paladini d’amore tentino di farmi credere il contrario, ottenendo unicamente di snervarmi.

Rido a denti stretti, rido con il mio ghigno feroce; striscia ai miei piedi, Phoenix e poi muori, libera il mondo della tua presenza tanto buona, tanto falsa ed ipocrita come è sempre la bontà, null’altro che una maschera sulle facce e negli animi di coloro che vogliono in tal modo nascondere ciò che non osano ammettere a se stessi: cioè che nel mondo la bontà non esiste e non potrà mai esistere. Lo dissi prima ad Andromeda, la guerra porta solo altre guerre… la pace? Povero bambino innocente, come può la guerra portare la pace, come si può sperare nella pace in un mondo fatto di lotta e sofferenza per ogni creatura esistente?

“Non sento in te intenti omicidi.”

Ancora, ancora queste maledette parole, come un’eco fastidiosa, le identiche parole udite poco fa da una bocca diversa… non sono solo simili i fratellini, arrivano a ragionare nel medesimo modo, che noia… e che rabbia! Se c’è una cosa che mi irrita ancora di più dei loro sdolcinati intenti è che loro pretendano di conoscermi meglio di quanto mi conosca io stesso, che provino a convincermi non di quel che io sono, ma di quel che loro vorrebbero vedere in me. Perché questa fissazione? Perché hanno deciso di investirmi di una morale che non mi appartiene affatto, perché hanno deciso di tormentare proprio me? Cosa vedete in me, maledetti?

D’accordo allora, vogliono leggere in me, pretendono di scavare nella mia anima ed allora glielo lascerò fare, lascerò loro vedere ciò che realmente sono!

Vuoi saperlo, Phoenix? Vuoi sapere cosa ho fatto? Vuoi sapere quanto io sono veramente, straordinariamente buono?

Ed allora ascolta, ascolta come ho ucciso quell’uomo, come ho vendicato i miei genitori e tutti i soprusi subiti alzando la mano contro colui che mi aveva adottato, ascolta come ho infierito su Folken di Asgard, come gli ho strappato la vita dal petto senza remora, senza rimorso alcuno. Non ho intenti omicidi, dici?

Ho ucciso mio padre, maledizione, l’ho ucciso e non ne sono pentito! L’ho ucciso e lo ucciderei mille volte, lo ucciderei ogni volta se dovesse risorgere! Come puoi negare gli istinti omicidi di un parricida non redento?!

Rivivere tutto… tutto daccapo… solo per raccontarlo a loro…

Cos’è questo male al petto? Non è vero quello che sento, non è male al cuore, non può essere quello, eppure…

 

 

***

 

Ora capisco…

Aveva ragione Ikki… io sono il patetico, io sono sempre stato patetico da quel giorno… quel giorno in cui ho privato il mondo della presenza di Folken.

Folken… no… papà… era un uomo coraggioso, il valore era suo compagno.

Ho frainteso tutto; le mie memorie mutano, assumono connotati diversi, assumono tutto un altro significato ai miei sensi… io muto… io sto accettando il mio cuore che batte, sto accettando il dolore che sento… sto accettando di aver commesso un delitto per il quale, finalmente, chiedo perdono.

La rabbia? Non so più cos’è… io ho ucciso mio padre per un misero errore di valutazione, non gli ho dato il tempo di spiegare, ho mal interpretato i suoi gesti, le sue parole, i suoi valori.

La rabbia non serve, adesso voglio il suo perdono, adesso voglio mostrargli di essere degno di lui, adesso voglio combattere per difendere Asgard come lui mi aveva insegnato.

Sono a terra, perché Ikki mi ha fatto capire quanto è più forte di me ma devo alzarmi, per Folken… per mio padre… adesso…

Getto l’armatura, in quanto Phoenix ne è privo e sarà ad armi pari il nostro ultimo scontro, uno scontro senza rabbia, unicamente per dovere, perché i nostri campi sono opposti… purtroppo, lo penso con il cuore, quel cuore che accetto e che vorrebbe averti come amico, Ikki di Phoenix e non come rivale sul campo di battaglia, quel cuore che vorrebbe un fratello come il tuo, da amare come tu lo ami, quel cuore che vorrebbe battere all’unisono con il vostro, Andromeda e Phoenix, vorrebbe battere in un mondo di pace.

Mi trovo a sperarlo, per una volta sono in grado di sperarlo anche io: forse siamo gocce nel mare, ogni lotta è una goccia nel mare che conduce verso la pace.

Forse non è dalla vostra parte il torto in questa guerra, ma siete invasori e devo difendere Asgard; non so dove stia verità ma, in qualunque modo si ponga la questione, siamo tutti pedine sulla scacchiera che decide i destini del mondo e tutti vogliamo la pace.

Se Ikki mi sconfiggerà, mi dimostrerà che i sogni valgono a qualcosa, che possono essere realizzati. Una parte di me desidera essere sconfitta? Non lo nego, sento dove risiede realmente giustizia: nei cuori di questi due ragazzi essa brilla come una stella fulgente ed il loro è realmente un sogno di pace.

E allora dimostramelo, Phoenix, dimostra che il sogno di pace può avverarsi e sconfiggimi, io non ti risparmierò nulla, perché il mio dovere resta tale ma forse, adesso, il nostro scopo è il medesimo, così il nostro sogno.

Non sarà mia compagna la cetra nella colluttazione estrema, mai più la musica dovrà essere usata per offendere.

I cosmi ardono, i corpi si scontrano, il dolore della ferita mortale fiacca il mio corpo ma resterò lucido fino alla fine.

Non spaventarti, Andromeda, tu che stai assistendo impotente, so che questo aprirà una nuova, atroce ferita nel tuo tenero cuore ma non temere: il tuo Niisan è forte e se la caverà… ed io sono finalmente felice, non piangere per me; mi dispiace, non vorrei essere la causa di una tua nuova sofferenza, davvero, ma ciò che vedi è necessario.

Nella mia mano stringo lo zaffiro che ti servirà, so che lo prenderai, sarà il mio dono per te, piccolo eroe dal cuore puro.

E per te, Phoenix, il dono è solo il mio grazie, il riconoscimento che per tuo merito la mia anima è salva, il riconoscimento che i sogni possono diventare realtà… e la mia amicizia, se un giorno potrò rinascere in un mondo di pace.

Che almeno possa incontrare un uomo par tuo, nella mia prossima vita, se ci sarà, cui legarmi come amico leale.

Ma l’ultimo regalo lo dedico al padre che finalmente potrò riabbracciare…

Padre… Mime sarà presto da te, anche se non ho potuto adempiere il tuo desiderio più grande nel mio ruolo di God Warrior… Ikki di Phoenix ed i suoi compagni proteggeranno Asgard… ed il mondo intero!

Mi dispiace avervi causato tanti problemi, Phoenix e Andromeda… ma muoio lieto, perché il fato mi ha concesso di incontrare due persone come voi.

   
 
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