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Autore: bleichedistel    04/01/2016    3 recensioni
"Che la fortuna ci assista, amici!" disse Georg, facendo tintinnare il bicchiere contro quelli dei tre ragazzi.
"La fortuna di certo assiste Gustav! Chi poteva credere che sarebbe stato il primo a mettere l'anello al dito di una ragazza?" ribattè Tom, sorridendo sornione.
"Invidia, Kaulitz?" disse Gustav, sorridendo a sua volta. "Non temere, il prossimo sarai tu."
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Incest
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III
 
Obwohl du angefangen hast, such ich die Schuld bei mir
ich steh vor deiner Tür, ich hab keine Geduld, ich frier
Ja es ist kalt Schatz, lass mich wieder hoch zu dir
Doch wenn du willst, geb ich dir mein Herz als Souvenir...

"Bill, aprimi" disse Tom.
"Bill, per favore, è passata più di mezzora, sto congelando!" provò nuovamente Tom, senza ricevere risposta.
Anche se aveva pensato di vincere, scombussolando Bill, non aveva pensato alle conseguenze. Predicava bene, ma razzolava male. Non appena le sue labbra sfiorarono quelle di Bill, questi lo colpì dritto allo stomaco con una ginocchiata, facendolo cadere giù da letto e venne afferrato per un orecchio, mentre il gemello sproloquiava una serie di insulti irripetibili in un tedesco stretto di Loitsche. L'aveva spinto fuori dal balcone e l'aveva chiuso lì. Tom guardò giù, ipotizzando di saltare. Idea che scartò subito, data l'altezza superiore ai  5 metri e nessuna base morbida su cui atterrare. Sospirò, scivolando a terra, poggiando la schiena contro il vetro freddo. Aveva fatto una cazzata bella grossa. Sapeva di aver rotto un equilibrio che avevano ricostruito con molta fatica, soprattutto Bill, e sapeva di averlo fatto, seppur in parte, per il semplice gusto di scatenare qualcosa. Non che il problema fosse quello, o il possibile principio di ibernazione. Il problema era che la sola sensazione delle sue labbra contro le proprie l'aveva fatto uscire di senno e se Bill non l'avesse colpito, era sicuro che non si sarebbe fermato. 

Stava disteso sul letto, immobile, ignorando le richieste del gemello. Come aveva potuto Tom fargli una cosa del genere? Credeva che fosse un giochetto divertente da fare, per il semplice gusto della conquista o voleva solamente soddisfare il suo istinto primordiale di preda e cacciatore? Pensava e ripensava, cercando di dare una motivazione logica alle azioni del fratello, ma non riusciva proprio a venirne a capo. Improvvisamente, si rese conto che i lamenti del gemello erano cessati, e guardò in direzione del balcone. Intravedeva l'ombra di Tom, la cui figura era coperta dalla tenda, seduto per terra a gambe incrociate. Si morse un labbro e si alzò, deciso di mettere fine a quella tragedia. Scostò la tenda e a tale rumore Tom si voltò, sorpreso di trovare Bill in piedi di fronte a sé. Si alzò, mentre il fratello apriva il balcone facendolo entrare, chiudendolo poco dopo. Bill non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia e ritornò a letto, cercando conforto sotto le coperte.

Tom rimase in piedi, guardando il gemello nascondersi sotto le coperte. Avrebbe preferito morire per un principio di congelamento, che essere sottoposto ad una simile tortura. Vedere il gemello soffrire. E soffriva a causa sua, quando si era ripromesso che non l'avrebbe più ferito e che se si erano lasciati, era stato solo ed unicamente per il loro bene, ma soprattutto per quello di Bill. E adesso aveva rovinato tutto, infrangendo la promessa.

"Bill..." provò.
"Va via."
"Bill, ascoltami..."
"Ho detto di andare via!"
Tom rimase zitto. Infine, si diresse verso la porta e l'aprì. Guardò il punto in cui era il fratello, nascosto dall'ammasso di coperte e chiuse la porta. Vide subito dei movimenti sotto le coperte, e il viso di Bill fare capolinea, controllando che l'altro se ne fosse veramente andato. Non potè far a meno di sorridergli, intenerito dalla scena. Come risposta, si beccò solo un'occhiataccia, e Bill sparì nuovamente sotto le coperte.
"Non posso credere che tu l'abbia fatto, Tom. Non voglio nemmeno sentire le tue patetiche scuse, non hai scuse e anche se le avessi, non reggerebbero. Non voglio sentire stronzate, voglio solo dimenticarmene" disse Bill.
Tom si avvicinò, sedendosi sul bordo del letto. "Non ho scuse e non intendo cercarne. Sono mortificato per quello che ho fatto" disse Tom, mordendosi il labbro inferiore "Ma Bill, sappiamo entrambi che le cose sono cambiate da Capodanno, quando Gustav ha detto quella cosa, tu sei scappato e..."
"Non osare parlare di Capodanno" sibilò Bill, riemergendo dal cumulo di coperte. Sistemò i guanciali dietro la schiena e vi si appoggiò, incrociando le braccia al petto. "Quel che ha detto Gustav è una stronzata. E sì, forse mi ha toccato, ma io ho accusato il colpo e cercato di fare del mio meglio. L'ho gestita bene"  disse Bill, guardandolo dritto negli occhi.
"Lo so, lo so, sei stato eccezionale sin dall'inizio, ma il punto è questo, come ha colpito te, ha colpito anche me" ribattè Tom, guardandolo a sua volta "E io credo che dovremmo parlarne, perché non posso più fingere e non posso nemmeno permettermi di fare quel che ho appena fatto" disse, prendendo un profondo respiro. "Non voglio ferirti."
Bill lo guardò, riuscendo a percepire lo sconforto dal solo tono di voce. Abbassò gli occhi sulla trapunta, senza guardare un punto ben preciso, cercando di raccogliere i pensieri. Le labbra di Tom erano calde, quando avevano sfiorato le sue. Non sapeva come era riuscito ad allontanarsene subito, moriva dalla voglio di ricambiare quel bacio, ma diavolo, qualcuno doveva rimanere lucido, in quella situazione. 
"Allora cerchiamo di non farci a pezzi" disse infine.
Tom annuì, distogliendo lo sguardo e si alzò, muovendosi in direzione della porta. L'aprì, tenendola scostata per una manciata di secondi, per poi voltarsi nuovamente in direzione del fratello. "Sei stato tu a propormi di dormire insieme" disse, con tono di voce neutrale."Anche tu stai giocando col fuoco, eppure il carnefice risulto essere sempre io, vero? E' più comodo così" continuò, mentre realizzava la cosa "Bene. Qualsiasi cosa ti faccia dormire la notte, Bill" e così dicendo, uscì dalla camera, chiudendo malamente la porta.
Bill non proferì parola. Semplicemente, scivolò di nuovo sotto le coperte e pregò che la mattina non arrivasse mai.

Amburgo, 2008
"Tom, sono tornato, ho le pizze e la birra!" disse Bill, lasciando le buste della spesa all'ingresso. Con le birra in una mano, e le pizza adagiate sull'altra, si diresse verso il salotto, dove trovò il gemello intento a giocare alla Playstation. Roteò gli occhi, sistemando le scatole calde sul tavolinetto posto tra divano e TV, accomodandosi a sua volta sul divano. Tom imprecò, mentre schivava un colpo e buttò il joystick a terra esasperato, non appena la scritta GAME OVER apparve sullo schermo. Si voltò in direzione di Bill, seduto a braccia conserte con le labbra leggermente imbronciate e sorrise, sporgendosi verso il suo viso. Catturò le sue labbra in un bacio delicato, ma carico d'amore, facendo schioccare propositamente le labbra quando se ne separò.
"Ben tornato a casa, bambino" disse, sfiorandogli la guancia con la punta del naso. "Tenevo solo i posti caldi. Allora, tutto bene? Novità?" domandò, mentre si alzava e si dirigeva in cucina, recuperando posate e bicchieri, facendo ritorno poco dopo.
Bill si raddrizzò, sgranchiendo la schiena ed annui poco dopo, mentre il fratello ritornava seduto accanto a sé. "Tutto bene, nessuna novità, a parte mamma che chiama ogni cinque minuti" rispose,  roteando gli occhi."Più gli anni avanzano, più peggiora" constatò, prendendo forchetta e coltello in mano, iniziando a suddividere in quattro parti la pizza.
"Lo sai come diventa, siamo in Germania d'altronde, dovremmo andare a trovarla in questi giorni" replicò Tom.
"Non siamo ufficialmente in vacanza, stiamo lavorando" sottolineò Bill, dandogli una gomitata.
"Sì, ora soprattutto stiamo lavorando..." sogghignò Tom, accarezzandogli la schiena. Fece scorrere il palmo della mano dall'alto verso il basso, sfiorando i capelli tenuti lisci e sciolti, avvicinandosi al corpo del gemello. Bill si finse indifferente al contatto, continuando a tagliare la pizza. Tom sporse il viso verso il suo collo, cominciando a baciarlo languidamente, premendo la lingua ruvida sulla pelle; con un dito scostò il bordo della maglietta, così da donare le giuste attenzioni anche alla spalla. Impazziva per l'odore che Bill emanava, e ora che finalmente erano a casa, da soli, poteva semplicemente agire anziché domandarsi se c'era qualcuno a guardarli. Bill, d'altro canto, non resistette e gli donò la sua più completa attenzione, circondando il suo viso con ambo le mani per poi baciargli voracemente le labbra. Tom spinse gentilmente il corpo di Bill verso il basso, facendolo distendere sul divano e si sovrappose al suo corpo, mentre il gemello divaricava le gambe quanto bastava per accoglierlo. Sorrise contro le sue labbra, sentendo il calore di Tom diffondersi e quasi contagiarlo. Insinuò le mani sotto la maglietta e accarezzò la schiena del fratello maggiore, facendolo rabbrividire. Tom si sfregò contro il suo corpo, facendo accozzare rudemente il bacino al suo, già evidentemente eccitato.
"I piani bassi lavorano laboriosamente" gli fece notare Bill, con un sorriso malizioso.
"Mai stati in sciopero, se non forzati" ribattè Tom, guardandolo dritto negli occhi mentre assestava un'altra spinta contro il suo inguine. Bill gemette, socchiudendo gli occhi e portò una mano al cavallo dei suoi pantaloni, stringendo l'erezione del gemello, dura e calda. Si spogliarono a vicenda, facendo ricadere gli indumenti a piedi del divano e Bill ribaltò le situazioni, salendo a cavalcioni sul corpo di Tom. Gli leccò le labbra, mordicchiandole leggermente e sospirò, sfregandosi ancora contro il suo inguine, mentre le mani del gemello stringevano i suoi glutei.
"Ti farà male, così" sussurrò Tom, baciandogli il lobo.
"Non mi importa" ribattè Bill, accarezzando il membro eretto del gemello, che ben presto direzionò fra le proprie natiche. Sollevò leggermente il bacino, facendo incontrare delicamente le carni e sospirò nuovamente, rilassando i muscoli. Si penetrò con attenzione millimetrica, accogliendo poco a poco l'asta del fratello dentro di sé, che pulsò con violenza, stretta tra le proprie cosce. Tom guardava Bill estasiato, accarezzandogli i fianchi, mentre questi scendevano pericolosamente sempre più giù, sino a sedersi completamente su di sé. Accarezzò il viso di Bill, avvicinandolo al proprio e baciò le sue labbra con estrema dolcezza. Bill ricambiò il bacio, abituandosi pian piano alla presenza estranea dentro di sé, incrociando i polsi dietro il collo del gemello, con i petti che collidevano perfettamente. Mosse lentamente il bacino dall'alto verso il basso, senza interrompere il contatto fra le due bocche, prendendo un ritmo costante. Tom gli gemette in bocca, stringendo gli esili fianchi, che presto si macchiarono dell'impronta delle sue mani. Ne accompagnava i movimenti che, ben presto, si fecero più veloci e ricercati; spostò le labbra sul collo, catturando un appezzamento di pelle tra i denti, succhiandolo avidamente. In risposta, Bill conficcò le unghie nelle sue spalle, aumentando ancor di più la velocità dei suoi movimenti. Tom boccheggiò contro la sua pelle; prese in mano la situazione e spinse nuovamente il gemello in basso, scostandosi momentaneamente dal suo corpo, e si sistemò tra le sue gambe. Queste gli si strinsero in vita, avviluppandolo, e penetrò nuovamente il gemello.
"Oh, Tom..." ansimò Bill, completamente estasiato, muovendosi a ritmo del fratello.
Tom si limitò ad ansimare a sua volta, baciandogli lo zigomo, facendo slittare il suo corpo su e giù su quello del fratello. Si liberarono insieme con un grido, inarcando le schiene e Tom si accasciò sul corpo di Bill, sudato e ancora ansimante. Gli baciò teneramente la guancia, mentre l'altro gli accarezzava il capo, le gote ancora arrossate.
"Dovremmo lavorare così più spesso" constatò Bill, guardandolo negli occhi.
"Ci ritaglieremo spazi di tempi appositi" ribattè Tom, sollevando l'angolo della bocca in un sorriso.

 
~~~

"Non ne posso più, Bill!" disse Tom, fissando il gemello dritto negli occhi. Era la quinta litigata della settimana, tale prassi si ripeteva ogni volta che Tom usciva senza di lui. "Non puoi farmi una scenata ogni singola volta che esco! Non ti fidi di me, per caso?" domandò, sentendo la rabbia pervaderlo.
"Sì che mi fido di te, ma sembra quasi tu mi stia evitando" risposte pacato Bill. "Abbiamo già poco tempo per stare insieme, e quelle rare volte che ci capita di avere un giorno libero, ne approfitti per passarlo sempre con Georg e Gustav per i club" gli fece notare, con una nota di disappunto piuttosto evidente.
"Sono un ragazzo e sono una star, ho bisogno di staccare la spina e di divertirmi come chiunque altro della mia età; dovresti fare lo stesso" ribattè Tom, prendendo una lattina di birra dal frigo.
Bill si avvicinò all'isola della cucina, mantenendo comunque le distanze. "Ciò non implica che tu debba dare sfogo alle tue voglie dettate dall'alcol o chissà cos'altro. Sei una star, hai detto bene, devi anche pensare a che genere di immagine doni al nostro pubblico."
Tom si voltò, con gli occhi sgranati. "Le mie voglie? L'immagine che do? Dio, ma ti senti? Se volevo la predica chiamavo mamma!" ribattè stizzito, alzando e abbassando la linguetta della lattina, portandola poco dopo alle labbra.
Bill si morse un labbro ed abbassò gli occhi. "Non ti importa di me, non ti importa di noi."
"Mi importa eccome, ma mi stai addosso, non mi lasci un briciolo di spazio, il che la dice lunga sulle nostre vite" rispose, prendendo un sorso dalla lattina. "Devi capire che sono anche  costretto ad agire in un certo modo, farmi vedere ai party, parlare con le ragazze, non posso semplicemente smettere di essere me stesso."
"Ah, è così che metti le cose? Non ti rendo te stesso, ti tengo in gabbia? Noi già viviamo in una gabbia!" urlò Bill, dando un calcio ad uno sgabello. "Non posso uscire di casa che vengo assediato dalle fan, né tanto meno posso camminare per strada mano nella mano con la persona che amo, e tu parli a me di non sentirti te stesso?"
Tom si leccò dalle labbra il sapore amaro della bevanda. "Così non può andare avanti" disse serio.
"Mi stai lasciando, per caso?" chiese Bill, sentendo una fitta allo stomaco.
Tom abbassò lo sguardo. Si sentiva perso. "Forse dovremmo semplicemente smettere di fare quel che facciamo. Dimenticare. Non abbiamo futuro, Bill, lo hai capito anche tu. Potremmo prenderci una pausa, per renderla meno vera come soluzione, ma io... Non credo di poter vivere in questo modo."
Bill rimase in silenzio. Si voltò, dirigendosi verso l'ingresso, prese le chiavi dell'auto ed uscì.
Tom strinse la lattina tra le mani, piegandola.


Tom socchiuse gli occhi, accogliendo la flebile luce mattutina che faceva capolinea nella sua stanza da letto. Fece una smorfia, dando le spalle alla finestra. Aveva dormito male, e si sentiva solamente arrabbiato in quel momento. Arrabbiato con se stesso, ma soprattutto con Bill. Lui aveva assolutamente esagerato e superato i limiti, ma era stato comunque il fratello ad accendere la miccia, con quella propoposta che tutto aveva tranne qualcosa di innocente. Che stupido era stato a cascarci. 
Il telefono vibrò, sul comodino, e Tom aggrottò le sopracciglia.
"Pronto?"
"Tom!" disse Ria, all'altro capo del telefono. "Sono appena arrivata in aeroporto, dove sei?"
Tom sgranò gli occhi, sollevandosi di scatto dal letto. Aveva totalmente dimenticato il suo imminente arrivo.
"S-sono imbottigliato nel traffico, sto arrivando" e così chiuse la comunicazione. 
Si infilò i primi vestiti trovati nell'armadio e con le scarpe ancora slacciate, percosse il corridoio che portava alla porta d'ingresso. Entrato in macchina, aprì il cancello e lasciò la casa, guidando come un folle verso l'aeroporto di LA.
Posteggiò di fronte l'entrata degli arrivi, guardando attraverso le vetrate, cercando la ragazza. Scese dall'auto, non appena la individuò e le andò in contro.
"Scusa il ritardo" disse.
"Non fa niente." Ria sorrideva forzatamente, facendo vagare lo sguardo sul viso di Tom. Gli porse la valigia e Tom si apprestò a recuperarla, dirigendosi verso l'auto. Sistemato il bagaglio nel cofano ed entrarono in macchina.
"Te ne eri dimenticato. Vero?" domandò Ria, dopo essersi accomodata nell'abitacolo.
"Ero solo in ritardo." ribattè Tom, senza guardarla.
Lei allungò una mano verso il suo viso, accarezzandogli la guancia. "Hai il segno del cuscino."
Tom si maledì mentalmente e dovette sforzarsi per non sottrarsi a quel tocco. Al mattino tendeva sempre ad essere facilmente irritabile, e le sue attuali condizioni non facevano altro che aumentare quel sentimento.
"Allora" fece Ria, cambiando discorso. "Com'è andata ieri sera?"
"Bene" risposte Tom. "Le fan sembravano contente."
Ria guardò la strada, costeggiata da una moltitudine di palme, che circondava la corsia da ambo le parti.
"Il Sexgott fa sempre furore" disse piccata.
Tom assottigliò lo sguardo. "Non chiamarmi così."
"Come se non sapessi cosa combini agli after." Rise amaramente lei, scuotendo la testa. 
Tom si voltò, guardandola negli occhi. "A cosa staresti alludendo?" chiese, stringendo il volante fra le mani.
"Oh, Tom, lo sai benissimo." Estrasse una sigaretta sottile e se la sistemò tra le labbra perfettamente truccate.
"Me ne faccio una ragione, sai? In fondo è come aver ricevuto una grazia, l'aver potuto instaurare una relazione duratura con te, per tutti questi anni. Capita di inciampare." Abbassò il finestrino, espirando il fumo.
"Ti faccio notare" disse Tom, mettendo le frecce "che nessuno ti ha mai costretta a stare col sottoscritto e di "inciampi", come li chiami tu, non ne ho mai avuti. Se volessi andare a letto con altre persone, non starei con te."
E dicendo ciò, le immagini della sera precedente gli apparvero nella mente. Sentì una fitta allo stomaco.
"Sì, beh, come credi." E quell'ultima frase aleggiò nell'aria.

Bill aprì gli occhi, mugolando quasi subito. Non voleva alzarsi. Non voleva lasciare il suo letto, né la sua stanza, fino all'inizio del tour. Non voleva affrontare Tom. Ricordava perfettamente la sua espressione, distorta dal dolore e dalla rabbia, non appena aveva pronunciato quelle parole. 
Anche tu stai giocando col fuoco.
Era vero, non c'era ombra di dubbio. Seppur avesse fatto quella proposta con estrema tranquillità, sapeva che inconsciamente voleva che succedesse qualcosa. 
Il rumore del motore di una macchina che posteggiava in vialetto lo distolse dai pensieri, e si alzò, affacciandosi alla finestra. Attraverso le fessure della serranda, intravide Ria e Tom scendere dall'auto. Bill mugolò, appoggiando la fronte contro il vetro freddo. Pure Ria doveva sorbirsi. Quella giornata si prospettava di merda.
Dopo essersi dato una lavata ed aver indossato una tuta, scese in salotto, da dove provenivano le voci famigliari del fratello e della ragazza. Prese un profondo respiro e li raggiunse, stampandosi un sorriso in faccia.
"Ria!"
"Oh, ciao Bill! Pensavamo stessi ancora dormendo." Lei ricambiò il sorriso, abbracciando il ragazzo. Bill direzionò lo sguardo verso il fratello, che si curò di non ricambiare la sua attenzione, lavando la caffettiera.
"Com'è andato il viaggio?" chiese Bill, scostandosi dalla ragazza, per poi indicare le sedie.
"Bene, bene." Rispose Ria, sedendosi di fronte al ragazzo. "A parte Tom che mi ha fatto aspettare mezzora agli arrivi" aggiunse, facendogli l'occhiolino. Tom borbottò qualcosa, mettendo la caffettiera finalmente pronta sul fornello, che accese poco dopo. Bill sollevò un sopracciglio, sorridendo divertito.
"Abbiamo avuto una serata molto lunga e impegnativa."
Tom strabuzzò gli occhi, ma mantenne un certo decoro. Non poteva mica voltarsi e fulminarlo con lo sguardo, poteva essere sospetto. Ma di certo non gli andava giù che il gemello facesse quei giochetti.
Quasi un minuto dopo, la caffettiera fischiò. Tom versò il contenuto bollente in tre tazze, che portò sul tavolo, assieme la zuccheriera. Si sedette a capotavola, tra Ria e Bill. Sorseggiò il caffè caldo e rigorosamente nero, evitando di guardare uno dei due in faccia.
"Allora, Bill, sei eccitato all'idea del tour?" fece Ria, spezzando il silenzio imbarazzante creatosi.
"Fuori di testa. Mancano due mesi o poco meno. L'eccitazione è palpabile." rispose Bill, mescolando lo zucchero col cucchiaino. Stava rispondendo con frasi fatte, quasi come se si trovasse davanti una giornalista. Non aveva davvero voglia di intrattenere la fidanzata di suo fratello, soprattutto quel giorno. "Ora, scusatemi, ma devo rispondere a delle e-mail." E così dicendo, si alzò, con la tazza ancora fumante in mano, lasciando i due in cucina.

Tom bussò alla porta di Bill, impaziente. Si erano fatte le sette di sera, Ria era crollata in camera sua e lui stava ancora ribollendo di rabbia. La porta si aprì e Bill ne fece capolinea. Sgranò gli occhi e fece per chiuderla, ma Tom fu abbastanza lesto da infilare il piede. 
"Non pensarci nemmeno." sibilò, scostando la porta in malo modo ed entrando in camera.
Bill deglutì, chiudendosi la porta alle spalle e si appiattì contro il legno d'essa.
"Complimenti per la recita di oggi" disse Tom, incrociando le braccia. "Devo ammettere che mi mancavano i brividi di un tempo. Ciò che non mi mancava affatto era la tua assoluta stronzaggine."
"Non so di cosa tu stia parlando." sussurrò Bill.
"Ah, non lo sai? Abbiamo avuto una serata molto lunga e impegnativa, ti dice niente?" mimò le virgolette, mentre riportava le parole del fratello.
"Come se lei capisse i doppi sensi" sbuffò Bill, guardando un punto indefinito alle spalle di Tom.
"Quel che devi capire tu è che non puoi comportarti così" ringhiò Tom, muovendo un passo minacciosamente verso di lui. "Tu non hai alcun diritto di riversarmi addosso la tua frustrazione, sono passati anni e gli sbagli si fanno in due."
"Quindi stai definendo la nostra relazione uno sbaglio?"
"No." risposte Tom, con una calma disarmante, in netto contrasto con la furia che l'aveva pervaso fino a qualche momento prima.
"Mi riferisco a quello che è successo ieri sera." Tom arretrò di un passo.
Bill tacque. Si morse nervosamente un labbro.
"E' colpa di entrambi" disse infine.
"Sì." rispose Tom. E si diresse verso la porta, da cui Bill si scostò, lasciandolo passare.
Prima di varcarne la soglia, Tom si voltò nuovamente verso il gemello. Allungò una mano verso il suo braccio, stringendolo dolcemente.
"Non facciamoci a pezzi."
   
 
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