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Autore: Carme93    05/01/2016    2 recensioni
Una nuova generazione alle prese con la propria infanzia ed adolescenza, ma anche con nuove minacce che si profilano all'orizzonte. I protagonisti sono i nuovi Weasley e Potter, ma anche i figli di tutti gli amici che hanno partecipato alla decisiva Battaglia di Hogwarts. Da quel fatidico 2 maggio 1998 sono ormai trascorsi ventun anni...
Genere: Avventura, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alastor Moody, Famiglia Dursley, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo ventottesimo.

Il solstizio d’estate

«Avete visto Paciock, quando è caduto con la faccia nel lago?».
«Oh, sì. Charlie, sei stato magnifico» concordò Halley Hans, tenendosi la pancia per il gran ridere.
Accanto a loro anche Alcyone Granbell rideva con le lacrime.
«Dovremmo pensare ad un bel regalino di fine anno da fargli, non credete?» chiese Calliance.
I compagni, però, non ebbero il tempo di rispondere che tutto divenne buio. Urlarono.
«Che cavolo succede? Era pieno giorno!» si lamentò Granbell.
«Non funziona nemmeno il lumos» sbraitò Hans.
«Non vedo nulla!» strillò Calliance.
«Io vi vedo perfettamente! Vedo anche dentro di voi! Gli unici ciechi siete voi».
I tre sobbalzarono al suono di quella voce profonda e si guardarono intorno. Naturalmente invano.
«Chi sei? Noi non ti temiamo! Lo so, è solo uno stupido scherzo!» disse con una vocetta acuta Calliance.
«Io, Godric Grifondoro, sarei uno scherzo? Come osate?» gridò la voce.
«Grifondoro è morto, per chi ci prendi?» borbottò Granbell, ma sembrava spaventato.
«Sono il suo spirito» sussurrò la voce con tono quasi dolce, che spaventò di più i ragazzi.
«E per ammazzare la noia, sei venuto qui a farti un giretto?» chiese nervosamente Calliance.
«Nooo» ululò la voce, facendoli rizzare i capelli sulla nuca.
«Mi hai toccato tu?» strillò Halley Hans.
«No. Anche io sono stato toccato… Da qualcosa di freddo, come i fantasmi… Ho paura, scappiamo…» sbraitò Calliance in risposta.
«Spostati, fammi pensare» urlò Granbell.
Vi furono un paio di minuti di caos totale, ma il buio era così fitto che continuavano a scontrarsi.
«Basta» tuonò Godric Grifondoro. «Ascoltatemi, siete stai voi ad evocarmi».
«Noi?» replicò Calliance.
«No, no, si sbaglia. Noi non sappiamo fare le evocazioni» assicurò tremante Granbell.
«Ed invece siete stati proprio voi! Il vostro comportamento mi ha fatto infuriare! Mai sono dovuto ritornare per un evento così grave! Mai ho provato così tanta vergogna per i miei studenti!».
«No, Signor Fondatore signore noi non sappiamo di che cosa sta parlando» tentò Granbell.
«Lo sapete eccome! Non mentite a me!» gridò lo spirito. «Voi avete ripetutamente umiliato un vostro compagno di Casa! Dovreste vergognarvi!».
«Credo si riferisca a Paciock» bofonchiò Granbell.
«Zitto, idiota» disse Calliance tirando una gomitata alla cieca e colpendo Halley Hans.
«Ah, allora sapete di che cosa parlo! Siete almeno un po’ pentiti?» domandò lo spirito in un sibilo minaccioso.
«Deve capire signor Fondatore, che questo nostro compagno… insomma il Cappello Parlante… ecco sì il Cappello, ha sbagliato a collocarlo a Grifondoro e noi da buoni compagni cerchiamo di spiegarglielo» rispose Calliance.
«Come osi?» tuonò Grifondoro. «Stai per caso asserendo che il mio cappello, quel cappello che io e gli altri tre maghi più potenti della mia epoca abbiano incantato, non funziona?».
«No, no signore… io volevo dire…».
«Taci!» gridò Grifondoro. «Ora avrete la punizione che meritate».
I tre cominciarono ad urlare ed a supplicare, ma uno alla volta caddero a terra, privi di conoscenza.
A svegliare Charles Calliance fu la luce che entrava dalla finestra.
«Ma che cavolo…?» bofonchiò mettendosi a sedere e coprendosi gli occhi con una mano. Si guardò intorno: i suoi amici erano sdraiati poco distanti ed ancora incoscienti, il contenuto dei loro zaini era disseminato per il corridoio, i libri era strappati e le pergamene erano volate ancora più lontano; ma ciò che aveva più dell’assurdo erano la divisa ed il volto dei suoi compagni. La divisa era rosa e gli orli laterali erano completamente scuciti; il loro volto era tutto truccato con i colori ed i disegni più strani, che sul momento non riuscì a comprendere.
Osservò se stesso e si rese conto di essere nelle loro stesse condizioni.
«Accidenti! Ragazzi svegliatevi!» sbottò irritato. Gli scosse uno per uno finché non riaprirono gli occhi.
«Dov’è Godric?» chiese subito Granbell.
«Lascia perdere. Ho paura che ci abbiamo preso in giro! Seguitemi» ordinò Calliance.
Raccolsero alla rinfuse le loro cose e le gettarono negli zaini.
«Ehi capo, sai che sulla tua faccia c’è scritto ‘serpe’?» chiese Granbell.
«Idiota» replicò lui correndo verso la Sala d’Ingresso.
Purtroppo per loro era l’ora di pranzo e la Sala era piena di studenti, che si avviavano in Sala Grande. Molti risero ed iniziarono ad additarli.
«Wow una nuova moda?» chiese sghignazzando una Serpeverde del settimo anno.
I ragazzi si bloccarono ad osservarli creando un ingorgo allucinante. Gli insegnanti si avvicinarono per capire cosa stesse accadendo; ma i tre circondarono Paciock e lui gli guardò interrogativi.
«Che cos’è questa storia?» domandò pazientemente.
«Lo chieda a loro!» replicò Calliance furioso, indicando Lily e compagni che dalle scale osservavano divertiti la scena.
«Noi? Eravamo a lezione! Chiedi al professor Lupin» rispose Lily.
«È una bugia! Mente! Lei è i suoi amici ci hanno tirato un tiro mancino!» continuò imperterrito Calliance.
«I ragazzi erano in classe» s’inserì Teddy, apparendo alle spalle dei Malandrini. I quattro assunsero un’espressione degna di un angioletto.
«Mi sa che è stato davvero lo spirito di Godric Grifondoro» borbottò Granbell.
Le risate aumentarono.
«Lo spirito di Grifondoro?» chiese perplesso Neville.
Prima che Calliance potesse fermarlo, Granbell raccontò a mezza Scuola la loro disavventura.
Molti ormai piangevano per il gran ridere, anche gli altri insegnanti presenti non riuscirono a trattenersi.
«Io dico che siamo stati vittima di uno scherzo!».
«Neanche il vostro Fondatore vi vuole» sghignazzò Lucy, puntandoli contro un dito.
Neville non fece in tempo a richiamare la ragazzina, che un’altra voce si levò contro i tre, stavolta dalla folla rosso-oro.
«Perché non raccontate per quale motivo Godric ce l’aveva con voi?».
Calliance fulminò chi aveva parlato con lo sguardo: «Che ne sai, Potter? Fatti gli affaracci tuoi!».
«Sono affari miei. Non si scherza con i Potter-Weasley!».
Applausi e grida si levarono da gran parte della Sala d’Ingresso e gli insegnanti ebbero difficoltà a riportare l’ordine ed iniziarono a spingere i ragazzi verso la Sala Grande.
«Qualunque cosa sia accaduta, Neville, mi raccomando fatti spiegare dai tre anche quali motivazioni li hanno spinti a saltare la mia lezione di questa mattina» disse con la solita vocetta stridula il professor Vitious.
«Ah, allora seguitemi nel mio ufficio così potremmo fare due chiacchiere in privato».

*

«Ciao zio» disse Albus sorridendo.
«Ciao Al, siediti per cortesia».
Il ragazzino prese posto nella sedia di fronte alla scrivania.
«Che succede?» chiese lievemente preoccupato, in fondo era stato convocato dal Direttore della sua Casa.
«Dovresti spiegarmi che cos’è accaduto stamattina a Calliance, Hans e Granbell. Sinceramente trovo molto poco credibile che Godric Grifondoro abbia calcato nuovamente i corridoi della Scuola, seppur in forma di spirito».
«Ehm, sì in effetti sembra assurdo, vero?».
«Molto assurdo. Albus non divagare».
«Perché lo chiedi proprio a me?».
Neville sospirò e raccolse tutta la sua pazienza: cioè quella che gli era rimasta dopo aver litigato con la signora Granbell tutto il pomeriggio. Avrebbe voluto sapere come aveva fatto a sapere così velocemente quanto avvenuto ed accorrere in difesa del suo bambino! Come se il corpo docente di Hogwarts non fosse in grado di risolvere simili stupidaggini! «Albus, credo che tu sappia un bel po’ di cose. Hai chiesto ai ragazzi che cosa hanno fatto per suscitare l’ira di Grifondoro…».
«Era per dire… Scusa avrei dovuto farmi gli affari miei» lo interruppe troppo velocemente il ragazzino, rendendosi conto troppo tardi di aver commesso un passo falso.
«Peccato che poi hai detto che sono ‘affari tuoi’, perché riguardano la tua famiglia. Ricordo male?».
Albus deglutì e si diede mentalmente del cretino, aveva parlato troppo! Ma che gli era saltato in mente!
«Ricordi benissimo» ammise a malincuore.
«Perfetto, allora illuminami».
«Ma scusa Grifondoro non può aver davvero voluto farsi una passeggiata? Dopotutto ha fondato Hogwarts! Dopo tanti secoli deve proprio mancargli!».
Neville sbuffò: «Non è divertente. Sto perdendo la pazienza. Dimmi che cos’è accaduto questa mattina».
Albus prese un respiro e poi rispose: «No».
«Prego?».
«Hai sentito. Ho detto no. Non ti dirò quello che so».
Neville era sorpreso: Albus era sempre collaborativo. «Ti prego, non mi fare arrabbiare» disse stancamente. «Chi è stato?».
Albus strinse le labbra e distolse lo sguardo, facendo sbuffare nuovamente lo zio. «Ero a lezione con te. Non mi sono mosso dalla classe».
La replica di Neville fu troncata sul nascere da una cerva argentata, che irruppe nell’ufficio. Albus sobbalzò, riconoscendo il Patronus ancor prima che parlasse.
«Neville, è il momento. Io e Luna siamo con Hannah al San Mungo» disse la voce di Ginny Potter.
La cerva si dissolse sotto gli occhi dei due. Neville dovette prendere fiato un paio di volte prima di alzarsi e cercare frettolosamente il mantello. Corse fuori, fermandosi solo il tempo di dire ad Albus: «Chiama Teddy, per favore. Dilli di accompagnare Frank ed Alice al San Mungo. Con la Preside parlo io».

*

Quanto tempo avessero trascorso in quel corridoio, così bianco da dar fastidio alla lunga, Frank non sarebbe mai stato in grado di dirlo. Per l’ennesima volta rischiò di addormentarsi, ma fortunatamente aveva la testa appoggiata al fianco della zia Ginny, quindi non cadde nonostante fosse all’in piedi. Alice si era assopita su una sedia di plastica con il capo all’indietro contro la parete. Augusta, giunta con la nonna, era acciambellata tra le braccia di zia Luna.
Non riusciva a comprendere perché ci mettessero tanto ed iniziava ad essere sempre più preoccupato, nonostante tutti gli adulti avessero tentato di tranquillizzarlo, affermando che non vi era nulla di strano: a quanto pareva la sorellina (perché sì alla fine aveva avuto ragione Alice) se la stava prendendo comoda.
Zio Charles, il fratello maggiore della mamma, percorreva a grandi falcate il corridoio, aumentando il nervosismo generale. Il nonno e zia Clarisse, la moglie di zio Charles, sedevano vicini ad Alice in totale silenzio.
Ad un certo punto fu sicuro di essersi addormentato perché un movimento brusco della zia lo fece sobbalzare. Si guardò intorno assonnato e vide il padre avvicinarsi a loro con un sorriso incerto.
Tutti gli si accalcarono intorno, ma Frank si fece largò tra loro.
«Papà» richiamò la sua attenzione prima di tutti gli altri. «Tutto bene?».
Il sorriso di Neville divenne più largo, mentre lo abbracciava. «Sì. Non te l’avevo promesso?» rispose, prima di parare l’assalto di Alice ed Augusta.
«Vogliamo vedere la sorellina» disse subito Alice.
«Tra qualche minuto. Mamma ha bisogno di un attimo di tranquillità».
«Ci sono stati problemi?» domandò zio Charles, con il suo solito tono serioso.
«Qualche piccola complicazione, ma è andato tutto bene alla fine».
Neville fu letteralmente subissato di domande dai presenti, mentre i figli lo tiravano da ogni parte per avere la sua attenzione. Soprattutto Augusta, che non sembrava aver minimamente superato la sua gelosia, anche se Frank aveva pensato che in loro assenza si sarebbe calmata: insomma aveva avuto la mamma tutta per sé!
«Signor Paciock, vostra moglie vi aspetta». Un’ infermiera si era avvicinata e per un attimo scrutò lievemente preoccupata la piccola folla che lo attorniava. «La signora è un po’ stanca, non credo sia il caso che entriate tutti insieme».
«Entro prima io con mio padre» intervenne Charles.
«Col cavolo, zio! Tocca a noi!» lo fulminò Alice.
«Ali, ti prego non ti rivolgerti così a tuo zio» intervenne Neville, «Charles, Albert non ve la prendete; ma i bambini hanno il diritto di conoscere la sorellina per primi».
I tre seguirono il padre lungo il corridoio fino ad una stanzetta, quando entrarono furono accolti dal sorriso stanco della madre. Corsero ad abbracciarla, stando bene attenti a non farle male.
«Ecco la bambina». Tutti si voltarono verso l’infermiera, che portava in braccio quello che assomigliava ad un fagottino rosa.
Neville la prese in braccio con delicatezza e l’avvicinò al resto della famiglia.
«Ma è minuscola!» disse subito Alice, esaminandola con attenzione.
«La volete prendere in braccio?» chiese Hannah. Alice ed Augusta si tirarono subito indietro; mentre Frank si accostò di più al letto e la mamma lo aiutò a prendere la sorellina.
«Guarda, dorme. Anche lei ti trova noioso» commentò acidamente Augusta. Frank non replicò, sapendo che, per quanto potesse essere illogico per lui, la sorella ce l’aveva con la neonata e non con lui.
«Augusta, i bambini appena nati si limitano a mangiare ed a dormire».
«Ed a piangere. Speriamo che non scambi il giorno e la notte come Frank» bofonchiò Neville.
«Allora è come Alice. Anche lei sa solo mangiare e dormire».
«Ehi, che problema hai?» sbottò quest’ultima.
Neville ed Hannah si scambiarono un’occhiata e decisero di non dire nulla.
«Avanti, come chiamiamo la sorellina?» chiese, invece, Neville.
Augusta si imbronciò e non partecipò minimamente alla conversazione.
«Potremmo chiamarla Katie, come la giocatrice della nazionale inglese!» propose Alice entusiasta.
«Vuoi chiamare tua sorella come un’emerita sconosciuta?» storse la bocca Hannah.
«Un’emerita sconosciuta, mamma? Katie Bell ha vinto il mondiale di Quidditch!».
«Perché non la chiamiamo Aurora? È un bel nome» disse Frank, lasciando che la mamma riprendesse la bambina.
«È un bel nome! Che ne dici, Neville?».
«Anche a me piace» concordò.
Prima che i presenti potessero aggiungere altro, nonno Albert e nonna Augusta irruppero nella stanza.
«Non riuscivano più ad attendere» si giustificò Albert Abbott.
«Vi presento Aurora Katie Paciock» disse Neville con un ampio sorriso stampato in volto.

*

«Roxi, ciao».
La ragazzina si voltò verso sua cugina Lucy, che le rivolgeva la parola per la priva volta da mesi.
«Ciao».
Avevano appena concluso l’ultimo esame: trasfigurazione. Gli studenti del secondo anno erano tutti lì e tesero le orecchie, magari sperando in una lite in grande stile.
«Ti va di parlare? Lontane dal pubblico magari?».
«Sì, conosco un luogo perfetto. Vieni con me».
Roxi le prese la mano e la trascinò via, facendo solo un segno a Gretel e Frank. La condusse al settimo piano e si fermò davanti ad una parete bianca. Poi le lasciò la mano e camminò avanti indietro per tre volte.
«Non mi dire che è…?» disse Lucy per poi spalancare la bocca, mentre la forma di una porta si delineava sulla parete.
«È la Stanza delle Necessità. Dopo di te».
«Wow» sussurrò l’altra colpita ed entrò.
Rimase completamente senza parole quando comprese che cosa avesse chiesto la cugina. Si voltò verso di lei con le lacrime agli occhi. «Quindi non ce l’hai con me».
«No. È andata bene in fondo… Sei tu che mi hai evitato negli ultimi tempi, non io».
Roxi e Lucy si abbracciarono.
«Allora ti piace?» chiese Roxi, dopo che si separarono.
Lucy si asciugò gli occhi con la manica della divisa ed annuì, abbozzando un sorriso.
Era la loro stanza alla Tana; od almeno la loro stanza prima che si allontanassero. Era il loro rifugio: avevano attaccato i due letti per stare vicinissime anche di notte e lontane dalle altre cugine.
«Lucy, che mi sono persa in questo anno e mezzo? Più ci penso, più sono sicura che mi sfugge qualcosa. Ed è successo tutto dopo lo scorso Natale, sbaglio?».
Lucy sospirò e si buttò sul letto. Roxi tirò il lenzuolo che usavano a mo’ di tenda, ricreando lo stesso ambiente della loro infanzia; ma loro non erano più le stesse bambine.
«Ero entusiasta di cominciare Hogwarts, ma temevo di non essere all’altezza di Molly. Questo lo sai. Solo che pensavo: ‘Cavoli sono anche io figlia di Percy Weasley. Non avrò problemi! ’. Ed invece fin dalla prima sera tutto è andato storto! Che bellezza! La prima Weasley Serpeverde!».
«Per noi non è cambiato nulla! Ti siamo rimasti vicini, indipendentemente dai colori» la interruppe Roxi.
«Sì, ma cerca di capirmi! Mia madre era Corvonero e mio padre Grifondoro come tutti i Weasley e poi arrivo io e finisco a Serpeverde! La Casa che la nostra famiglia ha sempre odiato! Sai come mi guardava zio Ron a Natale? Come se fossi una mina sul punto di esplodere! La mia perfetta sorella invece è stata smistata a Grifondoro! Ma non è solo questo! Non ero il genio, anzi non sono il genio, che credevo! Avevo sempre bisogno del vostro aiuto e nonostante mi impegnassi c’erano cose che non avevano senso per me!».
«Ma succede! Né io né Frank siamo geni!».
«Sì, Roxi, ma quando siamo rientrati a casa per le vacanze i tuoi genitori e quelli di Frank alla stazione non hanno fatto altro che abbracciarvi ed assicurarsi che stesse bene! Mio padre non mi ha rivolto parola! La sua attenzione era tutta per Molly! Che gli raccontava della sua ultima E! Quando siamo tornati a casa, mi ha detto che era deluso perché non studiavo! Non mi ha minimamente creduto quando gli ho detto che mi ero impegnata un sacco!».
«E così hai deciso di non fare più niente e vendicarti…».
«Esattamente. Almeno ora mi rimprovera a buon diritto… Mi dispiace sul serio, Roxi. Non volevo farti del male… È che vorrei che zio George fosse mio padre. Perdonami».
Roxi la strinse a sé senza dire nulla.
«Sei stata stupida» disse dopo un bel po’ di tempo. «Volevi vendicarti di zio Percy, ma non avresti dovuto allontanarci».
«Mi darete una seconda possibilità?».
«Noi Grifondoro sappiamo essere molto generosi».
«Grazie. Ah, complimenti la storia dello spirito di Grifondoro è stata esilarante. Dei veri geni!».
«Nuovo Trasformavoce, al modico prezzo di dieci galeoni. Gratuito se ti chiami Roxanne Weasley. E comunque è merito dei Malandrini. Sono stati fantastici. Calliance e compagni staranno tranquilli in questi ultimi giorni e l’anno prossimo si vedrà».

*

«Molly! Accidenti, mi vuoi ascoltare?».
Arion scagliò con violenza un sasso nel Lago Nero e si voltò verso la ragazza, beccandola mentre riapriva un altro libro e lo sfogliava senza leggere veramente alcunché. Sbuffò e si sedette sotto il faggio accanto a lei.
«Domani iniziano i M.A.G.O.! Come hai potuto costringermi a venire nel parco?!».
«Ho dovuto! Altri cinque minuti e Madama Pince ti avrebbe linciato ed hai terrorizzato un gruppo di Tassorosso…».
«Stavano disturbando!».
«Ridevano! Fuori dalla Biblioteca! Vuoi perdere la spilla proprio le ultime due settimane? Faresti un favore a Zabini ed a Parker! Non aspettano altro che umiliarti! E poi se permetti sei completamente fusa! Insomma domani avremo la prova di Trasfigurazione e tu» disse prendendo un libro alla volta, mostrandole la copertina, «hai preso tutti i libri, tranne quello di Trasfigurazione».
«Tu non capisci!» sbottò lei alzandosi e tentando di allontanarsi. Arion la trattenne per un braccio e la costrinse a sedersi nuovamente. «Allora, spiegamelo».
«D-devo prendere tutte E! Alla Commemorazione ho parlato con i miei, sono molto delusi. I-io avrei dovuto essere al posto di Parker, non so cosa mi sia preso! La Preside li ha detto del calo del mio profitto! E per colpa tua, continuo a disobbedire ai miei».
«Colpa mia? Scusa tanto se ti ho portato qui per evitare che la Pince ti maledisse!».
«Non è questo! La Campbell ha detto ai miei, che io e te ci frequentiamo».
Arion rimase per un attimo senza parole: lui e Molly avevano iniziato a frequentarsi ad aprile, ed era stata una sorpresa per tutta la Scuola. Tutto sommato Arion era un ragazzo abbastanza richiesto dalla popolazione femminile di Hogwarts ed a molte la sua scelta non aveva fatto piacere. Naturalmente.
«Quella è una stronza! Li ha parlato male di me, vero?».
«Sì, li ha detto che sei un pessimo elemento, che non studi, che non hai alcun futuro, che ti basi solo sul tuo cognome. Ti ha descritto come una specie di teppista».
Arion strinse i pugni per la rabbia e ricominciò a tirare sassi in acqua con ancor maggior violenza di prima.
«Quella mi odia!» disse amaramente, «Lo pensi anche tu? Che non ho futuro?».
«N-no».
«E fai bene!» si voltò verso di lei e la osservò con espressione dura, «Ti dico una cosa adesso, non dimenticarla: tra due mesi mi accompagnerai all’Accademia Auror per la mia iscrizione definitiva!». Poi la sua espressione dura si trasformò in una che Molly non gli aveva mai visto fino a quel momento. Sembrava un miscuglio di tristezza ed insicurezza. Le fece tenerezza. Arion si inginocchiò accanto a lei. «Molly, tu lo sai… io non sono come mi descrive la Campbell. Ok, sono un po’ sbruffone alle volte… anzi no, diciamo pure spesso… ok? Lo riconosco. Ma io non mi baso sul mio cognome e poi al momento i Greengrass sono molto più famosi perché mia zia ha sposato un Malfoy, che perché mio padre è un pezzo forte del Ministero! E comunque studio! Per la cronaca ho preso sette G.U.F.O.! E tutti con voti non inferiori ad O».
«Ti conosco» rispose Molly, baciandolo delicatamente sulle labbra, «È per questo che sono ancora con te, nonostante i miei me l’abbiano vietato. Tutti sanno che la Campbell è perfida ed ha i suoi pupilli, ma lei e mio padre sono molto amici. Credimi se ti dico che lui non si è mai fidato delle parole mie o di mia sorella se non sostenute da chi ritiene affidabile. A meno che, naturalmente, io non dica qualcosa contro i miei cugini ed allora mi appoggerebbe contro ogni evidenza. Litiga spesso con i miei zii per questo motivo».
Si baciarono di nuovo questa volta più a lungo. Arion sorrise e le accarezzò una guancia: «Se ora sei più tranquilla, ripetiamo qualcosa prima di cena. Però si fa come dico io. Ok?».
«Ok».
Arion le porse la mano e l’aiutò ad alzarsi.

*

«Allora che possiamo fare per concludere degnamente l’anno? Uno scherzetto ai Serpeverde?».
«No, grazie Rose. Ci mancherebbe solo questo e poi i miei compagni mi ammazzeranno! Vuoi avermi sulla coscienza?».
«Quanto sei melodrammatico, Scorpius!».
«Intanto sono l’unico che ha accettato di farti compagnia! E poi lo sappiamo tutti e due cosa vuoi fare».
«Lo vuoi anche tu» ribatté Rose.
«E vorrei ben vedere! Ti ricordo che un serpente di pietra ha tentato di strapparmi una mano! Avanti Rose è il venti giugno. Cerchiamo la Sala dei Fondatori! Non ha importanza se non abbiamo le pietre, a questo punto sono curioso! Ed anche tu!».
«Ok, ci sto».
«E poi ho fatto una ricerca in biblioteca. Esistono delle tavole astronomiche in cui viene indicato il giorno in cui cadono i solstizi e gli equinozi. Ed anche l’ora. Alle 21.43 quest’anno inizierà ufficialmente l’estate. Troviamo la Sala e festeggiamo così l’inizio delle vacanze! Guarda ho portato quella cosa babbana che ti piace tanto e le fette biscottate. Sono o no sono il migliore?».
Rose aveva trattenuto a stento uno strillo entusiasta quando l’amico aveva tirato fuori dalla zaino un barattolo enorme di Nutella, ma quando finì di parlare gli buttò le braccia al collo: «Sì, sei il migliore Scorpius! E si chiama Nutella. Ricordatelo. È un alimento vitale!».
«Sì, soprattutto per entrare nelle tue grazie. In effetti è molto potente. Adesso, però, smetti di agitarti. Se Gazza ci becca, accoglieremo l’estate pulendo la Sala Trofei».
Rose fece una finta faccia orripilata: «Non sia mai! Lascia che controllo la mappa. Giuro solennemente di non avere buone intenzioni».
«La pura verità» borbottò Scorpius, beccandosi una gomitata. Nonostante ciò si preparò ad infastidirla ancora. Merlino, quanto si divertiva a farla arrabbiare! L’amica, però, s’imbronciò improvvisamente.
«Siamo circondati?» celiò, «La McGranitt, un paio di Prefetti e Caposcuola, Gazza, la sua gattaccia, Lorentz, un po’ di professori?».
Rose gli porse la pergamena e gli indicò alcuni puntini. Scorpius fece fatica a focalizzare i cartigli con i nomi alla fioca luce della luna, che penetrava da una finestra; ma quando ci riuscì, presentì subito che sarebbe stata meglio la sua ipotesi: Dain Zabini, Augustus Roockwood, Norris Avery, Alphonse Main, Daniel Warrington, Mike Douglas, André Castor, Edward Kinnins ed Abel Calliance. Tutti insieme in un’aula poco distante.
«Sono aumentati» fu l’unico commento che uscì dalla sua bocca.
«Le pietre sono nell’ufficio della Preside. Insomma non possono impossessarsene, no?».
«Se la Preside non si trovasse dentro l’ufficio, secondo te sarebbe difficile entrare?» replicò Scorpius a malincuore.
«No. Certo bisognerebbe indovinare la parola d’ordine. Ci vorrebbe del tempo e e…» si bloccò osservandolo. La paura balenò sul suo volto. «I Caposcuola conoscono la parola d’ordine».
«E Zabini e Calliance sono Caposcuola» disse piatto il Serpeverde.
«Dobbiamo capire che intenzioni hanno».
Scorpius annuì e verificò che fossero ben coperti dal Mantello prima di procedere. Il suo sesto senso lo avvertì immediatamente che avrebbero accolto l’estate in bel altro modo. Il barattolo di Nutella, sembrò pesare molto più di un Kg nel suo zaino.
Si fermarono poco distanti dalla porta dell’aula in cui gli altri ragazzi erano riuniti. Rose tirò fuori dalla tasca le Orecchie Oblunghe. Non andava mai in giro senza, soprattutto dopo che la sua adoratissima mamma ne aveva trovato un paio nella sua cameretta e molto gentilmente le aveva cestinate. Fortunatamente lo zio George si preoccupava che fossero sempre ben forniti. Ne passò un capo a Scorpius. Subito le voci dei ragazzi giunsero chiare e nitide:
«Adesso hai paura, Calliance?» tuonò una voce dura, che i due riconobbero subito come quella di Main.
«È una pazzia! E poi non state rispettando gli accordi!» si lamentò Abel Calliance.
«No? Vi avevamo detto che i Purosangue avrebbero preso il potere e voi sareste stati graziati in cambio della vostra collaborazione! Non vi conviene tirarvi indietro adesso. Nessun Babbano o Nato Babbano si salverà quando la Signora prenderà il potere! Vi grazierà solo perché avete scelto in tempo la parte giusta!» continuò Main.
«Nemmeno a me piace questa storia! Stavolta ci espelleranno! La Preside è stata chiara: un’altra infrazione grave e siamo fuori» piagnucolò Warrington. «Mio padre mi ammazzerà!».
«Maledetto idiota! Non capisci? Questa notte tutti gli Auror moriranno, il mondo magico cadrà nel caos e si scatenerà il panico! La gente si dimenticherà anche di sapersi difendere senza i suoi grandi difensori. La Signora prenderà il Ministero e poi Hogwarts! Lord Voldermort sarà vendicato e noi saremo trattati con tutti gli onori» sibilò sempre Main.
«Siete arrivati fin qui e non potete tirarvi indietro!» disse Zabini.
«Parli bene tu, che devi fare la parte dello zelante Caposcuola!» replicò Warrington.
«Guarda che rischio anche io!».
«Oh, poverino! Se la Preside dovesse accorgersi che la stai prendendo in giro potrebbe punirti! Ah, no aspetta non è possibile. Tu sei la Serpe più viscida che io abbia mai conosciuto: in un modo o nell’altro sei riuscito sempre a far ricadere le tue colpe su altri. E così prima ti sei beccato la spilla da Prefetto e poi quella di Caposcuola!» sputò con rabbia Warrington, con tanta forza da far capire a chiunque che quelle parole se le teneva dentro da anni, ma non aveva mai avuto abbastanza coraggio da attaccare il compagno.
«Dici bene, Warrington. E ti ricordo che io sono quello che mette i soldi. E perché sia ben chiaro a tutti, tu non sei abbastanza Purosangue da comprendere certe dinamiche, rischio di essere diseredato. Mio padre è un pezzo grosso del Wizengamot, sarebbe capace di eliminare qualunque cosa o persona che possa macchiare la sua reputazione».
«Ora basta discutere» intervenne Main, che evidentemente era il capo, «dobbiamo procedere. Sono già le ventuno. Ripetiamo il piano. Sono stato già abbastanza benevolo ad ascoltare le vostre lamentele. È scontato che nessuno si tirerà indietro. Non vivo comunque».
Ogni lamentela si spense immediatamente, a quanto pareva nessuno pensava che stesse scherzando. Rose guardò Scorpius spaventata.
«C-convincerò alcuni ragazzini del primo anno a fare chiasso dalle parti del dormitorio di Serpeverde» disse Calliance.
«A quel punto andrò a chiamare indignatissimo la Preside e la condurrò nei sotterranei. Siate rapidi mi raccomando. Quella donna terrorizza con lo sguardo: i ragazzini del primo anno non le terranno testa» continuò Zabini.
«Noi recupereremo le pietre e ci vedremo nei sotterranei di fronte all’ingresso della Sala dei Fondatori alle 3.50. Mi raccomando siate puntuali. Dev’essere tutto pronto per quando farà giorno. L’unico esentato è Zabini perché deve mantenere la sua posizione di Caposcuola» concluse Main.
«Anche io sono un Caposcuola!» si lamentò Calliance.
«Sì, ma di te non mi fido e poi lui è uno dei maggiori finanziatori del nostro progetto. È giusto che abbia dei privilegi e poi tu sei un Sanguesporco, dovresti prostrarti ai miei piedi solo perché ti do questa possibilità!» replicò Main duro.
«I-io non ho capito bene come uccideremo gli Auror» pigolò Warrington.
Una serie di insulti ed imprecazioni si levò dai suoi compagni.
«Sei più tardo di quanto pensassi» sospirò Main. «Alle 4.22 farà alba ed io diventerò potentissimo grazie ai poteri dei Fondatori e potrò far saltare il Tower Bridge su cui in questo momento Harry Potter sta portando tutta la sua squadra. Il grande Salvatore del Mondo Magico non lo sa, ma li sta guidando a morte certa. Ha avuto una soffiata, ma è solo una trappola. Che gran brutta fine. Eh, sì signori, Londra si sveglierà con i fuochi d’artificio!».
«È impossibile fare una cosa del genere e poi a tale distanza!» ribatté Warrington.
«Sei solo un ignorante» tuonò Main, «Si tratta di magia antichissima! Nulla che tu possa comprendere! Me l’ha spiegato la Signora in persona! Ed adesso andiamo, forza».
Scorpius tirò in un’altra aula Rose appena in tempo. Non seppe per quanto rimasero lì in silenzio. Sentiva distintamente ogni battito del cuore di Rose, il cui volto era rigato di lacrime.
«Rosie! Rosie!». Ad un certo punto ritenne di doverla scuotere, perché sembrava che non ci riuscisse da sola.
«Scorpius tu non capisci. Mio padre… mio padre andrà senz’altro con zio Harry… Non rimarrà mai indietro. È sempre stato al suo fianco!».
«Appunto, Rose. Dobbiamo fermarli! Andiamo a chiamare Dorcas e Jonathan. Siamo noi i Custodi delle Pietre! Li impediremo di usarle a qualunque costo!».
«Sì, sì hai ragione. Andiamo. Ma dobbiamo chiamare anche Al».
«No, Al lasciamolo in pace».
«No, deve saperlo. Si tratta di suo padre».
«Va bene, tu va’ da lui. Io cerco gli altri e li racconto tutto. Dobbiamo ancora scoprire dov’è la Sala dei Fondatori e sarà meglio arrivare lì prima delle 3.50 in modo da tenerli d’occhio. Sono già le 21.45. Ci vediamo in Sala d’Ingresso al più presto».
«Aspetta, Scorpius. Prendi il Mantello, voi siete di più. Io terrò la mappa».
Rose corse a perdifiato fino alla Torre di Grifondoro, rischiando di essere beccata dai Prefetti di ronda un sacco di volte.
«Perseveranza» quasi urlò alla Signora Grassa e quella la lasciò passare brontolando sulla sua maleducazione. «Albus!».
Il cugino si voltò immediatamente ed incrociò il suo sguardo. Interruppe immediatamente la partita a sparaschiocco e la raggiunse.
«Che è successo? Hai una faccia!».
Rose lo prese per il braccio e lo trascinò nella sua stanza. Fortunatamente non vi era nessuno. Gli raccontò per filo e per segno ciò che avevano sentito con Scorpius. «Muoviamoci, dobbiamo trovare la Sala dei Fondatori». Scattò verso la porta, mentre ancora finiva di parlare. Sorpresa si rese conto che Albus non la stava seguendo.
«Beh, che c’è? Non abbiamo molto tempo!».
«Noi non faremo un bel niente! Ed adesso andiamo dalla Preside e le raccontiamo ogni cosa. Se ne occuperà lei. Avvertirà papà e non cadranno nella trappola».
«Sei scemo? Noi siamo i Custodi delle Pietre!».
«Non siamo un bel niente, Rose! Non ti è bastato rischiare di essere mangiata da un’allegra famigliola di ragni giganti?».
«Odio quando fai lo spiritoso».
«Rose, ascoltami bene! Noi abbiamo a malapena quattordici anni. Non tocca a noi risolvere questi problemi!».
«Ti sei fatto fare il lavaggio del cervello da zio Harry!» disse sconvolta Rose.
«Ho promesso a papà che non avrei più fatto stupidaggini come quella di andare nella Foresta Proibita».
«Hai fatto una promessa anche a me».
«Me lo ricordo. Appunto per questo ascoltami. Parlo per il bene di entrambi».
Rose si allontanò da lui scuotendo la testa. «Quando metteremo fine a questa storia, zio Harry mi sentirà!».
Albus la inseguì per le scale e tentò di fermarla, così Rose si voltò e lo affrontò.
«Perdonami Al sul serio, anche io ti voglio bene. Petrificus Totalus».
Il cugino cadde a terra in un tonfo, Rose lo spinse in un cantuccio e lo coprì con il suo mantello, ignorando i suoi verdi occhi che sembravano accusarla di essere la peggiore cugina del mondo. Quando si incontrarono tutti in Sala d’Ingresso erano già le dieci e mezza passate: Scorpius aveva avuto parecchie difficoltà a rintracciare gli altri due. Con grande imbarazzo ammise che aveva impiegato più di un quarto d’ora a risolvere l’indovinello del batacchio a forma di corvo, che proteggeva l’ingresso della Torre di Corvonero. Fortunatamente Dorcas aveva capito che stava succedendo qualcosa nel momento in cui aveva visto Calliance convincere i ragazzini del primo anno a fargli un favore. Così era uscita per cercarli e si era imbattuta in Scorpius e Jonathan.
Vagarono per i sotterranei per un bel pezzo prima di trovare la porta.
«Io sono sicuro che c’eravamo già passati! Non può essere apparsa dal nulla!» si lamentò Jonathan.
«L’importante è che l’abbiamo trovata» replicò Rose.
«Sono le dodici meno venti».
«Cerchiamo di capire come si entra lì dentro. Non vedo maniglie. Temo che l’alohomora non funzionerà» disse Rose.
Scorpius provò tanto per non lasciare nulla di intentato, ma come Rose aveva previsto non servì a nulla.
«Lasciate stare gli incantesimi. È molto semplice. Vedete wynja?» disse Jonathan.
«Chi?».
«Rosie, sul serio sei sicura di aver superato l’esame di Antiche Rune?».
«Non rompere le pluffe e rispondi».
«È la runa che rappresenta la realizzazione di un desiderio o di un progetto. Inoltre è in grado di armonizzare e riportare la pace su punti di vista completamente opposti».
«La runa perfetta per i Fondatori quindi» concluse Dorcas.
«Se lo dite voi» borbottò Rose.
«Ora non ci rimane che aspettare» disse Scorpius. «Mettiamoci qui, sotto il Mantello. Non potranno vederci».
«Che ore sono?» chiese Rose, dopo che si furono coperti ben bene.
«Le dodici meno dieci» rispose Dorcas.
«Perfetto, dovremo aspettare solo per circa tre ore» concluse Jonathan.

*

Frank percepì una sensazione di freddo intenso. Si rigirò nelle lenzuola, temendo, che a dispetto di quanto si erano aspettati, Calliance e gli altri fossero già tornati all’attacco. Un freddo del genere non era normale in pieno giugno. Si mise a sedere ed a tentoni prese la bacchetta sul comodino.
«Lumos» sussurrò e lanciò uno strillo quando vide chi galleggiava a pochi centimetri dal suo viso.

Angolo autrice:

Ciao a tutti :-D
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento :-D Ormai siamo quasi alla fine. Nella prima parte la storia si svolge all’inizio di giugno fino al fatidico solstizio d’estate, cui naturalmente ho dedicato molto più spazio.
Che ne pensate del nome Aurora? A me sembra molto bello J
Fatemi sapere che cosa ne pensate ;-)
Spero di pubblicare presto il capitolo successivo. Vi auguro una buona serata :-D
 
   
 
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