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Autore: Cindy03    05/01/2016    1 recensioni
E fu così che la situazione si ribaltò di brutto: stava giocando con me e i miei sentimenti, mi aveva proposto di andare da lui per la partita finale, quella decisiva, ma ora ero io a giocare, ero io a deridere la sua eccitazione e non lo sapeva, ma ancora non aveva visto la mia mossa finale!
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Uscii in fetta dalla classe appena suonò la ricreazione, per lasciarmi alle spalle il clima di ansia e tensione che le mie amiche avevano creato, a causa di ciò che avrei dovuto fare quel pomeriggio.

Giulia e Marta si erano dichiarate assolutamente contrarie ma, forse per invidia, forse per gelosia, non erano riuscite a motivare la loro posizione. Del resto, per Giulia era sempre tutto un no categorico, a meno che non fosse lei a decidere qualcosa. Mentre Marta… lei non era in grado nemmeno di andare in bagno da sola e per questo si comportava come se fosse stata l’ombra di Giulia. Francesca invece si era schierata al mio fianco e mi aveva difeso affermando che si vive una volta sola e queste stronzate giusto a 15 anni si possono fare! Loro erano le mie migliori amiche, quelle di cui mi fidavo!

E poi c’era Emma. Lei ed io non avevamo gli stessi pensieri, né lo stesso stile di vita, né eravamo simili in alcun modo. Lei però era l’amica di Dario: l’unica che potesse riferirmi qualcosa di lui al di fuori della vita scolastica, l’unica che gli potesse parlare di me, l’unica che oggi mi avrebbe potuto aiutare ad ottenere ciò che desideravo da così tanto tempo.

Appena sentii l’aria fredda colpirmi il viso tirai un sospiro di sollievo. Non sopportavo più il battibeccare di quelle quattro, a maggior ragione che lo facevano senza preoccuparsi minimamente della presenza di Dario, l’origine di tutto quel caos.

“Dammi una sigaretta!” chiesi brusca a Emma. Lei non ci fece caso e me la passò già accesa. Io l’afferrai famelica, nonostante non mi piacesse fumare. Aspirai. Con il fumo mi invase anche il senso di colpa.

Pensai alle menzogne che avevo raccontato a mia madre, la donna più importante della mia vita. Le avevo detto che non avrei più fumato, che non avrei più pensato a quel ragazzo che tanto mi faceva stare male, che qual giorno sarei rimasta a scuola per aiutare Francesca in chimica. Invece io stavo andando proprio da lui, a farmi male con le mie stesse mani, con la sigaretta tra le labbra!

Mi ero innamorata di Dario l’anno precedente, e lo capii quando per la prima volta posò la sua bocca sulla mia. Dario aveva la capacità di portarmi sulla luna e nello stesso tempo di distruggermi completamente. Dopo quel bacio non ebbi più contatti con lui pur ritrovandomelo nella stessa classe. Questo almeno fino al mese prima! Si era di nuovo avvicinato a me ed eravamo arrivati ad una svolta: quel pomeriggio sarei andata a casa sua! In quei due anni avevo imparato a conoscerlo. La sua bellezza non era da mozzare il fiato, ma aveva quel non so che di affascinante che faceva cadere tutte ai suoi piedi… e lui lo sapeva! E ovviamente ne approfittava! Certo che i suoi occhi però lasciavano senza parole: così intensi, profondi, scuri... erano in grado di catturarti e strapparti via ogni briciolo di autocontrollo.

Io personalmente non avevo mai sperato, nemmeno per un istante, che potesse nascere una storia seria tra noi. Era troppo presto e sinceramente non lo desideravo nemmeno. Accettavo il suo modo di fare, di trattare le ragazze come oggetti, e mi andava bene. Quello che desideravo era però essere io il suo oggetto, perché fino a quel giorno per lui ero stata solo un portafortuna per i compiti in classe!

Due giorni prima, la professoressa di letteratura continuava a spiegare ininterrottamente la stessa poesia da almeno due ore e io avevo ormai perso la voglia di ascoltarla e svuotato la mente da qualsiasi pensiero, pur mantenendo lo sguardo fisso su di lei, fingendomi attenta. La vibrazione del cellulare sotto al banco mi fece riscuotere e, facendo attenzione, sbirciai il display. Quello che lessi per poco non mi fece venire un infarto! Messaggio da Dario: “Ehi carina, dopodomani vieni da me che ti insegno a giocare?”

Sentivo le guance colorarsi di rosso, le mani sudare, ma lo sguardo di lui puntato sulle spalle non mi lasciava molto spazio di reazione. Feci un respiro profondo e scrissi “Ok… :*” poi inoltrai tutto alle mie amiche.

Sapevo che era sbagliato, sapevo che poi ci sarei stata male! Ma il mio cuore vinse e la mia testa decise di adattarsi alla situazione ed escogitare un piano: sarebbe stata la prima e ultima volta, poi avrei voltato pagina! In tutta la mia vita non ero mai stata così sicura di qualcosa. Ero risoluta e questo voleva dire soltanto che poi avrei portato a termine la mia decisione!

Mi voltai e tornai in classe ancora sbuffando fumo.

Due ore dopo mi trovavo con Emma davanti casa di Dario. Dovevamo aspettare che la mamma se ne andasse per entrare e non potevamo farci vedere.

Appena sentimmo la macchina allontanarsi sgusciammo vicino all’entrata ed Emma tirò fuori il mazzo di chiavi per aprire l’ingresso del palazzo. Sempre in silenzio salimmo diverse rampe di scale. Persi il conto. Il cuore pulsava forte nelle orecchie e le mie guance erano diventate incandescenti. Per un attimo, ma solo per un secondo, mi venne la voglia di scappare lontano. Come quando sulle montagne russe raggiungi la cima: riesci ad intravedere la discesa, ma la paura ti invade e vorresti tornare indietro. Però non puoi. Io ero saltata su a volo ed ora non potevo tirarmi indietro!

Dopo un tempo infinito arrivammo alla porta ed Emma bussò. Non passò nemmeno un secondo che mi ritrovai davanti la faccia sorridente di Dario.

“Ci vediamo dopo!” gli disse Emma senza cerimonie e se ne andò. Mi ritrovai da sola con lui. Per la prima volta. Quella sarebbe stata la mia rovina.

Contrariamente a quanto mi ero immaginata, non ero imbarazzata, anzi tutta la paura era svanita non appena avevo incontrato i suoi occhi. Con un sorriso mi invitò ad entrare in casa e, senza nemmeno darmi il tempo di guardarmi intorno, mi condusse in camera sua.

La stanza era piuttosto allungata, con una piccola finestra di fronte al letto e un grande armadio verdino. In fondo intravedevo il bagno dietro a una porta socchiusa. Mi avvicinai alla finestra per poi posarvi la borsa accanto.

“Bella camera!” dissi per rompere il ghiaccio.

Lo sentii ridere. Mi voltai accigliata e lo trovai vicino ad una piccola gabbia posata all’angolo del letto.

“Dimmi che non hai paura dei topi!” mi disse ancora ridendo.

“No, perché? Hai i topi in camera?”

“No, mi è scappato di nuovo il criceto e molto probabilmente si è nascosto dietro l’armadio!”

A questo punto non potei fare a meno di assecondare la sua risata.

Lo osservai mentre si sedeva sul letto e mi avvicinai impacciata. Non avevo mai fatto nulla con un ragazzo, escludendo il bacio a stampo con lui. Questo mi preoccupava un po’.

“Vuoi che ti aiuti a cercarlo?” proposi, ma lui mi afferrò dal braccio facendomi sedere sulle sue gambe e, senza dire niente, mi baciò. Ci misi un istante per capire cosa stesse succedendo e subito mi lasciai andare totalmente. Non lo avevo mai fatto, ma risposi a quel bacio non troppo delicato con lo stupore di entrambi. Aprii gli occhi e mi persi nei suoi infinitamente neri, poi infilai entrambe le mani nei suoi capelli e mi misi a cavalcioni su di lui. Mi resi subito conto della sua eccitazione e gemetti sulle sue labbra piene, mentre già sentivo le sue mani infilarsi sotto la mia maglia. In un attimo ribaltò la situazione e mi ritrovai seduta sul letto mentre Dario si slacciava i pantaloni davanti al mio viso. Solo quando mi prese la testa con le mani per indirizzarla sulla sua erezione capii cosa volesse e fu li che aprii gli occhi!

Mi resi conto che in fondo una speranza ce l’avevo, quella di non essere una qualunque per lui. Mi ero illusa che le sue attenzioni fossero dettate da un minimo di affetto e non solo dalla voglia di divertirsi con me. Per la prima volta lo vedevo per ciò che era: uno stronzo che credeva di avere il mondo femminile ai suoi piedi. Ripensandoci nessuno aveva fatto nulla per nascondermelo, io stessa me l ‘ero sempre ripetuto, ma il mio cuore aveva viaggiato indipendentemente ed ora la delusione era più forte che mai. Con una freddezza che non credevo mi appartenesse, azzerai i sentimenti e accesi il cervello: ora iniziava il mio di gioco! Mi alzai sicura e fissai quegli occhi immensi scuotendo la testa per mettere in chiaro che non avrei fatto ciò che voleva. Lo presi dalla maglietta e inaspettatamente lo baciai con passione. Lo vidi spiazzato e così potei farlo sdraiare sul letto e guidare io la situazione.

Stesa sopra di lui, facevo strusciare le nostre parti intime fino a portarlo al limite, senza mai smettere di baciarci. Ogni qual volta provava a togliermi i pantaloni lo fermavo sicura, per poi ricominciare quella lenta tortura. La sua bocca famelica non smetteva di assaggiare la mia ed io non mi allontanavo. Le sue mani presero a vagare sul mio corpo, soffermandosi sul mio seno, ma senza liberarlo. Era una lenta tortura che stavo guidando anche troppo freddamente. In me c’era la consapevolezza della finzione, in lui l’eccitazione.

Toc toc… “Dario ci sei?” la voce della madre ci arrivò ovattata da dietro la porta. Con un salto mi alzai dal letto.

“Cazzo!” disse Dario, mentre mi indicava il bagno. Corsi dietro la porta e mi infilai nella doccia, tirando la tenda. Lui mi fece segno di stare in silenzio, mentre si dirigeva verso la porta della camera. Appizzai le orecchie cercando di sentire il più possibile, cosa fortunatamente non molto difficile anche se il martellare del mio cuore era così forte che pesai potessero sentirlo anche al di fuori di me!

La porta venne aperta.

“Dormivi?” chiese la madre con un tono indagatorio.

“E certo ma!” la voce di Dario era piuttosto scocciata.

“Non è che c’è qualcuno qui in camera con te?”

“Mamma ma che vai dicendo, per favore lasciami in pace che ho sonno!”

“Ti cercava Marco , comunque io vado a lavoro, a stasera!” detto questo se ne andò, ma proprio mentre stavo per uscire allo scoperto un'altra voce mi immobilizzò.

“Che cazzo fai! Per poco non ti becca! Ringraziami che ho nascosto la borsa di quella ragazza con il piede!” Dario scoppiò a ridere e dopo aver mormorato un grazie a quello che ipotizzai fosse in suo amico chiuse finalmente la porta per venire da me. Scoppiammo a ridere come due scemi appena ci guardammo, poi tornammo al letto.

Mi stesi al suo fianco e mi lasciai accarezzare il collo, il seno, la pancia, finché non mi chiese il permesso di accedere in quella parte del mio corpo che mai nessuno aveva degnato di attenzione. E glielo diedi. Un moto di stupore si dipinse sul suo volto e con l’eccitazione crescente infilò la mano nelle mutandine iniziando a massaggiare, mentre io…. Niente! Non sentivo assolutamente nulla! Non mi piaceva, non provavo piacere, anzi mi dava fastidio. E allora la mia mente tirò fuori un’altra delle sue geniali idee: FINGERE!

E fu così che la situazione si ribaltò di brutto: stava giocando con me e i miei sentimenti, mi aveva proposto di andare da lui per la partita finale, quella decisiva, ma ora ero io a giocare, ero io a deridere la sua eccitazione e non lo sapeva, ma ancora non aveva visto la mia mossa finale!

Inizia a gemere, regolando il tono della voce, mentre con le mani liberavo il suo membro dai pantaloni. I suoi occhi seguivano ogni mio movimento, e quando iniziai a muovere la mano gemetti più forte, come a comunicargli che mi piaceva. Lo odiavo!

Con il bacino mi incitava a continuare, mentre sentivo il suo piacere crescere sempre di più. Con un ultimo tentativo, cercò di indirizzarmi la testa sul suo fallo, questa volta delicatamente, ma non lo assecondai. Non potevo spingermi fino a quel punto! Era una cosa troppo intima per me!

Arrivò al culmine e lo capii dal suo sguardo liquido. In quel momento fece una cosa del tutto inaspettata: si bloccò, fermò la mia mano e fissò lo sguardo nel mio. Lessi stupore, ammirazione, affetto… si, nonostante tutto io voglio credere che mi volesse bene, voglio credere che volesse dimostrarmelo, pur non avendo il coraggio per dirmelo! Forse fu solo un'altra mia illusione, ma questa non ha mai avuto la dimostrazione del contrario.

Riversò i suoi umori sulla mia mano, senza preoccuparsi di sporcare il letto e mi abbracciò forte! Sapevo che era un addio e mi stupii di quanto poco male facesse… o forse mi ero abituata al dolore.

Quasi tristemente mi alzai dal letto e mi sistemai. Lui mi sorrideva soddisfatto ancora sul suo letto. Senza nemmeno salutare, recuperai la mia borsa e me ne andai.

Mi sentivo una sgualdrina, ma non mi importava. Non mi importavano le stupidaggini che avrebbe raccontato in giro il giorno dopo per far colpo sui suoi amici. Non me ne fregava niente e in silenzio mi diressi verso la fermata dell’autobus. Fu l’ultima volta che soffrii per lui!

   
 
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