Crossover
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Autore: Odinforce    05/01/2016    3 recensioni
In un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto in passato. I vincitori torneranno al loro mondo, siano i buoni o i malvagi. Saranno disposti ad obbedire alla volontà di Nul?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 30. Il fulmine rosso

 

« Io non ho mai rinunciato a te... »

Ginny...?

« Mai... »

« Ugh... »

Harry Potter riprese conoscenza. Era per terra a faccia in giù; l’aria umida gli riempiva le narici. Sentiva il suolo freddo e duro sotto la guancia e la stanghetta degli occhiali, spostati di lato, premuta contro la sua fronte. Sentiva un leggero dolore dappertutto; i suoi vestiti erano umidi, come se fosse uscito da poco dall’acqua. Voleva alzarsi, ma rimase dov’era, gli occhi socchiusi... dal momento che accanto a lui c’era qualcuno. Qualcuno la cui voce non era affatto familiare.

« ...favolosa! » commentò quella voce, giovane e femminile. « Acciaio incantato dei folletti, un notevole potere magico, elsa in oro massiccio... e guarda che rubino! Un autentico capolavoro... non poteva capitarmi tra le mani un tesoro più grande! »

Harry aprì gli occhi un po’ di più. La sconosciuta che parlava a voce alta gli dava le spalle, ma riconobbe l’arma stretta tra le sue mani: la spada di Grifondoro. In un attimo realizzò di essere stato derubato... ma non di tutto; la sua mano si era mossa lentamente verso la tasca, dove trovò ancora la Bacchetta di Sambuco. Strano che la sconosciuta non l’avesse presa, ma questo andava tutto a suo vantaggio.

« ...ci farò sicuramente una fortuna! Aspetta, dovrei davvero venderla? Quando mi capiterà un’altra spada del genere? È già tanto che abbia trovato un po’ d’oro in questo mondo putrido. Ah, intanto pensiamo a tornare a casa... il tempo di abbuffarmi, darmi una rinfrescata e poi valuterò le offerte. »

« Ehi, tu! »

Harry si era alzato, puntando subito la Bacchetta contro la sconosciuta. Questa si voltò subito, e la sua sorpresa parve contagiare il ragazzo.

La ladra era poco più che una ragazzina; dimostrava circa quindici anni. Più bassa di Harry di tutta la testa, aveva grandi occhi scarlatti e una folta chioma di capelli rossi; indossava una giacca e pantaloni color porpora, con guanti e stivali bianchi muniti di accessori, il tutto avvolto in un ampio mantello nero. Non aveva altre armi, a parte la spada di Grifondoro che ancora impugnava.

« Ehm... mettila subito giù » ordinò Harry, cercando di restare serio. « Quella spada non ti appartiene, e ti conviene restituirmela. »

La ragazza lo guardò male e, anziché obbedire, appoggiò la spada alla spalla e la mano libera su un fianco. Aveva assunto un’aria di sfida, per non dire superba.

« Però, non mi aspettavo che ti riprendessi così presto » commentò. « A saperlo, ti avrei legato come un salame. »

« Già, ho la pelle dura, io. Ora ridammi la spada. »

La ragazza allargò il sorriso. Nonostante fosse sotto tiro, non provava il minimo timore.

« Che succede se ti rispondo di no? Mi colpirai con il tuo bastoncino? »

« Esatto. È un bastoncino potente... vuoi scoprire quanto? »

Harry cercò di nascondere la curiosità, vista la situazione. Era evidente che la ragazza non sapesse cosa fosse una bacchetta... eppure restava sicura di se, come se avesse qualcosa da nascondere. Forse un grande potere, come Sora e i suoi amici.

« Hah... solo gli scemi e gli ignoranti osano sfidare la grande Rina! E tu, bel faccino, sembri appartenere a entrambe le categorie! »

« Expelliarmus! »

La spada balzò via dalla mano di Rina, cadendo a terra. La ragazza rimase stupefatta per alcuni secondi, poi tornò a guardare Harry con occhi furiosi.

« Grosso errore, bel faccino... Palla di fuoco! »

Un globo di fuoco eruppe dalle mani della ragazza, che lo sparò dritto contro Harry. Il giovane mago si scansò di lato, troppo sorpreso per riuscire a difendersi con un altro incantesimo.

« Sei una strega? »

« Io sono la strega » dichiarò lei con aria di sfida. « Sono Rina Inverse, la bellissima e abilissima maga, nonché cacciatrice di tesori. La tua spada è proprio quello che fa per me, perciò togliti di mezzo... o preparati ad essere incenerito! »

Harry si rialzò in piedi, stringendo la presa sulla bacchetta.

« Non ho mai sentito parlare di te... ma questo non cambia nulla. La spada di Grifondoro va meritata, non lascerò che finisca nelle mani di una ladra come te! Stupeficium! »

Rina schivò l’incantesimo, contrattaccando un istante dopo. Agitò le mani in gesto fluido, mormorando nel frattempo una formula magica.

« Potenza del fuoco e del vento, riunitevi nelle mie mani e colpite il nemico con la forza di un fulmine! »

Una scarica elettrica eruppe dalle sue dita, abbattendosi su Harry.

« Protego! »

La barriera invisibile lo protesse come uno scudo, fermando il fulmine a metà strada. Rina sfoggiò un’espressione a metà tra il fastidio e lo stupore, ma nel frattempo attaccò ancora.

« Freccia di luce! »

La ragazza assunse una nuova posa, come se impugnasse un arco invisibile: una freccia luminosa apparve sul braccio teso in avanti. Harry vide un’apertura e decise di sfruttarla; abbassò la bacchetta, concentrandosi al massimo sulla destinazione...

Mentre Rina scagliava la freccia sul ragazzo, questi si Smaterializzò, un istante prima che lo colpisse.

« Cosa? Dov’è andato? »

Crack!

Harry riapparve alle sue spalle. Il rumore spaventò Rina, che perse l’equilibrio e cadde a terra.

« Incarceramus! »

Un groviglio di corde apparso dal nulla immobilizzarono la ragazza a terra, legandola per i polsi e le caviglie. Harry restò fermo, puntandole contro la bacchetta.

« Ehi! » protestò Rina, divincolandosi inutilmente. « Ti sembra il modo di trattare una ragazza? »

« Sì, se quella stessa ragazza cerca di rapinarmi » rispose Harry, serio. La ignorò per un attimo, mentre si apprestava a recuperare la spada dal terreno.

« Bah... speravo almeno di trascorrere i miei ultimi giorni con qualche bel gioiellino tra le mani, ma sembra che non posso godermi nemmeno questa soddisfazione. Avanti, allora... uccidimi e facciamola finita! »

Harry aggrottò la fronte, incredulo.

« Non voglio ucciderti. Per chi mi hai preso, scusa? Io non ammazzo la gente a sangue freddo... cerco di evitarlo, se posso. »

Rina replicò la sua stessa espressione.

« Non uccidi? Allora sei un eroe come me! Perché non lo hai detto subito? »

« Perché, tu saresti un eroe? »

Rina sbuffò seccata. Schioccò le dita, e le corde si trasformarono in cenere, liberandola dalla stretta; si rialzò dunque in piedi, sotto lo sguardo sempre più incredulo di Harry. Aveva spezzato un incantesimo della Bacchetta di Sambuco!

« Ma tu... chi sei? »

« Credevo di essermi spiegata. Sono Rina Inverse... nel mio mondo sono famosa per le mie imprese, sia le buone che le cattive. Non fraintendermi, ho cominciato come ladra ma con il tempo mi è capitato di salvare sempre più spesso la situazione. E tu chi sei, invece? Un mago di grande talento, senza dubbio, ma con una scarsa educazione visto che ancora non ho saputo il tuo nome. »

« Ah già, perdonami » fece Harry, riponendo la bacchetta. « Mi chiamo Harry. Harry Potter. »

I due si strinsero la mano. Ormai avevano capito entrambi di non avere nulla da temere l’uno dall’altra, perciò potevano considerare conclusa l’ostilità.

« Molto piacere, Harry. Hai un arnese davvero interessante, sai? » disse Rina, alludendo alla bacchetta. « Non credevo che fosse dotato di un simile potere... la tua spada aveva attirato completamente la mia attenzione, perciò non l’avevo notato subito. »

« Nel mio mondo, le bacchette sono indispensabili per fare le magie. A me, invece, ha sorpreso il fatto che tu non ne hai alcun bisogno. »

« Veniamo da mondi diversi, mio caro... eppure abbiamo qualcosa in comune, non sei d’accordo? »

Harry annuì.

« Bene, direi che posso stare tranquilla in tua presenza, ora che ci conosciamo un po’ meglio. »

« Se lo dici tu... ehm, tu sai dove ci troviamo? » chiese il ragazzo, che iniziò a guardarsi intorno per la prima volta.

« A Oblivion, naturalmente: il regno di quel maledetto conosciuto come Nul. »

La risposta, per quanto scontata, fu comunque un duro colpo per Harry. Il ragazzo spostò lo sguardo in varie direzioni. L’improvviso scontro con Rina gli aveva impedito di familiarizzare con l’ambiente circostante: capì di trovarsi su una strada di montagna spoglia e silenziosa, avvolta dalla nebbia; un corso d’acqua scorreva a pochi metri da lui, lo stesso da cui Rina lo aveva tirato fuori per derubarlo. Il cielo sopra di loro era grigio, coperto come al solito dalle nuvole.

Harry s’incupì ancora una volta. Non aveva idea di come fosse arrivato laggiù, né quanto tempo fosse passato dal naufragio del Titanic a cui era scampato. Il fatto più grave era quello di essersi separato dal resto dei Valorosi... era nuovamente solo, con l’unica compagnia di una maga dai modi discutibili.

Un brontolio allo stomaco interruppe il silenzio che si era creato. Harry guardò Rina imbarazzato, che tuttavia gli sorrise comprensiva.

« Fame, eh? » commentò. « D’accordo, seguimi... non mi va di avere un eroe morto di fame sulla coscienza. »

Rina invitò Harry a seguirlo, e lui obbedì. I due s’incamminarono lungo la strada, addentrandosi sempre più nel territorio montano. Harry realizzò in breve tempo quanta desolazione lo circondasse: camminavano ai piedi di una grande montagna, colma di tronchi secchi; un tempo doveva essere stata una foresta rigogliosa, colpita da chissà quale catastrofe. La cima del monte era costituita da due picchi gemelli, che si innalzavano sui resti della foresta circostante. Tra di essi, vide Harry, sorgeva un albero di dimensioni colossali, annerito e bruciato come il resto della foresta; le sue enormi radici, tuttavia, si spargevano ancora per tutto il monte.

« Miseriaccia » mormorò Harry, sconvolto. Anche dopo aver visto con i suoi occhi gli orrori del Cimitero dei Mondi, non poteva ancora abituarsi alla devastazione che ricopriva un mondo intero. Ora che si erano avvicinati, inoltre, il ragazzo poté notare anche i numerosi scheletri che costellavano la zona.

« Già, è terribile » commentò Rina, intercettando la sua reazione. « Quello che vedi è ciò che resta di Nordrassil, l’Albero del Mondo di Azeroth. Preso da Nul come settore per il suo campo di battaglia, è stato teatro di uno dei suoi cicli di guerra... con conseguenze devastanti. Ormai è stato abbandonato da un pezzo, e visto che preferisco stare alla larga dai rompiscatole ho deciso di stabilirmi qui. Ecco, da questa parte. »

Rina guidò Harry fino a una radice dell’Albero, dove aveva realizzato il suo rifugio: un’ampia caverna scavata nel legno, sufficiente per ospitare un gruppo di persone. La giovane strega l’aveva riempito con tutto ciò che aveva potuto recuperare nei dintorni: armi, utensili e alcuni gioielli e pietre preziose. Il ragazzo suppose che li avesse presi ad altri sventurati che lo avevano preceduto. Al centro vi era uno spiazzo per accendere il fuoco. Rina si occupò subito di preparare qualcosa da mangiare, e poco dopo i due si sedettero insieme per gustarsi un saporito pesce di fiume. La ragazza, notò Harry, non aveva un gran senso del decoro mentre divorava la sua parte.

Era il momento giusto per conoscersi meglio. Così Harry, terminato il suo pasto, attaccò a parlare, raccontando della sua vita prima di raggiungere Oblivion; di Voldemort, la sua nemesi (anche se evitò di pronunciarne il nome ad alta voce, temendo potesse rintracciarlo), riportato in vita da Nul; di come si fosse unito ai Valorosi e del viaggio insieme a loro per trovare Nul, fino al naufragio. Rina ascoltò fino alla fine con attenzione, senza mai intervenire. La giovane strega lo fissò con aria ammirata, seduta un po’ troppo vicino a lui.

« Però, non immaginavo che avessi vissuto così tante avventure, Harry » commentò con un sorriso. « A una prima occhiata ti credevo solo uno sfigatello finito nel posto sbagliato... ma ancora una volta le apparenze ingannano. »

« Heh... grazie » fece Harry. « E di te che mi dici, invece? Qual è la tua storia? »

« Mah, su di me non c’è molto da dire. Vengo da un mondo più arretrato del tuo, diviso in regni ed imperi, dove la vita è assai dura per tutti. Laggiù i maghi non si nascondono, ma vivono all’aria aperta insieme a tutte le altre razze: uomini, orchi, troll, folletti e così via. Io sono solo una delle tante povere anime che cercano di tirare avanti. A me interessano solo tre cose: l’oro, buon cibo, e la magia... e se potevo avere tutto questo con la mia attività di ladra, mi stava più che bene; così, dopo aver studiato la magia mi sono messa a girare per il mondo, rubando bottini e tesori agli altri furfanti.

« La mia serie di “buone azioni” è cominciata quando ho incontrato i miei amici: Gourry, l’ottuso, intrepido e affascinante spadaccino... Zelgadis, il mago chimera... e la giovane principessa Amelia. All’inizio furono il profitto e i nemici comuni a renderci alleati, ma poi siamo rimasti insieme come veri amici. Insieme a loro ho vissuto numerose avventure; abbiamo sconfitto malvagi, svelato misteri e salvato molta gente dai pericoli. Questo ha fatto di me un’eroina, senza dubbio, anche se non mi è mai importato sul serio.

« Poi ho perso tutto all’improvviso. Era un giorno come tanti sul mio mondo, quando l’ho visto svanire: un’ombra gigantesca si era levata dall’orizzonte, avvolgendo il mondo intero nell’oscurità. Persi conoscenza, e quando rinvenni mi ritrovai qui... pronta a combattere nella sfida di Nul. »

Rina tacque, piegando la testa all’indietro. Il suo sguardo si perse sul soffitto della caverna, invasa dal calore del fuoco.

« Sai perché so cosa è successo qui? » riprese. « Perché ne ho preso parte, mio malgrado. Nul aveva organizzato una battaglia di proporzioni enormi ai piedi dell’Albero del Mondo, reclutando diversi brutti ceffi dagli altri mondi: il mago Kefka, clown psicopatico; il Re dei Lich, signore dei Non Morti; Rezo, il Monaco Rosso... mio mortale nemico del mondo da cui provengo. Questi individui, convinti da Nul a combattere in cambio della promessa di tornare in vita, avevano radunato un vasto esercito di mostri per stanare i loro bersagli... me compresa. Così mi sono ritrovata a unire le forze con gli altri eroi prescelti: Tirion, paladino della Mano d’Argento... la principessa Daenerys, Madre dei Draghi... e Terra, una fragile ragazza dotata di enormi poteri magici.

« Non ero entusiasta di unirmi a una simile battaglia, ma che potevo fare? Rezo non avrebbe smesso di darmi la caccia, tanto valeva chiudere subito i conti. La battaglia fu dura, ed entrambi ci riducemmo allo stremo delle forze. Sarei morta se non fosse intervenuta Terra: poveretta... la vidi perdere il controllo e trasformarsi in una specie di spirito distruttore, che si avventò su Rezo e lo fece a pezzi. Ma poi capii che non distingueva più gli amici da nemici, e... fui costretta a fermarla, ricorrendo al mio incantesimo più potente. Insieme a lei colpii l’Albero. Un’ondata di fuoco investì ogni cosa, e... »

La voce le si spezzò, e non finì la frase. Harry restò in silenzio, dimostrandosi apprensivo. Rina aveva ragione, le apparenze ingannano: poteva sembrare cinica e presuntuosa, ma in fondo anche lei aveva un animo sensibile. Nemmeno una come lei poteva restare indifferente a massacri ed orrori, specie se ne prendeva parte.

« Al mio risveglio, ero l’unica sopravvissuta al disastro » riprese Rina. « Terra, Tirion, Daenerys e tutti gli altri ignoti eroi al nostro fianco... morti, o scomparsi nel nulla. Il mio nemico aveva fatto la stessa fine, ma questo non mi ha permesso di tornare al mio mondo... a quanto pare, Nul non è tipo da rispettare le regole. Da allora sono rimasta qui, in attesa di riorganizzarmi a dovere per affrontare quel maledetto. »

Harry continuò a tacere. Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, ad ascoltare momenti dolorosi altrui; come quelli di Dylan Dog o del professor Silente, il preside della sua scuola. E oggi come allora, era intenzionato a fare ben di più che restare ad ascoltare.

« Mi dispiace tanto » disse infine. « Posso capire quello che provi. Anche io, dopotutto, ho combattuto in una guerra e visto morire degli amici. So che non serve a niente rintanarsi da qualche parte in attesa che passi la bufera... bisogna affrontarla a viso aperto, è per questo che ho unito le forze con altri eroi. E ora devo ritrovarli, se voglio tornare a casa. So che vuoi la stessa cosa, Rina, altrimenti ti saresti già arresa... perciò ti chiedo di unirti a me in questa ricerca. »

Rina si voltò a guardarlo. Dapprima il suo sguardo fu indecifrabile, poi si riempì di coraggio e ammirazione.

« Be’, non posso certo lasciare che un bel faccino come il tuo vada in giro là fuori tutto solo? » commentò, recuperando il suo solito tono arrogante. « E poi mi piace davvero molto la tua spada... e vorrei tanto riuscire a guadagnarmela. »

Harry le restituì un sorriso sarcastico.

« Non bastano le smancerie per meritarsela. Occorrono audacia, fegato e cavalleria... è questo che fa di una persona un vero Grifondoro! »

« Ah, tutto qui? Allora credo di essere già a buon punto. »

Inaspettatamente, i due scoppiarono a ridere.

Harry e Rina uscirono dal rifugio più tardi, dopo un breve riposo. Visto che la giovane strega aveva accettato di unirsi ai Valorosi per poter tornare a casa, entrambi erano intenzionati a ritrovare il resto del gruppo... ma sapevano che non sarebbe stato facile. Per prima cosa, Harry non poteva contare sulla Materializzazione per rintracciare i suoi amici; quella magia non poteva funzionare senza conoscere la destinazione, e sarebbe stato troppo pericoloso provarci. Rina, invece, era capace di volare, ma richiedeva troppo potere magico, e non sarebbero andati lontano comunque. Furono perciò costretti a farsela a piedi, lasciando con tutta calma il monte su cui sorgeva Nordrassil.

Rina faceva strada, ma nel frattempo stava praticamente appiccicata a Harry. Il ragazzo non era stupido: ormai aveva capito di piacerle, dato che continuava a chiamarlo ‘bel faccino’; lui stesso doveva ammettere che era una ragazza in gamba, astuta e carina... caratteristiche che, insieme a quei folti capelli rossi, la rendevano molto simile a Ginny. Ecco perché doveva ricordarsi di avere il cuore già occupato.

Aveva fatto una promessa, dopotutto... doveva tornare a casa da lei.

Superato il territorio montano, dopo alcune ore di marcia, Harry e Rina raggiunsero un villaggio. Questo aveva l’aria tetra, avvolto da una spessa coltre di nebbia; tutto questo, insieme al buio e all’assenza totale di abitanti, dava al luogo un aspetto spettrale... roba a cui entrambi i ragazzi erano abituati.

« Ho visto cimiteri più accoglienti di questo posto » commentò Rina, guardandosi intorno. « Tu che ne pensi, Harry? »

« Uhm... è davvero strano che non ci sia nessuno » disse il ragazzo. « Mi aspettavo almeno di incontrare dei Senzavolto, ma non c’è traccia nemmeno di quelli. »

Harry alzò la bacchetta. Il suo fascio di luce individuò un cartello all’ingresso del villaggio, ancora leggibile nonostante fosse consumato dal tempo.

Little Hangleton. Un nome familiare, ma in quel momento nulla gli tornava alla mente.

« Ah! »

Sentì una fitta violenta alla cicatrice, come non ne sentiva da giorni. Rina notò la sua reazione, e si avvicinò.

« Tutto bene? »

« Sì... credo di sì. »

Mentiva. Harry sapeva benissimo cosa significava quel dolore. Anche se aveva imparato come chiudere la mente, non era ancora così pratico nel farlo... e se ora sentiva dolore alla cicatrice, la spiegazione era una sola.

Voldemort era vicino.

« Rina, ascoltami » cominciò a dire Harry, ma un brusco rumore attirò l’attenzione di entrambi. I due ragazzi si voltarono in due direzioni opposte. Le porte delle case vicine si erano spalancate di colpo. Un vecchio orrore emerse dalle tenebre di ogni abitazione nei paraggi: i morti. Decine di uomini camminavano lentamente verso di loro, l’aspetto cadaverico e famelico; puntarono inequivocabilmente su Harry e Rina, già scattati in posizione di guardia.

« Di nuovo gli Inferi! » esclamò Harry, esasperato. « Questa storia comincia a stufarmi! »

« Se credi che basterà a convincerli a non mangiarci, provaci pure » disse Rina. « Io intanto penso a farli secchi... Fuoco rosso dalla luce brillante vieni a me e dammi nuova forza. Palla di fuoco! »

Il suo incantesimo brillò nel buio, dritto contro il gruppo di non-morti più vicino. Il fuoco divampò e li investì in pieno, distruggendoli in pochi attimi. Harry, incoraggiato dal gesto della sua alleata, si unì alla lotta. Ricordò che con i non-morti erano efficaci il fuoco e la luce, perciò si concentrò nell’esecuzione d’incantesimi adeguati.

« Incendio! »

Un cerchio di fuoco eruppe intorno ai due ragazzi, proteggendoli dall’avanzare dei non-morti. Alcuni, tuttavia, cercarono comunque di passare, ignorando le fiamme che poco a poco li consumavano. Rina si fece avanti e li respinse, combinando magie e qualche calcio ben assestato. Harry fu distratto da una nuova ondata di non-morti, che si avventarono su di lui; afferrò la spada di Grifondoro, ma uno di essi gli venne addosso, facendogliela cadere di mano. Mani putride si strinsero sulla sua gola, impedendogli di pronunciare il giusto incantesimo. Era nei guai...

« Tieni duro, Harry! »

Rina accorse in un attimo. Nel giro di un istante aveva raccolto la spada, e usato la stessa per decapitare lo zombi. Harry agì subito dopo; agitò la Bacchetta di Sambuco, e il muro di fuoco aumentò di volume e potenza. I non-morti più vicini furono ridotti in cenere, mentre gli altri batterono in ritirata. Il ragazzo afferrò dunque Rina per un braccio, chiuse gli occhi e si Smaterializzò.

Il duo atterrò fuori dal villaggio, dalla parte opposta. Buio e silenzio li circondavano di nuovo, insieme alla nebbia. Harry strizzò gli occhi: si trovavano su un sentiero ai piedi di una collina, che conduceva verso un cimitero.

Il dolore alla cicatrice aumentò.

« Uff... il tuo teletrasporto non mi piace per niente » lamentò Rina, reggendosi lo stomaco. Harry la fissò, pensieroso: lei aveva ancora la spada di Grifondoro in mano, con la quale gli aveva appena salvato la vita.

« Strano... ero convinta che il Re dei Lich fosse crepato nella battaglia all’Albero del Mondo. Eppure siamo stati appena assaliti da un’orda di non-morti... quale potere li avrà rianimati? »

« Credo di saperlo » rispose Harry, cupo. Il ragazzo si avvicinò a Rina, fissandola negli occhi. « Ora devi ascoltarmi attentamente, Rina. Fai quello che ti dico, e sarai al sicuro. Vattene... allontanati più che puoi. »

« Cosa? Perché? »

« Il mio nemico è vicino, lo sento... mi fa male la cicatrice. È stato lui a rianimare quei morti; sa che sono qui e li ha usati per stanarmi. Tu-Sai-Chi vuole me, ed è disposto ad ammazzare tutti quelli che mi stanno vicino. Non voglio metterti in pericolo inutilmente, lo capisci? »

Rina apparve preoccupata, ma solo per pochi secondi. Dopodiché recuperò la spavalderia, e strinse la presa sulla spada.

« Non devi preoccuparti per me, so cavarmela contro gli stregoni. »

« Ne sono certo » convenne Harry, « ma è un rischio che non posso e non voglio correre. Rina, ormai sei diventata importante per me... e se ti accadesse qualcosa per colpa mia non potrei perdonarmelo. Perciò, ti prego... lasciami andare. »

Lo aveva detto mentre l’afferrava per le spalle, in un comune gesto di supplica. Ma questo non bastò a convincere Rina, che indurì lo sguardo.

« Io non ti abbandonerò, Harry » disse con decisione. « Anch’io ho perso i miei cari, in questo mondo come nel mio... e anche se ti conosco da poco, so già che posso aspettarmi da te tutto ciò che ci si può aspettare da un caro amico. Tu sei tutto ciò che mi è rimasto di caro... e non ti libererai di me con così poco. »

Harry sperava di convincerla a parole, perché l’alternativa non gli piaceva per niente. Ma doveva farlo, per assicurarsi che Rina restasse indietro. Così si chinò su di lei e la baciò sulle labbra, sorprendendola; lei rispose al bacio, e fu un breve oblio. Non era male, si disse, ma doveva restare concentrato, e la strinse in un dolce abbraccio; poi la fissò negli occhi.

« Perdonami. »

Petrificus totalus.

Lo aveva detto senza parlare. L’incantesimo colpì Rina, paralizzandola dalla testa ai piedi; il suo sguardo esterrefatto rimase congelato mentre il corpo irrigidito cadeva all’indietro. Harry l’afferrò al volo, posandola delicatamente a terra.

« Tieni » disse, posando la spada di Grifondoro sul suo petto. « Ora te la sei guadagnata sul serio, visto che poco fa mi hai salvato. Comunque vadano le cose, Rina... grazie di tutto. »

Il ragazzo si occupò di nasconderla prima di rimettersi in marcia, spostando il suo corpo dietro un grosso cespuglio; sperò che bastasse a celarla dal nemico, perché il tempo era ormai agli sgoccioli. La cicatrice bruciava sempre più forte... il momento della resa dei conti era vicino.

Harry salì su per la collina, addentrandosi nel cimitero. Era sicuro come la morte che lassù lo attendevano nuove sorprese... come se non ne avesse già avute a sufficienza in un solo giorno. Giunto sulla cima, il ragazzo ebbe davanti a sé una scena tristemente familiare: il cimitero di Little Hangleton era come lo ricordava, identico a quella terribile notte in cui stava per perdere tutto. Continuò a camminare, fino a ritrovarsi di fronte un’imponente tomba sormontata da una statua che raffigurava la Morte, armata di falce. Non era certo di ricordare quel dettaglio, ma il nome sulla lapide parlava chiaro.

 

TOM RIDDLE

 

Il dolore alla cicatrice era ormai alle stelle, ma poi cessò di colpo, come se qualcuno avesse premuto un tasto per spegnerlo. Subito dopo, una voce fredda e acuta parlò alle sue spalle.

« Harry... finalmente sei arrivato. »

Harry si voltò. Voldemort era lì, a pochi metri da lui; alto ed emaciato come sempre, i tratti serpentini sul volto e gli occhi rossi. Nulla era cambiato... anzi, sembrava essersi ripreso perfettamente dall’ultimo scontro. Il mago sorrideva, lieto di trovarsi ancora una volta di fronte al suo bersaglio.

« Mi dispiace di averti fatto aspettare, Tom » commentò Harry, ironico.

Voldemort rise, accarezzando la bacchetta con le sue lunghe dita.

« Familiare, non è vero? » disse, accennando al cimitero. « Dopotutto questo è il luogo in cui sono rinato... e in cui tu saresti dovuto morire. Sembra che Nul abbia un gran senso dell’ironia, non trovi? Si diverte a preparare gli scenari più adatti all’occasione... e nel mio caso, il più adatto per consumare una vendetta! »

Harry tacque, serio come non mai. Stringeva la presa sulla Bacchetta di Sambuco, ma ancora non intendeva sollevarla.

« Niente da dire, Potter? » aggiunse Voldemort. « Capisco... sei stufo di parlare, preferisci passare subito ai fatti. Molto bene, ti accontenterò. Un inchino, e la disputa avrà nuovamente luogo... solo tu ed io, ancora una volta. »

Il mago s’inchinò, alla maniera dei duelli di cui entrambi avevano memoria. Harry, tuttavia, non ripeté la stessa azione.

« No. »

« Cosa? »

« Non combatterò, Tom. Non ti affronterò, questa volta. »

Nella sua mente era ancora fresco il ricordo di come aveva rischiato grosso, durante il loro ultimo scontro: di come aveva ceduto all’ira e all’odio, diventando facile preda degli Heartless. Doveva ringraziare Sora per essere sfuggito all’abisso. Non era la paura, comunque, a trattenere la sua bacchetta... piuttosto, la consapevolezza di potersela cavare in un altro modo, senza combattere.

Voldemort sibilò, visibilmente sorpreso da quella dichiarazione.

« La tua è forse una resa? Sei venuto a morire, a sacrificarti? Allora dev’esserci sotto qualcosa... è un tranello, proprio come la volta scorsa. »

« No, sono semplicemente stufo » ammise Harry. « Stufo di scappare, stufo di combattere... sono stufo di te, Tom Riddle.

« Ho passato sette anni – sette! – a prepararmi a distruggerti. Sono tornato nel mondo a cui appartenevo, ho imparato la magia, mi sono fatto degli amici... ma alla fine dovevo comunque guardarmi da te, e dal tuo ritorno. Ero il Prescelto, dopotutto... il solo in grado di annientare per sempre il Signore Oscuro. Non ne andavo fiero, ma non potevo tirarmi indietro... dopotutto sei stato tu a cominciare, quando hai ucciso i miei genitori per arrivare a me. Sei stato tu, quella notte, nel tentativo di scongiurare il tuo destino di morte, a creare il tuo peggior nemico! »

Harry aveva alzato la voce di parecchio, lasciando uscire tutto ciò che provava per quel mostro davanti ai suoi occhi.

« Anche io avrei preferito agire diversamente » continuò. « “Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive”. Dovevo ucciderti o essere ucciso. Non volevo scegliere, ma tu non ti saresti mai fermato... e ti ho affrontato. Ti ho vinto. Tu sei morto, infine... Voldemort è caduto, il Signore Oscuro è stato distrutto. Ciò che hai sempre temuto ti ha infine colto. »

Si aspettò che Voldemort scoppiasse nella sua solita, furibonda miscela di urla, nel tentativo di negare un’altra volta la verità sbattutagli in faccia. Invece...

« Sì, sono stato uno sciocco » ammise, abbassando lo sguardo. « Ti ho sempre sottovalutato, Potter... è stato questo il mio errore, la mia debolezza. »

Harry ne fu sorpreso, ma questo non cambiò nulla.

« Il tuo errore è stato quello di non voler mai capire ciò che non ritenevi importante » riprese il ragazzo. « Per te la magia è potere,  ma non hai mai capito che nella vita c’è qualcosa di molto più grande: amare, rispettare, dare la vita... è questo il vero potere. Ma tu hai sempre saputo solo disprezzare, a cominciare dalla tua stessa madre... ai tuoi occhi, colpevole di essere morta senza prendersi cura di te! »

« Mia madre? Che ne sai tu di mia madre? »

Harry fu lieto di vedere lo stupore riempire quegli occhi rossi da serpente.

« L’ho conosciuta, anche se per poco. L’ho vista nei ricordi che Silente aveva raccolto su di te: tua madre era debole, è vero... ma solo perché resa tale da anni di sofferenze e umiliazioni. Eppure, prima di morire, si era augurata il meglio per te... che assomigliassi a tuo padre. Se non mi credi, guarda pure dentro di me... scoprirai che ti sto dicendo la verità. »

Harry restò immobile, la bacchetta abbassata. Sapeva ciò che stava facendo: era certo di aver conquistato tutta l’attenzione di Voldermort, che avrebbe fatto ciò che gli aveva suggerito. Non si sbagliò. Il mago usò il suo potere e penetrò nella mente del ragazzo, frugando tra i ricordi su cui si era concentrato. Voldemort la vide, sua madre, per la prima volta nella sua vita: una fragile ragazza abbruttita, vittima della tirannia del padre e del fratello in un lurido tugurio, un inferno dalla quale pregava di uscire ogni giorno. Sentì la voce di Albus Silente, e le sue congetture sulla sorte di quella donna mentre metteva al mondo il piccolo Tom... e l’ultimo desiderio, ascoltato dalla direttrice dell’orfanotrofio che l’aveva accolta.

« Spero tanto che assomigli a suo padre. »

Voldemort tornò al presente. Harry era appoggiato alla tomba dei Riddle, leggermente affaticato; il contatto mentale era stato doloroso, ma presto tornò a sorridere, soddisfatto del risultato. Il suo nemico, infatti, era sconvolto. Mai in tutti questi anni aveva saputo davvero cosa fosse accaduto a sua madre; aveva solo fatto brevi supposizioni, finendo con il tagliare corto perché “era una debole”.

« Hai sempre saputo solo disprezzare... distruggere... e uccidere » riprese Harry. « E tutto per cosa? Per ottenere l’immortalità. Hai fatto a pezzi la tua anima per evitare di morire... ma sei stato incauto, nonostante tutto il tuo talento. La Pietra Filosofale, gli Horcrux, i Doni della Morte. Dimmi, Tom, ne valeva la pena? Per come la vedo io, è meglio una vita breve ma ricca di possibilità, piuttosto che un’eternità priva di senso. Eri davvero disposto a vivere per sempre, a trascorrere ogni attimo desiderando sempre maggior potere? »

Voldemort non rispose, ma il suo sguardo era assai eloquente. Fissava il vuoto con aria sconvolta, le sue orrende mani simili a ragni tremavano, allentando la presa sulla bacchetta. Il Signore Oscuro era stato sconfitto con le parole.

« Come pensavo. Sei patetico, Tom » dichiarò Harry. « Sai, Silente credeva che io provassi compassione per te, nonostante tutto... e aveva ragione. La gente ti credeva il più grande mago del mondo... ma per me non eri altro che un assassino! »

Voldemort cadde in ginocchio. Ormai non poteva più sopportare il peso di quella verità. Harry non ebbe altro da aggiungere, per lui l’incontro poteva concludersi così; per come stavano le cose, la sfida di Nul poteva andare al diavolo. Non avrebbe ucciso qualcuno che aveva già sconfitto.

« Addio, Tom. »

Il ragazzo si allontanò dalla tomba e superò Voldemort, ancora in ginocchio. Era tempo di tornare indietro, recuperando Rina... ormai non c’era più pericolo.

« Maledetto... »

Harry si fermò. Voltandosi, scoprì che Voldemort si stava rimettendo in piedi, respirando forte.

« Maledetto moccioso! » urlò, puntandogli contro la bacchetta. « Credevi che sarebbe bastato così poco per fermarmi? Non m’importa di ciò che dici... né di ciò che è stato. Sei ancora il mio obiettivo... la tua morte sarà la mia vita! »

Il ragazzo alzò la Bacchetta, esasperato, ma prima che potesse difendersi accadde qualcosa di inaspettato. Dalla boscaglia oltre il cimitero si levò una fortissima corrente d’aria, seguita da una sinistra luce rosso fuoco; Harry e Voldemort si voltarono, giusto in tempo per vedere qualcosa di enorme emergere dal bosco. Immenso e minaccioso, alto due volte un uomo e ricoperto da un’armatura nera, armato di mazza.

Harry ebbe un tuffo al cuore mentre i suoi occhi riconoscevano Sauron, l’ignoto ma potente avversario che aveva affrontato insieme ai Valorosi sul Titanic... il responsabile della loro separazione. Non riusciva a credere che fosse sopravvissuto anche lui al naufragio.

« Non è possibile... »

« E tu chi diavolo sei? » sibilò Voldemort, infastidito dall’inopportuna presenza di un estraneo. « Rivelami il tuo nome e le tue intenzioni. Se oserai intrometterti nella mia missione, te la faro pagare cara! »

Sauron abbassò lo sguardo sul mago, silenzioso e glaciale come sempre. Il vento parve vorticare intorno ai due, come per isolarli dal resto del mondo. Sauron avanzò di qualche passo, puntando l’indice; un anello dorato scintillava su di esso.

« ESISTE UN SOLO SIGNORE OSCURO... ED EGLI NON DIVIDE IL POTERE! »

Si era rivolto a Voldemort con quella voce agghiacciante. Harry ebbe un brutto presentimento e si mise al riparo, dietro la tomba dei Riddle. Un attimo dopo era già infuriato lo scontro tra le forze del male.

« Avada Kedavra! »

Voldemort non si era perso in chiacchiere, e aveva scagliato il suo famoso anatema per sbarazzarsi subito di un seccatore. Sauron fu investito dal getto di luce verde e barcollò per qualche attimo... ma non cadde; la maledizione non aveva sortito alcun effetto. Voldemort era allibito: un altro avversario era sopravvissuto all’Anatema che Uccide.

Sauron reagì subito dopo. Aveva riconosciuto la potenza del suo avversario, e decise di ripagarlo con la stessa moneta; la sua mazza fu avvolta da fiamme verdi e le scagliò in basso, dritte contro Voldemort. Questi si Smaterializzò e riapparve poco lontano, tra le tombe; sferzò l’aria con la bacchetta, e una serie di nuovi incantesimi, simili a scariche elettriche si abbatterono su Sauron. Il Nemico alzò il braccio libero, come per proteggersi; il metallo della sua armatura parve danneggiarsi sotto quei colpi, ma non si spezzò.

Harry rimase dov’era, impietrito per lo stupore. Davanti a lui infuriava un duello senza precedenti: un Signore Oscuro contro un altro Signore Oscuro... un autentico scontro fra titani. I loro poteri rivaleggiavano perfettamente, provocando danni enormi in tutta l’area; fiamme, vento e fulmini si abbattevano senza pietà in ogni direzione. Per questo Harry preferiva restare al riparo, temendo di essere colpito durante la fuga; era pericoloso anche Smaterializzarsi, perché l’energia sprigionata dal duello stava distorcendo lo stesso flusso magico.

Voldemort continuò ad attaccare, usando tutta la sua potenza e abilità nelle arti oscure. Sauron si muoveva lentamente, opponendo una dura resistenza; la sua armatura fumava in diversi punti. I colpi ricevuti sembravano fare effetto su di lui, ma non erano sufficienti ad abbatterlo. D’altro canto, lui non riusciva a colpire Voldemort, poiché continuava a Smaterializzarsi.

« Ah, capisco » osservò Voldemort, ricomparso di fronte al suo avversario. « La fonte del tuo potere, l’artefatto che ti conferisce tutta questa forza... è l’anello! »

Harry alzò lo sguardo, incuriosito. Voldemort indicava il piccolo anello dorato che Sauron indossava sulla mano destra.

« Sì, ora ne percepisco chiaramente il potere... è davvero notevole, per non dire sublime. Tutto quel potere contenuto in un oggetto così piccolo... è un nuovo cammino verso l’onnipotenza, e l’immortalità. Bene... sarà mio! »

La voce di Sauron tuonò nell’aria, ma nessuno capì cosa volesse dire la sua lingua nera. Ma per tutti i presenti fu chiara una cosa... era furioso. Il vento si fece più forte, abbattendosi su Voldemort che fu costretto a proteggersi con una barriera; dagli occhi di Sauron eruppe un raggio infuocato, che infranse la difesa dell’avversario. Voldemort cadde all’indietro, sorpreso da una tale potenza... ormai cominciava ad avere la peggio.

Sauron avanzò, sollevando la mazza. Voldemort svanì nel nulla un’altra volta. Harry volse lo sguardo, ma non lo vide riapparire da nessuna parte. Era fuggito? Poi tornò a guardare Sauron, che si era fermato. Il suo corpo si era irrigidito, come se si stesse congelando rapidamente; continuava a sussurrare parole sconosciute, e nel frattempo lasciava cadere la mazza a terra. La mano libera si avvicinò al dito dove portava l’anello, per sfilarselo...

Harry capì. Voldemort non era fuggito, era entrato nel corpo del suo avversario! Una possessione, come quella che una volta aveva subito sulla sua pelle. Un Signore Oscuro stava dunque per vincere l’altro.

« No! »

L’urlo di Sauron squarciò l’aria, e un’onda d’urto si abbatté in ogni direzione. Fumo nero fuoriuscì da ogni fessura dell’armatura del Nemico e si riversò a terra, condensandosi: Voldemort riapparve agli occhi di Harry, molto vicino, visibilmente stremato e sconvolto. Era quasi riuscito a impossessarsi dell’Anello, ma alla fine Sauron aveva resistito: un essere così malvagio, così legato alle tenebre, non poteva essere controllato nemmeno da un suo pari!

« No... maledetto... » sussurrò Voldemort. Era così debole da riuscire a malapena a reggere la bacchetta. Un nuovo raggio infuocato eruppe dall’elmo di Sauron, dritto contro l’arma del suo avversario; la bacchetta di tasso andò in briciole. Voldemort urlò; privo di difese, cercò di indietreggiare, finendo con le spalle al muro. La tomba di suo padre.

« ESISTE UN SOLO SIGNORE OSCURO. »

Sauron recuperò la mazza, levandola al cielo.

« Noooooo! »

Harry distolse lo sguardo, al sicuro dietro la grande lapide. Non voleva vedere né ascoltare, ma il suono dei colpi di mazza e le orribili urla di dolore raggiunsero ugualmente le sue orecchie. Udì un tonfo, poi un altro, e un altro ancora: Sauron stava massacrando Voldemort senza pietà. Il Signore Oscuro si fermò solo quando l’avversario smise di urlare.

Passarono solo pochi secondi. Il cuore di Harry batteva all’impazzata, mentre il suo cervello assimilava quanto era appena accaduto dall’altra parte della lapide. Una nuova onda d’urto investì questa, riducendola in frantumi; Harry fu spazzato via e cadde diversi metri più avanti. Ignorò il dolore alla schiena e fissò lo sguardo su Sauron: stava in piedi sopra i resti di Voldemort, ridotto in pochi istanti a una massa di sangue e pezzi di carne maciullata. Avrebbe dovuto immaginarlo... un essere del genere non si sarebbe mai fermato, finché aveva un avversario da affrontare: ora il suo bersaglio era Harry, ancora una volta.

Non aveva speranze di batterlo da solo, perciò l’alternativa fu una sola... scappare.

« Impedimenta! »

L’incantesimo colpì Sauron, immobilizzandolo per alcuni secondi. Harry ne approfittò per rialzarsi e prese dunque a correre, dirigendosi verso l’uscita del cimitero; doveva recuperare Rina e fuggire il più lontano possibile.

« Eccoti qua! »

Il ragazzo vide una chioma di capelli rossi, seguiti da un ceffone che lo colpì in piena faccia. Rina era davanti a lui, nuovamente in piedi ma furibonda.

« Oh, bene, cercavo giusto te... »

« Ma davvero? Prima mi paralizzi e poi torni strisciando da me! Nessuno può trattare la grande Rina in questo modo... »

« Rimandiamo la discussione a dopo, va bene? » esclamò Harry, agitato. « Dobbiamo andarcene, subito, o tra poco saremo ridotti in cenere! »

Bum!

La terra tremò, facendo perdere l’equilibrio a entrambi. Harry si voltò e vide Sauron, in avvicinamento. Il ragazzo non esitò un altro secondo, afferrò Rina per una mano e riprese la corsa, trascinandola verso il bosco.

« Ma chi diavolo era quello? » gridò Rina nel frattempo. « Sentivo un potere enorme... era davvero la tua nemesi? »

Harry non rispose. Non c’era tempo da perdere in chiacchiere: in quel momento contava solo allontanarsi il più possibile da quella calamità ambulante. Il giovane mago corse a perdifiato tra gli alberi, senza mollare la presa da Rina; sentiva alle sue spalle il rumore di alberi abbattuti e l’ululato del vento, insieme alla voce inquietante del Nemico.

La corsa terminò pochi minuti dopo. Harry e Rina sbucarono improvvisamente fuori dagli alberi, oltre il quale li attendeva un profondo baratro. Troppo alto perché potessero saltare di sotto.

« Non c’è via d’uscita! » gridò Harry, disperato.

« Teletrasportiamoci, allora! »

Il ragazzo ci provò, tenendo salda la presa su Rina e la bacchetta.

« Non ci riesco... in qualche modo, quel tipo riesce a bloccare questo incantesimo! »

Rina sospirò.

« D’accordo, allora. Non resta che una carta da giocare. Sta’ indietro, Harry... questo è il mio incantesimo più potente, lo stesso che sono stata costretta a usare su Terra. »

Harry obbedì, mettendosi alle spalle della strega. Nel frattempo Sauron emerse dagli alberi, abbattendoli con la sua mole; era più minaccioso che mai, ora che i due ragazzi erano in trappola.

Ma Rina si fece avanti senza alcun timore, mentre pronunciava la formula magica.

« E' più oscuro del crepuscolo, è più rosso del sangue, è sepolto sotto la marea del tempo; in nome della pace e della giustizia io invoco la fonte di tutti i poteri più remoti dell'oscurità: ho bisogno di loro perché mi aiutino a distruggere per sempre i miei nemici e coloro che saranno tanto sciocchi da osare ostacolarmi credendosi invincibili. DRAGON SLAVE! »

Dopo l’urlo di Rina, sembrò che l’audio fosse stato spento dall’intera regione. Harry vide un grande fulmine rosso scaturire dalle mani dell’amica, che in un istante si abbatté su Sauron; ci fu un lampo, che divenne subito un bagliore accecante. Ne seguì un’esplosione immensa, tale da far vibrare l’aria stessa; Harry e Rina si ressero a vicenda, cercando di non essere spazzati via dall’onda d’urto.

Un urlo terribile si levò nell’aria, sovrastando ogni cosa. Harry lo riconobbe, era Sauron... resisteva persino a un incantesimo di quella portata! Strizzò gli occhi e vide la sua sagoma informe emergere dalla luce rossa; una nuova onda d’urto investì in pieno i due ragazzi, mentre il terreno si frantumava sotto ai loro piedi...

« Ugh... »

Rina riprese i sensi poco dopo, quando ormai era tutto finito. Non appena aprì gli occhi si rese conto di trovarsi in mezzo a un cratere enorme, di cui però non si stupì più di tanto: il Dragon Slave aveva sempre arrecato danni del genere all’ambiente, ecco perché si preoccupava di eseguirlo solo in aree disabitate. Non c’era traccia del Nemico nei paraggi, ma perse tempo a cercarlo: i suoi occhi avevano individuato qualcuno di molto più importante.

« Harry! »

Il giovane mago era a pochi metri da lei, immobile come un sasso. Era disteso a faccia in giù, malconcio e ricoperto di sangue; gli occhi erano serrati, privi di reazione. Rina si precipitò subito da lui, esaminando le sue condizioni: evidentemente si era ferito nell’esplosione e nella caduta, in modo molto serio. A lei non era accaduto nulla perché aveva fatto in tempo a proteggersi... ma Harry non era stato altrettanto fortunato.

« Harry, no... Harry, no, ti prego... resta con me, ti prego! Forza della magia, guarisci la ferita... Forza della magia, guarisci la ferita... ti prego, Harry, resisti! Forza della magia, guarisci la ferita... »

Le mani di Rina brillavano di luce, premute contro il petto dell’amico nel disperato tentativo di curarlo. Era più grave di quanto immaginava: aveva diverse fratture in tutto il corpo e perdeva molto sangue. Rina continuò a recitare la formula, disperata, finché finalmente non fece effetto. Il corpo di Harry sussultò, aveva ancora gli occhi chiusi ma aveva ripreso a respirare.

« Sì! » fece Rina, sollevata. « Avanti, Harry, respira... respira! Dannazione, non è guarito del tutto... perché non ho imparato magie bianche più efficaci? Oh, cosa posso fare? »

« L’ospedale. »

La strega si voltò, attirata dalla nuova voce. Seduto su una roccia vicina c’era un nuovo individuo, apparso come dal nulla: un uomo vestito con un lungo soprabito bianco, il cui volto era celato completamente da un cappuccio; due ali nere da uccello spuntavano dalla sua schiena.

Rina lo conosceva, e per questo fu esterrefatta nel vederlo.

« Nul? »

« Hai stabilizzato le sue condizioni, ma ha bisogno di ulteriori cure » disse l’incappucciato, ignorando il suo stupore. « Devi portarlo in ospedale, se vuoi che sopravviva. È da quella parte, a mezza giornata di cammino. »

Rina si voltò nella direzione indicata da Nul. Oltre il cratere vide il profilo di una grande città in lontananza, appena visibile tra il buio e la nebbia.

« Non... non arriveremo mai in tempo! » esclamò. « E poi, perché ci stai aiutando? »

Nul si alzò dalla roccia, l’aria minacciosa come un avvoltoio su un animale morente. Rina si strinse al corpo di Harry, pronta a difenderlo con la sua magia.

« Harry Potter non deve morire così. È sopravvissuto alla sua nemesi, perciò si è guadagnato l’occasione di sapere tutto... e di andare incontro alla vera fine. »

Rina non sembrò capire, e rimase immobile a fissarlo con aria di sfida.

« Che stai aspettando? » fece Nul. « Ospedale. Dritto da quella parte. Vuoi arrivarci in fretta? Usa il cervello... ne hai abbondanza, a differenza delle tette. Hahaha! »

L’incappucciato svanì nel nulla, lasciando che la sua risata echeggiasse nel cratere. Rina tornò a guardare Harry, confusa e disperata allo stesso tempo.

« Coraggio, Harry, resta con me... resta sveglio! » disse, scuotendolo. « Sai cosa devi fare, lo hai sentito. Devi teletrasportarci, o come lo chiami tu! Andiamo in ospedale, là potrai guarire... concentrati, ascolta la mia voce! Resta con me! »

Harry mosse le labbra, da cui uscì poco più che un sussurro... ma comprensibile.

« O...ospedale... »

Rina sorrise, e afferrò la sua mano.

« Sì, esatto... l’ospedale! »

Pochi secondi dopo si Smaterializzarono, dritti verso la nuova meta.

Nul riapparve subito dopo, nello stesso luogo da cui i ragazzi erano spariti. L’incappucciato fissò lo sguardo in lontananza, dove sorgeva la città: i pezzi stavano tornando lentamente al loro posto, secondo le sue aspettative. La situazione era sfuggita di mano, ma poteva ancora rimediare... anche perché la sua “polizza assicurativa” era sopravvissuta.

Una mano metallica spuntò fuori dalle rocce in quel momento, attirando la sua attenzione. Nul la fissò compiaciuto, soffermandosi sull’anello ancora incastonato al suo dito indice.

« Riprenditi con calma, amico mio » mormorò. « Questa è l’ultima battaglia, dopotutto... il boccone più saporito di un ottimo pasto. Deve essere gustato lentamente! »

   
 
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