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Autore: Fanny Jumping Sparrow    06/01/2016    2 recensioni
Il malvagio ed affascinante Capitan Vegeta ha un cuore nero come gli abissi, è vittima di una maledizione e con la sua nave Bloody Wench semina morte e terrore per i sette mari; la bella e intrepida Bulma Brief è una coraggiosa avventuriera con l'umore mutevole come la marea che nasconde un singolare segreto. Entrambi attraversano gli oceani alla caccia dello stesso tesoro: le magiche sfere del Drago. Il giovane tenente di vascello Son Goku, fresco di accademia ed amico d'infanzia della ragazza, riceve l'incarico di catturare i due fuorilegge, che nel frattempo hanno stretto una difficile alleanza, e consegnarli al capestro...
Personale rivisitazione in chiave piratesca del celebre anime su suggerimento della navigata axa 22 (alla quale questa storia è dedicata;) e della mia contorta immaginazione. Possibili numerose citazioni e riferimenti ad opere letterarie e cinematografiche esterne. Gli aggiornamenti saranno dettati dalle capricciose onde dell'ispirazione. BUONA LETTURA! Se osate...
Quella tonalità era insolita, appariscente, innaturale. Non umana.
Contenne uno spasmo di eccitazione. “Troppa grazia”, obiettò pessimisticamente.
Aveva dato la caccia ad un colore simile innumerevoli notti, sondando bramoso il blu profondo.
Troppo facile, troppo assurdo che l’avesse proprio lei.

*CAPITOLI FINALI IN LAVORAZIONE*
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Freezer, Goku, Vegeta | Coppie: 18/Crilin, Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve gente!) Non so quanti ancora si ricordano di me e di questa storia strampalata.
Non avrei voluto interrompere così bruscamente gli aggiornamenti, ma purtroppo ho attraversato una piccola crisi personale e l'ispirazione si è volatilizzata...Cionondimeno, mi ha fatto tanto piacere notare come i lettori non si siano estinti e mi ha commossa ricevere richieste di riprenderla.
Finalmente credo di aver ritrovato la voglia e l'ispirazione giusta per portarla avanti, non che fosse stata mai mia intenzione lasciarla inconclusa.
Bene, ringrazio di cuore quanti mi hanno sostenuta sin dall'inizio, quanti si sono aggiunti o si aggiungeranno e vi dedico questo nuovo capitolo, più incentrato sull'azione e più lungo del solito, che ho però diviso a metà per motivi di coerenza.
Stavolta troverete un bel po' di note di supporto: purtroppo non ho potuto fare a meno di inserire dei termini nautici ^.^

Spero che la lunga attesa venga ripagata e che la lettura sia di vostro gradimento :D
Al prossimo approdo!)

XXVI – UNDER PRESSURE

La tensione gli comprimeva le viscere.
Resistere a oltranza. Trincerarsi dietro una cortina di insensibilità e supponenza. Un comandamento che si era imposto di rispettare rigidamente per sopravvivere, ma che era diventato un fardello abnorme da quando alla sua rotta si era anteposta quella donna.
Il retrogusto squisito di quell’incauto assaggio gli aveva attanagliato stomaco e sensi in un turbinio di fibrillazione. Formicolava nei suoi pensieri e gli procurava fremiti nelle membra. Era soddisfatto di essere riuscito a trattenersi dall’approcciarla dopo quella notte, mostrandole un contegno indifferente, ma continuare a frenare quella pulsione era diventato un supplizio.
Vegeta osservava la sua preda muoversi con spontaneità sulla plancia, quasi quella fosse la sua nave, e la sua nonchalance, nonostante lo scabroso segreto che aveva scoperto sul suo conto, lo imbizzarriva. Aveva la testa pesante di dubbi e interrogativi.
Non si capacitava di quel controsenso, di quanto la sua natura fosse attaccabile e precaria ma quanto fosse abile e sicura nel mentire e nel portare avanti quella recita con tutti. E non se ne capacitava a tal punto che era assalito dal sospetto di aver sognato tutto quanto e di stare impazzendo. Come se non bastasse, a renderlo ancora più irrequieto c’era il sentore di un tanfo putrido che affondava nella pece dei suoi incubi e gli instillava la sensazione di essere braccato.
Respirava ingratitudine e malcontento, una conflittualità al limite della rappresaglia.
Socchiuse gli occhi, inspirando il secco vento di levante che si infiltrava tra le manovre dormienti 1e tendeva la velatura, concentrandosi sul moto cadenzato dei flutti che si frangevano sullo scafo.
Quell’esercizio non riusciva a rilassarlo, avvertiva qualcuno avvicinarsi ...
Bulma intanto annotava mentalmente le misurazioni ricavate attraverso il sestante e, incrociandole con i dati del suo prezioso volume di effemeridi, tracciava i suoi calcoli e aggiustava le coordinate.
Negli ultimi due giorni la traversata aveva ripreso il noioso andazzo che caratterizzava i momenti precedenti all’azione, ma dopo l’imbarco di quei nuovi marinai e quanto era accaduto tra lei e il Capitano, l’atmosfera a bordo era cambiata, e non certo per il meglio.
Il cicaleccio continuo degli uomini e le loro occhiate accusanti la spogliavano e sezionavano in ogni minimo gesto. Almeno doveva ringraziarli di non averle alzato le mani, finora.
Iniziava a sospettare che quel vigliacco meschino avesse spifferato qualcosa, anche se dopo essere uscito dalla sua cabina, quasi con la coda tra le gambe, l’aveva deliberatamente ignorata e si era mostrato più sfuggente e scontroso del solito.
Non sapeva se sentirsi triste o sollevata per quell’allontanamento. Di sicuro era indispettita dal sentirsi esclusa e giudicata e dal non ricevere alcuna gratificazione per il suo ragguardevole operato. Stavano sfruttando comodamente le sue eccellenti capacità di navigatrice e cartografa, trattandola alla stregua di un ostaggio, quando invece avrebbero dovuto portarle il rispetto di un co-capitano, o, se proprio doveva accontentarsi, di un primo ufficiale.
Le circostanze, tuttavia, le imponevano di essere conciliante.
- Ho fatto il punto nave – comunicò piccata, rassettando tutti gli strumenti e riponendoli nelle loro custodie – Se continueremo a navigare di buon braccio, arriveremo a destinazione entro cinque giorni al massimo – alzò la voce, cercando di stimolare l’attenzione e la benevolenza del resto della ciurma con quell’asserzione.
Capitan Vegeta le riservò un cipiglio distratto e disturbato, facendo segno al timoniere di correggere la rotta in base alle nuove indicazioni, mentre il suo quartiermastro Nappa gli si accostò, curvandosi all’altezza del suo orecchio con fare confabulatorio: - Quelli nuovi non sapevano della femmina. Si sentono raggirati. Pretendono che la sua permanenza venga messa ai voti …2
I due pirati si voltarono insieme, scagliando nella sua direzione un ghigno urtante, suggerendole che era diventata una presenza ancor più sgradita; non che prima l’avessero ben accolta tra loro.
- Tocca a voi difendervi, donna. Anche da loro. – soggiunse Vegeta, accompagnando il laconico avvertimento ad una risatina indisponente di sottecchi.
Bulma spuntò il mento, tentando di scacciare il prurito e il rossore che l’avevano pervasa.
Oramai poteva sostenere di sapere trattare il genere maschile con sufficiente padronanza, eppure doveva arrendersi e accettare che quell’esemplare non riusciva proprio a circuirlo. Poco male, pensò, giacché anche la sua autorità dipendeva dall’appoggio di quei farabutti.
Gli uomini, specialmente se impostori, attaccabrighe e arroganti, andavano persuasi di detenere il controllo della situazione per essere più facilmente controllati. Bisognava fargli credere che fossero loro a decidere e non viceversa.
Si sporse dunque dalla balconata del cassero e batté un paio di volte le mani per chiedere un po’ di silenzio e di attenzione.
 - Se siete i rispettabili gentiluomini che credo, saprete bene che secondo la sacrosanta legge piratesca, la nostra associazione non potrà essere sciolta fino alla fine del viaggio stabilito – buttò lì con sfrontatezza, mentre il chiacchiericcio diveniva più insistente e gli occhi drizzati addosso alla sua persona la facevano sentire un puntaspilli – Sì, io e Capitan Vegeta abbiamo contratto un matelotage3 – asseverò con solennità sconvolgente.
Era da qualche settimana che si preparava una risposta pertinente nel caso insorgessero eventuali contestazioni, ma non aveva avuto l’opportunità di discuterne con l’altro diretto interessato, perciò evitò accuratamente di sbirciarne la reazione, pur immaginando che non dovesse essere positiva.
Vegeta trascolorò a quell’idea balzana, fissandola storto, un lampo indocile a intaccare la fronte e la bocca, i denti a stridere per l’affronto.
Radish intervenne inaspettatamente a placare il vocio e a frenare la sua imminente replica: - Non ce ne importa un fico secco se voi e il Capitano ve la intendiate sotto coperta oppure no! – si sganasciò, scatenando con quell’allusione i commenti sboccati degli altri pirati – Vogliamo sapere quale sarà la nostra parte alla fine di questa fantomatica impresa – bofonchiò più seccato, incrociando le grosse braccia al largo petto villoso, ben in mostra sotto la casacca sbottonata.
Il Capitano scattò in avanti, le dita strette all’elsa, il respiro in fermento, preparandosi a mettere a tacere le seccanti pretese di quella marmaglia, pur non avendo effettivamente pensato ad una soluzione razionale, ma ancora una volta l’azzurra gli rubò la scena, lasciandolo ammutolito.
- Sulla nostra parola, avrete la possibilità di esprimere uno dei tre desideri al Dio Drago – promise con schiettezza – Naturalmente, per forza di cose, dovrà essere un desiderio collettivo. Perciò cercate di pensarci molto saggiamente – si raccomandò affabile, e il suo sorriso limpido e accomodante mitigò la baruffa, attenuando le proteste dei bucanieri.
A Vegeta andò di traverso una tremenda bestemmia insieme a della bollente saliva. Quella proposta strampalata e inappropriata finiva per screditare impunemente tutti i suoi sforzi e i suoi progetti di dominio e libertà a lungo covati. Quella creatura era incredibile, malefica e sventata. Avrebbe voluto essere capace di carbonizzarla con la sola forza dei pensieri truculenti che le stava rivolgendo.
I suoi ufficiali Nappa e Radish si scambiarono un cenno di sfida e di intesa, picchiando fra loro i gomiti e i pugni.
- A me sta bene – pronunciarono contemporaneamente, riprendendo ad assegnare istruzioni all’equipaggio, affinché ciascuno assolvesse le proprie mansioni e la Bloody Wench tornasse a bordare.
Quando il ponte di comando si fu sgombrato, Bulma ebbe finalmente l’audacia o l’incoscienza di riportare il viso su quello del suo recalcitrante alleato. Un luccichio sinistro balenava nelle sue iridi glaciali che trasmettevano un’assoluta e indubitabile discordia. Prevedeva che non si sarebbe accordato a quel compromesso senza ribattere, ma si augurò che non la considerasse davvero tanto sconsiderata e remissiva da scendere a patti con quei delinquenti. La sua promessa di un’equa divisione del bottino era solo un escamotage!
Irrigidì le spalle e si incamminò lei stessa verso la sala nautica, cogliendo il suo tacito ordine di entrare in quello che era diventato il campo marziale in cui i loro ego si confrontavano e si scontravano, al riparo da occhi e orecchie altrui.
Ancora una volta, le sembrò di avere delle zavorre anziché delle caviglie, perché a ingoiare il suo orgoglio proprio non ci riusciva, ma Capitan Vegeta, esasperato dalla sua lentezza, in un moto di misurata aggressività la strattonò dentro senza tanti convenevoli, richiudendo la porta.
Non le fu difficile intuire che non avrebbero avuto un confronto pacifico. Il suo respiro burrascoso gli gonfiava a dismisura il torace e pareva capace di far tremare le pareti. Era fuori di sé.
- Per gli inferi! Vi ha dato di volta il cervello? Sottospecie di … trota! – scoppiò contrariato e inferocito, portando la piratessa a barricarsi istintivamente dietro il grande tavolo di fronte la vetrata.
I suoi lineamenti si alterarono in una smorfia di disapprovazione. Si era spremuta le meningi per trovare una mediazione, ma quel testardo era sempre prevenuto nei suoi confronti e non riusciva a vedere il lato positivo: - Apprezzo la vostra riconoscenza – trasecolò bizzosa e oltraggiata, piantando le mani ai fianchi – Scusatemi tanto, se vi ho salvato il posteriore, brutto scorfano! – strillò poi, calciando i tacchi sul pavimento.
Vegeta avvertì i tendini delle braccia contrarsi in un crampo virulento. Strozzarla. L’avrebbe fatto così in fretta che non se ne sarebbe accorto nessuno. Ma non poteva. Sollevò i talloni, strascinandosi verso di lei come un barracuda arpionato.
- Con la vostra irragionevole proposta, avete messo loro la pulce nell’orecchio – fiatò con indignazione – Inizieranno ad azzuffarsi e manderanno tutto a puttane! – picchiò i palmi sul tavolo, facendo rovesciare un candelabro e alcune bottiglie.
- O magari capiranno che è meglio impegnarsi tutti insieme per ottenere il premio che gli abbiamo promesso – insistette Bulma, recuperando gli oggetti caduti, tentando di impedire allo sconforto e alla collera di contagiarla.
Il saiyan, di contro, non sostenne le sue tesi: - Fesserie. Siete una povera illusa – borbottò, offrendole la schiena – La carne degli uomini è impastata di egoismo, bellicosità e cupidigia – affermò definitivo e amaro.
Lei gli indirizzò un’occhiata silenziosa e accorta: - Parlate così perché i vostri amici sono tutti degli scapestrati, ladri, bugiardi e traditori – sdrammatizzò con logica inattaccabile.
Vegeta tornò sui suoi passi, senza però rivedere il proprio punto di vista: - Non ho amici, né compagni, né soci – chiarì con un ghigno sulfureo.
Eppure a Bulma parve che sotto la sua rabbia si celassero tristezza e sconfitta, il desiderio di potersi fidare di qualcuno che non fosse solo il demone dentro di sé. Era talmente assurdo e insensato, ma la sua ostilità la elettrizzava. Sperava di cambiarlo, forse? Sarebbe stato ancora più impensabile e non ci teneva ad entrare in una simile intimità con quell’essere. No, era solo una questione di sopravvivenza: su una nave se non ti fidi di chi naviga con te, sei spacciato. E lei voleva arrivare alla meta prefissata, possibilmente incolume. Tutto qui.
- E comunque, il matelotage vuole essere soltanto una giustificazione per la nostra convivenza forzata e il nostro comune obiettivo – cambiò discorso, sentendosi già troppo in imbarazzo per quel momento di verità – Piuttosto che finire a letto con voi, preferirei essere in agonia! – sproloquiò turbata, esternando stridulamente quel pensiero, forse più per convincere se stessa che per provocarlo.
Anche quella era una bugia. Lui lo seppe e le inviò uno sguardo pungente e misterioso che la attraversò da parte a parte: - Non sarebbe molto diverso … – la intimidì subdolamente, passandosi la lingua sui denti al rammentare il suo sapore.
Lei arrossì, aumentando la sua temperatura corporea e spandendo tracce del suo invitante profumo. Una schiuma tossica lo annebbiò. C’era solo un tavolo a dividerli, un ammasso di legno massiccio che avrebbe potuto ridurre in mille pezzi in un paio di secondi. Ma qualcos’altro lo fuorviò, appena prima che assecondasse quell’impulso.
Un sibilo intenso e acuto proveniente dall’esterno, sul quale acuì i suoi sensi affinati. Delle pesanti pedate si approssimarono alla soglia e la voce cavernosa di Nappa si presentò con la sua ingombrante stazza, annunciando quel che sospettava: - Capitano! Abbiamo compagnia!
Bulma, che aveva quasi trattenuto il fiato durante quell’eloquente e inquietante dialogo di sguardi, ringraziò fra sé e sé il tempismo di quell’energumeno, e si apprestò a seguire i due all’esterno, curiosa di apprendere di più su quell’inatteso avvistamento, ma il filibustiere si girò di scatto, bloccandola a metà strada, afferrandola per il bavero merlettato della camicia e alitandole contro il suo risentimento.
- La questione è solo rimandata – specificò mordace, rilasciandola dopo averla fissata con una prepotenza che l’aveva scossa fin dentro l’anima.
La Brief si concesse qualche secondo per smaltire l’agitazione e seguì i due pirati che si erano precipitati di corsa sulla tolda.
Capitan Vegeta era già abbarbicato su una frisata 4, la criniera scarmigliata e gli occhi ridotti a due fessure. Fissava intensamente l’orizzonte davanti a sé, trascurando le parole della vedetta che descriveva le caratteristiche del veliero apparso qualche lega dietro di loro.
Aveva le vertigini al solo guardarlo ciondolare in quell’appiglio precario. Impaziente di scoprire qualcosa di più lei stessa, recuperò il suo binocolo e, sostenendosi al parapetto di tribordo, osservò i dettagli dell’altra nave. Lo scafo e le vele erano di un bianco quasi accecante, appena distinguibile tra gli spruzzi delle onde e i riflessi dorati del sole mattutino, ma sulla sommità degli alberi individuò una bandiera rossa con l’effigie di un teschio tra due clessidre.
Non ricordava d’aver mai veduto prima quei colori, né di averne sentito raccontare. Nel corso della sua carriera aveva affrontato tanti scontri in mare aperto, eppure il silenzio tombale che era calato tra quei bricconi e la maschera stupefatta in cui si era trasfigurato il volto del loro capo la lasciarono sgomenta, così come la velocità dell’inseguitore che, con la sua ampia velatura quadrata, dominava il vento senza alcuna difficoltà, colmando le miglia che li separavano ogni minuto di più.
- Una vostra conoscenza? – lanciò la domanda verso l’introverso Capitano, che non era ancora sceso dalle sartie.
Vegeta tacque turbato e incredulo, deglutendo un’amarissima dose di veleno. Certamente lo conosceva, se il suo fiuto da cacciatore non si ingannava, se qualcuno così abietto non stava architettando un crudele scherzo contro di lui, ma non riusciva nemmeno a pronunciare quel nome che in passato era stato oggetto del suo rispetto e del suo ossequio. Un nome al quale aveva prestato lealtà e per cui aveva messo in gioco la sua stessa vita, stoltamente. Non avrebbe dovuto sottovalutare quel presentimento negativo.
Una detonazione esplose, spazzando via una porzione della murata di sinistra.
- Capitano! Ordini, per la miseria! - gridò energico Radish, disapprovando il suo indugiare e richiamandolo all’erta.
Il sayan atterrò rapidamente sulla balconata e respinse il nocchiere, afferrando le maniglie del timone: - Mollate i velacci! Tagliate i gerli e i paterazzi! Schierate tutti i pezzi di artiglieria a poppa! Saremo noi a guastargli la festa!
Bulma era rimasta sulla sezione inferiore del cassero, le gambe rigidamente piantate sul pagliolato sempre più sdrucciolevole a causa degli spruzzi che si riversavano sul ponte ad ogni brusco beccheggio, i pugni stretti lungo i fianchi e le palpebre che sbattevano veloci, seguendo le manovre degli uomini che scorazzavano da una murata all’altra, i polmoni già intossicati dalla polvere e dal fumo. Fremeva, apprensiva e scontenta, non volendo restare inattiva e non sapendo in che modo potersi rendere utile, reprimendo a fatica la tentazione di sovrapporsi alle disposizioni del Capitano.
Quando a un tratto sentì vibrare la scatoletta agganciata alla cintura e rialzò le ciglia sul bucaniere intercettandone le pupille fisse sul ticchettare, ebbe la conferma che, per quanto incredibile, anche lui avesse avvertito quel suono e avesse avuto la stessa intuizione.
Le sfere erano in pericolo.
Le bocche da fuoco della Bloody Wench furono caricate con le munizioni, tutte le micce erano pronte per essere accese, ma un prolungato fischio squarciò l’aria, irrompendo tra vele e pennoni come una grandinata.
L’azzurra ebbe appena la percezione di una nube nera che oscurava il cielo e di un’ombra fulminea che le precipitava addosso, e ciò che riuscì a fare fu unicamente urlare di terrore e di stupore, accorgendosi qualche secondo dopo che il possente corpo che l’aveva schiacciata sotto di sé era proprio quello del suo compagno di ventura.
- Dannata femmina! Proprio non ce la fate a stare lontana dai casini, eh? – la sbeffeggiò lui, prima di chinarsi a pochi centimetri dal suo viso, strusciandosi con quel movimento sul suo corsetto e mandandola in subbuglio.
Bulma divenne paonazza e tachicardica: - Vi sembra questo il momento?! – strillò incontrollata, girando la testa, divincolandosi e malmenandolo sulle spalle per allontanarlo, sentendo il cuore tamburellare fin quasi a insordirla.
Vegeta si avventò sulla propria mano piantata vicina al collo della ragazza, estraendo con i denti il grosso chiodo che vi si era conficcato e di cui lei si accorse solo in quel momento.
- Triboli?5 – balbettò impacciata, allungando le dita sull’altro pezzo di metallo a quattro punte che sporgeva dal bicipite sinistro dell’uomo, stupendosi per la sua straordinaria prontezza di riflessi e insultandosi per essersi accalorata tanto.
Il pirata le rivolse un cipiglio obliquo, staccandosi lo spuntone, strappandosi una balza di stoffa dalla manica per fasciarsi la ferita alla mano: - Portate le chiappe sottocoperta, non ce la voglio vedere la vostra odiosa faccia sul ponte di comando della mia nave! – le intimò asciutto e irrevocabile, risollevandosi e tirandola malamente per un braccio perché si alzasse anche lei.
Bulma decise di mettere da parte le divergenze e accettare il suggerimento, annuendo con un lieve sorriso. Nonostante le parole scortesi e l’espressione tormentata di chi avesse appena compiuto un inaccettabile sacrificio, quel furfante l’aveva salvata, ancora una volta.
Il fragore di un secondo colpo di cannone rombò sulle loro teste, facendo risuonare ogni comento del galeone: - Volete finirci voi dentro quei fottuti cannoni? Rispondete al fuoco, insulsi molluschi! – si sgolò Capitan Vegeta, riguadagnando a grandi falcate la sua posizione sul dritto di poppa, per meglio dirigere le cannonate.
La Brief intanto sgusciò tra gli altri marinai, camminando gobba e radente i tramezzi per cercare di non inciampare contro qualcuno, di intralciarli o di essere vista, mentre si intrufolava nella cabina di comando.
Non poteva sapere se sarebbero riusciti a seminare quell’avversario, o se invece sarebbero stati catturati e, pur confidando che il suo alleato fosse abbastanza esperto e combattivo da non arrendersi e non subire troppi danni, aveva imparato anche che la prudenza in battaglia non era mai troppa. Probabilmente chi era alla guida di quella nave comparsa senza preavviso a cacciarli, doveva essere la stessa persona che possedeva la sfera che nessuno di loro due aveva ritrovato alla Foresta Ghiacciata. Perciò occorreva mettere al sicuro la parte del bottino che si trovava nella cassaforte del Capitano, perché sarebbe stato il primo posto che avrebbero ispezionato se avessero avuto la disgrazia di subire un arrembaggio.
Tentò di capire in quale anfratto di quella gremita stanza fosse dissimulata la cassaforte, che effettivamente non aveva mai veduto, ma era sicura ci fosse. Si aiutò cercando di ricordare i rumori che aveva udito qualche giorno prima, quando il Capitano le aveva mostrato la sua tecnica per consultare le Carte del Supremo. Ricostruì a memoria le rispettive posizioni di entrambi, ipotizzando che doveva trovarsi proprio accanto al letto, ma, non ravvisandone segno esternamente, dedusse che doveva essere collocata nella parete retrostante. Con un sospiro scostò la tenda del baldacchino e salì sul materasso, cominciando a cercare un’incongruente scanalatura tra le pavesate. Il pavimento si inclinava per lo strambare del vascello, costringendola a reggersi e ad andare tentoni, il clamore, le esplosioni e il fracasso di legno spezzato proveniente dall’esterno coprivano ogni più piccolo cigolio, ma infine, individuando la serratura, usò la minuscola limetta occultata in uno dei suoi anelli per forzarla e dopo qualche tentativo ci riuscì. Trascurò un paio di cofanetti e di borsellini, e agguantò il sacchetto di velluto nero, controllando che vi fossero ancora le due sfere. Erano lì ed emettevano una rilevante fluorescenza, conferma che le sue congetture erano corrette. Avevano alle calcagna il terzo contendente. Sigillò di nuovo lo sportello e si diresse verso la sua cabina.


- Bracciate in croce, smidollati! – sputacchiò infervorato Nappa, redarguendo i gabbieri a impegnarsi più alacremente sui pennoni.
Una palla incatenata raggiunse il boma, spezzandolo e trascinando con sé un paio di uomini impegnati a tesare le scotte, che vennero centrati e si sfracellarono sul ponte.
Capitan Vegeta studiava distaccato la situazione, restando inerpicato alle griselle dell’albero di mezzana. Anche solo osare pensare che su quel vascello potesse esserci colui che, pur insegnandogli quasi tutto ciò che sapeva, l’aveva reso un mostro e si era servito di lui per anni, celandogli i suoi veri fini, lo riempiva di disgusto, fastidio, collera, trepidazione. Lo aveva visto crepare, lo considerava un capitolo chiuso. Non avrebbe permesso all’emotività di avere il sopravvento né ad un fantasma di mettere a repentaglio i suoi piani. Conoscere il nemico era un vantaggio che avrebbe dovuto sfruttare a suo favore, e infatti erano riusciti a contrastare con efficacia i suoi attacchi, subendo lievi perdite. Eppure qualcosa non quadrava nelle sue mosse. Navigava con ogni vela spiegata, orzando sopravento avrebbe potuto prenderli di infilata, invece sembrava trattenere la sua reale potenza distruttiva, quasi nascondesse una qualche arma segreta, ben più letale di quelle finora impiegate per danneggiarli.
- Continuano a guadagnare nodi! Ci saranno addosso in meno di due ore! – strepitò ancora il nostromo calvo, ridestandolo da quello strano e insolito torpore.
Il comandante saltò giù dai gradini di corda, investendolo con un’occhiata iraconda: - Non vogliono darci battaglia, idiota – lo smentì seccato, sferrando un pugno sul suo naso già schiacciato e afferrandogli la gola per farlo voltare verso l’anca poppiera – Non vedi? Hanno ridotto i terzaroli6 e modificato l’angolo di accosto. Quel figlio di cane non intende annientarci: sta cercando solo di rallentarci per assicurarsi di arrivare primo.
In quell’istante un altro tiro andò a segno contro il belvedere 7 e una potente deflagrazione si abbatté tra il giardinetto8 e la mezzania, provocando altri danneggiamenti e altri feriti.
Una voce acuta si intromise tra un rimbombo e l’altro: - Dobbiamo toglierci dalla loro scia d’onda o crearne una più grossa per farli sbandare!
Il moro ringhiò, indispettito dalla fine di quella tregua momentanea e dall’irrefrenabile invadenza di quella saputella impunita: - Non continuerò a scappare da quel lurido bastardo, se è questo che mi state suggerendo – la additò furibondo, riavvicinandosi a lei e agguantandole un polso, torcendoglielo e addossandola a sé, riparandola da altre schegge volanti – E non gli permetterò neanche di sabotare la nostra impresa – giurò in un sussurro inoppugnabile, liberandola da quella stretta risoluta e possessiva.
Bulma ebbe un sussulto. Nell’aggiungere e specificare quel “nostra” il suo tono era stato meno sprezzante del solito. Quel delinquente sembrava quasi essere diventato protettivo nei suoi riguardi e la cosa inspiegabilmente le incuteva un’inquietudine ancora maggiore.
Il fasciame della Bloody Wench opponeva una solida resistenza a quegli urti ripetuti, ma i cannoni da caccia di piccolo calibro, posti sulle piattaforme mobili montate sulle battagliole, avevano una gittata insufficiente.
Vegeta capì che se voleva sbaragliarlo, doveva giocarsi tutto.
- Radish! – richiamò autoritario il secondo ufficiale incaricato dell’artiglieria – Di quanti canoni da venticinque libbre disponiamo in totale?
- Trenta, signore, con quelli che abbiamo recuperato dalla nave della vostra amica – lo informò non senza del sarcasmo quello, abbassandosi per schivare una trave basculante.
Un sorriso sbilenco si formò sul volto del Capitano: - Basteranno a fargli rimpiangere di essere ritornato – sillabò astioso tra i denti aguzzi e scintillanti, riappropriandosi con un paio di falcate del ponte di comando – Cannonieri tutti ai ponti di batteria! Facciamogli masticare un po’ di piombo! E voi altri preparatevi a virare a tribordo!
Nappa e Radish si affrettarono ad attribuire gli ordini, mentre la Brief lo rincorse e gli si affiancò al timone, approfittando del trambusto: - Mi permetto di dissentire – affermò decisa e critica.
- Non vi incomodate – biascicò inattaccabile lui, mantenendo la sua posa rigida e fiera, non accettando che provasse a dirgli come doveva barcamenarsi e non volendo ricorrere alle maniere forti per zittirla.
Era ardito e cocciuto, e quella combinazione non sempre portava buoni risultati.
- Così esporremo la nostra fiancata di babordo alle loro bordate! – balbettò l’azzurra, impallidita dalla sua irragionevolezza – E poi quel tizio ha una delle sfere! – gli ricordò apprensiva, agitando la bussola davanti ai suoi occhi.
Vegeta storse le labbra, spostando il suo braccio e guardandola come se la compatisse:
- Non vi facevo così frignona e codarda – schioccò la lingua, pungendola sul vivo – E ora non mi state tra le palle. La velocità della manovra sarà determinante per ridurlo ad un colabrodo.
L’avventuriera prese un lungo e profondo respiro, ricomponendosi e ripetendosi che dovevano riuscire ad appianare i contrasti se volevano vincere e che non poteva lasciarsi scoraggiare dalle sue provocazioni. Doveva sforzarsi di fidarsi di lui, anche se aveva la costante sensazione che non poteva farlo.
Quell’uomo aveva una mentalità contorta, non era del tutto normale. Però sapeva il fatto suo, o almeno così pareva, dato che navigava da oltre dieci anni e non era mai stato arrembato.
Un fragore diverso da quelli precedenti riecheggiò nello spazio di mare compreso tra loro e gli inseguitori. Un’ondata di calore avvolse lo scafo del galeone e un pestifero odore di bruciato si diffuse insieme al fumo e alle grida disperate di chi era stato colpito.
- Maledizione!
Bulma si aggrappò alla ringhiera miracolosamente rimasta intatta, incontrando la smorfia attonita del pirata e poi sgranando lei stessa gli occhi dallo spavento: la nave cerea emetteva fuoco dalla prua. Inforcò il cannocchiale per essere certa di non aver visto male; il fenomeno pochi istanti dopo si ripeté esattamente uguale a prima e stavolta poté cogliere nella sua reale e vivida sembianza il colore delle fiamme rosse sputate contro di loro.
Era un antico e mortale trucco alchemico di cui aveva letto solo nei libri di storia: - Fuoco greco9.



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1 Manovre dormienti: dette anche manovre fisse, sono quelle che hanno la funzione di tenere fissi gli alberi, i pennoni, eccetera.
2 Pretendono che la sua permanenza venga messa ai voti … : sulle navi pirata vigeva un sistema molto democratico, ogni decisione doveva essere approvata dalla maggioranza della ciurma e se il capitano veniva messo in minoranza, non aveva più autorità.
3 Matelotage: si trattava di una sorta di matrimonio civile ante litteram che legava due filibustieri per uno o più viaggi, prevedendo la spartizione degli averi o la possibilità che uno dei due ereditasse quanto posseduto dall'altro in caso di malattia o morte.
4 Frisata: struttura sporgente dall'orlo superiore di uno scafo a cui erano attaccate le sartie e gli altri cavi che tenevano gli alberi.
5 Triboli: detti comunemente piedi di corvo, erano chiodi a quattro punte che generalmente venivano lanciati per bucare le vele o ferire gli avversari.
6 Ridurre i terzaroli: una manovra che consiste nel diminuire la superficie di vela esposta al vento e quindi per rallentare la velocità.
 7 Belvedere: una sezione dell'albero di mezzana.
 8 Giardinetto: anca poppiera della nave ordinariamente munita di una sorta di balconatura decorata con piante (donde il nome).
 9 Fuoco greco: si spiegherà nel prossimo capitolo...
   
 
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