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Autore: Barbara Baumgarten    06/01/2016    1 recensioni
Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato Twilight se a parlare fosse stato Edward. Ecoo che, allora, ho deciso di ripercorrere l'intera vicenda con gli occhi del vampiro.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Edward guardava il bosco sfrecciare ai lati dell’auto. Era preoccupato, soprattutto perché Bella non era con lui. Carlisle guidava in silenzio, concentrato. A volte l’assenza delle parole rende l’aria pesante: ecco quello che provava Edward. I silenzi pesano più di certe affermazioni e sentire che nemmeno Carlisle aveva di che parlare lo rendeva nervoso. Di solito il suo patrigno aveva sempre parole di conforto, ma in quella situazione sembrava che nemmeno il dottore riuscisse a trovare il modo di dar voce all’ansia. Erano momenti cruciali: cercavano di attirare James fino a Vancouver. Se il piano avesse avuto successo, avrebbero invertito la marcia e teso un’imboscata. Eppure Edward avvertiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Non poteva chiamare Alice per chiedere le condizioni di Bella perché il segugio era troppo vicino e avrebbe potuto ascoltare la loro conversazione. Non sapere era la cosa che più Edward temeva. Tuttavia, sapeva che finchè il telefono non avesse squillato, tutto stava andando come previsto.

Come ti senti? La voce di Carlisle entrò nella sua mente, delicato.

“Bene”, rispose laconico.

Edward, so che sei preoccupato, ma vedrai che tutto si risolverà. Alice e Jasper non permetteranno che accada nulla di male a Bella. Il vampiro apprezzava il tentativo di conforto, eppure Carlisle non riusciva a nascondere la paura. Edward poteva avvertire l’inclinazione ansiosa dei suoi pensieri. In effetti, alcune volte i toni dei pensieri erano più sinceri delle parole.

“Andrà bene. Riusciremo portare Bella in salvo”. Edward pronunciò quelle parole sperando che James le ascoltasse: finchè il nomade avesse creduto che Bella era con loro avrebbe seguito l'auto.

I minuti trascorrevano diventando ore. Carlisle comunicava con Edward attraverso i pensieri e il vampiro rispondeva monosillabo, in modo da non dare indizi a James. Eppure…

Il telefono di Edward squillò ed entrambi s’irrigidirono.

“Rose?”, rispose il vampiro, preoccupato.

“Edward la femmina è tornata indietro. Stiamo andando a Forks per controllare Charlie”.

Merda!

“Okay”, disse e riagganciò.

Carlisle aveva ascoltato la conversazione e strinse visibilmente la mascella.

È durato meno del previsto pensò Carlisle. Se la femmina ha capito che Bella non era in quella macchina è possibile che torni a Forks per cercare una scia. Bisogna che Charlie sia al sicuro.

“Lo so!”. Dannazione! Edward era furioso. Voleva tornare indietro anche lui, andare a proteggere Charlie. L’istinto gli diceva che qualcosa stava per andare storto. Cercò i pensieri di James… Dove sei, maledetto? Ascoltava, sondava e cercava. Poi, d’un tratto eccolo: un aereo.

“Sta prendendo un aereo. Torna indietro!”. Edward disse quelle parole alla velocità di un lampo così come Carlisle fece inversione in un battito di ciglia. Dovevano tornare indietro perché i nomadi avevano intuito la trappola.

Velocemente, Edward compose il numero di Alice.

“Edward”, la voce acuta della sorella rispose al primo squillo.

“L’abbiamo perso. Stiamo tornando a Forks”

“Lo so, l’ho visto” e mentre diceva quelle parole, Alice si concentrò sulle immagini che una visione le aveva regalato. Edward vide una stanza spaziosa con molti specchi. Il pavimento era in legno. Non aveva mai visto quella stanza e cominciò seriamente a preoccuparsi: qualunque mezzo avesse preso James lo avrebbe portato in quella stanza. Edward cominciò a sentirsi impotente. Sembrava che tutto stesse andando storto e che l’Universo avesse architettato quella tortura con una precisione maniacale. Temeva che Alice e Jasper commettessero un errore, che perdessero di vista Bella e che il nomade riuscisse a prenderla. Non sapeva cosa fare. Poteva solo aspettare che le cose si evolvessero in modo da apparire più chiare, ma l’attesa lo snervava. Avrebbe preferito correre piuttosto che rimanere seduto sull’auto, ma non avrebbe avuto senso e lo sapeva.

 

Stavano tornando indietro quando il telefono squillò nuovamente.

“Alice”, rispose Edward, agitato.

“James sta andando a casa della madre di Bella”, disse rapidamente la vampira.

“Vengo a prendere Bella. Vediamoci all’aeroporto”.

Carlisle appesantì il piede sull’acceleratore: avrebbero preso il primo volo e raggiunto Bella a Phoenix. Quel James si stava rivelando un vero osso duro così come Laurent aveva detto. Era furbo, fin troppo. Visto che non poteva trovare Bella, avrebbe usato i suoi genitori come esca. Intelligente, scaltro e soprattutto molto controllato. Era forse questo l’aspetto che più preoccupava Edward: James non perdeva la testa, rimanendo freddo e calcolatore.

Le ore passavano svelte. Edward stava guardando fuori dal finestrino dell’aereo, che gli rimandava la città di Phoenix. Carlisle pagò in fretta i biglietti, riuscendo ad avere gli ultimi due posti. La cosa più difficile fu correre per tutto l’aeroporto mantenendo un’andatura umana. Giunti al gate non dovettero fare nemmeno la fila: erano gli ultimi due passeggeri a dover essere imbarcati. D’un tratto, Edward ebbe l’impressione che l’aereo fosse diventato un mezzo di trasporto lento… lentissimo. Continuava a guardare il panorama in attesa d’intravvedere Pohenix e quando la vide si sentì più leggero. Stava per riabbracciare Bella e per portarla al sicuro. Finalmente avrebbe potuto essere al suo fianco invece che a chilometri di distanza.

 

Poi, un senso di vuoto allo stomaco lo colse. Qualcosa non andava…

 

Alice e Jasper avevano perso Bella.

   
 
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