Crossover
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Autore: Odinforce    07/01/2016    3 recensioni
In un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto in passato. I vincitori torneranno al loro mondo, siano i buoni o i malvagi. Saranno disposti ad obbedire alla volontà di Nul?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 31. Codice Keyblade

 

« Sora, non cambiare mai. »

« Ugh... Kairi! »

Sora aprì gli occhi, urlando a gran voce il nome della sua amata. Credeva di averla sentita, che fosse finalmente tornato da lei... ma ciò che vide non realizzava minimamente il suo desiderio. Si trovava su una superficie sabbiosa e umida, sotto un cielo grigio tristemente familiare: il cielo di Oblivion.

Si alzò a sedere, costretto ad accettare un nuovo dettaglio di quella triste realtà. Sora era solo in quella spiaggia: non c’era traccia dei suoi compagni, e il motivo di tale assenza non tardò a collegarsi agli ultimi ricordi che aveva prima di riprendere i sensi. Il Titanic stava affondando, distrutto dallo scontro tra i Valorosi e un terribile nemico ignoto. Sora non era riuscito a mettersi in salvo... aveva donato tutta la sua forza per sconfiggere il nemico, così era stato spazzato via dall’esplosione, impotente come una foglia secca. Era caduto in acqua, perdendo i sensi... separato dai suoi amici.

Ora aveva di nuovo la forza per reggersi in piedi, ma per quanto tempo era rimasto svenuto? Sicuramente per ore... la corrente marina lo aveva trascinato lontano, facendolo approdare su quella spiaggia ignota. Da solo.

Non poteva credere di essere stato l’unico a salvarsi dal disastro.

« Jake! » gridò, guardandosi bene intorno. « Harry! Lara!! Dove siete!? »

Nessuna risposta. Gridò ancora, invocando a gran voce i nomi di tutti i suoi amici, ma non cambiò nulla. Il silenzio dominava incontrastato intorno a Sora, inevitabile compagno del vuoto e della solitudine.

Il ragazzo guardò nelle tasche. Non aveva perso nulla, per fortuna, e il keyblade era in grado di tornare sempre tra le sue mani. Alla fine afferrò il ciondolo di conchiglie a forma di stella... il portafortuna di Kairi; aveva promesso di tornare da lei, ma per il momento doveva aspettare ancora un po’.

« Devo ritrovare i miei amici » disse, costringendo ogni fibra di se stesso a sorridere di nuovo.

Sora cercò di non perdersi d’animo e si rimise in marcia. Non era la prima volta che si ritrovava in condizioni del genere, si disse; anzi, era abbastanza sicuro di aver superato di peggio, come quella volta in cui era stato privato del keyblade e costretto a combattere con una spada di legno. Per non parlare di quando era diventato un Heartless, per poi tornare come prima grazie alla voce di Kairi.

Il suo cuore, ne era certo, lo avrebbe guidato ancora una volta attraverso il sentiero oscuro.

Uscito dalla spiaggia, Sora si trovò di fronte a una costruzione in rovina. Sembrava una specie di enorme cubo, leggermente inclinato perché posto sopra un terreno in discesa; la sua superficie era piatta e liscia, con numerose crepe. Una forza sconosciuta aveva attaccato quel luogo di recente, senza dubbio. Sora vide alla base della struttura uno squarcio, abbastanza largo da poterci passare; non avendo in mente altre idee, decise di entrare al suo interno.

Dentro il cubo era quasi completamente buio, interrotto solo da lievi spiragli che passavano attraverso le crepe nel muro. Sora illuminò il suo keyblade, avanzando con cautela; un ambiente così oscuro avrebbe favorito di certo gli Heartless, anche se non ne percepiva la presenza. Il pavimento appariva liscio e privo di ostacoli, inclinato come tutta la struttura.

Dopo pochi minuti, Sora individuò qualcosa: la luce del keyblade illuminò quello che sembrava un computer, dotato di schermo e pannello di controllo; una scritta in rosso lampeggiava sul monitor.

INSERT KEY.

“Insert key”... inserire chiave, pensò Sora, perplesso. Non capiva cosa intendesse dire il computer, anche perché in giro non vedeva alcuna chiave; sulla tastiera c’erano solo pulsanti. Poi si rese conto che non era un problema: la sua chiave era in grado di aprire qualsiasi porta. Il ragazzo fece un passo indietro e puntò il keyblade contro il monitor; l’arma brillò ancora più forte, e un fascio di luce colpì lo schermo. La scritta cambiò.

CODE: KEYBLADE...

CORRECT.

RESTART SYSTEM.

Lo schermo divenne poi bianco, e la luce proveniente da esso si fece abbagliante. Sora non riuscì più a vedere nulla: poi sentì un gran dolore alla testa, come se gli avessero piantato all’improvviso un grosso chiodo sulla fronte.

« Argh! »

La sua mente si riempì di immagini, di suoni, di ricordi. Era come vedere un film intero a velocità altissima, senza riuscire a fermarne l’avanzamento. Vide molti personaggi, tra cui i suoi amici più cari: Riku, Paperino, Pippo... Kairi...

E poi altri personaggi, inizialmente sconosciuti, ma che pian piano cominciava a ricordare: un porcospino azzurro, un ometto baffuto vestito di rosso, un gorilla con la cravatta... un bruto dai grossi pugni...

Quando Sora tornò a vedere, scoprì che il luogo era cambiato. Le luci si erano accese, illuminando l’interno della struttura in ogni parte. Il ragazzo stava esattamente al centro, e si rese conto solo allora quanto fosse enorme: assomigliava a una stazione ferroviaria, ma al posto delle banchine c’erano dei grandi portali, con dei cartelli al neon che indicavano la destinazione. Sora capì inoltre che il luogo era deserto e un po’ malconcio; i muri erano incrinati e i pavimento pieno di macerie. Alcuni portali erano crollati e i cartelli spenti, anche se ancora leggibili.

Super Mario Bros...

MediEvil...

Fix-it Felix Jr. ...

Ape Escape...

Hero’s Duty...

Command & Conquer...

Final Fantasy...

Sugar Rush...

Kingdom Hearts.

Lo sguardo di Sora si soffermò sull’ultimo cartello, sopra un portale distrutto. Kingdom Hearts. Il ragazzo era sconvolto, anche se lui stesso non sapeva esattamente il perché: la sua mente faticava ancora a rimettere insieme i pezzi, ma di una cosa era certo. Laggiù era accaduto qualcosa di terribile... un disastro da cui lui si era salvato.

« Mmm... »

Sora si voltò, attirato da quel suono. Tornò a guardare il computer che aveva attivato: sul monitor era apparso il volto di una ragazza. Era poco più giovane di Sora, con corti capelli rosa ed occhi verdi; aveva l’aria gentile ma confusa, come se si fosse appena risvegliata da un lungo sonno.

La ragazza guardò Sora, ormai al culmine dello stupore.

« Chi sei tu? »

« Ehm... Sora. »

« Sora » ripeté la ragazza, che all’improvviso cambiò tono di voce. « Dati in arrivo... identificazione completata. Sora: età 15 anni, custode del keyblade. Eroe e protagonista del gioco Kingdom Hearts. Condizioni: ottimali, salute al 100%. »

Sora restò a fissare lo schermo. Era senza parole.

« Cosa? »

« Perdonami » disse la ragazza sul monitor, « ora faccio parte del sistema informatico della stazione, e non ho potuto fare a meno di scansionarti. Non mi conosci, perciò permettimi di presentarmi... io sono Aelita. »

« Aelita? Oh, ehm... piacere » disse Sora, ricomponendosi. Aveva un ottimo spirito di adattamento, ma in situazioni sconvolgenti gli occorreva comunque qualche minuto per metterlo in funzione.

« Piacere mio, Sora. Ho esaminato le tue condizioni, e ho notato che la tua memoria risultava danneggiata al momento dell’attivazione di questo terminale. Mi sono permessa di ripristinarla completamente. »

« Cosa? La mia memoria... danneggiata? Un momento... in effetti ora comincio a ricordare. »

Sora si guardò intorno un’altra volta. Ora il caos nella sua mente si era acquietato, e i pezzi stavano tornando nel giusto ordine; e lo stesso luogo in cui si trovava in quel momento tornava ad essere molto familiare.

« Questa... è la Game Central Station! »

« Corretto » disse Aelita.

La Game Central Station... Sora la conosceva bene, perché lui proveniva da lì. La grande stazione centrale, dove i personaggi di ogni videogioco potevano incontrarsi e interagire tranquillamente.

Perché Sora era questo, un videogioco. Il ragazzo si guardò le mani, poi tornò a fissare il portale con su scritto “Kingdom Hearts”: il gioco – il mondo – da cui proveniva. Riku, Kairi, Ansem, gli Heartless... facevano tutti parte della saga videoludica di cui lui, Sora, era il protagonista indiscusso. Lo aveva dimenticato, ma ora ricordava tutto. Era come se avesse recuperato una grossa parte di sé, di cui non aveva nemmeno sentito la mancanza. Ora, oltre alle avventure vissute nel suo mondo, ricordava tutto ciò che aveva fatto nella Game Central Station: le spassose chiacchierate con Mario e Sonic al bar di Tapper, le gare con Vanellope a Sugar Rush... il matrimonio di Felix Aggiustatutto... il barbecue con Ralph Spaccatutto...

« Ralph! Felix! »

Si voltò verso un altro portale, quello di Felix Aggiustatutto. L’ingresso era crollato, proprio come molti altri, devastato da chissà quale forza distruttiva. Dov’erano finiti tutti quanti? Perché la stazione era vuota? Un tempo era così affollata e rumorosa, piena di vita, e adesso...

Un enorme senso di orrore cominciò a invadere il cuore di Sora, sotto lo sguardo silenzioso di Aelita; l’immagine della ragazza appariva per intero nei monitor sulle colonne della stazione, dove un tempo Sonic era solito comunicare istruzioni.

« Che cosa è successo qui? » chiese Sora, rivolgendosi a lei.

« La Game Central Station è stata attaccata, 186 ore fa » disse Aelita con voce mortificata. « Un attacco esterno, imprevisto... impossibile da contrastare. Un individuo noto con il nome di Nul è penetrato nella struttura, manipolando il codice dei giochi e prendendone il controllo. Ha preso il controllo in particolare delle entità nemiche di Hero’s Duty, gli scarafoidi. »

Sora si voltò verso il portale di Hero’s Duty, inorridito. Lo ricordava bene, quel gioco... un mondo alieno minacciato dai terribili scarafoidi, feroci insetti che divoravano tutto ciò che si trovava sul loro cammino. Gli eroi di Hero’s Duty erano un plotone di soldati guidati dal sergente Tamora Jean Calhoun, la moglie di Felix... guerrieri temerari pronti a dare la vita per proteggere il mondo. 

Gli scarafoidi erano come dei virus, capaci di infettare e divorare persino gli altri giochi. Per questo era vitale che non uscissero mai da Hero’s Duty, altrimenti sarebbe stato impossibile fermarli. Ma ciò che Sora aveva di fronte non trovava altra spiegazione: la Game Central Station era stata distrutta dagli scarafoidi; avevano divorato tutto e tutti... non si era salvato nessuno, a parte lui.

« Perché solo io? » domandò Sora. « Non ero diverso dagli altri eroi, né più forte di loro... dunque perché mi sono salvato solo io? »

« Il database della stazione ha rilevato la tua presenza nel gioco fino a poco prima dell’attacco » rispose Aelita. « Ipotesi: sei stato prelevato con la forza dal gioco, con conseguente corruzione dei tuoi dati; questo spiegherebbe la tua parziale amnesia. »

Sora incrociò le braccia, com’era solito fare quando rifletteva. Non era molto bravo con i dettagli tecnici, ma riusciva comunque a vedere un senso in quanto dichiarato da Aelita. Ricordava inoltre i discorsi fatti da Jake e da Eric Draven sul fatto che lui e gli altri erano stati “scelti”; Nul li aveva presi con la forza dai loro mondi per combattere nella guerra. Tirando a indovinare, Nul era penetrato nella Game Central Station, aveva rapito Sora e poi sguinzagliato gli scarafoidi per distruggere tutto. Era davvero spregevole... una simile strage solo per arrivare a lui.

Solo Aelita sembrava essere sopravvissuta, oltre a lui.

« Strano, ancora non riesco a ricordarmi di te » osservò Sora, rivolgendosi alla ragazza. « Da quale gioco provieni? »

« Da nessuno » rispose Aelita. « Io non sono un vero programma, Sora... almeno non completamente. Io provengo da un mondo reale. Mio padre era un brillante scienziato, inventore di un’intelligenza artificiale chiamata XANA e di un mondo virtuale chiamato Lyoko. XANA, tuttavia, acquisì con il tempo autonomia e tentò di impadronirsi della rete globale, al fine di dominare sull’umanità intera. Io fui “virtualizzata” da mio padre e trasformata in programma, nascondendomi su Lyoko per proteggermi da XANA; anni dopo, un gruppo di ragazzi trovò il computer e lo riattivò. Io mi unii a loro per eliminare XANA, e alla fine fui in grado di tornare nel mondo reale.

« Andava tutto bene. Avevo di nuovo una vita normale, degli amici, un futuro in cui poter crescere. Un giorno, però, tutto questo sparì. Mi sono ritrovata in questo mondo, Oblivion, costretta a combattere di nuovo contro i programmi ostili di XANA; i miei amici erano con me, ma sono caduti uno dopo l’altro. Anche Jeremy... è scomparso. »

Aelita s’interruppe, divenuta improvvisamente molto triste. Sora la capì: la perdita di una persona cara era terribile per chiunque. Aveva di fronte un altro eroe sconfitto, l’ennesima vittima del lungo ciclo di guerra che imperversava su Oblivion da chissà quanto tempo.

Era inutile domandarsi il perché. Ancora una volta c’era Nul dietro a tutto questo dolore: aveva portato la distruzione ovunque, in molti mondi diversi, facendo innumerevoli vittime. Non aveva dimenticato Jack Sparrow, immobile sul ponte della Perla Nera al Cimitero dei Mondi.

Nul, il distruttore di mondi...

« Anche io, alla fine, stavo per morire » riprese Aelita. « Forse sarebbe stato meglio, ma dentro di me c’era ancora qualcosa di artificiale... di digitale... e i programmi sono soliti pensare all’autoconservazione. Ho trovato questo posto e mi sono stabilita qui, trasferendo i miei dati nella memoria centrale. Credevo di essere al sicuro, ma poi anche la stazione è stata attaccata. Mi dispiace tanto, Sora, non ho potuto fare niente per impedire questo disastro. »

« Non ci pensare, Aelita » tagliò corto Sora. « Tu sei viva, è questo ciò che conta. Anche se hai perduto il tuo mondo, i tuoi amici, non ti sei arresa. Vedrai che troveremo una soluzione... troveremo un modo per rimettere tutto a posto. »

« Una soluzione? E come? »

« Be’... ci sto ancora lavorando » disse il ragazzo, improvvisamente imbarazzato. « Ho intenzione di trovare Nul e affrontarlo, insieme ai miei nuovi amici! Innanzitutto devo tornare da loro... non è che per caso li hai visti nei paraggi, vero? »

Sora raccontò ad Aelita ciò che aveva fatto negli ultimi giorni, in compagnia dei Valorosi; glieli descrisse uno per volta, ma la ragazza parve non riconoscerli.

« Mi dispiace, non ho dati in memoria su di loro... a parte su Lara Croft. »

« Lara? Dimmi, di che si tratta? »

Aelita attese un secondo prima di rispondere.

« Dati in arrivo... identificazione completata. Lara Croft: età 30 anni, archeologa. Eroe e protagonista del gioco Tomb Raider. Condizioni: sconosciute, attualmente dispersa. »

Sora restò in silenzio, visibilmente esterrefatto, mentre il suo sguardo si posava su un portale in lontananza. Quello di Tomb Raider, crollato come tutti gli altri.

Dunque anche Lara era un videogioco. I ricordi che aveva su di lei erano pochi, perché aveva interagito con lei solo in rare occasioni nella Game Central Station. Non si erano riconosciuti nei giorni quindi Nul aveva corrotto anche la sua memoria. Anche lei, dunque, faceva parte di quella rete di mondi fittizi, artificiali.

Si domandava se lo stesso valeva per gli altri suoi amici...

« Ho trovato qualcos’altro, Sora » annunciò Aelita, attirando di nuovo la sua attenzione.

« Uhm? Di che si tratta? »

« L’ultima registrazione effettuata nella stazione, prima del blocco totale del sistema. È stata fatta nel gioco Pac-Man, nell’area riservata alle riunioni dei Cattivi Anonimi... credo che dovresti guardarla. »

Sora annuì, ansioso.

« Va bene, mostramela. »

Sul monitor apparve l’immagine di un’ampia stanza grigia. Lo striscione appeso al muro mostrava la scritta “Cattivi Anonimi”. Ralph Spaccatutto gli aveva parlato di quelle riunioni, cui era solito partecipare negli ultimi tempi. Persino Sephiroth e alcuni membri dell’Organizzazione XIII avevano aderito al gruppo, dove parlavano del disagio di fronte alla realtà che non potevano cambiare: essere cattivi.

L’idea che gli antagonisti dei giochi non fossero poi così cattivi dietro le quinte gli era parsa molto divertente... ma ciò che vide in quelle immagini era tutto l’opposto. Un gruppo di persone era riunito nella stanza, intenti a barricarla con tutto quello che avevano a disposizione. Sora riconobbe Ralph, Felix, Calhoun, Vanellope, e persino Riku; sembravano ansiosi, come se stessero per prepararsi al peggio.

« Ci siamo tutti? » domandò Calhoun, guardandosi intorno.

« Sì, sergente... tutti quelli che ce l’hanno fatta » rispose un soldato.

« Maledizione. Dunque siamo arrivati a questo punto... barricati come topi in trappola. »

« Perché? Perché sta succedendo tutto questo? » singhiozzò Vanellope, con le lacrime agli occhi.

« Non lo so, Vanellope » le disse Felix. « Non c’è stato il tempo per scoprire un bel niente. Gli scarafoidi sono penetrati dappertutto, e i Belpostiani... oh, santo cielo, che incubo! »

« Quel maledetto schifoso di Nul » borbottò Calhoun, furiosa. « Mi auguro che qualcuno gliela faccia pagare cara per tutto questo! »

« E la pagherà, statene certi » intervenne Riku. « C’è ancora speranza, dopotutto. Non abbiamo visto Sora da nessuna parte... sono certo che è riuscito a mettersi in salvo. »

« Chi ti assicura che sarà in grado di cavarsela? »

« È il mio migliore amico, lo conosco bene. Sora non si limita a obbedire alla sua programmazione... ci mette davvero il cuore in quello che fa. Ecco perché ne sono certo... lui non si arrenderà mai, anche se dovesse trovarsi da solo là fuori. Lui ce la farà. »

Ralph si fece avanti, rincuorato da quelle parole.

« Hai ragione, Riku. È anche nostro amico. Riesce a far sorridere tutti quanti, in ogni situazione. Io scommetto che ce la farà... anzi, secondo me è già sulla buona strada per la vittoria. Ci tirerà tutti fuori da questo pasticcio, vedrete! »

« Sì! Ben detto! » dissero altri intorno a lui.

« Allora diamoci da fare. Dobbiamo resistere il più a lungo possibile. Questa non è la fine, ricordatelo: siamo programmi... in qualche modo potremo essere riattivati. E se davvero Sora è la nostra ultima speranza, dobbiamo credere in lui. »

Vanellope si strinse al braccio di Ralph, cercando di tranquillizzarsi. Riku si voltò verso la telecamera, serio ma sorridente.

« Se mi ascolterai, Sora, forse per noi sarà troppo tardi... ma non per te. Sarai ancora in piedi, come solo tu riesci a fare. Perciò ricorda, non arrenderti. Noi crediamo in te... tu sei la chiave. Pensa che sia solo un’altra partita: tu sei l’eroe, e Nul è il cattivo... perciò datti da fare e distruggilo. Noi abbiamo fatto il possibile per proteggere la stazione... il resto tocca a te. »

« Buona fortuna, amico mio » disse Ralph « ... e spacca tutto! »

« Gli scarafoidi! » urlò un soldato. « Stanno arrivando! »

« In posizione! » ordinò Calhoun. « Quei maledetti dovranno sudarselo, quest’ultimo pranzo... FUOCO!!! »

La porta si spalancò. Uno sciame di orridi insetti giganti invasero la stanza. Spari, urla, colpi energetici. Un insetto colpì la telecamera, e l’immagine si spense.

« È tutto » dichiarò Aelita, riapparsa sul monitor alla fine del video. « Il database di Pac-Man indica che la battaglia è durata per ventisei minuti, prima di perdere tutti i contatti. Dopo che è crollata l’ultima resistenza, l’alimentazione nella Game Central Station è stata interrotta. Solo questo terminale è entrato in stand by, in attesa di essere riattivato. »

Sora non disse nulla. La sua mano immobile appoggiata sullo schermo, il suo viso solcato dalle lacrime la dicevano lunga sul suo stato d’animo: aveva appena visto i suoi amici, poco prima che morissero tra le fauci di orridi mostri digitali.

« Io... rimetterò tutto a posto! » dichiarò, strizzando gli occhi. « Io combatterò... vincerò... salverò tutti quanti, lo giuro. Vi riporterò indietro, Ralph! Felix! Riku... Kairi... »

Kairi...

L’amava lo stesso, nonostante tutto. Era certo che non fosse solo una programmazione, era il suo cuore ad ammetterlo. Ogni volta che scolpiva quel disegno sulla roccia durante le partite, ci credeva sul serio... ogni volta sognava di dividere il frutto paopu con lei.

E un giorno lo avrebbe fatto.

Ma prima di allora, c’era un ultimo cattivo da sconfiggere.

Era tempo di dare fondo a tutto il potere assopito nel suo cuore.

Due keyblade apparvero sulle mani di Sora: uno bianco, già usato quando aveva sferrato il colpo di grazia su Ansem; l’altro nero, l’impugnatura a forma di ali di pipistrello, alla cui base era attaccata una corona nera simile alla sua collana. Sora guardò le sue nuove armi, soddisfatto e pronto a rimettersi in marcia.

« Grazie per l’aiuto, Aelita » disse. « Ora devo andare, ma tornerò. Dopotutto, questa è casa mia... è qui che tornerò quando sarà tutto finito. »

« Aspetta » disse Aelita. « Ora devo essere io a chiederti aiuto. Ho bisogno che tu mi faccia un favore. »

« Uh? Certo, nessun problema. Cosa vuoi che faccia? »

« Vorrei che mi portassi con te. Solo così potrò ricongiungermi con Jeremy, ovunque lui sia finito. »

« Jeremy? Ah, uno dei tuoi amici? »

« È molto più che un amico » aggiunse Aelita. « Io ora sono di nuovo un programma, sono costretta a ragionare solo su certezze matematiche... ma questo non impedisce al mio cuore di provare sensazioni, di sperare. Per questo, io... ho la sensazione che Jeremy sia ancora vivo, ed è là fuori da qualche parte. »

Sora non pensò di obiettare in alcun modo. Quelle parole, quelle emozioni, erano così familiari: erano le stesse che provava lui dopo essere sfuggito alla distruzione della sua isola. La speranza che nutriva lui sulla sorte di Riku e Kairi dopo la loro scomparsa... un altro sentimento vero, non artificiale.

« D’accordo » disse il ragazzo. « Ti porterò con me. Allora... ehm, cosa faccio? Devo tirarti fuori da questo computer? »

« Non ce ne sarà bisogno » rispose Aelita, sorridendo felice. « Io non posso più tornare com’ero prima. Ricorda, devi trovare Jeremy Belpois: ha 13 anni, capelli biondi, occhiali rotondi e ama i computer. So che lo farai... che lo troverai. »

Sora fu sul punto di dire qualcosa, ma a quel punto l’immagine sullo schermo si spense. Si udì un ronzio, e dal pannello di controllo uscì un piccolo oggetto. Sora lo prese: era una chiavetta usb, un comune supporto per contenere file e dati. Non era un pozzo di scienza, ma impiegò poco per capire che adesso Aelita era là dentro. Si era trasferita nella chiavetta affinché Sora la portasse con sé.

Il ragazzo sorrise, e strinse la presa sull’oggetto.

« Lo troverò, Aelita... promesso. »

E prima di andare, diede un’ultima occhiata alla Game Central Station. Finalmente aveva ricordato tutto... di essere tornato a casa; ma come poteva chiamare casa un luogo ormai distrutto? Non c’era altra soluzione: Nul gli aveva portato via tutto, e Nul glielo avrebbe restituito.

Lui era l’eroe, dopotutto, e gli eroi vincono sempre. 

   
 
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