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Autore: j a r t    07/01/2016    2 recensioni
Dal primo capitolo:
L'espressione di Michael si addolcì.
«Sì, lui guadagna bene. Noi viviamo insieme, ma io non volio stare a sue spese... non so se tu capisce cosa voglio dire» riprese, mentre con uno straccio asciugava il bancone.
«Capisco.»
Federico sorrise.
«Sei un bravo ragazzo, Michael.»
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fedez, Morgan, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Inutile dire che per i tre giorni seguenti Federico evitò Michael come la peste. La sua presenza lo imbarazzava; stare accanto a lui e guardarlo, avere qualunque tipo di contatto con lui lo faceva sentire a disagio. Anche parlare con il riccio era diventato imbarazzante. Federico non riusciva neanche più a posare il suo sguardo su di lui e perciò lo trattava con freddezza. Ovviamente il riccio non era stupido e si accorse che qualcosa era cambiato. Lui - purtroppo o per fortuna - non ricordava quasi nulla di quella notte e di ciò che aveva fatto da ubriaco: aveva solo un grande vuoto di memoria che il tatuato non avrebbe voluto riempire in alcun modo. Quando però - a pranzo, il venerdì - Giulia chiese di passarle la saliera, i due ragazzi si allungarono in simultanea per passargliela e le loro mani si sfiorarono. Quel contatto per Federico fu troppo.
«Passagliela tu» fu la sua risposta quando bruscamente ritrasse la mano e si rimise a sedere.
Michael decise di non lasciargliela passare: voleva andare in fondo a quella storia, scoprire perché Federico si era improvvisamente raffreddato con lui. Così, dopo aver aiutato Giulia a lavare i piatti e a sistemare la tavola, lo prese in disparte.
«Fede, devo parlarte» gli sussurrò all’orecchio, dopodiché gli fece cenno di seguirlo nella camera da letto, la stanza più lontana e appartata dalla cucina. Il riccio lo lasciò entrare e poi socchiuse la porta. Federico rabbrividì: quello spazio non era mai sembrato così piccolo come in quel momento. Sentiva l’odore di Michael aleggiare per la stanza e quasi gli venne la nausea. Non perché fosse sgradevole, anzi, ormai conosceva quel misto di bagnoschiuma a fragola, menta fresca, dopobarba e quell’insensato profumo di dolci sempre stranamente presente. L’aveva sempre apprezzato, quell’odore, e adesso invece lo odiava. E sapeva anche il perché, era la stessa cosa di cui stava per parlargli il riccio.
Michael si prese un po’ di tempo prima di parlare, ma quando lo fece risultò indecorosamente schietto.
«Perché mi eviti?»
«Non ti evito.»
«Sono giorni che tu lo fa
«Non ti evito, Mich.»
Federico lo disse con rabbia e il riccio abbassò la testa, cominciando a trovare stranamente interessanti le fughe del pavimento.
«Ok, hai ragione, ti sto evitando.»
Michael neanche credeva dovesse aspettare così poco per avere la sua confessione, quindi alzò di scatto lo sguardo verso di lui. Il tatuato provò un senso di vuoto quando realizzò di avere lo sguardo dell’altro puntato su di sé, con i suoi occhi color del miele.
Cosa avrebbe dovuto dirgli a quel punto? Non la verità, no, quella mai. Non poteva dirgli di aver provato imbarazzo per un bacio dato da un Michael ubriaco; e neanche poteva dirgli di esserne stato disgustato, perché non lo era stato affatto, e se anche lo fosse stato non gliel’avrebbe mai detto, era troppo offensivo. La verità era che lui si sentiva tremendamente ridicolo per quello che aveva pensato dopo, nel letto, accanto a Giulia, quando pensieri bizzarri gli avevano riempito la mente tra la veglia e il sonno. Così Federico improvvisò.
«È che ero geloso di te.»
Michael sgranò gli occhi.
«Cosa?» Era un sussurro.
«Sì, hai capito. Ero geloso di te. Insomma, tu... tu hai preparato dei pancake e Giulia ti ha guardato così... così. Cioè, dai, io non le faccio mai queste cose. Mi hai involontariamente sminuito ai suoi occhi.»
Sul volto del riccio si aprì un mezzo sorriso dolce. Se l’era bevuta. Federico esultò interiormente.
«Ma Fede, tu sei completamente un idiota! Io sono gay, lo sai! C’mon
Michael ormai ridacchiava e con lui Federico, che fingeva di darsi dell’idiota.
«Lo so, ma che vuoi... la gelosia è una cosa irrazionale.»
Il riccio rise più forte e gli diede un leggero pugno sulla spalla.
«Ok, dai, torniamo di là» concluse il riccio e Federico annuì seguendolo.
Nella sua mente decise che non avrebbe più pensato a quel bacio - bacio, poi? Le loro labbra si erano appena sfiorate - e in nessun’altra maniera avrebbe permesso di rovinare quella loro amicizia che pian piano acquisiva sempre più colore e importanza nella vita di entrambi. E, per inciso, l’odore di Michael gli faceva ancora venire la nausea. Ma chissà perché.
 
Per la prima volta dopo tre giorni, quel pomeriggio, Danny inviò un messaggio a Michael.
15:12
Inviato da: Danny
Possiamo parlare? Rispondi alla chiamata.
 
Michael lesse in silenzio. La chiamata arrivò e lui non riuscì neanche con tutto sé stesso a rifiutarla.
«Mich?»
«Cosa c’è?»
Il tono del riccio riuscì comunque meno duro di quanto volesse.
«Vorrei parlarti di persona, se non ti dispiace.»
«Non poso. Acontentati
Danny percepì un moto di rabbia dentro di sé.
«È strano come tu mi tratti così, dopo tutto quello che è successo l’altra notte.»
Il cuore di Michael mancò un battito. Il fatto di non ricordare minimamente cos’era successo lo rendeva dannatamente vulnerabile.
«Cosa stai dicendo?»
Danny attese in silenzio per un po’. Quando ricominciò a parlare sembrava quasi dispiaciuto.
«Davvero non ricordi niente?»
«Danny, dimmi cosa è succeso.»
Il silenzio calò di nuovo e Michael stava per intimargli di parlare quando il biondo cominciò da sé a raccontare.
«L’altra notte, più o meno tre giorni fa, sei venuto da me. Eri ubriaco e mi hai baciato. Mi hai detto che mi amavi. Volevi fare sesso con me, da come mi hai baciato.»
Il riccio ci mise un po’ per incamerare tutte quelle informazioni. Com’era possibile? Aveva davvero fatto tutte quelle cose?
Quello era uno dei momenti in cui Michael desiderava essere una tartaruga. Così, giusto per non dover fare nulla dalla mattina alla sera se non mangiare e dormire. Giusto per non soffrire e potersi ritrarre nel proprio guscio a piacimento, allontanandosi dal mondo intero.
Adesso invece si sentiva dannatamente vulnerabile e privo della sua dignità. Sì, perché ormai non ne aveva più dopo aver fatto il sostenuto e poi essere cascato ai piedi di Danny come una sciocca ragazzina innamorata. E Danny non aveva capito che raccontandogli quelle cose non gli faceva un favore, bensì lo spogliava completamente della sua dignità per la seconda volta.
«Mich, torna da me, davvero. Lo so che mi ami e io amo te, qual è il problema?»
Ma Michael davvero non aveva voglia di tornare da lui. Una parte di sé ancora lo amava, era chiaro, ma l’altra come poteva continuare a farlo dopo che il biondo l’aveva praticamente costretto a fare sesso e lo aveva ingannato per tre anni? Lui sosteneva il contrario, ma il riccio era stanco di credergli e soffrire. Aveva bisogno di allontanarsi da Danny per un po’.
«No, Danny, I’m sorry. Per favore, lasciami stare, ok? Non chiamarmi più né mandare messagi. Se vorrò tornare da te lo farò io. Poi tu deciderai se volermi ancora o no.»
Il suo tono di voce era fermo e risoluto: era pronto a rinunciare a quella parte di sé che ancora amava il biondo pur di prendersi un momento per capire cosa gli stava succedendo. Sì, perché avere problemi ad eccitarsi con il proprio ragazzo e poi ubriacarsi e voler scopare con lui come un forsennato era una cosa decisamente strana, e nella testa di Michael creava una grande confusione che poteva ridursi ad una sola frase: non sapeva più cosa voleva. E - inutile dirlo - quello lo spaventava a morte.
Nonostante avesse tentato di non origliare la conversazione, Federico non ci era riuscito: stava passando davanti alla porta del bagno per arrivare in camera sua quando sentì Michael parlare con qualcuno al telefono - con il suo inconfondibile italiano stentato. Si era allora fermato, come se la porta avesse realmente qualcosa di magnetico e aveva accostato l’orecchio alla porta. Non capì tutto della conversazione, ma l’ultima frase pronunciata dal riccio gli bastò a capire che l’aveva lasciato, o quantomeno si erano presi una lunga pausa. La cosa fece davvero molto piacere al tatuato. Troppo, forse. Ma no, era felice solo perché Michael si meritava di più. Era felice per lui, non per sé.
E mentre tentava di auto-convincersi, fu trascinato per un braccio lontano dalla porta chiusa del bagno.
«Fede, che cazzo stai facendo?» Sussurrò Giulia leggermente arrabbiata.
«Niente, è solo che mi trovavo qui e...»
«Hai origliato? Cioè, stai origliando le conversazioni di Michael?»
«Lo so che è maleducazione eccetera eccetera, ma ero curioso! Ahia!» Si lamentò Federico dopo aver ricevuto un pugno sul braccio dalla sua ragazza.
«Smettila di origliare.»
Il tatuato alzò le mani in segno di resa e seguì Giulia in cucina.
«Comunque l’ha lasciato.»
La ragazza assunse l’espressione tipica della più grande pettegola del paese.
«Davvero?»
«Sì, davvero. Cioè, ho capito così. Potrebbe anche essere una pausa.»
«In ogni caso mi fa piacere» continuò lei. «Se è davvero uno stronzo, e da come lui era ridotto l’altro giorno secondo me lo è, mi fa piacere.»
«Sono d’accordo.»
In quel momento Michael comparve sulla soglia della cucina. Aveva l’aria leggermente stanca, quella conversazione col biondo doveva avergli fatto male.
«Posso fare un thè?» Domandò.
«Sì e non chiedere più il permesso» ridacchiò Federico, facendo sorridere anche il riccio.
Il tatuato moriva dalla voglia di sapere quello che si erano detti, ma l’ultima cosa che poteva fare era risultare invadente domandandoglielo. Così attese, e gli sembrò che Michael preparasse il thè con una lentezza quasi esasperante. Il riccio lo versò in tre tazze e i due ragazzi lo ringraziarono per il pensiero.
«Ho detto a Danny di lasciarmi in pace finché non vorò contattarlo io. E penso mai.»
Sorseggiò la bevanda ma si arrestò subito: era ancora bollente.
«Sei grande, hai fatto bene» concluse Federico, comunque deluso perché sperava che l’amico gli raccontasse qualche dettaglio in più di ciò che aveva già origliato.
«Quindi tra poco vado a fare shopping, chi vuole venire con me?»
L’entusiasmo di Michael era così alle stelle che entrambi non riuscirono a non esultare e dirgli di sì. Soltanto dopo poco si resero conto di quanto il riccio fosse convincente solo con un sorriso, le braccia lanciate in aria e quel buffo accento inglese.
 
Il Centro Commerciale Fiordaliso era abbastanza fuori Milano, a Rozzano, e quindi Federico dovette guidare mentre Michael sul sedile posteriore sembrava un bambino eccitato per la sua prima volta al luna park. A quanto pare era quello l’effetto che gli faceva lo shopping.
«Senti! Senti questa canzona
Il riccio indicò lo stereo dell’auto e Giulia alzò il volume, dandogli corda e beccandosi un’occhiataccia di Federico che era l’unico che non si stava divertendo - questo perché Michael continuava a sbracciarsi come un cretino, cosa che disturbava non poco la sua guida.
«Do you think about me when you’re all alone?
The things we used to do we used to be
I could be the one to make you feel that way
I could be the one to set you free»
Michael cominciò a cantare quasi senza ritegno, ma la cosa incredibile era che la sua voce melodiosa non stonava affatto, anzi, era bellissima.
Anche Giulia si unì a lui, ma ormai Federico stava ascoltando solo il riccio e in uno scorcio di visuale vedeva il suo sorriso di profilo. Il suo bellissimo sorriso.
«When you need a way to beat the pressure down
When you need to find a way to breathe
I could be the one to make you feel that way
I could be the one to set you free»*
Federico non capiva molto l’inglese ma conosceva quella canzone e cazzo, sembrava che Michael la stesse cantando per lui. Deglutì a forza, cosa che per fortuna passò inosservata nella confusione generale.
Ok, adesso ti calmi, Federico.
Disse a sé stesso. Perché adesso, così all’improvviso, stava pensando quelle cose così assurde? Sì perché era assurdo pensare che il riccio stesse rivolgendo quelle parole a lui quando al suo fianco c’era Giulia, la sua ragazza, che invece stava davvero cantando per farsi ascoltare dal tatuato. Dio, era così confuso. Gli veniva voglia di rompere il volante dell’auto e lanciarlo fuori dal finestrino. E poi magari lanciarci anche Michael. La sua faccia, comunque, dopo tutti quei pensieri, era pallida come la cera di una candela. Quando la canzone arrivò alla parte dance nessuno di quei due pazzi che Federico aveva attorno poté continuare a cantare, quindi Giulia si accorse facilmente del suo colorito.
«Fede, tutto ok?»
«Sì, siamo arrivati.»
Federico inchiodò pericolosamente per il nervoso, con una tale violenza che Michael e i suoi ricci arrivarono giusto accanto a lui, prima di essere di nuovo catapultati all’indietro sul sedile. E in quel frangente il riccio lasciò la sua solita scia di dolci, fragola, bagnoschiuma, ammorbidente e tutti quegli altri odori che si portava sempre addosso. Il tatuato lo maledisse per quell’odore così intenso di roba buona che però gli dava la nausea perché sì.
Dopo aver parcheggiato, Giulia e Michael uscirono dall’auto contenti dello shopping che li aspettava. L’umore di Federico, invece, era mutato in scazzo.
Cominciarono da H&M perché Michael voleva comprare qualcosa di improbabile da indossare. Prese al volo due maglioni e un cappotto da provare.
«Come sto?» Chiese sorridendo con il primo maglione addosso.
Giulia gli disse che gli stava benissimo e doveva assolutamente prenderlo. Federico, invece, era così scazzato che non si curò di essere scortese.
«Mich, ma ti sei chiesto perché quei maglioni sono tutti lì e nessuno li compra?»
Michael diede un’occhiata rapida allo scaffale da cui aveva preso il maglione e notò effettivamente che gran parte della merce non era stata comprata. Giulia capì doveva voleva arrivare e con uno sguardo truce gli fece capire di non completare il suo pensiero. Ma ormai lo scazzo del tatuato era alle stelle, non riusciva a fermarsi.
«Perché sono un cazzo di pugno in un occhio, non puoi davvero indossare quella roba, dai. E quel cappotto? Non misurartelo neanche, non so con quale coraggio puoi uscire dal camerino con quel coso stile peruviano addosso. ‘Sto maglione sembra ricamato malamente dalla nonna, uno di quelli che ti regala a Natale e tua mamma ti costringe a metterlo se no la nonna si offende.»
Un mezzo sorrisetto si aprì sul volto di Federico: si sentiva potente come dopo aver vinto una battle. Ma lo sguardo ferito del riccio lo riportò con i piedi per terra e gli fece capire che quella non era un battle, e che lui non aveva vinto un bel niente. Anzi, forse aveva perso.
Adesso sei contento, Federico? Pensò. E no, non era contento. Non come quando vinceva una battle, almeno.
Lo sguardo di Giulia era nero, Michael non spiccicava parola.
«Non ascoltarlo, è un idiota. A volte non so davvero cosa gli prende.»
Giulia gli lanciò un’ultima occhiataccia e il tatuato decise che era troppo. Uscì dal negozio e li aspettò fuori, su una panchina del centro commerciale. Ma perché si era urtato tanto? In fin dei conti Michael non gli aveva fatto niente, qual era stata la sua colpa? Cantare una canzone che lui come un idiota aveva creduto rivolta a sé per via delle sue continue seghe mentali? Non era colpa del riccio se lui era un coglione. Doveva immediatamente scusarsi.
Si girò verso la vetrina del negozio e in lontananza vide Michael provare l’altro orribile maglione natalizio rosso, stavolta con un Babbo Natale ciccione che mangiava ciambelle e urlava “OH OH OH”. Eppure, per quanto fosse orribile, Federico lo trovava dannatamente adorabile con quel maglione addosso, soprattutto quando si rivolse a Giulia ancora una volta con quella sua risata col naso arricciato.
Dio.
Federico decise di voltarsi immediatamente e smetterla di guardarlo, gli mandava in pappa il cervello. Non ne capiva la motivazione, ma era così.
Quando Giulia e Michael uscirono dal negozio, il riccio aveva tra le mani tre buste bianche con la scritta rossa H&M. Decise che quello era il momento giusto per scusarsi con lui.
«Mich, scusa, mi dispiace per prima» abbassò lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe. «Non so cosa mi è preso, sono un coglione. Ero solo un po’ scazzato perché guidare mi rende nervoso e non avevo ancora smaltito la rabbia. Scusa.»
Il dolce sorriso di Michael si fece spazio sul suo volto e annuì, sussurrando che era tutto a posto. Ancora una volta gli aveva mentito su una cosa che riguardava entrambi.
 
Michael scomparve per un po’ dicendo di voler andare da Piazza Italia e lasciò soli i due fidanzati. Giulia e Federico stavano per insistere nel seguirlo, ma Michael si volatilizzò letteralmente: in un attimo si girarono e lui era già scomparso.
Giulia alzò le spalle ridendo e anche Federico sorrise.
«Dobbiamo mangiare qualcosa al Mc, ti prego.»
A quella frase lo stomaco di Federico brontolò e sì, dovevano decisamente mangiare qualcosa al Mc Donald’s. Dato che però gli sembrava scortese non aspettare il riccio, presero soltanto delle patatine al volo, giusto per acquietare i morsi della fame.
Il riccio tornò con due buste scure in più e non appena vide Federico e Giulia si diresse al tavolino a cui erano seduti.
«Vi ho preso qualcosa» cominciò porgendo le due buste.
«Qualunque cosa sia non dovevi» lo ammonì Giulia e Federico si accodò.
Ma Michael gonfiò le guance in una maniera così adorabile che nessuno dei due riuscì a resistere.
«E daaaai, apritteli
Nella busta per Giulia c’era una maglia a maniche lunghe con una fantasia rosa e grigia a strisce e zig zag, che la ragazza trovò molto carina. Nella busta per Federico, invece, c’era una felpa bianca con una decorazione floreale sulle maniche e la scritta “FLAWLESS” al centro. Era orribile, lui non l’avrebbe mai messa. Ma dalla faccia timorosa di Michael capì che il ragazzo si era impegnato davvero tanto per comprare qualcosa che gli piacesse, e anche se non ci era riuscito, era così tenero che non riuscì a dirglielo. Giulia, invece, conoscendo i gusti di Federico e decifrando la sua faccia in quel momento, riuscì a stento a trattenere una risata.
«È... è bellissima, grazie.»
«Ti piace davveri
«Davvero.»
Mentì abilmente, mentre nella sua testa già pensava a quando indossare quella felpa in casa per non farlo quando poi sarebbe uscito. Insomma, la sua reputazione da rapper si sarebbe rovinata per sempre con quella felpa.
Misero via i regali e ordinarono da mangiare. Michael come al solito mangiò per tre persone, ordinando due menù e un sacco di schifezze ancora.
«Ma dove la metti tutta quella roba?»
Gli domandò la ragazza mentre lo aiutava a portare al tavolo il secondo menù e il gelato.
«Ma io sono alto» protestò lui, come se fosse una giustificazione più che ovvia.
Ovviamente al riccio - maldestro come pochi sulla faccia della terra - cadde dalle mani la Coca Cola, che andò a rovesciarsi gelata addosso a Federico. Il tatuato schizzò in piedi e Michael, altrettanto velocemente, recuperò più tovaglioli che poté cercando di asciugarlo.
«Scusa, scusa, scusa» ripeteva come un mantra, ma la situazione che si andò a creare fu alquanto imbarazzante.
Nel suo voler rimediare, il riccio stava praticamente tastando ogni parte del corpo di Federico, mentre le sue guance quasi andavano a fuoco per l’imbarazzo che provava in quel momento. Quando, poi, arrivò sbadatamente a tastare anche il cavallo dei pantaloni del tatuato, questo decise che era abbastanza e lo allontanò da sé. Michael non era mai stato tanto imbarazzato in vita sua.
«Non fa niente, Mich, è solo una Coca Cola. Vado in bagno.»
Forse il suo tono di voce risultò troppo duro, ma davvero non poteva farcela a continuare. Non tanto per quello che aveva fatto Michael, bensì per la reazione che aveva avuto il suo corpo al tocco sbadato del riccio. Si defilò in bagno e si chiuse in uno dei gabinetti, poggiando la schiena contro la porta. Cazzo, ma davvero stava avendo un’erezione? Solo perché Michael gli aveva sfiorato il cavallo dei pantaloni?
No, ok, qualcosa non andava.
Decisamente.
Federico si mise le mani sul volto, poi le lasciò scivolare tra i corti capelli a spazzola.
No, non era perduto, poteva ancora rimediare a tutti quei pensieri inaccettabili che gli stavano passando per la mente. Doveva solo calmarsi. Decise che la soluzione migliore era farsi una sega su una bella ragazza, per vedere se ancora funzionava. Si calò i pantaloni e lo fece, pensando a Sasha Grey nuda e controllando i gemiti e il respiro il più possibile - giusto perché come situazione gli sembrava già abbastanza squallida anche senza essere scoperto a segarsi in un bagno pubblico. Quando ebbe finito era visibilmente più sollevato. Era ancora etero, e quasi si diede dell’idiota per aver pensato il contrario anche solo per un attimo. Quella sega era la prova che gli piacevano le donne, ovviamente. Che coglione era stato. La colpa di quell’erezione doveva essere stata la bevanda ghiacciata, non di certo la mano di Michael che gli sfiorava il pacco.
Quando uscì dal bagno si trovò davanti un Michael mortificato e una Giulia leggermente stranita.
«Scusa Fede, mi dispiace, sono proprio imbranato.»
Lo sussurrò e per un attimo Federico temette il peggio, ovvero che si fosse accorto della sua condizione prima di andare in bagno. Per fortuna non era così, e neanche la sua ragazza se ne accorse.
Il sorriso che si aprì sul suo volto fu giusto un angolo di labbra alzato, anche se a Michael bastò per rassicurarsi.
«Dai, Mich, è tutto a posto.»
«Aspeta ho un’idea!»
Il riccio balzò sul posto eccitato come un bambino.
«Adeso puoi mettere la felpa che ti ho regalato io!»
Michael lo disse come se avesse appena scoperto un modo per sconfiggere la fame nel mondo.
Il sangue nelle vene di Federico, invece, si gelò completamente. No, non poteva essere. Quella tremenda giornata sembrava non voler finire più e ogni volta peggiorava. Il tatuato pensò che una qualche divinità in quel momento si stesse vendicando per le sue bestemmie.
Inutile dire che Giulia era scoppiata  in una risata clamorosa, che Michael non capiva e forse era meglio così o si sarebbe offeso.
 
L’intera cena al fast-food Federico la passò con il morale sotto i piedi. Al contrario, Michael sembrava felice come un bambino e Giulia - cosa peggiore - lo assecondava nel suo parlare logorroico. Il riccio ogni tanto gettava un’occhiata alla felpa che aveva regalato al tatuato e che lui adesso stava indossando, pensando di aver azzeccato il regalo giusto. In realtà non era così, ma Federico di certo non poteva dirglielo e rischiare di ferirlo una seconda volta.
Il viaggio in macchina di ritorno fu stranamente silenzioso. Michael sedeva dietro e guardava insistentemente fuori dal finestrino, sovrappensiero. Federico pensò che finalmente gli si erano scaricate le batterie, così non gli avrebbe dato fastidio durante la guida.
«Ehi Mich, ma oggi non devi lavorare? È venerdì» chiese il tatuato all’improvviso, quasi allarmato.
«No, ogi no. Il proprietario ha avuto un lutto e noi stiamo chiusi.»
Il tatuato osservò dallo specchietto retrovisore il riccio, il quale nel rispondere non aveva comunque staccato gli occhi dal cielo scuro che stava osservando. Sembrava essere stanco e lo sbadiglio che tentò di nascondere poco dopo confermò l’ipotesi di Federico, che sorrise intenerito: sembrava proprio un bambino che aveva esaurito tutte le sue energie.
E chissà per quale motivo Federico pensò che, alla fine, forse quella felpa non era neanche tanto male.
 
NOTE: * “I could be the one” di Avicii e Nicky Romero, perché mi piace e basta, e perché ci stava troppo bene.

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 ANGOLO AUTRICE
Io sono come il vento, sono inaspettata v.v e perciò vi regalo un altro aggiornamento extra che forse a questo punto non è più poi tanto extra. Vi dico che, come avrete anche notato, durava un po' di più dei precedenti e per questo spero di non avervi annoiato D: comunque mi è piaciuto molto scriverlo e che dire... inizia ufficialmente la battaglia interiore di Fede, purtroppo o per fortuna.
Non mi sento di aggiungere altro, vi lascio ai commenti (sclerotici? Chissà) ahahah
Mille volte grazie a voi che recensite (e che avete precedentemente recensito) e lascio un pezzo del mio cuore a ciascuno di voi <3
  
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