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Autore: LenK    07/01/2016    0 recensioni
Quando il Decreto Didattico numero Ventiquattro scioglie tutte le associazioni di studenti, Haven Mitchell, Eddie Carmichael e Harold Dingle si ritrovano con un grosso problema: non possono più tenere in piedi lo Spaccio, il piccolo mercato nero di prodotti vietati a Hogwarts che ha consolidato la loro amicizia per buona parte delle loro carriere scolastiche. Nel clima di repressione creato dagli interventi del Ministero della Magia nella Scuola, la piccola rappresaglia di tre studenti fuori dalle righe verrà a contatto involontariamente con la ribellione dell'Esercito di Silente.
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Eddie e Harold erano diventati colleghi e amici preziosi. Lo Spaccio non era solo la mia principale fonte di reddito o il motivo dei nove Eccezionale ottenuti da Eddie ai G.U.F.O. dello scorso anno: era il mio gruppo, la combriccola a cui sentivo di appartenere. Non potevo rinunciare a tutto questo per colpa di una megera che si era messa in testa di poter fare il bello e il cattivo tempo a Hogwarts solo perché era sponsorizzata dal Ministro della Magia. E fu così che mi venne un'idea meravigliosa.
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Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corvonero, Esercito di Silente, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Unwilling Heroes chapter 3



Unwilling Heroes
Capitolo 3



«E questa è l'ultima volta che te lo dico, Lovegood. Grazie a Merlino oggi è l'ultimo giorno che quel cappello è tollerato, dopo la partita voglio vederlo sparire, è chiaro?» sbraitava Robert Hilliard contro la ragazzina. Non avevo mai adorato così tanto un Prefetto nella mia scapestrata carriera scolastica.  
«Ma adesso è diventato molto più disciplinato. Lo fa solo quando lo tocco con la bacchetta, guarda...» rispose serafica Luna Lovegood, sventolando una bacchetta di legno chiaro sopra la propria testa bionda. Un possente e realistico ruggito proveniente dal suo enorme cappello riempì la Sala Comune per l'ennesima volta.
Un altro, solo un altro e quella disturbatrice della quiete pubblica si sarebbe ritrovata il letto pieno di Polvere Pruriginosa.
Era da una settimana che stava lavorando a quel dannato cappello a forma di testa di leone, che interferiva con buona parte delle mie attività quotidiane. Non mi permetteva di studiare in Sala Comune nel pomeriggio né di dormire tranquillamente, perché ruggiva a tradimento a tutte le ore del giorno e della notte. Di fronte alle rimostranze dei Prefetti, lei aveva detto che stava cercando un modo per fargli emettere ruggiti solo a comando, ma a quanto pareva c'era riuscita soltanto il giorno prima della partita, il che aveva reso i precedenti sette giorni un inferno per tutti i residenti della Torre di Corvonero.
Devo dire che, prima di quella trovata infernale, Luna Lovegood non mi aveva mai infastidito, ma probabilmente ero una delle poche in dormitorio a pensarla così. Ok, potrei aver inventato due o tre battute su di lei e sui suoi amichetti immaginari, ma non avevo mai fatto parte del gruppetto che si divertiva a sfilarle i lacci dalle scarpe o nasconderle i libri di scuola. Alcuni, compreso Eddie, non capivano come fosse possibile che una così svampita facesse parte della Casa di Corvonero, ma io sostenevo una mia particolare posizione sull'argomento: la Lovegood non era scema, aveva solo una fervida immaginazione, proprio come me. Con la differenza che io la impiegavo per qualcosa di utile e non per farmi venire in mente di bombardare di Sonorus un pupazzo a forma di leone e mettermelo per cappello.
«Qui non è proprio corretto, Haven...» mi riportò alla realtà la voce di Eddie, accomodato accanto a me sull'amaca di velluto blu notte. Mi sporsi un po' in avanti per gettare un'occhiata al mio tema di Trasfigurazione che lui stava correggendo. Ogni volta che potevamo, io ed Eddie ci rileggevamo a vicenda i compiti prima di consegnarli: anche io avevo ricontrollato il suo, ma mi era bastato dare una scorsa veloce al suo lavoro per capire che era impeccabile, come al solito.
«Che frase?» domandai.
«Quando dici che non è possibile Detrasfigurare un oggetto di cui non si conosce l'identità originaria, sarebbe meglio aggiungere "di cui non si conosce esattamente l'identità originaria", perché per esempio non basta sapere che era un libro, dovresti anche ricordarti quale libro...» precisò il mio amico, scrutando la pergamena con sguardo critico.
«Che pignolo» osservai scherzosamente, ma grata per la rettifica. Aggiunsi la parola, agitando la bacchetta verso la Piuma Autoscrivente poggiata sulle ginocchia che tracciò da sola le lettere sul foglio. «Ma in generale come andava?» volli assicurarmi.
«Ottimo; direi una E. Sei sempre bravissima in Trasfigurazione» si complimentò Eddie con un sorriso.
Scrollai le spalle, dissimulando il compiacimento per la lode appena ricevuta dal miglior studente del sesto anno di Hogwarts. «Mi piace di più Incantesimi».
«Ancora quella tua convinzione?» ridacchiò lui.
«Non è una mia convinzione. Ce l'ha spiegato la McGranitt al primo anno» replicai, con quel tono scocciato che adottavo automaticamente ogni volta che dovevo ripetere a Eddie o Harold qualche mia opinione che avevo già spiegato. Non capivo perché non fosse chiaro anche per lui; Trasfigurazione era una materia senza dubbio più tecnica, quasi una scienza: bastava pensare a quanto fosse importante la formula matematica che ci avevano insegnato per calcolare la quantità di concentrazione rapportata al peso corporeo dell'oggetto da Trasfigurare. Lo studio di Incantesimi, invece, lasciava più spazio alla creatività del singolo mago, ed era per questo che era una delle mie materie predilette: per lo meno, Vitious non aveva mai niente da ridire su quanto teatrali fossero i miei sventolii di bacchetta.
«Okay, okay» tagliò corto Eddie accondiscendente. Arrotolò il tema e me lo restituì. «Scendiamo a colazione? A quest'ora dovrebbe essere arrivato anche Harry».
Acconsentii, seppur alzando appena gli occhi al soffitto trapuntato di stelle della Sala Comune. Sapevo che Harold sarebbe stato intrattabile, come ogni giorno che c'era una partita di Serpeverde. Onestamente non capivo come mai i Serpeverde se la prendessero tanto per il Quidditch. Nemmeno a me piaceva veder perdere la mia Casa, ma senza dubbio avevo più a cuore il fatto che quei palloni gonfiati di Grifondoro, nonostante i risultati scolastici indubbiamente inferiori, ci soffiassero da anni sotto il naso la Coppa delle Case piuttosto che un trofeo sportivo.
Purtroppo, la maggioranza degli studenti di Hogwarts la pensava diversamente.
Quando arrivammo allo stadio di Quidditch, più tardi in mattinata, non erano rimasti molti posti liberi nelle tribune, ed ero sicura che nel giro di poco anche quelli sarebbero stati occupati. Era chiaro che mezza scuola non aspettava altro che vedere le squadre di Serpeverde e Grifondoro affrontarsi in un match all'ultimo Bolide, Harold compreso.
«Vedrete, sarà una bella partita. Haven, non fare quella faccia».
«Sarà, ma due anni fa mi ero divertita decisamente di più».
Harold aveva un bel dire, ma fare casino in uno stadio di Quidditch non era esattamente la mia idea di una bella domenica. Almeno io ed Eddie eravamo riusciti a strappargli la promessa che, siccome avevamo acconsentito ad accompagnarlo solo per amicizia, non ci saremmo seduti nella curva dei Serpeverde, ma in una tribuna neutrale.
«Io sono contento di potere semplicemente sedermi e godermi la partita».
«Tu sei matto, Harry» lo rimbeccai. «Ti ricordi quanti Galeoni avevamo fatto due anni fa con quello scatolone di Frisbee Zannuti?».
La mia risposta lo zittì. Due anni prima, infatti, avevamo avuto la geniale idea di cominciare a vendere agli spettatori ogni genere di roba che potesse costituire materiale di disturbo durante la partita; per un certo periodo la nostra cassa comune aveva iniziato a riempirsi dei guadagni provenienti dai Frisbee Zannuti da lanciare ai giocatori, Pallottole Puzzole con cui bersagliare la tifoseria avversaria... Ma poi c'era stato quell'incidente dei Dissennatori che avevano interferito con una partita, i controlli intorno allo stadio si erano intensificati e avevamo dovuto smettere con quel commercio.
Trovammo posto accanto a un gruppo di Tassorosso; qualcuno di loro sfoggiava delle spille di supporto alla squadra rosso-oro, il che fece storcere un po' il naso ad Harold.
Mi sedetti sulla tribuna e subito un brivido mi attraversò la schiena: il sedere mi si era appena congelato, anche attraverso la stoffa della gonna e del mantello. Quella giornata era limpida, ma estremamente fredda; avevo già notato che l'erba del prato circostante lo stadio era cesellata da una sottile strato di ghiaccio.
«Buongiorno, studenti di Hogwarts, e benvenuti alla partita che tutti quest'anno stavamo aspettando! Grifondoro contro Serpeverde!». La familiare voce di Lee Jordan risuonò nello stadio, accompagnata dal boato del pubblico, in fermento per l'imminente inizio del match. «Ecco che le squadre fanno il loro ingresso in campo. Questa è la prima partita dei due nuovi Battitori di Serpeverde, Tiger e Goyle! A quanto pare, anche nel loro caso il Capitano Montague ha dato più importanza alla quantità piuttosto che alla qualità...»
«JORDAN!» strillò nel MagiMicrofono la professoressa McGranitt.
Risi di gusto. Mi piaceva l'ironia di Lee Jordan. A dire la verità, per un periodo mi era piaciuto Lee Jordan stesso. Quando entrambi avevamo quattordici anni, Lee era stato il mio primo ragazzo, quello del mio primo bacio; poi, così come va a finire la maggior parte delle storie adolescenziali, ci eravamo semplicemente stancati l'uno dell'altra, ma ogni volta che mi capitava di andare a vedere una partita di Quidditch non potevo fare a meno di pensare a quando quelle battute le faceva al mio orecchio, a beneficio solo mio, mentre mi circondava le spalle con le braccia.
Harold si accorse del mio sorriso. A lui, Lee non era mai piaciuto, sicuramente per quella vecchia storia di rivalità tra Case e tra tifoserie di Quidditch.
Poco dopo, il fischio di Madama Bumb sancì l'inizio della partita. Si prospettò subito come un match acceso e piuttosto violento: nonostante i due Battitori ciccioni sventolassero le mazze quasi alla cieca, riuscivano a svolgere bene la loro funzione di disturbo, facendo saettare i Bolidi in traiettorie improbabili in tutte le direzioni. I Grifondoro, che normalmente avevano un gioco più lineare, avevano un po' perso la testa di fronte all'offensiva brutale dei Serpeverde e commettevano errori su errori. Non che io fossi una grande esperta, ma gli anni di amicizia con Harold - e il Profeta Sportivo della domenica - mi avevano pur insegnato qualcosa. I giocatori ebbero tempo di scambiarsi appena i primi passaggi che dalla curva di Serpeverde iniziò a levarsi un coro, dapprima sussurrato - tanto che faticai a carpirne le parole - poi sempre più deciso.
 
Weasley è nato in un bidon
Ha la testa nel pallon
Vinceremo noi perché
Perché Weasley è il nostro re
 
Sollevai un sopracciglio, un po' infastidita, mentre il povero fratello minore dei gemelli Weasley si faceva passare l'ennesima Pluffa in mezzo alle braccia spalancate. Anche l'opinionista più clemente del Profeta Sportivo gli avrebbe affibbiato senza esitazioni l'insufficienza nelle pagelle del lunedì per quella prestazione. Mano a mano che Serpeverde accumulava punti, il coro si alzava di decibel, finché non arrivò a dominare lo stadio. Nel frattempo, Potter continuava a sorvolare il campo senza meta come instupidito.
 
COSI' NOI CANTIAM PERCHE'
PERCHE' WEASLEY E' IL NOSTRO RE
 
Un mugugno alla mia destra mi fece voltare verso Harry.
«Harold!» esclamai scandalizzata.
Stava canticchiando le parole della canzone, a tempo con il coro degli altri Serpeverde, ridacchiando allegro. Si riscosse al mio rimprovero e replicò: «Cosa c'è, Haven? È divertente!».
Gli rivolsi un'occhiata di puro disprezzo. «È bullismo. E non vedo come la sua difficile situazione economica possa incidere sul suo talento nel Quidditch, né perché dovrebbe essere oggetto di burla e ilarità».
«Oggi sei molto Grifondoro, Haven» osservò candidamente Eddie, che era stato silenzioso fino a quel momento. Ci riflettei su. Che l'epidemia Lovegood si stesse espandendo nel dormitorio delle ragazze di Corvonero? Magari ero già stata infettata, forse presto avrei cominciato a sentire il bisogno impellente di indossare accessori a forma di leone e andare in giro per la Sala Comune ruggendo in piena notte. Scossi la testa con decisione, appuntandomi mentalmente di utilizzare l'idea del leone mannaro nel prossimo aggiornamento del Diario dei Sogni: la Cooman l'avrebbe adorato.
«Non è questo. È che lo trovo meschino. Nemmeno io sarei in grado di giocare bene in queste condizioni» ribattei. «Il Boccino!» saltò su all'improvviso Eddie.
«Dai, Malfoy! Dai dai dai...» gridò Harold, alzandosi in piedi di scatto.
Successe in un attimo: entrambi i Cercarori, appiattiti sulle loro scope, si erano lanciati in picchiata verso il terreno a caccia del Boccino d'Oro. Potter lo acciuffò per primo, ma subito dopo aver alzato trionfante il pugno al cielo fu colpito a tradimento da un Bolide, dritto nella schiena.
«Dannazione!» imprecò Harry, battendosi una manata violenta sulla coscia per la frustrazione.
I tifosi di Serpeverde, dopo la sconfitta, erano ammutoliti, tanto che si sentì bene il sospiro corale della curva rosso-oro, che trattenne il fiato tutta insieme quando Potter cadde dalla scopa, fortunatamente a non più di un metro da terra. Ma si rialzò subito, senza dare l'impressione di aver subito danni, quando la sua squadra si strinse a lui per festeggiare. Anche i Serpeverde erano atterrati sul campo, e sembrava che uno scambio di battute poco amichevole fosse in corso tra Potter e Malfoy. Persi subito l'interesse, dato che ne avevo avuto abbastanza dei battibecchi di quei due l'anno precedente durante il Torneo Tremaghi. Il povero Potter aveva subito, oltre che un bombardamento mediatico esterno, anche un sabotaggio interno alla scuola, quando qualche Serpeverde creativo - probabilmente lo stesso Malfoy - si era messo a distribuire spillette inneggianti a Diggory. Non ne avevo mai avuto la conferma, ma avevo avuto il sospetto che anche Harold avesse dato una mano con lo smercio, poiché per un periodo ne aveva sfoggiata una.
Stavo quasi per alzarmi dalla gradinata e dirigermi verso il castello quando lo stadio esplose in un boato. Riportai lo sguardo sul campo, dove Potter e uno dei gemelli Weasley si erano avventati su quello che - a giudicare dalla testa biondo platino - sembrava essere Malfoy e gliele stavano dando di santa ragione.
La folla sbraitava e si agitava, i giocatori in campo urlavano e cercavano di separare i tre litiganti e qualcuno stava ancora trattenendo il secondo gemello quando Madama Bumb si decise a intervenire. Una volta che le squadre furono allontanate e gli schiamazzi nello stadio si furono placati, Harold commentò: «Bah... Una rissa alla Babbana, due contro uno... C'era da aspettarselo».
Eddie storse la bocca. «Beh, mi era sembrato che Malfoy li avesse provocati. E quella canzone era un po' di cattivo gusto...».
Harold alzò le spalle. «Sarà. Comunque, se Weasley piccolo continua a giocare così, la Coppa è nostra quest'anno! Vinceremo noi perché, perché Weasley...» iniziò a canticchiare, al che mi voltai verso di lui, livida.
«Sei proprio uno stronzo Serpeverde» sbottai, iniziando a percorrere a lunghe falcate il sentiero ghiacciato verso il castello, lasciandolo indietro.
 
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Durante il tardo pomeriggio aveva iniziato a nevicare.
Eddie aveva detto di non avere molta fame e non era sceso a cena, ma sapevo che si sarebbe rimpinzato di Zuccotti di Zucca davanti alla traduzione di Antiche Rune per il giorno dopo che non aveva ancora terminato. In sua assenza, avevo passato l'ora di cena in compagnia di Roger Davies ad ascoltare il suo commento sulla partita Grifondoro - Serpeverde. Il match, a cui aveva assistito apparentemente tutta la scuola, sembrava essere un argomento piuttosto inflazionato quella sera in Sala Grande, per cui mi ero alzata dalla panca con il sapore delizioso della torta alle noci ancora in bocca, con tutta l'intenzione di filare dritta tra le coperte a leggermi un bel libro.
Passando accanto al tavolo dei Serpeverde, mi accorsi che quel gorilla di Montague era quasi in piedi sulla sua panca e stava dando spettacolo di fronte a un nutrito gruppetto di Serpeverde.
«... E così li hanno squalificati tutti e tre! Anche l'altro gemello Weasley, "per precauzione", hanno detto!».
«Ma... a vita?» commentò un ragazzo castano dai denti sporgenti.
«Esatto. Con tanto di confisca delle scope».
Mi bloccai ad ascoltare. Avevano vietato il Quidditch a tempo indeterminato a Potter e i gemelli Weasley? Se era vero, si trattava di praticamente metà della squadra di Grifondoro. Ero certa che la Umbridge fosse invischiata in questa assurdità, perché la McGranitt non avrebbe mai potuto prendere una decisione simile da sola: mi doleva ammetterlo ma, nonostante fosse un'ottima professoressa dal punto di vista didattico, anche lei tendeva a fare un po' di favoritismi nei confronti della Casa di cui era direttrice.
«E non avete sentito la parte migliore» si intromise Draco Malfoy, sorridendo maligno. «Dilla tu» concesse, facendo un cenno in direzione di Montague.
«Malfoy non avrà nemmeno una punizione!» rise sguaiato, seguito a ruota da tutti gli ascoltatori. Una nanetta Serpeverde che aveva la faccia come se l'avesse sbattuta contro la mazza di un troll di montagna era quella che sghignazzava più forte di tutti.
Montague era un coetaneo di Harold e frequentavano più o meno le stesse lezioni. Ne avevo sentito parlare sempre negativamente: ottuso, sbruffone, e tanto ignorante da rischiare seriamente la bocciatura ai M.A.G.O.. Disgustata, stavo per sgattaiolare via quando mi sentii chiamare: «Ehi, Mitchell! Sai per caso dov'è Dingle?».
Era stato proprio Montague a rivolgermi la parola.
«Non ne ho idea, mi dispiace».
Non gli parlavo da quel pomeriggio fuori dal campo, e ancora per un po' non avevo intenzione di ricevere alcuna notizia su quell'idiota fazioso di un Serpeverde. Ma, nonostante avessi provato a tagliare corto, l'energumeno mi fece cenno di avvicinarmi.
«Comunque posso chiedere a te. Dingle mi aveva parlato di quell'artiglio di drago che vendete... C'è un test intermedio di Trasfigurazione tra due settimane, quindi mi chiedevo se...».
Le mie labbra si stiracchiarono in un sorriso falso. «Ma certo» acconsentii melliflua. «Lo vendiamo in polvere. Qualche cucchiaino nel Succo di Zucca mattutino dovrebbe bastare».
Dopo esserci accordati sulla consegna, tornai in Sala Comune, gongolando alla prospettiva di rifilargli cacca secca di Doxy sbriciolata. Quando comunicai il mio proposito a Eddie, più tardi, non sembrò né particolarmente sorpreso, né particolarmente contrario.
«Nessun problema per me. Tanto oggi anche qualcun altro mi ha chiesto dell'artiglio di drago».
«Ottimo, chi?» domandai interessata, pregustando già il dolce peso dei Galeoni nella tasca del mantello. L'artiglio di drago era una sostanza discretamente rara che vendevamo, perciò, a caro prezzo, anche se non era mai completamente raffinata - nel migliore dei casi; nel peggiore, rifilavamo agli studenti pure e semplici porcherie.
«Zacharias Smith di Tassorosso».
Cercai di ricordarmi chi fosse e visualizzare mentalmente la sua faccia. «Ah!» esclamai, quando ci fui riuscita. «Mi è sempre stato antipatico. Troppo supponente».
«Perfetto!» gioì Eddie. «Allora comincia a spulciare le tende della biblioteca in cerca di qualche nido di Doxy».
Sbuffai e lo colpii in testa con il suo dizionario delle rune, prima di augurargli la buonanotte e salire al piano di sopra per dormire.



 

Nota dell'autrice:

Questo non è un capitolo nuovo: l'avevo già scritto quasi per intero diverso tempo fa, e mai pubblicato, perché poco dopo averlo scritto era giunta la mia decisione di mettere da parte le storie per un po' per affrontare un periodo piuttosto particolare della vita vera. Poi oggi l'ho ritrovato per caso in un remoto angolo del computer e ho pensato: perché no?

Dopotutto questa è una storia particolare, a cui sono particolarmente affezionata; quindi magari aver dato una riletta a queste righe ed essermi spinta a mettere online il capitolo può essermi utile e darmi la spinta a continuare a scrivere, appena finito il periodo di fuoco degli esami :)

Spero che l'idea alla base della storia possa ancora piacere; dopo tanto tempo, sono decisamente arrugginita con la scrittura, e spero di ricevere consigli per la stesura del prossimo capitolo!

Grazie a chi passerà anche solo a dare una sbirciatina <3

Lenny

  
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