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Autore: Sognatrice_2000    07/01/2016    2 recensioni
"Non è sbagliato?" Lo sussurrai piano, mille domande arrotolate sulla lingua, mille interrogativi schiacciati sul cuore. E il mio corpo trema, forse per la paura, forse per l'emozione. O forse entrambe.
Due occhi azzurri mi fissano con dolcezza. Il mio angelo, l'altra metà della mia anima.
Un luccichio li fa scintillare nella penombra della stanza.
E con poche, sincere parole, cancella tutti i miei timori e le mie incertezze.
"Perché, esiste un modo sbagliato di amare?"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kaito Kuroba/Kaito Kid, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 3: Scaldami il cuore Appoggio la schiena alla porta, affannato, sentendomi finalmente al sicuro. In un attimo, ritrovo tutta la mia sicurezza e la mia calma. Ho deciso, lo ucciderò, quel presuntuoso che crede di avermi in pugno. In questo modo, non correrò alcun rischio, e mi riprenderò quella che potrebbe rivelarsi una prova schiacciante e che adesso è nelle sue mani. Sì, è la soluzione migliore. Dopottuto, una vittima in più o in meno ormai non fa nessuna differenza. E con questo pensiero, chiudo gli occhi più sereno. Non devo avere sentimenti, non devo avere rimorsi. Devo solo continuare ad essere lo stesso di prima. Quello che sono sempre stato. ** Sospiro stanco, incamminandomi verso casa. Oggi è stata una giornata di lavoro piuttosto intensa e faticosa, tanto che, insolitamente, ho deciso di concedermi una cenetta nella tranquillità della mia casa e di chiudere un po' prima l'agenzia. Non che sia un granchè a cucinare, lo faccio soprattutto per rilassarmi, invece di sbocconcellare in tutta fretta un panino dietro alla mia scrivania, con i fascicoli dei casi da risolvere sempre in mano. "Ehi, piccolo ladruncolo, cosa credi di fare?" Una voce adirata e altisonante mi arriva alle orecchie, e mi volto vigile e attento, cercando di capire da dove provenga. Grandioso, neanche adesso posso starmene in pace. Ma quando davanti a me, vedo un commesso tenere un bambino per il colletto, mi blocco estrerrefatto. Sospiro, decidendo di intervenire. Dopotutto è solo un bambino, avrà poco più di cinque anni, non possono arrestarlo. Se gli parlo con calma e gli spiego la situazione, sono sicuro che non lo farà più. Man mano che avanzo, quella figura assume un aspetto familiare. Capelli scuri, corti e ribelli da maschiaccio, occhi verdi intelligenti e sicuri... conosco bene quella bambina, abita sul mio stesso pianerottolo e spesso l'ho incrociata che usciva con i suoi genitori. Ha sette anni ed è molto sveglia e loquace, sia nel modo di parlare che di vestire sembra un maschio. Eppure è strano, non credevo fosse in grado di commettere un'azione del genere, anche se ho riconosco che ha un carattere estremamente vivace. "Masumi!"Agito un braccio per farmi vedere, e lei si volta a guardarmi. Sembra più rassicurata dalla mia presenza, un piccolo sorriso le illumina il volto. Meno conciliante è invece l'atteggiamento del commesso, che continua a tenerla per la collottola e mi fulmina con lo sguardo. "Lei conosce questa bambina?" "Sì, non si preoccupi, adesso ci penso io."La prendo delicatamente in braccio, e lei si aggrappa quasi al mio petto, nascondendoci il viso. "La ripago io, stia tranquillo." Estraggo velocemente il portafoglio per bloccare le sue eventuali proteste, ma appena lo apro mi do mentalmente dello sciocco. Ieri sera ho consegnato tutti i miei soldi a quel ragazzo... accidenti, e adesso? "Shinichi."Questa voce... no, non può essere... Mi volto di scatto, sorpreso, e proprio come avevo immaginato, c'è Kaito alle mie spalle, una mano nella tasca dei jeans un po' scoloriti, l'altra che mi porge un mazzo di banconote. "Tieni, il tuo denaro. Ti ho già detto che non lo volevo, no?"Mi dice, perfettamente tranquillo, ignorando il mio stupore. Lo prendo dopo un attimo di esitazione, senza dire nulla, e consegno subito all'uomo la somma che mi chiede. Sembra molto soddisfatto, perchè rientra subito nel negozio senza dire niente a Masumi. "Allora, cosa ti è saltato in mente?"La rimprovero, tuttavia senza alzare la voce, riportandola con i piedini a terra, mentre lei continua a stringere al petto il piccolo pacchetto che aveva anche prima. Non ne sono certo, ma dal tessuro fiorito mi sembra un vestito. Masumi mi guarda incerta, due grossi lacrimoni agliangoli degli occhi. Strano, questa reazione non è da lei. "Mi dici perchè l'hai fatto?"Chiedo più gentilmente, eppure le mie parole non sembrano sortire l'effetto sperato. Anzi, adesso le due lacrime sono scese a rigarle il viso, e ha iniziato a singhiozzare. "I-i miei compagni dicono che non sembro una ragazza..."Balbetta, stringendo i pugni. "E così ho pensato di dimostrargli che si sbagliavano, e sono andata a comprare un bel vestito. Ma mia mamma non mi avrebbe mai permesso di prenderlo, costava troppo, così ho cercato di portarlo via, ma il commesso mi ha visto e..."Vorrei dirle qualcosa per consolarla e per spiegarle la situazione, ma Kaito mi anticipa, inginocchiandosi alla sua altezza. Ma come, è ancora qui? "Ascoltami, Masumi."La sua voce è incredibilmente dolce e gentile, persino lei sgrana gli occhi e smette di piangere per ascoltarlo. "Sai come si chiamano questi? Sono solo pregiudizi. I tuoi compagni sono convinti che tu non sappia mostrare il tuo lato femminile, solo perchè ti piace vestire come un ragazzo. Ma tu non hai bisogno di mostrarti diversa, sei una bellissima bambina anche così. Devi solo essere te stessa, capisci?"Le posa una mano sulla guancia, e lei sembra ammutolirsi. "In quanto a ciò che hai fatto, per stavolta non è successo niente, ma sappi che d'ora in poi, se vuoi qualcosa, chiedilo con rispetto e gentilezza ai tuoi genitori, e ci penseranno loro a soddisfare la tua richiesta. Siamo intesi?" Masumi annuisce con vigore, gli occhi che adesso brillano. Sembra entusiasta e affascinata, e devo confessare che anch'io sono rimasto colpito dalla sua dolcezza e dalla bontà che ha dimostrato. Non pensavo possedesse questo lato sensibile. "Shinichi..."Masumi abbasso lo sguardo, poi lo alza di scatto. "Andrò a riportarlo al commesso e dirò alla mamma ti renderti i soldi!" Stupito, sto per dirle che non ce n'è bisogno, ma lei sta già correndo verso il negozio. All'improvviso però si ferma, tornando indietro e facendo un piccolo inchino a Kaito. "Grazie. Ma non mi hai detto chi sei. Conosci Shinichi?" Kaito annuisce prima che io possa dire qualsiasi cosa. "Sì, sono suo fratello." Certo che è bravo a inventarsi una scusa diversa ogni volta, ma Masumi è una bambina sveglia e non credo che ci sia cascata. Infatti lo squadra dubbiosa. "Dici davvero? Non vi somigliate per nulla." "Beh, c'è un po' di differenza di età."Riprende vivacemente Kaito, per nulla scoraggiato. Forse è la vita sulla strada che gli ha insegnato ad essere così disincantato e brillante, pronto ad ogni evenienza. "Quando vivevamo insieme, lui era sempre molto dolce e gentile con me. Mi aiutava con i compiti, e mi consolava quando ero triste. Era uno studente modello, sai Masumi? Tutti gli insegnanti ne erano fieri e si complimentavano spesso con lui." Ma che sta dicendo? Forse sta parlando del suo vero fratello? Mi massaggio le tempie, confuso. Così non va bene. Non è il caso che mi informi così tanto sulla sua vita, dopotutto devo ucciderlo. Che mi importa? ** "Sei un bravo detective, Shinichi."Sorpreso da quell'affermazione, fatta con tono neutro, nè ammirato nè entusiasta, tanto che pare una semplice constatazione, mi volto verso di lui, togliendomi la giacca. Sta osservando una fotografia, quella in cui sono insieme ai miei genitori da bambino, poggiata su uno scaffale della libreria della mia stanza. Lo sguardo apparentemente distratto, le braccia incrociate sul mobile e il mento poggiato su di esse. L'ho fatto salire in casa mia quasi senza accorgermene, mentre abbiamo continuato a chiacchierare di Masumi e del gesto che ha compiuto. Alla fine, per fortuna, ha resstituito il vestito, e sembrava sinceramente pentita. Devo dire che Kaito è stato bravo a calmarla e a farla ragionare. "Sai, ho letto tanti articoli su di te, ho sentito parlare molto di te in giro."Continua a parlarmi fermo in quella posizione, dandomi le spalle. "Ma solo adesso mi sono reso conto che hai un cuore generoso, al di là di tutto. L'ho capito da come ti sei comportato con quella bambina. Ti sei persino offerto di regalarle ciò che aveva rubato nonostante la conoscessi soltanto di vista, non tutti l'avrebbero fatto." Lo fisso colpito: finora, tutti avevano idealizzato la mia figura, vedendo solo ciò che i loro occhi volevano vedere, attribuendomi più meriti di quelli che avevo. Invece lui, nonostante non si sia lasciato abbagliare dalla mia immagine finta, nonostante conosca il mio terribile segreto, dice che ho un cuore generoso... com'è possibile? "Anche tu sei stato molto gentile e convincente con Masumi."Cerco di sviare l'argomento. Lui si alza in piedi e mi sorride appena, sedendosi sul mio letto. "Grazie. Sai... tu mi ricordi molto mio fratello."Aggiunge qualche secondo dopo. "Tuo fratello... quello di cui hai parlato prima a Masumi?"Chiedo, prima di riuscire a fermarmi. Mi mordo la lingua un secondo dopo. Non posso parlare con la persona che devo uccidere e informarmi sul suo passato, sono impazzito? Eppure, mio malgrado, mi ritrovo ad ascoltare quasi trattenendo il respiro, la sua risposta. "Sì."Kaito abbassa lo sguardo, e il suo sorriso diviene improvvisamente malinconico. "Era una persona straordinaria, ma, quando avevo dodici anni, è scappato di casa e da allora non ho più saputo niente di lui." Una lacrima, una sola, scivola silenziosa sulla sua guancia, mentre i capelli gli nascondono gli occhi e il suo sorriso trsite e amaro si accentua. "Ormai... non credo che lo rivedrò più." Inspiegabilmente, sento il cuore accartocciarsi nel petto. Sembra così indifeso, così vulnerabile... "Ah, scusami, forse ti sto annoiando."Improvvisamente scuote la testa, sorridendo di nuovo. "Devo ancora finire di darti i tuoi soldi. Non li ho mostrati tutti a quel commesso perchè avevo paura che si insospettisse." Dalla tasca della giacca nera di pelle, estrae un altro mucchio consistente di banconote, porgendomele sempre con un sorriso. Un idea assurda, folle, impensabile, mi passa per la mente, rapida come un lampo in un cielo d'estate. E se non lo facessi? Se... lo lasciassi vivere? Sono talmente stordito dai miei pensieri, che non mi accorgo che Kaito ha lentamente mandato il mio corpo all'indietro sul materasso, e ora mi sovrasta completamente, chino sopra di me. Sgrano gli occhi, alla vista delle banconote che volano nell'aria depositandosi poi sul pavimento. "E' la mia vendetta per come mi hai trattato ieri sera."Mi sussurra all'orecchio, dolce e beffardo. I suoi capelli mossi mi sfiorano il collo, e sono paralizzato dal suo respiro che mi accarezza la pelle. "Non hai mai pensato... che chi fa questo mestiere possa rimanere ferito? Credi che io non abbia dei sentimenti?"Completamente ipnotizzato dalla sua voce bassa e dalle sue parole, lascio che lentamente, inizi a sbottonarmi la camicia. Le sue mani si posano sul mio petto, delicatamente, e rabbrividisco. "Sai, finora sono riuscito a sopportare quello che gli altri mi facevano."Ancora quegli occhi blu che mi fissano in tutta la loro intensità. Gli occhi di un angelo ferito, smarrito nell'Inferno. Sì, questo ragazzo è un angelo, non ho più dubbi adesso. La sua anima è pura, il suo cuore è puro, non è come me. Lui non farebbe mai del male. Se continua a parlarmi con questo tono suadente, a fissarmi con questo sguardo dolce e tormentato, finirò per diventare suo prigioniero. "Ma da te..."Mi porta le mani alle guance, avvicinando i nostri visi talmente tanto che il suo respiro mi accarezza le labbra. "Solamente da te non voglio essere trattato in quel modo..."E' ultima cosa che dice, prima di regalarmi un tenero bacio, appena accennato. Ogni suo gesto, ogni sua parola mi sta lentamente distruggendo. E non riesco a fare altro che fissarlo, succube dei suoi movimenti, imbambolato, paralizzato. Kaito è come me... è un'anima perduta, dal passato difficile, un'anima smarrita che ha solo bisogno di amore. E vuole che sia proprio io a donarglielo. Sento crescere la commozione dentro di me. Di tutte le persone possibili, ha scelto proprio me, anche se conosce il mio lato oscuro, l'altra parte di me che non ho mai mostrato a nessuno in tutta la mia vita. "Tu mi hai detto che sono immondo."Prosegue lui, tenendomi sempre le mani sulle guance, mentre io lo fisso quasi smarrito, ammaliato dal movimento delle sue labbra. "E forse è vero. Ma allora per quale ragione pensi che gli uomini possano arrivare a tanto, per di condividere il piacere?" Rimango in silenzio, confuso da quel tocco caldo e dolce, e dalla sua voce bassa e sensuale che penetra nella mia mente. "Ogni uomo, passa la propria vita cercando uno spirito affine al proprio, ma poichè spesso lo trova, cerca forzatamente due corpi e due anime in una sola. Anche se è solo un'illusione, anche se si tratta di una sola notte comprata con il denaro. E' una cosa detestabile, eppure amabile allo stesso tempo." E' vero. Ogni parola che mi ha detto è incredibilmente vera. Ogni parola che è uscita dalle sue labbra si è posata sul mio cuore e ha deciso di non andarsene più. Kaito sorride, scendendo a baciarmi il collo. Al contatto delle sue labbra, così morbide e calde, sulla mia pelle, mi sembra quasi di morire. No, no... cosa sto facendo? Come mi salta in mente di desiderare questo ragazzino? Non posso, non posso assolutamente farlo, è contro ogni logica, ogni morale, contro il buonsenso... sono le sue parole, sono i suoi occhi, che mi hanno trascinato fino a questo punto. "Stai attento..."Ansimo debolmente, cercando di scostarlo dal mio corpo. "Potrei finire per ucciderti..."Non sono convinto di quello che sto dicendo, anzi, in realtà lo sto facendo solo per spaventarlo e spingerlo ad andarsene. Qualsiasi persona normale correrebbe via in tutta fretta, lasciandomi senza un attimo di esitazione. Invece Kaito, che non smette mai di meravigliarmi e di affascinarmi, continua a sorridere. "D'accordo, toglimi pure la vita..."Cosa sta dicendo? Si avvicina ancora di più, posandomi una mano sulla fronte bollente e alzando i capelli che la ricoprono. No, stammi lontano, vorrei dirgli, ma in realtà sono proprio io che ho bisogno di averlo vicino. Forse è per questo che non oppongo la minima resistenza a questa dolce carezza. "Uccidimi, per me va bene... se una volta che sarò morto, ti nutrirai del mio corpo. In questo modo, se le mie ossa diverranno il tuo sangue e la tua carne, sarò tuo per sempre. E la mia anima potrà finalmente comunicare con la tua." Ammutolito, come in trance, mi sollevo lentamente, sfiorandogli il viso, le labbra, gli occhi, fino a scendere ad accarezzare il collo, e poi le spalle. Sfioro il morbido tessuto della sua giacca, poi, ancora più lentamente, intimorito dai miei stessi gesti, gliela sfilo insieme al maglione, afferrandolo per i fianchi e tirando il suo corpo contro di me. Inizio a baciare il suo petto, piano, percorrendo i muscoli caldi e allenati con le mie labbra, come ipnotizzato, come se non sapessi io stesso di desiderarlo. Lui rimane fermo, e questo mi incoraggia ad andare avanti. Anche lui lo desidera? Anche lui mi vuole? Questo pensiero, invece di turbarmi, stranamente adesso mi rende più felice. Continuo a baciarlo, lentamente, dolcemente, senza fretta, anche se sento la passione scorrermi nelle vene così forte da farmi quasi male. Kaito mi posa una mano sulla nuca, attirandomi ancora di più contro il suo ventre. Solo allora sussulto, rendendomi conto di quello che sto facendo, e mi stacco leggermente, quasi spaventato. "Non è sbagliato?" Lo sussurro piano, mille domande arrotolate sulla lingua, mille interrogativi schiacciati sul cuore. E il mio corpo trema, forse per la paura, forse per l'emozione. O forse entrambe. Due occhi azzurri mi fissano con dolcezza. Il mio angelo, l'altra metà della mia anima. Un luccichio li fa scintillare nella penombra della stanza. E con poche, sincere parole, cancella tutti i miei timori e le mie incertezze. "Perché, esiste un modo sbagliato di amare?" Amare. Un verbo sconosciuto, almeno per me. Un assassino può amare? Eppure, guardando Kaito, questo è l'unico sentimento che provo. Non so ancora se si tratti davvero di amore, ma non voglio lasciarlo andare. Lo stringo a me con forza, quasi disperatamente, in un abbraccio possessivo. E lui fa altrettanto, come se avesse paura che potessi sfuggirgli dalle braccia da un momento all'altro. No, non fuggirò. Non più, ormai. ** Stringo il suo corpo nudo contro di me, provando una strana, devatsante sensazione, quando la sua pelle aderisce alla mia. Mi sento meravigliosamente completo, come mai prima d'ora. Abbiamo fatto l'amore, ed è stato bellissimo. Non c'è mai stato niente di violento e di brutale nei nostri gesti, anzi, ho cercato di essere il più delicato possibile. Kaito aveva diversi lividi sul corpo, non so se siano stati i suoi clienti o il suo capo a procurarglieli, ma ogni volta che ne vedevo uno, venivo assalito da una grande rabbia, e poi da un soffocante dolore. Chi era stato a ridurlo in quello stato? Se solo l'avessi trovato... "Kaito..."Sussurro il suo nome, nell'oscurità, stringendo fra le mie braccia il suo esile corpo. Nonostante l'atteggiamento lo faccia sembrare più grande dei suoi effettivi diciassette anni, è così magro, così piccolo. "Sei sveglio?" Gli bacio la spalla con dolcezza, e lui in risposta emette un lieve mugolio, voltandosi verso di me, i capelli sparsi sul cuscino in modo disordinato. "Cosa c'è?" Mi mordo un labbro, improvvisamente agitato. "Resta."Dico all'improvviso, tutto d'un fiato, e noto che i suoi occhi si sono spalancati per lo stupore. Mi imbarazza dirgli una cosa simile, ma è come se proprio non potessi fare a meno di lui. Gli prendo una mano tra le mie, stringendola con forza e baciandone il dorso. "Per favore, stanotte resta con me. Non voglio... non voglio che tu torni in quel posto orribile dove si trattano così male. Non è giusto... non lo meriti." Sto già per pensare che voglia ridermi in faccia, quando lui, inaspettatamente, mi abbraccia. "Non ci andrò, stai tranquillo." Il sollievo è così forte che vorrei quasi piangere. Ma cosa mi succede? Davvero non posso fare a meno di lui in questo modo? E se lui, invece, si fosse fatto un'altra immagine di me? Se, come gli altri, restasse deluso e orripilato dal vero me stesso? "Kaito."La mia voce è ferma, anche se fatico a staccarmi dal suo abbraccio. "Io voglio raccontarti... come sono arrivato a questo punto. Voglio renderti partecipe del mio passato. Sai, un tempo non ero così. C'è stato un tempo, un tempo lontanissimo, in cui ero davvero felice... Mio padre e mia madre erano molto innamorati l'uno dall'altra, si sposarono che avevano poco più di vent'anni, e dopo poco tempo nacqui io. La nostra era una famiglia felice e molto affiatata. Mia madre faceva l'attrice prima di sposarsi, ma subito dopo il matrimonio abbandonò la sua carriera per dedicarsi a me. Mio padre era un bravissimo detective, dall'intuito geniale, che nel tempo libero amava scrivere anche romanzi gialli. Gli ero molto legato, e grazie a lui avevo cominciato a sognare di diventare un investigatore professionista, un giorno. Ma una notte, mio padre rimase vittima di un terribile incidente stradale, e perse la vita. Da allora il mio mondo andò in frantumi. Mia madre non sapeva come fare a crescermi da sola, non avevamo abbastanza denaro, così inizio a chiamare molti uomini a casa nostra, e in cambio, ne riceveva del denaro. Avevo sette anni allora, e non capivo bene cosa stesse succedendo, ma quella cosa mi faceva ribrezzo. Inoltre notavo sempre che il volto di mia madre, dopo quegli incontri, aveva il viso più pallido e tirato, anche se si sforzava di non piangere. Non ha mai pianto davanti a me. Era una donna meravigliosa, sempre allegra e solare, ed era bellissima. Era il mio punto di riferimento, su di lei potevo sempre contare. Mi diceva sempre che mi voleva bene più di chiunque altro al mondo, e che ce l'avremmo fatta ad andare avanti, insieme. Un giorno, che ricordo come il più bello e il più brutto della mia vita, andammo al luna park. Mia madre aveva deciso di farmi un regalo perchè era il mio compleanno, anche se sapeva che questo le sarebbe costato altre notti di sofferenza. Casa nostra non era molto lontana dalle giostre, ci si arrivava tranquillamente a piedi, per cui, quando mia madre aveva detto di non sentirsi molto bene, l'avevo esortata a tornare a casa perchè non si stancasse, dicendole che sarei tornato più tardi. Ben presto però mi pentii di essere stato così egoista, e preferii sacrificare quei rari momenti di divertimento che potevo concedermi per starle vicino. Ma quando fui davanti alla porta, sentii delle urla e mi spaventai. Dalla finestra osservai tutta la scena: un uomo piuttosto giovane, che doveva avere al massimo venticinque anni, stava litigando con mia madre. Era un accompagnatore anche lui, ed era arrabbiato con mia madre perchè, secondo lui, le stava rubando tutti i clienti senza permesso. La discussione degenerò, e mia madre venne ferita con un coltello all'addome. Subito dopo il tizio scappò via, e io mi precipitai in casa, sconvolto, per tentare di aiutarla. Ma era già troppo tardi: mia madre giaceva sul pavimento, immobile, i bei capelli castani sporchi di sangue rosso vivo, i suoi occhi sempre dolci e vivaci sbarrati, fissi sul soffitto, irriconoscibili. Solo dopo aver pianto tutte le mie lacrime, riuscii a chiamare la polizia, ma il suo assassino non venne mai arrestato. Quel giorno, il mio cuore morì con lei. Non ricordo di aver mai provato nessun altro sentimento, se non un folle desiderio di vendetta. Non provai più nè dolore nè amore, da quel momento. Nessuna emozione per cui potessi essere definito umano. Perchè avevo imparato che chi ha un cuore, prima o poi finisce con il trovarselo spezzato, e io non volevo più provare quella sensazione. Crebbi con la sola idea di diventare un detective famoso, e di arrestare quel delinquente, quella sporca creatura che osava definirsi uomo. Ma non ci riuscii, e per questo iniziai ad aggredire tutti i giovani che si prostuivano e che ricordavano l'assassino di mia madre. Erano tutti uguali, con quegli occhi che sembravano biasimarmi e guardarmi con compatimento, con il cuore affogato dalla loro lordura. Non meritavano di vivere!" Senza volerlo, ho alzato la voce, colma di rabbia e dolore, mentre Kaito mi guarda in silenzio, senza dire una parola. Poi, lentamente, mi prende una mano tra le sue e mi osserva a lungo. "Chi stavi cercando di uccidere? L'assassino di tua madre? I ragazzi che si prostituivano? Oppure... te stesso?" Sento un tuffo al cuore, mentre lui mi si avvicina, baciandomi le dita una ad una, incredibilmente delicato. "E' tutto a posto, adesso non hai più bisogno di uccidere. Io ti perdono, Shinichi."La sua voce incredibilmente rassicurante fa crollare tutte le mie difese, il mio cuore sembra quasi aver smesso di battere. I miei occhi si riempiono di lacrime, mentre lui mi abbraccia e vengo investito dal suo dolce profumo, che sa di casa e di affetto. Affondo il viso nel suo collo, lasciando che le sue ciocche ribelli mi solletichino la guancia. Kaito continua a tenermi stretto, e non pare avere la minima intenzione di staccarsi. Solo adesso realizzo cosa significa. "Tu... tu non hai paura di me? Non mi guardi con occhi uguali a quegli degli altri?"Al colmo dello stupore, cerco di staccarlo da me, ma lui mi stringe più forte. Ha ascoltato ciò che non ho mai confessato a nessuno, ha ascoltato la mia storia, e invece di rimanerne sconvolto e terrorizzato, sembra soltanto commosso, e dispiaciuto per me. Possibile? "Tu sei strano... sei malato..."Riesco solo a sussurrargli, con finta aria di rimprovero. Kaito si stacca da me, accarezzandomi i capelli. "Sì, hai ragione, sono folle come te..."E senza più alcuna rimostranza o esitazione, mi getto tra le sue braccia, piangendo, sfogando tutto il dolore e i tormenti che ho nascosto per anni. Mi affido a lui, singhiozzando sul suo petto, mentre mi attira a sè accarezzandomi dolcemente i capelli. E dopo aver pianto tutte le mie lacrime, mi addormento ancora abbracciato a lui, le nostre mani strette e le dita intrecciate sul cuscino. Dopo questa notte, non ho più avuto freddo.
  
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