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Autore: ZereJoke94    08/01/2016    2 recensioni
[Henry Cavill]
Appoggiai la testa sul volante e respirai profondamente, pensando che dopo l'anno che avevo appena passato, le cose non potevano fare altro che migliorare. Non era proprio possibile che qualcosa andasse peggio.
....
....
"-Non è un caso se quasi tutti si tengono alla larga da lui- Iniziò, -In fondo lui stesso non chiede altro che essere lasciato in pace, quindi perchè non farlo?-"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 10

 
-Spero che i denti da latte siano quasi finiti eh, Jason?- Tentai di far ridere il ragazzino che mi sedeva davanti avvilito, con un cotoncino stretto un bocca e altri due in mano.
Lui tirò su col naso e abbozzò un sorriso –Magari! Non ne posso più…-
Gli scompigliai i capelli castani –Il dottor Lancaster non è poi così male-
Lui mi guardò dalla sedia su cui era seduto, davanti alla mia scrivania –Lui no, ma le sue pinze si-
Risi e concordai con lui. Dopo qualche minuto lo salutai, lo accompagnai alla porta e tornai nella mia stanzetta.
Era passata una settimana dal giorno in cui ero stata così fuori di testa da andare a parlare con Gideon; dopodiché non lo avevo più visto. Odiavo ammettere che mi mancava, perfino a me stessa.
Ma cosa mi mancava di lui? Non sapevo spiegarmelo, considerando che in quasi tutte le occasioni in cui ci eravamo parlati mi aveva trattata malissimo.
Scossi la testa e mi raddrizzai sulla sedia: “Al Diavolo”.
 
Qualche ora dopo varcai la soglia di casa, era quasi ora di pranzo e stavo morendo di fame.
-Nonna?- Chiamai lasciando cadere le chiavi della macchina sulla mensola vicino alla porta. Lei uscì dalla cucina con una strana espressione e mi fece cenno di entrare.
La guardai con un’espressione interrogativa, ma lei non disse nulla e mi lasciò passare.
Mi lasciai sfuggire un sospiro, non appena vidi Jake seduto al nostro tavolo. Un sospiro di sollievo? Un sospiro di frustrazione? Non avrei saputo definirlo bene.
Non avevo più parlato con lui dalla sera in cui avevamo “litigato”. Mi sentii un po’ in colpa per non avere neanche pensato di chiamarlo dopo quello che era successo, ma d’altra parte neanche lui mi aveva chiamata…in ogni caso lui ora era li seduto, a casa mia, con una faccia da cane bastonato che avrebbe intenerito chiunque.
-Io vado di sopra a fare alcune faccende- Ci informò la nonna. Lui annuì e la ringraziò, mentre io rimasi in silenzio sulla porta.
-Mi dispiace per l’altra sera- Mormorò alzandosi.
Io annuii ma non dissi niente. Notai però che sembrava nervoso…okay, era venuto a chiedermi scusa, ma non c’era bisogno di agitarsi così.
-Cavolo, Anna! Se ho reagito in quel modo avevo i miei buoni motivi!-
Alzai un sopracciglio –Ah si? E sarebbero? Le chiacchiere e i pettegolezzi di gente che non sa che altro fare nella vita se non demolire altra gente?-
Le parole mi erano uscite dalla bocca come veleno. Ma perché difendevo quello stronzo di Gideon in quel modo? Non sapevo un bel niente su di lui! Eppure non riuscivo a farne a meno.
-Oh mio Dio- Si appoggiò al tavolo e si premette le mani sugli occhi per qualche istante –Io…-
Aspettai che finisse la frase, ma lui scosse la testa e fece per superarmi.
-Tu cosa?!- Lo esortai bloccandogli il passaggio. Possibile che nessuno in quella maledetta città riuscisse a terminare un discorso? O una frase?
-Anna, fammi passare- Mi intimò, fissandomi dritto negli occhi.
-Sei venuto tu da me, Jake! Non esiste che tu te ne vada senza aver chiarito!- Mi sentii sfinita e disorientata.
Lui provò di nuovo a superarmi, poi, senza il minimo preavviso mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
 
Mi irrigidii automaticamente ma rimasi li, troppo sconvolta per spingerlo via o fare qualunque altra cosa. Lui premette le labbra sulle mie per qualche altro secondo, poi si allontanò e mi fissò con un’espressione indecifrabile.
-Jake, io…- Stavolta fui io a lasciare la frase in sospeso, perché fui interrotta dal suono del campanello. Mormorai qualcosa per scusarmi e mi diressi verso la porta, me percepii la sua presenza dietro di me.
Aprii la porta e rimasi a bocca aperta. Gideon era in piedi sulla soglia e mi fissava.
Non sembrò nemmeno accorgersi della presenza di Jake, pochi passi dietro di me.
-Anna, devo parlarti- Disse piano.
Per quanto riguarda me, ero così sbalordita dal fatto che lui fosse li, e turbata per ciò che era successo qualche minuto prima, che aprii la bocca per rispondere qualcosa…ma non ne uscì alcun suono.
Semplicemente me ne rimasi sulla porta a fissarlo come una stupida per qualche secondo, finchè non mi ricordai che non eravamo soli, e allora mi voltai verso Jake. Non posso descrivere l’espressione che gli lessi in faccia. Un misto tra rabbia, paura, frustrazione.
Anche Gideon sembrò notarlo solo in quel momento, ma qualunque fosse l’emozione che provò, la nascose piuttosto bene. Si limitò a guardarlo per un attimo, per poi tornare a rivolgere la sua attenzione a me.
Che diavolo dovevo fare?
 
-Ehm….entra- Mi feci da parte per lasciarlo passare, e così ci ritrovammo in tre nel piccolo corridoio che improvvisamente mi sembrava ancora più angusto.
Dovevo chiedere a Jake di andarsene? Dovevo chiedere a Gideon di passare più tardi? La testa mi scoppiava, nel tentativo di trovare una via d’uscita a quella situazione irreale.
 -Che ci fa lui qui?- Fu Jake a parlare per primo, e lo fece come se Gideon non si trovasse nella stanza con noi.
-Speravo di poter parlare con Anna, ma a quanto pare ormai sei incluso nel pacchetto, Sullivan- Gideon ridacchiò, mentre Jake non sembrava molto incline a farsi due risate.
Jake gli rivolse un’occhiata truce –No, no. Tranquillo, mi tolgo dai piedi. Anna, se vuoi parlare di qualunque cosa…il mio numero ce l’hai-
E detto questo ci lasciò da soli. Sospirai di sollievo. Un sollievo che durò solo un istante.
Sospirai e mi diressi di nuovo in cucina, senza una ragione precisa. Non capivo perché Jake dovesse comportarsi in quel modo, quando c’era Gideon.
Lui sembrò leggermi nel pensiero, perché aggiunse –Non gli va a genio l’idea che uno squilibrato come me ti ronzi intorno- Rise senza allegria.
Gideon mi ronzava intorno? “Semmai è il contrario”, pensai. E poi l’ultima volta non mi aveva detto che voleva che fossimo amici?
-Che sei venuto a fare?- Chiesi senza troppi giri di parole.
Dio, quanto era bello quell’uomo? Faticavo a non distogliere lo sguardo, ogni dannata volta che lo guardavo perché mi intimidiva, ma contemporaneamente non volevo smettere di fissarlo.
Lui esitò, sembrava non sapere cosa rispondere.
-Io...non lo so- E rise nervosamente, come se improvvisamente si fosse reso conto di quello che aveva fatto.
Fece qualche passo nella cucina, probabilmente aspettando che io dicessi qualcosa.
-Sono contenta che tu sia qui, comunque- Tanto valeva essere sincera. Meglio una verità ingombrante che un’infinità di vuote sciocchezze che sarebbero servite solo a riempire un silenzio imbarazzante.
Lui si fermò e mi fissò per un istante, allarmato.
-Meglio che me ne vada ora- E fece per uscire dalla stanza.
Spinta da non so quale forza o coraggio, fui più veloce di lui e lo afferrai per il braccio. Sentii i muscoli irrigidirsi sotto le mie dita.
Gideon si girò lentamente verso di me e sulle prime mi incenerì, mi stava intimando silenziosamente di mollare la presa e lasciarlo passare. Ma ovviamente e soprattutto volendo, sarebbe bastato un niente perché si liberasse da solo dalla mia debole stretta.
In ogni caso non lo lasciai e continuammo a batterci con il solo sguardo.
Ora sembrava che nel suo non ci fosse più alcuna minaccia, ma solo una muta implorazione. Che diamine, era venuto lui da me! Era la seconda persona che quel giorno veniva a casa mia per parlare con me e che dieci secondi dopo voleva scappare. Il problema era che non volevo che questa persona se ne andasse.
Non mi lasciai convincere da quello sguardo e rimanemmo in quella posizione, occhi negli occhi, per non so quanto tempo. Finchè lui non spostò lo sguardo sulla mia bocca.
 
Non appena i suoi occhi si posarono sulle mie labbra, queste si schiusero, senza che potessi evitarlo o in qualche modo comandare loro di rimanere serrate.
Sentii il sangue incendiarsi nelle vene e finalmente mollai il suo braccio, muovendomi di un passo indietro. Incontrai quasi subito il ripiano vicino al piano cottura e mi ci appoggiai con le mani.
Lui sembrava come ipnotizzato, e si mosse insieme a me, solo in avanti, cosicché mi ritrovai intrappolata tra il suo corpo e il marmo del ripiano. Pregai silenziosamente che la nonna non decidesse di scendere proprio in quel momento, avrei preferito morire, piuttosto che interrompere quello che stava succedendo tra noi e che avevo sognato dalla primissima volta che avevo visto quell’uomo proprio li in quelle cucina.
All’improvviso, come se fosse arrivato al limite della sopportazione, Gideon mi infilò una mano tra i capelli e mi attirò a se.
Avevo sempre pensato che baciare un uomo con la barba così lunga sarebbe stato fastidioso, o quantomeno strano…invece era eccitante.
Non appena lo sentii approfondire il bacio e la sua lingua accarezzò la mia, salii sul ripiano e mi ci sedetti, allargando le gambe per farlo avvicinare ancora di più. Lui grugnì sulle mie labbra quando, chiaramente non più in possesso delle mie facoltà, gli infilai le mani tra i capelli e glieli tirai.
Neanche sentii la nonna che apriva la porta di una qualche stanza al piano di sopra e scendeva le scale, ma lui fortunatamente si, perché tornò improvvisamente lucido e balzò indietro lasciandomi stordita e impreparata a quel distacco.
   
 
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