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Autore: Toms98    08/01/2016    0 recensioni
Quante possibilità ci sono per la popolazione umana di salvarsi dai pericoli di questo mondo? Isis, pandemie, guerre, minacce nucleari: c'è veramente qualcuno che può salvare l'umanità da tutto questo? Forse nessun uomo può farlo, ma non c'è nessun'altro? Il colonnello McRonald è stato incaricato dal governo degli Stati Uniti di ricercare uomini con capacita al limite del normale. Ne uscirà fuori un team composto da un pugile-cavia da laboratorio russo, un'apprendista ninja, un giovane con un bordone "magico", un genio con un tumore al cervello e un assassino. Ma basteranno tutti loro, guidati dal colonnello e dalla rossa Lauren, nel loro arduo compito?
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- La domanda è un’altra, signore - disse la rossa trentenne - Accetteranno di unirsi a noi? -
- Ne sono certo. All’inizio ci odieranno, odieranno il mondo, odieranno chiunque dovranno difendere. Poi capiranno che è nel loro destino, dobbiamo solo aiutarli. -
- Signore - aggiunse infine Lauren - Forse corre troppo -
- Perché? -
- Dovremmo prima fare di modo che non odino quello che sono diventati -
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chaotic'
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CAPITOLO 9- Prime della classe
Spazio aereo internazionale
<< Ragazzi, >> disse Donald dopo essere uscito dalla stanza, seguito da Maximilian, Boulevard e, a sorpresa di quasi tutti, Angie << Vi presento le nuove reclute della S.O.S. >>. Detto ciò fece avanzare le due ragazze, acclamate da tutta la squadra riunita, eccetto Shawn che stava pilotando. Sommerse dal mare di abbracci, le due neanche riuscivano a parlare. Fra tutte le pacche sulle spalle, Angelique intravide l’unica persona che non era in quella calca. Lo sguardo fisso su di lei, sui suoi occhi. Come se potesse parlare più di mille parole. Marco era lì appoggiato alla parete. Poco a poco il gruppo si diradò, chi andando a festeggiare, chi tornando alla cabina di comando, chi portando moduli. Ma lui era sempre lì. Angelique decise che era giunto il momento di confrontarsi.
Si avvicinò a lui, ma non appena si trovò di fronte al ragazzo, questi se ne andò senza parlare. Si limitò ad un breve sbuffo. Lei lo seguì, e lui sapeva che lo avrebbe fatto. << Pensi di seguirmi per molto? >> chiese lui, senza voltarsi, di fronte alla porta della sua stanza.
<< Volevo vedere dove mi portavi >> rispose lei.
<< Di questo passo, sul patibolo >> disse Marco, poi aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma si trattenne.
<< Fa male! Intendo, tenersi dentro le emozioni. Sono una lama, possono anche ucciderti. >>
<< Una lama può tagliare su tutti e due i lati. Esprimere quello che sento o non farlo determina chi deve soffrire. >>
<< Smettila di fare il filosofo, non ti si addice >> aggiunse lei, appoggiandosi al muro.
<< E cosa mi si addice allora?! >> esclamò lui, voltandosi rabbioso verso di lei << Sapere che se morirai sarà solo colpa mia? Tu non saresti qui se non fosse per me! Qui, a rischiare la vita contro un nemico che non conosciamo e che ha dimostrato di poterci uccidere quando vuole, anche ora. Qui, a sperare ogni secondo che non sia l’ultimo, a sperare che ci sia sempre una via di scampo. Hai ragione, fare il filosofo non mi si addice. Sono molto meglio come assassino! >>
Detto ciò, entrò nella sua camera, provando a chiudere dietro di sé la porta. Il piede della ragazza glielo impedì. Si appoggiò con la spalla allo stipite, incrociò le braccia e lo fissò. Dopo un po’ appoggiò anche la testa allo stipite e disse: << Ti ricordi cosa mi hai detto quando ci siamo incontrati la prima volta? >>
<< Senti non provare a pensare che questo... >> rispose lui, ma fu interrotto dalla dolce voce della ragazza.
<< Tu rispondi e basta! >>
<< Mh, se non ricordo male dissi “Ehi, bella serata vero?” >>
<< E io cosa ho risposto? >>
<< “Già, non potrebbe andare meglio!” mi sembra >>
<< Mi sbagliavo. Fu la serata più bella della mia vita e il meglio venne dopo. >>
<< Se è un complimento alle mie performance ti ringrazio, ma non sono in vena di fare commenti egocentrici. >>
<< Non intendo quello... o almeno non del tutto, ma non importa. Quella sera, io incontrai l’unica persona che in grado di essere gentile con me dopo tanti anni. E se quello che tu chiami Caos esiste veramente, quell’insieme confusionario di cause ed effetti, allora gli devo la vita. E se la può prendere quando vuole, io sono soddisfatta. >>
Marco la guardò per un po’ poi abbassò lo sguardo e commentò: << Io no! >>
<< Allora ti farò un ultima domanda. Quando ci siamo rincontrati a casa mia, io vestita da principessa e tu da Loki, quando ci siamo puntati contro le nostre armi, perché non mi hai colpita? >>
<< Perché? Beh, avrei comunque subito il tuo colpo e non sarei riuscito a fermarlo. E poi mi servivi di più viva che morta! >>
<< Stai cercando scuse. >>
<< Non è vero! >>
<< Dimostralo! >> disse lei. Poi, vedendo che lui non sapeva cosa dire fece per andarsene. Lui la fermò per un braccio, poi rispose: << Hai ragione, mentivo. Non ti ho ucciso perché pensavo a come ti avevo conosciuta. Perché pensavo fosse impossibile che la ragazza in discoteca fosse una spia e un’assassina. Perché non ne avevo il coraggio e sì, perché ti amavo, così come ti amo ora. E sì, esiste quel Caos, quell’insieme confusionario di cause ed effetti, ed è quello che le persone ringraziano quando la vita va male o maledicono quando va bene. Per me, è quel Dio a cui ci si rivolge quando si è nei momenti più brutti e che si ringrazia quando si è in quelli più splendenti. Quello di fronte al quale ci si giura amore eterno. Ora, può succedere che quello che ci sembra eterno poi non si riveli tale. Ma sono certo che non è questo caso. Quindi, di fronte al Caos, tu, Angelique de la Croix, mi giuri eterno amore, finché ci sarà concesso? >> detto ciò, le prese delicatamente la mano, poi avvicinò delicatamente le proprie labbra alle sue.
Explosion 711
<< Agente Boulevard. >> disse Donald davanti al buffet improvvisato da Lauren e Alfred. Lui scambiò con lei uno sguardo enigmatico, che lui contraccambiò con un cenno della testa. La ragazza sembrò rassicurata. << Devo ammettere che questo pranzo non è male >> disse afferrando una tartina e mangiandola. Lauren sorrise, poi sorseggiò un bicchiere di acqua e disse: << Quindi, abbiamo notizie su Lord WarFighter? >>
<< A parte che gli manca originalità nel nome? >> chiese ironico Maximilian, con in mano una tazza di caffè << Per ora niente! Ma stiamo cercando di risalire alla ditta che produce quei componenti. >>
Per ingannare l’attesa, La Rossa si avvicinò a Shawn, che stava giocherellando con un fucile vicino al frigobar. Si mise a sedere sul piccolo elettrodomestico, dondolando i piedi, e cominciò a chiacchierare con il ragazzo: << Come va? >>
<< Hai presente quella vocina insistente che ogni tanto ti rimbomba in testa? >> chiese noncurante della domanda.
<< Sì, perché? >> rispose tranquilla la ragazza.
<< La mia ha anche un nome! >> esclamò lui.
<< E dice qualcosa? >>
<< Parla del più e del meno. >>
<< E di me? Cosa dice? >> chiese infine lei.
“Che dovresti smetterla di flirtare, tanto lui non l’ha capito” disse Aracnus, rimasto silenzioso fino a quel momento.
“Non ci sta provando con me!” ribatté lui “forse...”
<> continuò lei << Le piaccio? >>
<< Preferisce identificarsi come un maschio. >> disse lui, “Ma comunque sì” suggerì di continuare lui.
<< Ma... comunque sì. Dice che gli piaci. >> concluse Shawn.
Lauren calcolò precisamente ogni sua mossa da quel momento. Scostò una ciocca di capelli che copriva parte del suo viso e abbassò di un ottava la voce per poi chiedergli soavemente: << E a te? >>.
“Lascia fare me! Di esattamente quello che ti dico.” ordinò mentalmente Aracnus.
<< In che senso? >> chiese il ragazzo ridendo dolcemente sotto consiglio del demone.
<< Ti piaccio? >> chiese lei ancora più suadente.
“Alt! Ora non possiamo più fingere che non stia filtrando con noi, ma neanche possiamo arrenderci così.” lo fermò prima di poter dire qualsiasi cosa il demone.
“Quindi?! Che si fa?!” pensò il ragazzo.
“Atarassia! Epoché! Sospensione del giudizio! Non far trasparire una risposta accettabile! Resta sul vago! Non rispondere! Non accennare a nessun momento bello passato con lei, non parlare di come ti senti con lei e soprattutto non rispondere!”
<< Beh... è difficile esprimere un parere su di te. Sei una ragazza così piena di sfaccettature, non tutte positive. Quindi, si può dire che nel complesso tu sia una ragazza interessante, e decisamente un ottimo membro di questa squadra. >>
<< Oh... >> disse la ragazza, spiazzata dalla sua risposta << Solo questo? >>
Shawn stava per rispondere, ma fu interrotto da Alfred che annunciò a tutti di avere importanti novità sulla posizione del criminale. Lauren balzò giù dal frigobar e corse verso l’uomo, seguita da Shawn. “Sicuro che abbiamo fatto la mossa giusta?” chiese lui al demone. “E che ne so?! Voi umani siete così complessi e complessati! Da dove vengo io, se si vuole far colpo su una ragazza si fa esplodere una stella in suo onore.” rispose discolpandosi Aracnus. “Ti odio!” disse il ragazzo mentre si riuniva a Marco ed Angie.
<< Da quello che ho scoperto, il cip aveva un sistema di localizzazione che in caso di problemi lo avrebbe riportato alla fabbrica base. Ho triangolato il segnale, è stato oscurato ma sono riuscito a forzare la copertura. Si trova in Islanda, poco lontano da Reykjavik. >> comunicò Alfred.
<< Chi costruirebbe una fabbrica in Islanda?! >> esclamò Marco.
<< Qualcuno che ha degli affari loschi da nascondere. >> disse Jeshi.
<< Per l’esattezza, si tratta della New World Technology Inc., azienda che guarda caso è fra le principali finanziatrici della nostra squadra. >> continuò Alfred. << Quindi è da escludere che questa missione sia approvata dal governo. Quindi dobbiamo essere veloci e silenziosi. >>
<< Non credo che serva spiegarvi quanto sia fondamentale la riuscita di tutto ciò. >> disse Donald prendendo il centro della scena << Se falliamo, sarà probabilmente la fine della squadra, e di tutti noi. Quindi oggi o moriamo o vinciamo. Date tutte le vostre forze per affrontare qualsiasi cosa dovremo affrontare. Buona fortuna! >>
Industrie “New World Technology Inc.”, Islanda
<< Come ci muoviamo, Magic? >> chiese Boulevard, mentre caricava le armi. Marco pensò per un po’, poi cominciò ad impartire ruoli. << Ci dividiamo in due squadre. Io, Babelfish, Don, Boulevard e Ang... Red Rose cercheremo dove si trova Lord WarFighter; Bonesbreaker, La Rossa, Shadowhunter, Prof e Frankenstein invece agirete come diversivo per eventuali guardie. Tutti pronti? >>
A risposta affermativa, i gruppi si separarono ed andarono ciascuno nell’area di azione prestabilita. Il gruppo guidato da Marco si diresse verso una piccola insenatura nella rete che contornava il campo su cui sorgeva la fabbrica, un immenso edificio che somigliava in niente ad un industria, se non per qualche ciminiera, e in tutto ad una reggia monumentale, dal gusto chiaramente barocco. All’entrata svettava su un palo dipinto malamente in striature nere e bianche l’enorme simbolo della compagnia, una fusione delle due maschere teatrali in un’unica faccia, la metà triste di color nero e la metà felice bianca. La prima cosa che ricordò a Jeshi fu il Taijitu [*], la seconda fu la loro missione.
Il gruppo si accorse subito dell’enorme quantità di guardie armate che controllavano la zona. << Sono isolati dal mondo, si occupano di sviluppo tecnologico e nessuno li conosce. Perché tutta questa sorveglianza? Cos’ha da nascondere? >> chiese Marco, analizzando la scena da dietro una cassa.
<< Probabilmente >> disse Alfred alla ricetrasmittente << Vuole farci capire che non scherza. O forse deve nascondere la produzione di... qualsiasi cosa stia producendo. >>
<< Non siamo ancora riusciti a risalire a cosa serva quel pezzo di hardware? >> chiese Don.
<< No, ma il computer sta continuando ad analizzare i file. A breve sapremo a cosa sta lavorando. >>
<< A meno che noi non siamo abbastanza veloci da farcelo dire da lui >> disse Angie, sorridendo non appena notò che Marco la guardava.
<< Pronti alla festa? >> chiese Lauren, e a risposta affermativa dall’altra parte, fece un cenno a Shawn, che sfondò con un pugno la gigantesca porta principale. L’altro gruppo, non appena sentì gli spari dei fucili e le prime grida di dolore delle povere guardie che avevano incontrato la furia del demone, si addentrò sempre di più verso quello che sembrava l’ufficio principale, sicuri di trovarvi il Lord.
Solo Boulevard tentennava ad ogni passo, poi quando furono abbastanza vicini fece fermare il gruppo. << Le guardie si sono tutte addensate sull’altro gruppo! >> disse preoccupata.
<< Oh, fidati, se la sanno cavare anche da soli. Ora andiamo >> disse Marco, voltandosi per ripartire.
<< Non capisci proprio. Quale stupido lascerebbe completamente indifesa la fabbrica spostando le truppe ad attaccare un gruppo di cinque persone quando ha uomini sufficienti per fare entrambe le cose ed avere comunque delle guardie in riposo? >>
<< Tutti gli uomini commettono degli errori, lui non è certo escluso >> osservò Marco.
<< Un errore così stupido?! Ho paura che siamo finiti in una trappola. >>
<< Cosa te lo fa pensare? Dai, sono solo supposizioni senza senso. >>
<< Ehi Magic, qui Prof. Il computer sta quasi finendo di caricare i dati. >>
<< Perfetto! Avvisaci in tempo reale! >> disse Marco. Un rumore lo costrinse a puntare lo sguardo, assieme ai compagni, verso il tetto di quella che appariva come una torre centrale della “reggia”.
<< Okay, ho ricevuto le informazioni >> gracchiò la voce di Alfred attraverso la ricetrasmittente << il software è programmato per fare in modo che ad un determinato comando corrisponda una risposta da parte di alcune componenti fisiche. Ma non è un rapporto uno a uno, è più della serie “io ti dico cosa devi fare, tu sfrutti quello che ti ho dato per farlo”. Oddio, è un’ottima intelligenza artificiale, perfetta in tutti i suoi dettagli. Cazzo, questo significa... >>
<< Droni... >> disse titubante Marco.
<< Esatto! Come fai a saperlo, hai studiato robotica? >>
<< No, semplicemente riesco a vederli con i miei occhi! >> disse Marco, osservando tre enormi piovre metalliche uscire volando dal tetto. Non appena si accorse che due di quelle puntavano a loro, gridò ai suoi compagni di mettersi al riparo. Inutilmente, dal momento che di istinto lo avevano già fatto tutti.
Non appena furono abbastanza vicine, e non appena Marco notò che erano anche leggermente più piccole di quanto aveva pensato, le “piovre” allungarono i loro tentacoli, lunghi quanto un braccio, e cominciarono a sparare proiettili al ritmo di mitragliatrice.
Marco si riparò sempre di più, notando che i droni sparavano esattamente alle loro posizioni. Appuntò mentalmente la probabilità che disponessero di visori termici. << Don, cosa cazzo è quello?! >> chiese la voce di Maximilian.
<< Perché cazzo pensi che io lo sappia?! >>
<< Perché io non lo so! Shawn lo sta affrontando, ma sembra indistruttibile! >>
<< Ma bene! Vuoi darmi qualche altra buona notizia?! >>
<< Smettila di essere sarcastico! Non è il momento! >>
Don voleva controbattere, ma una delle piovre distrusse la cassa dietro la quale era nascosto. In un lampo di riflesso, il colonnello sparò un colpo dritto in quella che lui riteneva fosse la telecamera centrale. Il colpo fece andare in corto il sistema del robot, che cominciò a perdere quota fino ad atterrare vicino a lui. Senza preoccuparsi troppo, cominciò a correre per proteggersi dall’altro drone.
Questo sparò un colpo anche al suo “collega” caduto, ma appena il colpo toccò la superficie del corpo metallico il proiettile svelò un altro drone, più propriamente un microbot, che si mise a riparare i danni del precedente.
Sebbene nel giro di pochi minuti la “piovra” era tornata operativa, Marco aveva visto in quella mossa del suo capo l’unica mossa fino ad ora efficace. << Mirate all’occhio! >> gridò ai propri compagni, per poi comunicarlo anche alla trasmittente.
Lo scontro a fuoco fu arduo. Da una parte Shawn e la sua squadra dovevano gestire sia il drone, con il compito di ucciderli, sia le guardie, con l’obiettivo di sparare sedativi appena Shawn avesse fatto capolino per sparare al drone. D’altro canto, Marco e gli altri erano impegnati con due droni che potevano guarirsi l’un l’altro. Nessuno dei due gruppi era, in quel momento, in grado di affrontare il proprio ostacolo.
<< Marco >> disse Angie da dietro le sue spalle << forse dovremmo... >>
<< Dovremmo cosa? >> chiese il ragazzo dopo che lei si fu interrotta.
<< Niente... solo un’idea stupida. >>
<< Parla! >>
<< E se tu fermassi i loro proiettili? >>
<< Anche se ci riuscissi, non reggerei abbastanza. A giudicare dai colpi sparati, hanno un’infinità di munizioni, e non possiamo sparare dall’altra parte del muro. >>
<< Infatti... >> disse lei malinconica << Ma potremo comunque sfruttarlo per attuare un piano di diversivo. >>
Poi indicò una jeep poco distante. Marco capì al volo quello che voleva fare. Separarli. Separando i due droni, non si sarebbero potuti curare, quindi avrebbero battuto entrambi per poi addentrarsi nella fortezza, sempre che non ce ne fossero altri.
Marco comunicò al resto della S.O.S. il suo piano, poi passò ad attuarlo. Rallentò l’aria fra loro e i robot di        quel minimo che bastava per impedire ai proiettili di essere pericolosi. Purtroppo per lui, i droni, vedendo come questo muro impedisse loro di colpire i propri obiettivi, si innalzarono fino a scavalcarlo.
Furbamente, e scoprendo solo allora di poterlo fare, Marco piegò il muro, in modo da creare una cupola che copriva sia lui sia i suoi compagni. << Muovetevi! >> esclamò, mentre il resto del gruppo provava a far ripartire l’auto.
Ormai era una lotta contro il tempo. Se per il gruppo di Shadowhunter questo stallo stava avendo esiti positivi, per gli altri era una variabile fondamentale per la loro sopravvivenza.
Marco reggeva a stento l’attacco dei droni, nonostante la barriera resistesse ancora con forza agli attacchi. << Angie! >> disse lui, richiamando l’attenzione della ragazza, che si avvicinò. << Non riesco più a tenerli! >> disse, non appena le fu vicino. La pace che la barriera d’aria creava al suo interno rendeva il tutto più paradossale e silenzioso, sicché non avevano bisogno di urlare.
<< Quanto tempo abbiamo ancora? >> disse lei, osservando i mostri metallici.
<< Troppo poco. Angie, io... >> rispose lui.
<< Non pensarci nemmeno! >> lo interruppe lei, quasi leggendogli nel pensiero.
<< Non resisterò ancora a lungo. Angie, mettetevi al riparo. Fra un po’ farò cadere la cupola e poi proverò a colpirli. >>
<< Con che forze? Ormai neanche ti reggi più in piedi! >>
<< Ora stai esagerando! >>
<< No, e lo sai benissimo! >>
Il silenzio successivo fu la conferma dell’inevitabile. Solo un miracolo avrebbe potuto salvare il destino del ragazzo, ma era abbastanza difficile che Dio, sempre se ci fosse stato, lo avrebbe aiutato dopo tutto il sangue che aveva versato. Angie pensò in quel momento a tutto quello che le aveva raccontato. Di quel bastone, di tutte le missioni che lei non aveva visto. Il suo cervello si soffermò su un piccolo ricordo.
Era lui, che le raccontava uno strano aneddoto. A quanto pare, fare sesso con lei aveva dato energia al bastone per modificare la propria struttura chimica, facendolo diventare quello che ora vedeva.
Un lampo di genio passò nella testa della ragazza. Non potevano certo farlo adesso, ma qualcosa poteva ancora salvarlo.
<< Marco... >> disse lei, titubante fuori ma sicura dentro. Sicura che avrebbe salvato il suo ragazzo.
<< Ti ho detto di scappare! >> le urlò in faccia disperato, ma lei di tutta risposta lo baciò appassionatamente, come aveva già fatto altre volte in altre occasioni.
In un qualche arcano modo, il bastone assorbì l’energia del suo gesto e rafforzò la barriera ancora più di quanto fosse stata prima. Soddisfatta del proprio lavoro, la ragazza lasciò le labbra del ragazzo e guardò i droni.
<< Da quando i proiettili rimbalzano contro la calotta? >> chiese sarcastica e indicando le due “piovre”. Marco si voltò in tempo per vederle mentre valutavano nel loro processore interno come uscire da quella situazione.
La loro scelta fu quella di smettere di sparare ed aspettare la caduta di quel muro invalicabile. Due minuti dopo, un unico suono diverso dalle loro voci ruppe il religioso silenzio della cupola protettiva. Un sonoro ma calmo rombo di motore, proveniente dal cofano della jeep.
<< Oh, grazie a Dio! >> si sfogò Don.
<< Chiamami pure Boulevard. >> disse la donna strisciando fuori da sotto la macchina e balzando al volante. << Io sono pronta a partire! >> aggiunse rivolta a Marco.
Lentamente il ragazzo si spostò verso un punto protetto dove ripararsi, mentre la ragazza aspettava solo il momento per partire sgasando.
Angelique corse verso l’amica per salire anche lei, ma fu fermata da Marco.
<< Dove pensi di andare?! >> chiese lui.
<< Assieme a lei! Non penserai di lasciarla da sola, vero? >> rispose lei.
Marco sembrava paralizzato mentre prendeva una decisione. Alla fine le lasciò il braccio, vinto più dal sorriso della propria ragazza che dai ragionamenti della propria mente. Lei corse, balzò al posto del passeggero e caricò le due pistole. << Non preoccuparti! Tornerò tutta intera! >>
Marco attese altri dieci secondi prima di far cadere la cupola. I droni ripresero a sparare, mentre le ragazze partivano verso un punto indeterminato della recinzione. Marco le vide sparire dietro la collinetta.
Poi il disastro cominciò. Uno dei droni fece per inseguire le due, ma si bloccò di colpo, per poi tornare a sparare al gruppo. Marco vide la scena e si morse il labbro.
<< Non vi segue! >> disse Marco alla ricetrasmittente segreta che avevano fra i due.
<< Me ne sono accorta! Merda, come facciamo adesso? >> rispose lei.
<< Voi continuate la missione, noi faremo da diversivo. Non è meglio di quello che avevamo pensato? >>
<< Certo, se non ci attaccano prima! >>
<< Potrebbe esserci un altro drone pronto a colpirvi, stai attenta. >> riuscì appena a finire la frase che uno sparo colpì in modo talmente violento l’angolo dietro il quale era nascosto che lui sobbalzò e perse il controllo della trasmittente, che cadde poco più lontano.
Marco imprecò tra i denti e impiegò una decina di minuti per recuperare l’apparecchio. Quando lo prese, fece appena in tempo per sentire la fine della frase di Boulevard. << ... non ci sono possibilità di riuscita. >>
<< Riuscita in cosa? >> chiese Marco.
<< Emh, niente, stavamo valutando come muoverci. >> rispose frettolosa la sua ragazza.
<< Sì, e io sto passando un ottimo periodo di vacanze! Sii sincera. >>
Un attimo, che per entrambi durò un secolo, passò silenziosamente prima che lei parlasse.
<< Marco. >> iniziò lei << Ci sono momenti in cui pensi alla vita e ti chiedi: “se dovessi morire domani, potrei dire di aver vissuto veramente? Quale sarebbe il mio ultimo rimpianto? Di cosa potrei andare fiero?”. Sai, c’è un mito degli antichi egizi che dice che i faraoni venivano accolti nell’aldilà da Osiride, il quale strappava loro il cuore e lo metteva su una bilancia a due braccia. Sull’altra metteva una piuma, e se il cuore era appesantito dagli errori che avevi commesso, veniva dato in pasto ad un mostro. Marco, io ho commesso un’infinità di errori, ma sono certa che se un giorno mi ritroverò faccia a faccia con Osiride, gli rinfaccerò orgogliosamente tutti i miei errori, e fidati che mi strapperò da sola quel cazzo di cuore. >>
<< Okay, e questo cosa mi sta a significare? >>
<< Devi farmi una promessa. Promettimi che la vita continuerà, promettimi che tutto andrà come se oggi non fosse mai esistito. Promettimelo, okay? >>
<< Ma che diavolo... >>
<< Tu promettilo e basta! >>
<< Te lo prometto! >> disse lui << Ora mi spieghi che cazzo significa? >>
<< Sai qual è la cosa più terribile? >> chiese lei, disinteressandosi completamente di rispondergli << Che la nostra storia è iniziata con una bugia ed è finita con una bugia. Dio, non voglio che succeda questo, Marco. Lascia che le mie ultime parole non siano false, non siano bugiarde, non siano menzogne. Voglio che le mie ultime parole siano la più pura verità della mia anima. E mi dispiace, per tutte le cazzate che ti ho raccontato, mi dispiace per averti mentito così. >>
La ragazza fece un forte respiro mentre Jeshi additò un punto nel cielo. << Marco >> sussurrò la ragazza. << Marco >> gridò allarmata Jeshi, puntando il dito verso una piccola macchia grigia che correva nel cielo. Ma il ragazzo non la ascoltò. Aveva orecchie solo per la sua Angie.
<< Ti amo! >> disse lei. Poi il suono di un enorme esplosione. Poi il silenzio.
E’ buffo come funzioni il corpo umano. In particolare il nostro cuore. E’ in grado di passare da momenti di velocità inaudita, pompando adrenalina in tutto il corpo, a momenti in cui quasi non batte neanche. Tutti, e dico tutti, abbiamo almeno una volta provato queste sensazioni. Ma in pochi possono vantare questo privilegio, se tale si può considerare, di essere passati istantaneamente da una all’altra.
Marco era uno di quelli. La paura, la benzina più potente per la macchina umana, lo aveva attanagliato durante tutta la conversazione con la ragazza, arrivando al massimo del climax con quelle due parole, che ora, col senno di poi, erano dei pugnali, delle spade nel debole cuore di Marco. Quando il suo cervello aveva connesso quello che era successo, l’istinto lo aveva portato ad esporsi per vedere la scena. I droni non lo colpirono, anzi, sembrava che facessero di tutto perché lui potesse ben vedere quello che era successo.
Solo ora, nella sua testa, davanti alla nuvola di fumo densissimo che si levava laggiù, si mettevano a posto tutti i pezzi del puzzle. Le parole di Angie, un addio che non avrebbe potuto riascoltare. Quei piccoli istanti di silenzio, gli istanti in cui la sua ragazza era sull’orlo di piangere. Quella macchia argentea nel cielo, un missile, presumibilmente ad inseguimento termico.
Fu lì che i battiti di Marco crollarono letteralmente. Senza più abbastanza sangue, il ragazzo cadde sulle ginocchia. Piano piano, tutti i rumori sparirono, sia gli spari, sia la ricetrasmittente che gli comunicava che gli altri erano andati in ritirata. Solo quelle parole e il suono successivo risuonavano nella mente del ragazzo.
La sua faccia era più marmorea di una statua greca, e portava le stesse emozioni. Malinconia. Tristezza. Dolore. Per qualcuno che ha perso qualcosa di più importante della guerra. Più importante della patria. Più importante della vita. Nemmeno i grandi maestri della tragedia greca, Eschilo, Sofocle e Euripide, sarebbero stati in grado di spigare con i loro versi quello che provava il cuore di Marco.
I droni non lo consideravano, impegnati a sparare agli altri. La prima che non resse la situazione fu Lauren, che di istinto scappò verso l’uscita e la libertà. Incredibilmente, né le guardie né il loro drone mirarono alla ragazza, e fecero la stessa cosa con Shawn, il quale istintivamente era corso dietro a lei per proteggerla.
<< Ci lasciano fuggire! >> gridò Maximilian alla ricetrasmittente, mentre il resto della squadra si apprestava a tornare all’Explosion 711. Erano ormai rimasti solo Jeshi e Marco, il ragazzo ancora in preda allo shock. I droni avevano smesso di sparare, e ora li osservavano, o così sembrava, dai loro vitrei occhi bionici.
Poi, come delle colombe quando arriva il falco, scapparono non appena il jet atterrò vicino ai due ragazzi. Più e più volte la giapponese lo scossò per farlo alzare, ma alla fine furono costretti a portarlo sull’aereo di peso, senza che lui avesse mai scostato lo sguardo dalla scena.
Explosion 711
Bonesbreaker aveva fatto atterrare il jet poco lontano da Reykjavik. Era quella l’unica cosa che aveva capito Marco. Non ricordava molto, aveva un buco riguardo quello che era successo dopo, beh, l’esplosione. Quando il suo cervello riuscì a riattivarsi vide quello che a prima vista sembrava un quadro.
Da destra a sinistra, il Caos pittore aveva messo tutte le emozioni legate alla tristezza. La rabbia di Donald, che a forza di calci e pugni aveva deformato la porta del minifrigo; la rassegnazione di Maximilian, che sorseggiava con la testa china una tazza di caffè ormai fredda; il negazionismo continuo di Alfred, che controllava con una piccola telecamera se, per puro caso, qualcuno si fosse salvato dal missile; il dolore più puro di Lauren, che piangeva come un fiume in piena; la frustrazione di Shawn, che la teneva abbracciata con forza; lo sconforto di Igor, forse una delle uniche emozioni che aveva mai provato; e infine la mortificazione di Jeshi, che era rimasta al fianco del ragazzo, con una tazza di tè e una mano sulla sua spalla.
E Marco conosceva tutte quelle emozioni, solo che ne portava una in più. Forse anche gli altri la provavano, ma lui era sicuramente quello che la sentiva più sua. Era il senso di colpa. Quel verme intestino che ti porta a sentire colpevole di qualsiasi cosa.
<< Se solo avessi insistito... >> sussurrò lui.
<< Sarebbe successo lo stesso. Anzi, probabilmente, saresti morto anche tu. >> disse cercando di rassicurarlo Jeshi.
<< Forse sarebbe stato meglio. >> disse lui alzandosi, senza evitare però di lasciare uno sguardo pieno di dolore alla ragazza. Dolore, ma anche rabbia. Una vendetta intestina che cresceva sempre di più nel suo corpo.
Dopo qualche ora, quando le emozioni scemarono e la ragione riprese il sopravvento, qualcuno propose di fare una veglia funebre per le due ragazze.
Fu scelto Don per fare il discorso funebre. L’uomo si avvicinò al centro del semicerchio formato dalla S.O.S., fra i due monitor che riportavano due foto delle ragazze.
<< Oggi siamo qui, perché quello che abbiamo combattuto fino ad ora ha vinto. Oggi siamo qui per ricordare... >> si interruppe. Le emozioni gli fermarono la gola. Riuscì a scioglierla solo quando Maximilian, in piedi dietro di lui, gli appoggiò una mano sulla spalla e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Poi tornò al suo posto, solo un passo più avanti rispetto a prima, più vicino al suo amico.
<< Oggi siamo qui per ricordare Angelique e Anastacia, meglio conosciuta come Boulevard, che hanno sacrificato la loro vita al servizio del mondo intero. Due ragazze che non hanno mai avuto paura del rischio che stavano correndo, anche quando quel rischio è costato loro la vita. Di Angie, la storia la sapete tutti. Da piccola ha visto morire la propria madre uccisa dal padre, e nemmeno il tempo di piangerla che è dovuta diventare una spia per quello stesso mostro che le aveva portato sofferenza. E nonostante ciò ha continuato finché non ha avuto l’occasione per vendicarsi. Ha rischiato la sua vita per uccidere suo padre, e poi non contenta è tornata per proteggere l’unico uomo della sua vita. Nessuno glielo aveva mai chiesto, ma lei lo voleva, e quando voleva una cosa nessuno poteva fermarla. Per quanto riguarda Anastacia, tutti sappiamo quello che è successo quando era una terrorista. >> si fermò un attimo, solo per sentire dietro di sé il suo migliore amico che lo invogliava ad proseguire. << Voglio raccontarvi di una cosa che fino ad ora conoscevamo solo in quattro, io, Max e, beh, loro due. Voglio raccontarvi del momento più buio della sua vita. Quello in cui decise che avrebbe affrontato il governo russo e i suoi piani. Il girono in cui il governo venne a prendere suo fratello, ritenendolo idoneo per una serie di esperimenti volti a renderlo più forte di un uomo normale. Gli cancellarono la memoria e lo trasformarono in un mostro, con il cattivo gusto di cambiargli nome, ma non il cognome, e di farlo apparire su tutte le televisioni locali. Fu allora che lei si unì alla Human Gene decisa ad affrontare questa organizzazione. Voglio essere onesto con voi. Ci sono già stati troppi segreti e troppi giri di parole. >>
Altra pausa per prendere forza, mentre dietro il generale annuiva leggermente.
<< Lei si impegnò ad acquistare la fiducia del capo della Human Gene, Headchief, fino a convincerlo a compiere una delle pazzie più grandi del mondo. Introdursi con solo tre agenti in una base governativa. Mi disse, orgogliosa, che quella volta prima di iniziare la missione, Headchief le chiese se fosse stata pronta. Lei gli rispose: “Vero come è vero che il mio nome è Anastacia Romanoff, io salverò mio fratello Anton”. Per la cronaca, visto che il progetto era chiamato Progetto Iridis, nominarono la prima cavia in modo che le iniziali furono le stesse del progetto. Igor. Igor Romanoff. >>
Un’altra pausa, questa volta per controllare le reazioni del gigante russo. Nessuna, come si aspettava.
<< Angelique Stess e Anastacia Romanoff. Due ragazze che sono senza dubbio le migliori di tutti noi, in quanto hanno avuto coraggio che noi mai potremmo neanche pensare di possedere. Esperte combattenti, intelligenti e capaci. Indubbiamente, le migliori della classe. >>
Detto ciò, ringraziò tutti per averlo ascoltato e lasciò l’ipotetico centro del palco. Subito, come due ondate, i presenti si divisero verso i due più colpiti da quei avvenimenti. Si erano strategicamente posti ai due estremi dell’aereo. Dopo ore passate a fingere di ascoltare i discorsi rassicuranti o pacificanti dei loro amici, e quando Maximilian consigliò a tutti di andare a dormire per poter tornare a combattere il giorno dopo in nome delle ragazze, i due si avvicinarono, finalmente liberi dalla propria finta tristezza.
<< Pensi quello che penso io. >> disse Igor.
<< Probabilmente sì >> disse Marco.
<< Non era una domanda. Era un’affermazione >> aggiunse crudo il russo.
I due si guardarono, come se avessero sempre saputo come sarebbe finita.
<< Sai, durante lo scontro ho scoperto che se provo emozioni forti, in un qualche modo aumento il mio potere. >> disse il ragazzo.
<< A me non servono le emozioni, ma mi aiutano. >> ribatté l’altro.
<< E quale provi adesso? >> disse Marco, ben sapendo la risposta.
<< Vendetta! >> rispose Igor.
Marco lo guardò, e in quello scambio di sguardi entrambi furono sicuri di come sarebbe finita quella guerra. O lui o loro. Nessuno li avrebbe più fermati. Marco chinò la testa e sorrise rabbioso, poi disse una semplice frase, che diede inizio all’inferno.
<< Allora, andiamo a vendicarci! >>

NOTE E CITAZIONI:
[*] Il Taijitu è in sostanza il simbolo dello Yin e dello Yang.

 
   
 
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