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Autore: Toms98    08/06/2016    0 recensioni
Quante possibilità ci sono per la popolazione umana di salvarsi dai pericoli di questo mondo? Isis, pandemie, guerre, minacce nucleari: c'è veramente qualcuno che può salvare l'umanità da tutto questo? Forse nessun uomo può farlo, ma non c'è nessun'altro? Il colonnello McRonald è stato incaricato dal governo degli Stati Uniti di ricercare uomini con capacita al limite del normale. Ne uscirà fuori un team composto da un pugile-cavia da laboratorio russo, un'apprendista ninja, un giovane con un bordone "magico", un genio con un tumore al cervello e un assassino. Ma basteranno tutti loro, guidati dal colonnello e dalla rossa Lauren, nel loro arduo compito?
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- La domanda è un’altra, signore - disse la rossa trentenne - Accetteranno di unirsi a noi? -
- Ne sono certo. All’inizio ci odieranno, odieranno il mondo, odieranno chiunque dovranno difendere. Poi capiranno che è nel loro destino, dobbiamo solo aiutarli. -
- Signore - aggiunse infine Lauren - Forse corre troppo -
- Perché? -
- Dovremmo prima fare di modo che non odino quello che sono diventati -
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chaotic'
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CAPITOLO 10- Ultimi della lista
Explosion 711
Marco aspettò che il jet sorvolasse nuovamente la zona, mentre tutti dormivano, per compiere la sua vendetta. Igor, che lo seguiva a pochi passi, controllava che nessuno si svegliasse. Jeshi si trovava  in quel momento davanti al minifrigo, come ogni volta in cui era triste, ma questa volta era stata vinta dal sonno e non creava nessun problema per i due. << Credi di riuscirci? >> disse il giovane al russo.
Senza rispondere, l’uomo iniziò ad aprire il blocco del portellone principale dell’aereo, distruggendo a mani nude i meccanismi di metallo. Marco ne approfittò per spostare, con la forza dell’aria, Jeshi fino alla sua camera da letto senza fare  rumore. Quando entrambi ebbero finito, si prepararono a sfondare il portellone e a partire. << Ricorda, appallottolati subito dopo aver ripreso il controllo del tuo corpo >> disse il più giovane. << Okay. >> rispose Igor.
In quel momento però arrivò Don, il quale fissò senza un minimo di stupore i due, per poi abbassare lo sguardo ridacchiando. << Avete intenzione di vendicarvi? >> chiese, assurdamente tranquillo.
<< Sì, e non pensare neanche minimamente di poterci fermare, cazzo! >> disse il ragazzo. Lo sguardo del colonnello si posò distaccatamente su entrambi, poi disse: << Voi due, ho visto i filmati, eravate fra quelli che hanno rubato i file su me e Lauren, giusto? >>
<< Se hai visto i filmati è ovvio che ne sei a conoscenza >> disse Igor.
<< E quindi penso sappiate di mia moglie, giusto? >>
I due annuirono. << Sappiamo anche che i suoi file sono oscurati o bruciati. >> aggiunse Marco << Oh, giusto, non ci serve a niente! >>
<< Era lì >> disse triste il militare.
<< Cosa mi starebbe a significare?! Stiamo giocando agli indovinelli, Don?! Perché non sono in vena, quindi smettila! >> gli gridò contro il ragazzo.
<< Pentagono. Quel giorno. >> disse l’uomo rimarcando il “quel”.
Igor sobbalzò leggermente, mentre Marco rimase stranamente tranquillo. << Wow. Deduco che non fosse né il 10 né il 12 Settembre >>
<< Bingo! >> disse con un sorriso amaro il colonnello.
<< Ma ancora mi sfugge il punto. >> disse Marco.
<< Quale? >>
<< Cosa c’entra? >>
Don si avvicinò ad una sedia e si sedette. << Vedi, prima che accadesse, era lei quella che aveva il più alto grado nell’esercito. Generale Smith lei, poliziotto semplice io. Avevamo due figlie, quel giorno erano andate da lei per la giornata madre-figlia. Inutile dire che quella “giornata” dura da un po’ troppo per me... >> Don abbassò leggermente la testa per nascondere gli occhi lucidi, poi ricominciò << Quando mi diedero la notizia, fu un colpo per me, ma a differenza di altri che si piangono addosso, io mi infuriai. Ne uccisi il più possibile, prima tutti terroristi, poi quelli che erano sospettati di esserlo, poi... beh, poi tutti gli islamici. Avevo intrapreso una crociata senza giustizia, solo io e loro. E fidati, ucciderli mi piaceva, perché ogni anima che strappavo loro, mi sentivo più vicino alla mia famiglia. Quando cominciai a vederle assistere ai miei omicidi, però, ritenni di poter essere diventato pazzo, ma me ne fregai altamente. Sapete come mi sono fermato?! Ovviamente no, quindi ve lo spiegherò. Incontrai l’allora tenente Thomson, che mi fermò e catalizzò la mia rabbia nel lavoro. Fummo arruolati nell’accademia della ARMED, poi io tornai al mio lavoro di poliziotto. Da lì i fascicoli ripartono, quindi non devo spiegarvi niente. Penso che abbiate intuito però la morale della storia. >>
<< Che non dobbiamo vendicarci? >> chiese Marco. Don rise in una maniera terrificante, poi li guardò: << Io accettai di fermarmi quando capì che stavo uccidendo degli innocenti, ma fino a quando uccidevo dei terroristi, oh no, lì non mi sarei mai fermato. Ho accettato questo ruolo perché sono stanco di questi insulsi pezzi di merda che pensano di essere Dio, quindi ho deciso di fargli incontrare quello vero. In conclusione, non sto provando a fermarvi, tutt’altro... >> mentre diceva questo si avvicinò alla postazione di comando. << Vi sto aiutando! >> detto ciò entrò, aprì il portellone esterno e tornò da loro. La mancanza di pressione aveva creato, come si aspettava Marco, un enorme flusso di aria che li assorbì fuori. Maximilian, che in quel momento era arrivato lì, poté solo vedere i due che uscivano come proiettili dall’aereo, e Don, con un sorriso maligno sul volto.
<< Perché l’hai fatto! >> gridò il generale rabbioso.
<< Anche loro meritano vendetta! >> rispose lui, faccia a faccia con l’amico.
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Marco e Igor erano due proiettili verticali che si avvicinavano pericolosamente al terreno. Quando furono abbastanza vicini, Marco fermò lui e il compagno, poi si rialzò e fissò ad uno ad uno i soldati, stupiti dalla loro entrata in scena. << Marco mi senti! >> disse la voce di Alfred al loro auricolare.
<< Mi stai rovinando il momento! >> sussurrò tra i denti il ragazzo.
<< Solo perché potrebbe servirti: stiamo arrivando, dieci minuti e faremo da supporto a qualsiasi cosa vogliate fare. E se vuoi chiamare quello stronzo, il suo vero nome è Guillermo Rodriguez! >>
<< Mh, mi serviva proprio! >> disse Marco, poi puntò il suo bordone contro la maschera bianca e nera che svettava sul palo, e con un enorme spuntone di roccia evocato dal terreno la distrusse. Poi gridò con tutta la forza che aveva in corpo: << Guillermooo! So chi sei, vieni fuori se hai coraggio! >>
In tutta risposta i tre droni uscirono dalla fabbrica e i soldati iniziarono a crivellarli di colpi. Marco si limitò ad abbassare il bordone e a creare uno scudo di protezione compattando l’aria. Durò molto più di qualsiasi altro scudo da lui fatto, tanto da far finire le munizioni sia ai droni sia ai soldati. Appena comprese che non erano più in pericolo, Marco spezzò la cupola e guardò sprezzante gli uomini del Lord, terrorizzati da quanto aveva appena fatto il ragazzo, poi abbassò lo sguardo sul suo bordone. La gemma brillava di rosso fuoco e sentì nelle vene una forza mai vista. Prese il bordone e colpì violentemente il terreno con la punta.
Un’enorme cupola sferica di fuoco coprì i due membri della S.O.S., mentre i droni piano piano indietreggiavano. Marco, all’interno della cupola, ebbe un flash di Angie. Ricordò come si era sacrificata, e come lui aveva fallito. Deciso a vendicarla, proseguì con una delle cose più mortali che avesse mai fatto. Alzò con violenza il bordone, e così facendo la cupola di fuoco si espanse a dismisura, bruciando, incenerendo, polverizzando tutto ciò che trovava nel suo cammino. Quando si ritenne soddisfatto, il ragazzo fece svanire il fuoco. Quello che vide al posto della distesa di ghiaccio fu una landa desolata di fango secco, su cui posavano leggeri cumuli di polvere, forse alberi, recinzioni o uomini investiti dal colpo.
Senza che potesse riprendere il fiato, notò che un nuovo gruppo di soldati, una dozzina, stava uscendo dal palazzo di Guillermo, per metà integro e per metà svanito nel vento. Marco era troppo stanco in quel momento per colpirli tutti, ma non se ne preoccupò.
Quella era una vendetta di coppia.
Infatti Igor, appena visto il gruppo di persone, le aggredì violentemente prima che potessero reagire. Prese per la gola i primi due di loro, mentre gli altri provavano a trovare una qualche arma funzionante, e li sollevò talmente in alto che sarebbero soffocati, sennonché a causa della sua immensa forza e dell’indomita rabbia, strinse talmente tanto la presa da far esplodere la giugulare ad entrambi. Rosso di sangue e rabbia, si avvicinò ad un altro di loro e lo colpì con un pugno allo sterno che lo trapassò e arrivò fino al cuore, che strappò fiero dalla sua naturale posizione. A quel puntò uno dei paramilitari prese il proprio fucile e sparò l’unico colpo che aveva.
La sua sfortuna fu che né lo colpì in pieno né lo mancò, ma lo strisciò, facendo provare al gigante un dolore che invece di frenarlo lo stimolava. Si avventò subito sul cecchino mancato e lo gettò a terra con una spallata, poi passò a calciargli e pestargli l’addome finché non gli esplose la milza e, mentre il malcapitato diventava livido e moriva, gli prese il fucile. Che avesse o meno colpi non importava più di tanto al russo, infatti usava l’arma come mazza da baseball, spaccando due o tre teste a furia di bastonate. Arrivato alla settima testa, il fucile si ruppe poco dopo aver compiuto il proprio lavoro, facendo schizzare brandelli di cervello sul suo corpo. Rimasto allora solo un paramilitare Igor gli si avvicinò minaccioso. << Senti, io non ho fatto niente, neanche volevo lavorarci qui. Ti prego, risparmiami! >>
Igor lo fissò intensamente per cinque lunghissimi secondi di terrore, poi si avvicinò, gli appoggiò le mani sulle spalle e lo abbracciò, poi prese la testa fra le enormi mani e ne baciò la fronte. Impietrito da tutto ciò, il soldatino ebbe solo il coraggio di chiedere: << Mi stai risparmiando? >>
Igor sorrise, e l’altro si mise timidamente a ridere. Il russo allora rise ancora più forte, non malvagiamente ma in maniera rilassante. I due finirono a ridere a crepapelle, sebbene la testa dell’ometto fosse salda in quelle mani. Mentre rideva, Igor disse: << Het! >> e poi si rimise a ridere più forte.
Le risate dell’altro iniziarono leggermente a scemare, mentre chiedeva: << Co...cosa significa? >>
Igor lo fissò sorridente: << No! >>. Detto ciò, afferrò la testa con forza e la ruotò innaturalmente di centottanta gradi attorno al collo. Inerme, il corpo cadde a terra.
Mentre Marco si avvicinava a Igor, l’Explosion atterrò dove prima c’era il cancello, facendo scendere dalla sua pancia il resto della S.O.S. armata fino al collo. << Tutto bene? >> chiese titubante Lauren osservando la desolazione che la circondava, mentre Shawn si avvicinò ai due. << Siete stati voi? >> chiese.
<< Sì, pensavi ad altri? >> rispose Marco.
<< No no, so cosa significa la vendetta. Voglio solo capire se siete ancora lucidi. >>
<< Io sono razionalissimo. >>
Shawn lo fissò, poi sbuffò e si allontanò. << Ora però >> aggiunse dando loro le spalle << lasciatevi aiutare. Avete certamente perso sorelle o amori in questa battaglia, ma noi abbiamo perso delle ottime amiche. Combattere al vostro fianco ora sarà un piacere! >>
Jeshi lo spintonò subito, incoccando una freccia e sparandola verso una delle aperture del palazzo. Il dardo volò verso un uomo mascherato, che agilmente lo deviò con uno scudo di energia. Poi, Lord WarFighter alzò un braccio e lo stese verso di loro. In quell’istante, i tre droni uscirono da altre tre aperture, attaccando direttamente la squadra. Marco alzò come se nulla fosse l’ennesimo scudo semisferico, mentre la squadra si preparava.
Lauren caricò il fucile da cecchino, mentre davanti i due ufficiali caricarono le loro pistole, con Maximilian che aveva un sigaro acceso in bocca, poiché stando a quanto diceva gli portava fortuna. Alfred caricò la sua nuova arma, una spara EMP da polso, mentre Jeshi caricò ancora l’arco e Shawn lasciava il controllo del suo corpo a Aracnus. Igor si aggiustava i guanti, mentre Marco roteava lentamente il bordone.
<< Qui si parla di guerra, generale. Come ci muoviamo? >> chiese il giovane a Bonesbreaker, ma lui rispose: << Io combatto con soldati e fucili, non con droni e magie. Quelle sono materie tue. >>
<< Okay... >> disse Marco << Allora. Appena farò calare le difese, Shawn dovrà attirare su di sé il fuoco mentre gli altri dovranno andare all’Explosion e da lì contrattaccare e tenerli impegnati. Tutti, tranne me. Io vado a prenderlo e a dirgliene quattro. >>
<< Vengo con te! >> esclamò Jeshi, e prima che lui potesse ribattere aggiunse: << Se ti avessi impedito di interagire con lei non l’avresti conosciuta, se non avessi sbagliato a gestire la missione in Cina e non mi fossi fatta rapire lei non ci avrebbe mai più rincontrato, e se io mi fossi offerta al suo posto sarebbe qui lei a parlare. In un certo senso, l’ho spinta io nella tomba. >>
Marco credeva troppo forzato quel discorso, ma acconsentì comunque che la ragazza lo seguisse. Prese un momento per concentrarsi e abbassò le difese. Come da copione, Shawn si scagliò su uno dei droni con un enorme balzo, mentre tutti gli altri focalizzarono tutte le loro munizioni a colpire i restanti mentre indietreggiavano. Jeshi, nel frattempo, seguiva velocemente Marco, il quale abbatteva rapidamente qualsiasi ostacolo gli si parasse davanti. Arrivati alla parete distrutta, sfruttò il controllo dell’aria per far proseguire la loro corsa nel cielo, giungendo fino all’apertura da cui poco prima si era dileguato il Lord.
Proseguirono avanti per due stanze, finché non si ritrovarono davanti ad un’enorme porta blindata.
<< Come passiamo? >> chiese la ragazza, ma neanche il tempo di rispondere che Marco fece esplodere le tubature attorno alla porta, aprendo una breccia nel muro e svuotando qualche centinaio di litri d’acqua all’interno. L’acqua ristagnava nella stanza circolare, buia e senza finestre, al centro della quale svettava un trono posto su un alto piedistallo dotato di gradini. Le pareti erano lisce, e sostituite da schermi più o meno per tutto il semicerchio davanti al trono. Solo dopo aver fatto un passo dentro, Jeshi si accorse che la porta stessa era circondata da uno schermo. << Probabilmente non è qui! >> affermò lui dopo aver controllato un po’ attorno con lo sguardo. Nonostante ciò, però, restava in attesa di una qualche mossa, che ovviamente non si fece attendere: gli schermi improvvisamente si illuminarono e mostrarono quello che accadeva all’esterno. Doveva servire probabilmente a spaventarli, ma il momento non fu dei migliori, siccome le immagini mostravano che la S.O.S. era in netto vantaggio. Tempo di capire quello che stavano vedendo, e Shawn, attaccatosi ad uno dei droni, ne danneggiò i circuiti interni fino a farlo cadere. Jeshi si lasciò andare ad un breve momento di gioia, mentre Marco esordì: << Vedi?! Non siamo così pessimi come pensavi. Ora vediamo cosa sai fare tu! >>
Guillermo uscì dal suo nascondiglio dietro al trono e li fissò, per la prima volta senza maschera. << Non nego che mi aspettassi una migliore visuale, ma spaventarvi non è esattamente la funzione a cui sono predisposti. >> disse mentre avanzava con la testa calva e lo sguardo nero penetrante, coronato da occhiaie, verso di loro, poi batté le mani e immediatamente le immagini cambiarono, raffiguravano ora quello che era successo poche ore prima, ma da una visuale molto più vicina. Mostrava esattamente come le due agenti erano state uccise nell’esplosione, con alti dettagli sulla nube di fumo nero che si alzava. Continuando ad avanzare, Lord WarFighter aggiunse: << Destabilizzarvi. Questo era il mio obiettivo. La paura muove le persone, le costringe a fare cose al di là delle proprie capacità, la destabilizzazione le blocca. Non sai quanti uomini valorosi abbiano perso perché erano destabilizzati. >>
Jeshi, provò a colpirlo con una freccia, ma lui attivò il suo scudo di energia e deviò il colpo. << Non ti hanno mai insegnato a lasciar parlare gli adulti, ragazzina? Stavamo dicendo... ah, già, destabilizzare, credo che sia la migliore arma che abbia un uomo per sopravvivere, e io non mi pongo certo limiti nell’utilizzarla. << Ancora una parola e giuro che ti ammazzo! >> ringhiò Marco furente.
<< Davvero? E come pensi  di fare? >>
<< Ti prenderò a calci e pugni finché non cadrai esanime, e se alzerai il tuo scudo, lo sfonderò con le mie stesse mani, anche a costo di rimetterci la vita! Sono venuto qui per vendicarla, e me ne andrò o morto o con la tua testa! >> urlò il ragazzo.
<< Dimostralo! >> lo sfidò l’omicida.
Senza pensarci due volte, Marco si scagliò su di lui con il suo bordone, mentre Jeshi lo seguiva a ruota. Grazie all’impeto, il ragazzo riuscì ad assestare un potente colpo alla pancia dell’uomo, mentre la giapponese gli assestò un non debole pugno sulla fronte. Preso alla sprovvista, l’uomo indietreggiò, solo per contrattaccare, mostrandosi molto abile anche lui nel combattimento corpo a corpo. Pugni, calci, falciate, parate: tutto quello che poteva colpire e fare male veniva usato in quella crudele battaglia.
Marco e Jeshi provavano ogni tanto sferrare qualche colpo dalla distanza, con frecce o palle di fuoco, ma puntualmente lui attivava il suo scudo. << Jeshi, cosa noti? >> chiese Marco mentre proseguivano l’attacco.
<< Si difende con lo scudo solo contro colpi mortali. >> rispose lei << Può significare che abbia una batteria, quindi propongo di fargliela scaricare. Inoltre lo attiva con un pulsante sulla cintura, possiamo puntare a impedirgli di attivarlo! >>
Valutando la situazione, Marco puntò alla seconda opzione. Passò al contrattacco in una frazione di secondi, menando colpi a destra e a manca con in suo bordone. Ad un certo punto però, lasciò aperto uno spiraglio per una scarica di pugni, che lo fecero trasalire e cadere a terra. Vedendo quanto stava accadendo, Jeshi provò ad attaccarlo da dietro, ma fu colpita da un calcio all’ultimo e finì a terra dolorante.
Lord WarFighter si avvicinò a Marco e lo fissò dritto negli occhi. << Ma guardati! >> disse beffardo accucciandosi vicino al giovane, ancora a terra dolorante. << Un così grande talento, sprecato e buttato alle serpi. Tu hai un potere che in una qualsiasi altra epoca storica ti avrebbe fatto considerare un dio sceso in terra, e ti riduci a fare il leccapiedi dei militari? Che spreco inestimabile! Sarà un dispiacere immenso doverti uccidere, ma hai ancora una possibilità! Unisciti a me! A breve, avrò un esercito di questi droni, e potrai dominare il mondo. Potrai aiutarmi con i tuoi immensi poteri, o uccidermi e vendicarla e prendere il mio posto! Cosa decidi quindi, la morte... o il potere eterno? >>
<< Comunque hai commesso un grosso errore! >> bofonchiò il ragazzo.
<< E quale sarebbe, sentiamo? >> rispose beffardo lui.
<< Hai fatto il “monologo del cattivone” >> disse Jeshi, mentre provava a rialzarsi.
Il Lord rise a crepapelle. << E voi credete che sia un errore dirvi quello che penso prima di uccidervi? >>
<< Sì, perché una volta un saggio disse che lui non faceva i monologhi perché portano sfortuna >> disse Marco, poi aggiunse << Perché ti fanno credere di avere tutto sotto controllo, di aver vinto, di dover solo formalizzare la disfatta nemica. Perché si fanno pesanti errori di valutazione e si finisce nelle trappole! >>
<< Tipo?! >> chiese sprezzante Guigliermo.
<< Tipo il fatto che Jeshi ti sta puntando una freccia da dieci minuti! >> disse il ragazzo sorridendo. Per istinto, il Lord si voltò e fece per attivare lo scudo. Ma Jeshi non aveva incoccata nessuna freccia, e non certo sperava che il loro acerrimo nemico attivasse lo scudo, cosa che invece era fondamentale per il piano di Marco. Con un rapido gesto fulmineo che gli aveva insegnato Angie, afferrò il  braccio con cui Lord WarFighter attivava lo scudo e, con un’abile mossa, lo distese e immobilizzò, costringendo l’uomo ad inginocchiarsi. Senza neanche aspettare il segnale, Jeshi, capito il piano del ragazzo, prese il suo bordone da terra e lo usò per colpire il braccio dell’uomo all’altezza del gomito.
Combinando i loro sentimenti di rabbia, il bordone modificò nuovamente forma ed assunse le sembianze di un misto fra una spada e un bastone, con cui la ragazza tagliò di netto l’avambraccio immobilizzato.
Fra le grida di dolore e i fiotti di sangue che uscivano, Guillermo riuscì a fuggire alla presa dei due e a gettarsi in un angolo della stanza, dove attivò lo scudo di energia.
<< Mi dispiace, ma è finita qui! >> disse Marco, afferrando al volo il nuovo bordone. Poté con piacere notare come adesso fosse più adatto al combattimento ravvicinato, e come la precedente gemma fosse ora alla congiunzione fra la lama del bordone e il resto del corpo. Ricordava, sebbene fosse lunga un terzo, la lancia di Jeshi, ma con una punta molto più lunga e simile ad una sciabola.
Dopo questo istante di esitazione, Marco tornò al suo acerrimo nemico. << Arrenditi, e ti promettiamo un regolare processo! >> aggiunse a quanto aveva già detto.
Lord WarFighter rise. La lugubre risata sembrava risuonare in tutte le stanze, mentre ciò accadeva, le immagini sugli schermi cambiarono di nuovo, e mostrarono un gruppo paramilitare, portante bandiera americana, entrare nel complesso. << Abbiamo chiamato rinforzi? >> chiese sottovoce alla ragazza. Lei si limitò a guardarlo stranita, poi gli comunicò che sarebbe uscita a chiedere cosa stesse succedendo al resto della squadra. Marco rimase solo, con la risata di quel folle, che si rese ancora più udibile dopo che ebbe abbassato lo scudo.
<< Credi che sia uno stupido sprovveduto? Certo, non mi aspettavo di perderci un braccio, ma sarà tutto molto meglio! >> disse l’uomo sorridendo nonostante il dolore.
<< Molto meglio cosa? >> chiese Marco.
<< La mia interpretazione! La scenetta che ho preparato! >>
<< Quale scenetta? >>
<< Vedi, il mondo, grazie a voi, conosce il malvagio Lord WarFighter, ma purtroppo per voi, il vostro governo conosce il buono e soprattutto ricco Mr. Rodriguez, con cui ha intrattenuto rapporti al fine di ottenere un sistema di difesa avanzato che risponda ai comandi del Presidente. Purtroppo, quando proposi la mia idea di difesa mondiale, i generali erano diffidenti, ma qualche folle disse che se qualsiasi altra proposta fosse fallita avrebbero accettato la mia. Così, ho fatto in modo che fosse proposto di trasformare la ARMED in una fucina di soldati anormali per proteggere il mondo, e tu sai quanto possa piacere ad un americano se rendi reali dei supereroi. A quel punto, muovendo i fili nell’ombra, vi avrei fatto fare il doppio lavoro: da una parte, tanti piccoli fallimenti per farvi perdere credibilità, dall’altra, i lavori di pulizia di alleati che erano ormai diventati un peso. >>. A quelle parole Marco si morse il labbro. La S.O.S., nata per proteggere il mondo, in realtà stava contribuendone alla fine. << Ma la storia, mio caro, non finisce qui! Quando mi avete attaccato al porto mi avete preso leggermente alla sprovvista. Non sapevo cosa fare, e sapevo che voi burattini avevate scoperto chi era il burattinaio. Poi ho capito che tutto quello che dovevo fare era lasciarvi correre: mentre voi pensavate ad attaccarmi, io ho creato delle finte intercettazioni in cui si diceva che il vostro obiettivo era uccidermi per non avere rivali e poi sfruttare la vostra abilità per effettuare vari attentati in tutto il mondo e prenderne il controllo. La prova? Avevate intrattenuto relazioni con un gruppo di terroristi di fama mondiale, la prova si creava da sola. Dovevo solo far credere che i cattivi foste voi, e ci sono riuscito. Pestare e recidere il braccio di un povero aiutante della patria non è da bravi ragazzi. >>
Marco indietreggiò, consapevole di essere finito in una trappola. Nello stesso istante, la ricetrasmettente emise la voce preoccupata di Don: << Marco, mi ricevi?! >>
Deglutendo a fatica, Marco rispose: << Forte e chiaro! >>
<< Siamo nella merda! Ci sono due caccia sulle nostre tracce e una pattuglia di Roaring Commandos pronta ad ucciderti! Esci subito! >>
<< Jeshi?! Era uscita prima di me! L’avete recuperata? >>
<< Con un mezzo miracolo, ma sì. Ora però devi uscire, subito! >>
Marco afferrò il bordone e sfondò una parete che dava sull’esterno. Si sporse per osservare dove potessero essere i suoi compagni, poi un leggero venticello nella landa desolata tradì i motori dell’invisibile Explosion 711 pochi metri più in là.
Marco tornò dentro e si avvicinò al Lord. Lo prese per la colletta e lo fissò negli occhi beffardi di chi ha appena vinto, poi gli disse: << Non so quanto tu sia ricco, intelligente o potente, ma questa non è più una questione di salvare il mondo. È una lotta fra me e te, e fidati che la prossima volta che ci vedremo sarà la resa dei conti. >>
<< Dovresti farmi paura? >> chiese ridacchiando l’uomo.
Marco lo fece smettere sfasciandogli la mascella con un pugno prima di concludere: << Finché lei non sarà vendicata, finché tu non soffrirai le pene che ho sofferto io, non ci sarà esercito o governo o pianeta in cui tu ti possa rifugiare. E se per qualche motivo tu riuscirai a viaggiare nel tempo, ovunque andrai mi troverai ad aspettarti! Scoprirai che l’universo è davvero molto piccolo se sono arrabbiato con te [*]. >>
Finita la frase, un gruppo di paramilitari, Roaring Commandos stando alle informazioni di Don, irruppe nella stanza e puntò i fucili contro il ragazzo, che lasciò l’uomo e si allontanò con le mani alzate. << Fermo dove sei! >> urlò uno di loro, forse il caposquadra, mentre Marco continuava ad indietreggiare con le spalle verso l’apertura nella parete.
<< Getta quell’arma o sparo! >> minacciò il caposquadra, e vedendo che il ragazzo non ubbidiva a nessuno dei suoi ordini, iniziò a fare fuoco seguito da tutti i suoi compagni. Marco si parò con uno scudo aereo, poi indietreggiò quel tanto che bastava per buttarsi giù dal precipizio.
Atterrò attraverso una botola all’interno del jet, che ripartì come un fulmine verso la base. << Come stai? >> chiese Shawn all’amico, mentre lo informava di quello che era successo. << Distrutto, non riesco quasi più a camminare >> disse Marco, buttandosi a peso morto su una sedia. Chiuse gli occhi, ma non riusciva a dormire, sia per quello che era accaduto, sia per quanto la sedia fosse scomoda.
Stette così per tutto il viaggio.
Sede della ARMED, USA (Alloggi personali, stanza 7)
Marco si svegliò intorno alle 8. O meglio, si alzò dal letto e decise di non poter più fingere di dormire alle 8, perché nonostante il comodissimo letto della sua stanza, i suoi demoni lo tormentavano. Aveva fallito nella sua missione e ora il mondo era in pericolo per colpa sua.
Si mise a sedere sul letto, con la schiena appoggiata alla testata, e per forza dell’abitudine guardò alla sua destra. Il vuoto dove di solito dormiva Angelique lo fece trasalire, ma aveva passato tutta la notte in quello stato, quindi non si stupì più di tanto. Ma ne soffriva, ne soffriva moltissimo.
Si decise ad alzarsi e ad andare nell’ufficio di Don. Lì, tutti quanti erano riuniti nel silenzio più totale. Non appena il ragazzo varcò la porta, tutti lo fissarono, poi tornarono nel loro cupo silenzio.
<< E ora? >> disse Marco rompendo il silenzio. I due ufficiali non sapevano cosa rispondere, ma stando alle informazioni che ormai tutti sapevano, un gruppo dell’esercito stava venendo a prelevare loro due e Lauren per riqualificarli e per arrestare il resto della squadra. Marco vide lo sconforto negli occhi di Don e la rabbia in quelli di Max.
<< Dobbiamo escogitare un piano! >> disse Shawn.
<< Per cosa, per tornare là e fare la stessa fine? >> chiese Alfred.
<< No, almeno per ritardare la fine del mondo. >> rispose lui.
<< Ha ragione >> disse Lauren << Ma attualmente non possiamo fare nulla. >>
<< Già, ma ti ricordo che se ci arrestano, le nostre immunità governative cadono e tutti noi, tranne Marco, siamo affetti da una condanna a morte. >> continuò il giovane.
<< Sì, ma anche se scappiamo non servirà a niente. >> disse Marco << Abbiamo fallito! >>
A quelle parole Max scattò. << Ho già ammesso troppe volte di aver fallito e non lo farò anche oggi! >> disse battendo i pugni sul tavolo, poi si alzò e li fissò tutti.
<< Com’è che vi chiamate? >> chiese.
<< Marco, Lauren, Alf... >> iniziò Jeshi.
<< Intendo come gruppo! >> precisò lui.
<< S.O.S., Special Operative Squad. >> disse Don.
<< E allora comportatevi come tali! Siete una squadra, ragionate come tale. Siete degli operativi, preparate un piano. Siete speciali, porca puttana salvate il mondo anche se nessuno crede in voi! >>
<< Ha ragione! >> disse Marco << Dobbiamo trovare un modo per salvarci. Non riusciremo a fare molto, ma è sempre meglio di essere uccisi! >>
Il telefono di Don squillò. Dopo che ebbe risposto, chiese a Lauren di seguirlo e le illustrò dove avrebbe lavorato in seguito. Dopo poco il cellulare di Max fece lo stesso, ma lui non rispose. << Come avete intenzione di muovervi? >> chiese semplicemente.
Erano passate ore dall’incontro, e il piano era perfetto nei minimi dettagli. Don e Lauren non avevano avuto tempo di sentire il piano, perché ormai le truppe dell’esercito erano arrivate. Tre auto e due camionette erano parcheggiate poco fuori, e decine di soldati con i fucili puntati attendevano l’uscita delle squadra. Un generale a capo dell’operazione prese un megafono e gracchiò: << Al generale Thomson e al colonnello McRonald, siete pregati di ri*nchiudere tutti nelle celle di contenimento, eccezion fatta per la stagista Heart, e di uscire dall’edificio con i vostri averi personali >>
Dopo una mezzora i tre in questione uscirono, Don davanti a tutti. Guardava con estrema attenzione quello che gli stava accadendo attorno. A quel punto, il gruppo di soldati si avvicinò a loro e li scortò fino alle auto, per poi entrare e prelevare i prigionieri. Fu proprio in quel momento che il piano si attuò. Don aveva appena chiuso lo sportello della macchina di Lauren e si stava dirigendo verso la sua, ma all’improvviso il portellone circolare dell’hangar si aprì e uscì un elicottero nero che, appena gli fu possibile, corse via verso Nord. Maximilian si lasciò scappare un piccolo sorriso di orgoglio, che svanì subito quando vide che uno dei soldati aveva un lanciarazzi. Provò a gettarsi su di lui, ma il colpo andò a segno e l’elicottero esplose in mille pezzi metallici.
Don perse l’udito in quell’istante. Non riusciva a sentire l’elicottero che cadeva nella foresta e esplodeva di nuovo, non riusciva a sentire il battere sui finestrini dei pugni di Lauren, che in lacrime non smetteva di gridare “No!”. Non sentiva i soldati e il generale che puntavano il fucile sul suo vecchio amico. Non sentiva quest’ultimo che ammetteva la colpa di quel piano e si lasciava arrestare dallo stesso uomo col lanciarazzi, guardandolo come se lo avesse già conosciuto. Si sentì solo cadere sulle ginocchia, mentre il vento spazzava la radura davanti alla base. Qualcuno lo afferrò per un braccio e lo mise a forza sulla sua auto, che lo portò verso il suo nuovo impiego. Ma che senso aveva avere un nuovo impiego.
Avevano fallito. E nulla poteva salvarli. Erano morti, in un inferno di fuoco e acciaio. Don passò tutto il viaggio fino a Washington con la testa fra mani.
Di quello che era la Special Operative Squad non era rimasto che qualche brandello e un filo di fumo nero.

NOTE:
[*] Citazione di una frase detta dal 12° Dottore a Lady Me, in Face the Raven (episodio 9X10, Doctor Who)
   
 
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