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Autore: AndreMCPro    09/01/2016    2 recensioni
E se gli anime, i manga, i libri e i videogiochi non fossero pura fantasia? E se i creatori di tutti questi fossero stati ispirati da qualcos'altro? Immaginate: se esistono infiniti universi, non potrebbero essercene alcuni in cui tutte queste cose, che secondo noi sono frutto della fantasia, esistono davvero? Ma questo vale anche per le fanfiction, milioni di mondi paralleli a quelli delle opere originali.
E se vi siete inseriti nella vostra stessa storia? Ecco cosa è successo a me...
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alternative Dimensions'
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Alternative Dimensions
Il Diario della Profezia

Cap.24 Le guide dei monti
 
La strana giornata è finita, cosi mi faccio accompagnare da uno dei responsabili del parco fino alla baita di Massimo, come da accordi. In realtà quello che mi accompagna mi sembra più una guardia del corpo, e infatti la prima cosa che ha fatto uscito dal suo disordinatissimo ufficio è stato proprio organizzare la mia protezione, poi quella del villaggio e infine quella del parco e quindi l’intera zona.
«Se esiste un varco va trovato assolutamente. Se trovate qualcosa chiamate subito una squadra e controllate, e ovviamente tenetemi in costante aggiornamento sugli sviluppi»
Nessuno ovviamente ha avuto obiezioni, anzi, hanno reagito come parti perfettamente organizzate di uno stesso corpo. La cosa impressionante è che gli ospiti del parco non si sono accorti di niente e le mie guardie  sono state così discrete che mi sono reso conto che erano quattro solo quando mi sono avviato verso la Baita e me li sono trovati tutti vicino all’ingresso del tunnel che porta in cima.
«Grazie, ragazzi, ora potete andare» E stringo la mano a quello più vicino. Questo risponde al saluto ma resta li immobile, imperterrito nel suo compito. Da dietro un angolo sbuca fuori Marco, l’anziano che parlava questa mattina con Massimo.
«Mi spiace, ma loro continueranno a tenerti d’occhio per tutto il tempo che resterai al nostro villaggio, e se è il caso anche quando tornerai a casa. Ti consideriamo della famiglia »
«Vorresti dire che mio fratello...?»
«Massimo non ci ha dato nessun ordine. La scorta era già attiva da dopo l’incidente» Già, incidente credo che sia un eufemismo. Sono sicuro sappia benissimo che non è stato un incidente, ma devo dire che Massimo è stato fortunato a trovare queste persone di mentalità così aperta. Forse è possibile che i loro antenati siano proprio gli abitanti delle città distrutte che abbiamo trovato.
Entro nel tunnel seguito dai cinque presenti. Un altro carrello.
«Io prendo le scale, se non vi dispiace» La mia richiesta è più che ovvia; di carrelli ne ho avuto abbastanza, per oggi.
«Questa volta puoi stare tranquillo, nessuno può avvicinarsi a questo passaggio se non gli autorizzati. È una zona annessa al villaggio, quindi gli ospiti non possono raggiungerlo e in più la Baita viene utilizzata per gli ospiti di Massimo, quindi passano solo le donne delle pulizie »
«Io credevo che vivesse li»
«Oh, no, si è preso una piccola casetta molto modesta e semplice all’interno del villaggio. Non gli piace stare da solo, e in pratica la usa solo per dormire»
Già, il resto del tempo lo passa sottoterra a distorcere la realtà.
«E allora come mai non mi ha fatto andare li?»
«Beh, come detto la casa è molto piccola, ma veramente piccola, e poi credo che voglia stare un po’ con il suo fratellino» L’anziano mi poggia la mano sulla spalla e solo adesso mi rendo conto che nel frattempo mi ha fatto salire sul carrello e insieme stiamo risalendo la cima lungo il tunnel che a tratti ti permette di guardare l’esterno grazie a una grande vetrata.
In poco tempo siamo in cima e mi accompagna all’ingresso. Suona il campanello e Massimo subito ci apre la porta.
«Ah, eccovi, siete arrivati! Venite, venite, i fuochi stanno per iniziare»
«Fuochi?» Replico io, confuso.
«Certo, ogni sera c’è un piccolo spettacolo. È una delle attrazioni del parco. Venite nella sala principale, gli altri ci aspettano» e ci accompagna al piano superiore. su una grande sala, e li troviamo Debora e Gabriel con un bicchiere di vino rosso in mano. Aspettate, vino rosso? Massimo si vuole divertire questa sera!
Il “piccolo” spettacolo dura più di mezzora e poi ci sediamo a tavola per la cena.
«Certo che ti tratti bene, quassù. Camerieri e cuochi a tua disposizione»
«Piccoli vantaggi di essere il capo» Risponde lui con un bicchiere di vino bianco.
«Già. A proposito, ricordati di pagare la fattura» Replica Debora prendendolo in giro.
«Ditta di Catering?» Domando ridacchiando.
«Sì, sì, è cosi, lo ammetto» Poi si gira verso Debora. «Mai una volta che mi fai divertire! Rilassati un po’, su…»
«Quando ti deciderai a venire in ufficio almeno quattro ore al giorno allora inizierò a rilassarmi» Risponde lei sorseggiando il suo vino rosso. Bisticciano come cane e gatto.
«Voi due, basta parlare di lavoro, altrimenti sappiamo tutti come va a finire. E poi lo sai che Massimo ci prende gusto» Li interrompe Gabriel.
«Perché tu hai il vino bianco?» Chiedo a mio fratello.
«Semplice: sono abbastanza fuori di testa normalmente, se bevo il rosso… ti saluto!»
Beh, in effetti non ha tutti i torti.
La serata prosegue e si fa’ tardi. Uno alla volta tutti si ritirano e restiamo solo noi e Marco.
«Allora, per quanto tempo resterai con noi?» Mi chiede mentre lo accompagniamo all’uscita.
«Beh, io pensavo a due o tre giorni. Atlantis mi aspetta, e diciamo che questa è una piccola pausa»
«Sbagliato, partiamo domani mattina» Massimo porge la giacca a Marco. «Dobbiamo tornare a Enderia, ma non ho avuto il coraggio di dirlo ai ragazzi» Io lo guardo perplesso, non ne sapevo niente.
«Dilla tutta, avevi paura di dirlo a mia figlia, più che a Gabriel»
«Sua figlia?»
«Sì, Debora è la figlia di Marco, ma non lo diciamo mai per evitare che qualcuno si faccia qualche giudizio sbagliato tipo raccomandazioni» Spiega mio fratello.
«Beh, scusate se lo dico ma ha un bel caratterino, la ragazza. Forse un po’ inappropriato, a volte»
«No tranquillo, ha questa confidenza perché glielo abbiamo chiesto noi, e da allora le cose vanno decisamente meglio. È il mio braccio destro, una delle persone più fidate che ho intorno. Gabriel è un bravo ragazzo, ma mi funge da collegamento tra l’ufficio e gli operai. È capace e sta imparando molto ma, ha ancora tanta strada da fare »
«S, ma si sta impegnando molto e sta avendo ottimi risultati, direi» Prosegue Marco «Beh, io ora vado. Ci penso io ai ragazzi, ma ti suggerisco di portargli un bel regalo al tuo ritorno per farti perdonare»
Marco esce e le guardie restano ai quattro angoli della casa, di vedetta. Lo vedo parlare con una di loro, poi ci saluta con un braccio e scende lungo uno stradone illuminato che costeggia la casa e va’ verso il villaggio.
«Ma non usa la ferrovia?»
«Chi, marco? A lui piace camminare, e per la sua sicurezza ho illuminato personalmente lo stradone anche se quel percorso lo conosce a memoria»
«Come mai Enderia? problemi con Seth?»
«No niente di preoccupante, se non conti quello che mi hai detto tu. Solo qualche progetto che gli ho chiesto di visionare. E poi vorrei vedere Atlantis»
«Solo vedere pero. Guai a te se posi anche solo un mattone» Mentre lo dico Massimo stava già tirando fuori delle carte che subito nasconde dietro la schiena. Mi guarda con occhi sbarrati.
«Cosa stai nascondendo in questo modo cosi goffo?» Poi capisco e gli abbaio contro. «Progetti per Atlantis»
«E… NO!» Risponde secco infilando alla male peggio i progetti nel primo buco che trova, ma disgraziatamente per lui uno scivola e rotola fino ai miei piedi.
La prima cosa che mi salta all’occhio è il nome della città in questione: Atlantis.
«È quello che penso?» Gli chiedo con aria minacciosa raccogliendo il progetto, ma la domanda è retorica. Lui è palesemente nei guai, sa di esserlo e non sa dove scappare; continua a guardarsi intorno in cerca di una via di fuga, ma l’unica uscita è l’ingresso e lì ci sono io.
«Nonono, non serve che apri.. sai… stavo solo buttando giù qualche…»
«…idea per la mia e ripeto MIA città»
«Ecco, io… Sai com’è, ioooo…» Apro di scatto e mi trovo di fronte quella che sembra una residenza, anzi, una stanza. La sua, da come leggo su di un lato.
«E questa dovrebbe essere la tua stanza?» Ri-arrotolo la pergamena e la lancio sopra la Cassa dietro di Massimo. Lui respira e sembra riprendersi, ma mentre abbassa la guardia io mi avvicino e prendo uno dei progetti che ha nascosto e lo apro di scatto. Quello che vedo è uno schizzo della piazza principale. Come ha osato? Lo brucio con i fulmini e quello che resta è cenere.
«Sai cosa ti aspetta adesso, vero?»
«No, dai, aspetta, così non vale, e… e poi lo sai come sono fatto… mi piace fantasticare, progettare…»
«E costruire» Concludo io mentre la mia mano si ricopre di saette.
«Beh, si…»
Si rende conto troppo tardi di aver detto una parola di troppo. Mi guarda, e una saetta a bassa potenza parte dal mio indice colpendolo in pieno. Lui indietreggia.
«Ehi, fa’ male!»
«Ne vuoi ancora?» Lui per un attimo indietreggia, poi replica.
«Guarda che sono io il fratello maggiore!»
Bene, se l’è cercata. Una saetta più potente lo colpisce. Finisce a terra, ma poi riesce ad aggirarmi e sgattaiola fuori dalla stanza. Scappa fuori dalla porta per poi riaffacciarsi
«Questa me la paghi fratellino!» Una terza saetta lo sfiora e lui sparisce. Prendo tutti i progetti con l’intenzione di distruggerli e tra questi c’è anche la stanza di mio fratello.
«No, questo lo tengo. Ma non per Atlantis»
 
Il giorno dopo partiamo presto e ci avviamo verso Enderia. Massimo mi cammina a dovuta distanza, le saette di ieri sera non gli sono piaciute. Le guardie del corpo sono rimaste al villaggio.
«Dimmi… fratellino… hai incontrato nessuno nel tratto di montagna?»
«No, perché, avrei dovuto?»
«Vieni, allungheremo una mezza giornata ma ti assicuro che ti divertira »
Invece di andare verso Nord-ovest ci inoltriamo nelle montagne verso est-nord-est. Passiamo lungo alcune gole e dopo circa due ore di cammino inizio a intravedere dei sentieri. Massimo prosegue imperterrito e dopo un’altra ora mi indica una montagna, la cima più alta che si vede nei dintorni. Gli chiedo spiegazioni, ma lui continua a fare il vago. Arriviamo ai suoi piedi e da li si nota una costruzione arroccata sulla montagna. Troviamo un sentiero che ci porta fino li e quando ormai il sole è a metà del suo percorso arriviamo a destinazione.
«Volevi portarmi qui per vedere una vecchia baracca?» Lui scuote la testa e ride, poi bussa e entra.
«È permesso? Nuovi clienti» Clienti? Noi? E di cosa?
«Benvenuti alla nostra ditta. Una delle nostre guide sarà…» il signore che si trova nella stanza si volta, ci vede e ammutolisce. Il suo sguardo passa in un attimo da rilassato a terrorizzato.
«No, vi prego, l’Angelo no, abbiate pietà!» Guardo i suoi occhi e mi ricordo qualcosa. Ora tutte le persone presenti hanno lo stesso sguardo.
«Un attimo, ma voi siete…» Massimo mi interrompe.
«Sì, sono i banditi che soggiogavano il villaggio. Hanno cambiato lavoro, e ora sono delle guide per la zona a est della catena montuosa, la zona più pericolosa»
«Sì, certo, come minimo sono loro a renderla pericolosa»
Uno degli uomini del gruppo si intromette.
«No, ve lo assicuro, non siamo noi… Alcuni si sono rifugiati nella zona pericolosa per continuare le scorribande ma sono scomparsi tutti e non abbiamo più loro notizie. Noi ci siamo organizzati e aiutiamo chi si deve spostare lungo le montagne evitando i punti critici. Non imbrogliamo nessuno»
«E vi dovrei credere» Ribatto io. Una saetta esce dalla mia mano.
«Buono, tranquillo, dice la verità. Li ho tenuti d’occhio e sembra proprio abbiano messo la testa a posto. In fondo nessuno è cattivo… a volte basta la spinta nella giusta direzione per tornare sul binario giusto»
Rimaniamo lì per il resto della giornata. Certo, sono spaventati dalla nostra -anzi, mia- presenza, ma cercano di non darlo a vedere. Ci facciamo mostrare i punti più pericolosi e quelli dove i loro vecchi compari si sarebbero rintanati. Loro ce li indicano e ci spiegano che è una zona piena di mostri.
Il giorno dopo riprendiamo la nostra strada in sella a due cavalli. Una guida ci mostra una scorciatoia ma nessuno sembra avere il coraggio di accompagnarci. Hanno tutti paura che io li abbrustolisca con un fulmine.
In pratica recuperiamo il tempo perso e in mezza giornata siamo già a casa.
«Perché ti sei fatto mostrare le cartine dei punti pericolosi?»
«Perché, tu non sei curioso di vedere cosà c’è lì?» Mi risponde lui sorridendo.
«Sei il solito cacciatore di guai. E saresti quello più grande? Bah…»
Arriviamo alla villa, e come sperato Seth esce fuori dal laboratorio, solo che oltre al suo essere contento si nota uno sguardo preoccupato… Decisamente c’è qualcosa che non và.
  
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