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Autore: Royce    10/01/2016    2 recensioni
Alessa Northwode racconta la propria carriera nella Confraternita Oscura al suo carceriere: dal reclutamento, ai primi contratti di assassinio, fino ai rocamboleschi eventi che hanno portato al suo arresto.
La storia è ambientata a Cyrodiil, provincia imperiale di Tamriel. I fatti prendono il via circa 200 anni prima gli eventi narrati in Oblivion.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il rating per questo capitolo è da considerarsi ROSSO

 

 

Epilogo
Sorelle di Sangue

 

Ventidue anni dopo...

 

Mercato Generale di Northpoint, High Rock. Luce del Crepuscolo 14, 3E 251

 

- Mamma! Mamma! Voglio quel rotolo dolce -
- Ne voglio uno anch'io! -
- Ne avete già mangiati due stamattina. Per oggi basta così -
- Mamma, ti prego -
- E va bene... -
La donna fece un cenno al mercante, indicando due squisiti rotoli dolci posti sopra alla sua bancarella. L'altro, un Bretone burbero e grassone, fece un segno di tre con la mano. La madre gli porse tre pezzi d'oro, per la felicità dei propri pargoli che, in tutta risposta, le strapparono di mano quelle prelibatezze, iniziando a strafogarsi.
- Aspettatemi alle scuderie – disse lei, sorridendo ai suoi due figli – La mamma deve discutere una questione con il mercante. In privato. -
I due si guardarono per un istante, poi iniziarono a correre.
- Chi arriva ultimo è un idiota! - urlò il figlio più grande, sparendo assieme alla sorellina nella folla.
La madre, una Bretone sulla quarantina, tornò a rivolgere le proprie attenzioni al mercante che, invece, pareva parecchio distratto e svogliato.
- Mi hanno detto... - disse lei, abbassando la voce – che vendi anche merci non propriamente legali -
L'altro si grattò la barba, guardandosi attorno. Il mercato era molto trafficato a quell'ora e, per loro fortuna, le guardie erano impegnate in ben altri affari.
- Sei stata male informata, mia cara – disse lui, spezzando il suo entusiasmo – Non so di cosa tu stia parlando -
Lei sorrise.
- Mettiamola così – disse, appoggiando entrambe le mani sul bancone – C'è una persona a Northpoint che è sotto stretta sorveglianza della guardia cittadina. A lei, per motivi oscuri ed imprecisati, è impedito di comprare armi dai negozianti tradizionali, se così possiamo dire. Ora, come potrebbe fare questa povera sventurata a mettere le mani su un bel pugnale? -
Il mercante si passò la lingua tra i denti, scavando fra i rimasugli della cena precedente ancora incastrati nel palato. Nel mentre, la squadrò dall'alto verso il basso, con aria sospetta.
- Direi che questa persona ha scelto la bancarella sbagliata -
La Bretone gettò una borsa piena di monete d'oro sul tavolo. L'altro rimase sorpreso in un primo istante, poi si affrettò ad afferrarla e a nasconderla sotto il bancone. Si guardò attorno ancora una volta: nessuno sembrava aver notato nulla.
- Ho detto bancarella sbagliata? - rispose lui, con il volto illuminato di gioia – Che sbadato. Intendevo dire bancarella giusta. Sai, a volte capita di sbagliarsi con le parole -
- Immagino – disse lei – Sono due parole così simili, sia nel significato che nel suono. Capita a tutti di confonderle -
L'altro le fece cenno di girare attorno al bancone, poi fece un fischio rivolto ad un Khajiit lì vicino. Era il suo assistente.
- Mojdul, dammi il cambio per un paio di minuti – ordinò. Poi condusse la madre lontano dal mercato, in un vicolo. Qui raggiunse con disinvoltura un paio di barili abbandonati. Li spostò, per far spazio ad una piccola cesta di legno. Non senza qualche difficoltà, la sollevò e la aprì, per mostrarne il contenuto alla propria cliente.

Quel vicolo era davvero fetido e oscuro. Non il posto migliore dove fare affari. Eppure, era così vicino al centro cittadino: incredibile come la città di Northpoint potesse racchiudere così tante insidie, dietro ogni angolo. Perlomeno, avevano entrambi la certezza di non poter essere disturbati là dietro.
Una volta aperta la cassa, la Bretone poté finalmente analizzarne il contenuto. Era un meraviglioso pugnale elfico, ricoperto da eleganti rifiniture dorate ed un'elsa decorata con pietre preziose.
- Posso? - chiese lei, facendo per impugnarlo.
- Certamente – disse l'altro.
Così lo prese, facendolo muovere lentamente tra le sue mani. Era incredibilmente leggero, nonostante i materiali utilizzati. L'impugnatura era sottile ed ergonomica: proprio quello che stava cercando.
La Bretone sorrise, soddisfatta.
- Mi sembra perfetto – disse, mentre lo riponeva nella sua fodera – Dove l'avete rinvenuto? -
Il mercante si grattò la testa.
- Un mio fornitore me l'ha procurato senza fornire troppe spiegazioni. Dato lo stato di conservazione, deduco sia stato rubato da qualche parte. Non sembra essere mai stato effettivamente utilizzato in battaglia. Non presenta segni di usura, come hai notato -
Si strinsero la mano, entrambi soddisfatti per la transazione appena conclusa. Poi si allontanarono rapidamente da quel vicolo, ognuno per la propria strada.
La Bretone si diresse verso le scuderie, destreggiandosi tra la massa che inondava le strade del centro cittadino in quelle frenetiche ore di mercato. Giunta finalmente a destinazione, non senza qualche spintone di troppo, si sentì sollevata nel rivedere i propri due figli, impegnati a discutere su chi fosse arrivato prima e su chi fosse effettivamente l'idiota.
- Sono arrivata prima io! -
- Non è vero! L'ho toccato prima io il cavallo! Ho vinto io -
- La gara era fino alle scuderie, non al cavallo! -
Appena la videro arrivare, si voltarono verso di lei, pur continuando a battibeccare.
- Ho vinto io Mamma! Diglielo! -
- No, non ascoltarlo mamma Aless....-
La Bretone coprì all'improvviso la bocca della figlia con una mano, impedendole di finire la frase. La piccola rimase pietrificata, con gli occhi spalancati, esattamente come il fratellino maggiore. Passato il turbamento improvviso, la madre si accovacciò accanto a lei, rimuovendo la mano che quasi le proibiva di respirare.
- Tesoro – disse, con un tono di voce basso – Ti ho già detto che quando siamo in pubblico non devi chiamarmi con il vero nome. E' il nostro gioco, non ricordi? Chi lo dice, perde -
L'altra annuì, abbassando lo sguardo. Era visibilmente turbata e mortificata, nonostante quella non fosse una vera e propria sgridata.
- Scusa Mamma – rispose, iniziando ad attorcigliarsi nervosamente i capelli con un dito.
La Bretone la accarezzò con delicatezza.
- Facciamo così – disse – Oggi avete vinto tutti e due. E sappiamo cosa succede a chi vince, vero? -
I due si guardarono, con un sorriso di complicità.
- Si sta svegli fino a tardi! - urlarono all'unisono, scalpitando dalla felicità.
La Bretone li prese per mano, ognuno ad un lato. Insieme, si diressero verso il loro cavallo, pronti per fare rientro a casa. La bestia era lì che li aspettava, appena fuori il recinto delle scuderie. Ma prima di poter montare sul suo dorso, furono raggiunti da una guardia cittadina. Quest'ultima intimò loro di fermarsi.
- Iniziate a sistemare i pacchi sul cavallo – disse lei, mandando loro avanti – La mamma ha una questione da discutere con il soldato -
Mentre i due si dileguarono, lei si avvicinò alla guardia, porgendole un piccolo foglio di carta che portava con sé. Era una routine per la gente di Northpoint mostrare i propri documenti ai soldati, non vi era niente di strano in un piccolo controllo. Anche se, in questo caso, avevano a che fare con una cittadina speciale.
- Signora Marcurio, come sta? - disse il soldato, esaminando il documento – Come sta? Ha notato qualcosa di “sospetto” in questi giorni? -
Lei scosse la testa.
- Tutto procede per il meglio -
La guardia le restituì il foglio, soddisfatta.
- Si ricordi di passare in caserma entro la fine del mese, per la solita firma -
- Non me ne dimenticherò – Per lei era una routine ormai, tutte queste trafile burocratiche erano parte della sua vita quotidiana. Parte della vita di una testimone.
Tornata al cavallo dai propri pargoli, si apprestò a montare, mentre i due piccoletti ancora litigavano su chi avesse vinto la gara precedente.
Con una violenta strigliata, la bestia iniziò a trottare a passo sostenuto, ma stabile, sotto il peso dei tre. Non era certo comodo cavalcare con due bambini aggrappati a lei, ma ormai era abituata.

Vivevano in una piccola fattoria, poco lontana dalla città, ma abbastanza isolata dal resto della vita sociale. Una piccola strada si snodava attraverso una vasta prateria, delimitata da ampie formazioni rocciose. Da lontano, si vedeva il sole lentamente tramontare oltre l'orizzonte, donando una colorazione rossastra all'atmosfera.
In un batter d'occhio, erano già arrivati a casa. I figli saltarono giù da cavallo non appena oltrepassato il recinto ed iniziarono a correre febbrilmente verso la porta, per poi chiudersi dentro. Era la quotidiana gara a chi si impossessasse per primo dello strumento musicale più usato in famiglia, il liuto.
Alessa sistemò il proprio cavallo nel recinto, legando saldamente le briglie ad un asse di legno. Si assicurò che avesse abbastanza fieno ed acqua per la notte, poi si apprestò a raggiungere i pargoli. Prima di entrare, prese un paio di legnetti dalla riserva, per accendere il fuoco.
Dentro, i due figli stavano litigando per chi dovesse suonare lo strumento. Lei si avvicinò e li divise, con una pazienza quasi angelica. Poi ognuno si diede da fare per preparare la cena.
Nel menù, quella sera, era prevista carne. Tanta carne. I cacciatori di Northpoint avevano di recente catturato un numero elevatissimo di cervi, facendo di conseguenza scendere ai minimi storici i prezzi delle loro interiora. E di questo la famiglia era tutto sommato contenta, visto che non si mangiava della buona carne dallo scorso inverno.
Acceso il fuoco, aspettarono tutti insieme che si scaldassero le prelibatezze.
Approfittando del momento di tranquillità, Alessa prese da parte il proprio figlio più grande. Lo portò nella propria stanza, lontano dalla sorellina.
- Cosa devi dirmi, mamma? - chiese lui, curioso di sapere il motivo dietro questa chiamata.
La madre si accovacciò di fronte a lui, per guardarlo dritto negli occhi.
- Forse è un po' presto per fare questo discorso, ma sono tempi difficili – iniziò lei, porgendogli il pugnale acquistato poco prima al mercato – Ormai sei grande. Ed è tempo che tu inizi a prenderti delle responsabilità. So che ti piacciono di più gli incantesimi, ma imparare ad usare le armi bianche è fondamentale -
L'altro restò esterrefatto, mentre osservava l'arma con gli occhi che brillavano di felicità.
- Sei l'uomo di famiglia. Devi essere in grado di proteggere la tua sorellina -
L'altro annuì febbrilmente, allungando le mani per impugnare la lama. Ma non appena la sfiorò, Alessa la ritrasse, deludendolo.
- Ma ricorda – gli disse – Non è un giocattolo. Va usata solo in casi di emergenza. Intesi? -
- Intesi – rispose l'altro.
- E adesso scendiamo di sotto, sarà pronto ormai -
Si riunirono tutti assieme al piano di sotto, pronti per la cena.
Elyzara, la figlia più piccola, stava sfogliando il proprio quaderno. La sua passione era il disegno. Dipingeva e dipingeva, giorno e notte, con gli strumenti più svariati: spesso usava l'erba raccolta nel prato di casa per creare il colore verde, schiacciandolo direttamente sulla tela. Per i colori più raffinati, invece, andava attivamente a caccia dei fiori più appariscenti, che per sua fortuna erano piuttosto comuni in quella vallata.
Rodyn, il figlio più grande invece, era un grande appassionato di magie ed incantesimi. Non perdeva mai un istante per leggere nuovi libri, nuovi tomi magici, nonostante la maggior parte delle volte non capisse neanche cosa ci fosse scritto. Fino a quel giorno non era ancora stato in grado di formulare correttamente un incantesimo di qualche tipo, ma il suo entusiasmo era sempre alle stelle.
E poi, c'era Alessa.
La serenità e la calma della vita di campagna era quello che le era sempre mancato. Non aveva preoccupazioni, non aveva problemi. Ogni mese percepiva una rendita dagli uffici imperiali: una somma misera, ma più che sufficiente per vivere. Con il tempo, aveva deciso di adottare due piccoli fanciulli dall'orfanotrofio locale. E così vivevano tranquilli.
Finito di cenare, ognuno si ritirò nelle propria stanza. Alla fine, nonostante Alessa permettesse loro di restare svegli a volontà, le corse, le urla ed i giochi quotidiana lasciavano ben poche energie in corpo una volta calato il sole.

 

Ma poi arrivò la notte.

 

Alessa sentì un forte colpo provenire dal piano di sotto.
Si svegliò di soprassalto.
Un vetro rotto.
Le grida della piccola Elyzara.
Gettò le coperte a terra e si lanciò fuori dalla stanza, ancora in vestaglia.
-Le urla della piccola si fecero più forti e disperate.
- I ladri! I ladri! Mamma! - urlò lei.
Alessa scese rapidamente le scale, giungendo nella sala principale. Li trovò la figlia, in lacrime. A fianco a lei, vi erano schegge di vetro sparse a terra.
La Bretone si inginocchiò davanti a lei, per poi abbracciarla.
- Stai tranquilla, ci sono qui io – le disse, visibilmente turbata.
Poi si rialzò.
Ma non appena fece per girarsi, sentì un violento colpo alla testa.
Tutto divenne nero. Perse i sensi, accasciandosi al suolo.

 

 

Alessa riaprì lentamente gli occhi. Aveva un dolore allucinante alla testa e non riusciva a capacitarsi di cosa fosse appena accaduto. Si accorse di essere sdraiata a terra, supina; ma non appena provo a muovere le mani, notò con orrore che esse erano strettamente legate con una corda. Strattonò violentemente, ma senza successo. Era immobilizzata.
Non era sola nella stanza: i suoi due figli erano anche loro legati ed imbavagliati, poco distanti da lei. I loro occhi erano inondati dalle lacrime e si poteva sentire le loro urla di terrore, soffocate dalle pezze poste sopra le loro bocche.
Accanto alla porta, stazionavano due energumeni, pesantemente armati. Parevano non esalare respiro, restavano immobili, ma senza distogliere il loro sguardo dalla Bretone.Davanti a lei, una figura era seduta a terra, a gambe incrociate. La riconobbe subito dal suo sguardo.

- Lucia... - sussurrò Alessa.

- Alessa – rispose l'altra, il cui volto era rimasto inconfondibile nonostante fossero passati ventidue anni dal loro ultimo incontro. Stessi occhi di ghiaccio, stessa espressione spettrale.

La Bretone rivolse lo sguardo ai due figli, terrorizzati.
- Lasciali andare – supplicò – Loro non hanno nulla a che fare con tutto questo. E' una questione tra me e te -
Lucia voltò lo sguardo verso i due pargoli che, in risposta, si pietrificarono e smisero di cercare di urlare.
- Ti sbagli. Loro mi servono – rispose l'altra – Stanotte, ti insegnerò una lezione -
- Ti prego – la interruppe Alessa – Sono solo dei bambini. Non hanno colpe -
Ma non appena la Bretone terminò la frase, fu colpita da un violento schiaffo che le fece perdere l'equilibrio. Crollò a terra, ancora ammanettata.
- Parti male, Alessa – rispose Lucia, diabolicamente divertita dalla situazione – Ma non temere. Abbiamo tutta la notte per parlare. Ventidue anni... -
Alessa, a fatica, si staccò da terra e si rimise in ginocchio. Provò a muovere le mani, ma quelle corde erano troppo strette.Lucia si alzò in piedi, per poi dirigersi verso i due bambini, dall'altro lato della stanza. Li fissava in silenzio, camminando avanti e indietro, di fronte ai loro sguardi spaventati.
- Le azioni hanno conseguenze, Alessa – disse lei, senza staccare lo sguardo dai due – E' questo che devi capire. Ventidue anni fa, tu hai fatto una scelta. Ma poi, non hai affrontato le conseguenze. Sei scappata, hai chiuso gli occhi, ti sei lasciata tutto alle spalle -
Poi tornò verso di lei, sfoderando il proprio pugnale.
Alessa singhiozzò, intimorita.
- Tutto questo pur di vivere la fantasia dell'allegra contadinotta di campagna – proseguì Lucia – Spero ne sia valsa la pena -
- Non ho avuto scelta -
- Oh, sta' zitta – la interruppe l'altra, alzando il tono di voce – E' quello che ripeti da quando ti ho conosciuta. Tu non hai mai avuto scelta, vero? Quando hai ucciso la moglie di Carvain non hai scelto? Quando hai deciso di mentire alla Madre Notte non hai scelto? Quando hai tradito la Confraternita non hai scelto? -
- Voi volevate uccidermi! Cosa avrei dovuto fare? -
Lucia la colpì nuovamente, ma questa volta Alessa non barcollò e rialzò nuovamente la testa, con orgoglio.
- Se vuoi uccidermi, fallo – le urlò – Ma non toccare i miei figli. Loro sono innocenti -
Lucia sorrise.
- Ah, ti ucciderò. Questo è sicuro – rispose – Ma prima di farlo, vorrei divertirmi un po' con te. Dopo tutti questi anni, non posso mica lasciare che il nostro ultimo incontro duri così poco, o sbaglio? -
Poi si voltò verso uno dei suoi due adepti. Gli fece un cenno ed egli le passò la propria spada. Lucia la prese, tolse la fodera, per poi tornare dalla sua preda. Con un colpo netto, tagliò via le corde che impedivano ad Alessa di muovere le mani. La Bretone scattò all'indietro per istinto. Ma quando si accorse delle sue effettive intenzioni, si tranquillizzò, massaggiandosi i polsi per coadiuvare la circolazione sanguigna prima ostacolata dalle manette.
Poi Lucia le porse la spada, intimandole di afferrarla.
- Prendila – le disse – E combatti. Solo io e te -
Ma Alessa rimase interdetta. Non aveva ricorso alla violenza da anni ormai. Quasi non ricordava più cosa volesse dire affrontare un'altra persona in un duello. Non poteva farlo. Sarebbe stato un massacro. E poi, le si era fatta una promessa. Da quando aveva stipulato quel patto con la guardia cittadina, si era promessa di tagliare del tutto i ponti con il proprio passato di violenza. Non avrebbe più ucciso nessuno, non avrebbe più fatto del male ad anima viva. Ma ora Lucia voleva trascinarla nuovamente in quel mondo di violenza. No, non poteva farlo. Non di fronte ai suoi figli.
- No – rispose lei, incrociando le braccia – Non combatterò contro di te -
- Fallo – insistette l'altra – Combatti -
Alessa rivolse uno sguardo ai suoi figli. Doveva essere di esempio per loro. Non poteva farlo.
- Fallo! - urlò Lucia, quasi forzandola ad impugnare l'arma con le proprie mani.
Ma Alessa, in risposta, si divincolò dalla presa e gettò la spada lontana dalle due. L'arma andò ad impattare contro il tavolo della cucina, fracassando un paio di bicchieri all'impatto.

Lucia, a quel punto, sguainò il proprio pugnale.
- L'hai voluto tu -
Colpì Alessa con un violento ma preciso fendente, proprio alla base della spalla sinistra. Un colpo volutamente non letale, ma non meno doloroso. La Bretone crollò a terra, senza riuscire a trattenere un urlo di dolore. Il sangue iniziò ad uscire copiosamente dalla ferita, senza che lei potesse fare molto per fermarlo.
Ma proprio in quell'istante, Alessa notò con terrore che il proprio figlio Rodyn si era liberato dalle proprie manette, approfittando del fatto che l'attenzione collettiva fosse rivolta alle due. Cosa voleva fare? Cosa aveva in mente? Doveva fermarlo, altrimenti l'avrebbero ammazzato.
Ma Rodyn era già convinto della sua impresa. Alessa lo vide impugnare il pugnale regalato poco prima, abilmente nascosto sotto i suoi vestiti. Il piccolo si sforzava di non farsi notare dai due energumeni, la cui attenzione era completamente rivolta alla Bretone. Poi, quando finalmente fu armato, scattò in piedi, lanciandosi contro Lucia.
- No! Non farlo! - urlò Alessa.
- Muori, strega! - gridò il piccolo, menando un colpo.
Ma Lucia aveva la situazione sotto controllo.
Con due rapide mosse, lo disarmò, facendolo cadere al suolo. Poi rivolse un'ultima, diabolica occhiata ad Alessa, prima di colpire il piccolo con letale fendente. Rodyn crollò a terra, privo di sensi.
- No! - urlò più forte Alessa, senza essere in grado di fare nulla per fermarla. Si precipitò sul corpo esanime del figlio, cercando disperatamente di arginare la ferita. Il colpo non era profondo, ma stava perdendo troppo sangue.
Si voltò verso Lucia, disperata.
- Ti prego, aiutami a salvarlo! Solo tu conosci gli incantesimi giusti. Ti supplico – La pregò, in lacrime. Ma l'altra rimase impassibile, senza tradire alcuna emozione.
- E' solo un bambino! - urlò Alessa – Non ha colpe! -
Lucia sorrise, senza però muoversi.
- Vedi, Alessa – disse – Le conseguenze delle tue azioni possono colpire anche gli innocenti. Sei stata tu a comprargli quel pugnale. Ti ho vista oggi al mercato. Sei stata tu a dirgli di comportarsi da uomo. Ad ogni azione, corrisponde una conseguenza. Avevi una scelta, ma hai preso la decisione sbagliata. Come ventidue anni fa. Ma adesso, non puoi sfuggire dalle conseguenze delle tue azioni -

Alessa represse tutta la rabbia che provava in quel momento, cercando di recuperare la concentrazione. Doveva cercare di salvarlo. Un incantesimo di Recupero? Sì, sarebbe stata la soluzione ideale. Ma non sarebbe stata in grado di eseguirlo alla perfezione. Doveva provarci. Mentre un'infinita di pensieri le annebbiavano la mente, pose delicatamente la mano sul petto del proprio figlio. Il taglio era netto, ma non troppo profondo. Chiuse gli occhi, scavando nella propria mente, nella propria memoria. Da qualche parte, da qualche persona l'aveva visto fare. Si concentrò, ma nonostante tutto, non sembrava funzionare: dalla sua mano non usciva alcuna aura, mentre il sangue continuava ad uscire sempre più copioso. Chiuse gli occhi per la rassegnazione: aveva fallito.

Ma, proprio in quel momento, sentì la piccola mano del figlio afferrarle il polso. Rodyn, con le ultime forze rimaste, stava cercando di aiutarla. Si fece coraggio, recuperò la concentrazione. Miracolosamente, un'aura biancastra circondò le loro mani congiunte e, pochi secondi più tardi, la ferita era completamente cicatrizzata. Alessa tirò un sospiro di sollievo: nonostante il piccolo non si fosse del tutto risvegliato, la perdita di sangue era ormai arginata ed il suo cuore batteva ancora. Era vivo. Quel Rodyn, appassionato di Magicka, era riuscito a formulare il primo incantesimo della sua vita.

Il momento fu interrotto da un ironico applauso da parte di Lucia.
- Mi si scioglie il cuore – commentò – Che simpatico siparietto – Poi fece un cenno ai due energumeni, che in tutta risposta sguainarono le spade, avvicinandosi con fare minaccioso ad Alessa.

Era quella l'occasione. O adesso o mai più.
La Bretone notò subito il pugnale elfico: era a terra, poco lontano da lei. Tranquillamente a portata. Con uno scatto laterale, lo afferrò, preparandosi a colpire. A quel puntò uno dei due, si apprestò a sguainare la propria spada, ma fu intercettato da un violento fendente alla base del collo. Non pensava neanche di essere ancora in grado di combattere, ma il furore del momento le aveva infuso un coraggio che mai aveva provato in tutti quegli anni di tranquilla vita di campagna. L'energumeno crollò al tappeto, senza vita. L'altro provò a colpirla alle spalle, ma lei schivò il colpo, per poi sferragli un calcio sulla schiena. Lo fece cadere a terra, sotto il peso della sua armatura pesante: crollò sopra un mobile di legno lì vicino, rompendolo in mille pezzi. L'assassino rimase inerme, supino a terra, senza essere in grado di rialzarsi.
- Chiudi gli occhi – sussurrò Alessa alla piccola, mentre si apprestava a finirlo. La figlia ubbidì, senza vedere l'orrendo spettacolo di cui la madre si era resa protagonista.
In tutto questo, Lucia rimase ferma, braccia conserte, espressione sadicamente divertita.
- Non male per una contadinotta – commentò.

Alessa si rialzò, senza perdere lo sguardo da lei. Indietreggiò fino alla figlia più piccola, con l'intenzione di liberarla finalmente dalle corde che le impedivano di muoversi. Si aspettava una mossa da parte di Lucia, ma quella maledetta se ne stava ferma e la guardava sorridendo. Non aveva tempo per i suoi giochetti. Doveva mettere i suoi figli al sicuro. Poi avrebbe pensato a lei.

Liberò la piccola, tagliando delicatamente i nodi. Poi le sciolse il bavaglio.
- Mamma! - disse lei in lacrime, abbracciandola.
- E' tutto a posto. Ti porterò via di qui – rispose Alessa, continuando a fissare Lucia dall'altro lato della stanza.
- Ascoltami, Elyzara – le disse sottovoce, assicurandosi che l'altra non potesse sentire – Devi prendere tuo fratello e portarlo alla fattoria dei signori Locke. Ti ricordi dove vivono vero? -
La piccola annuì.
- Brava. Vai da loro, veloce. Non ti fermare e non tornare indietro per nessuno motivo. Ti verrò a riprendere domani -
- Ma Mamma... -
- Shh – la zittì prontamente – Devi essere forte per la Mamma. D'accordo? Andrà tutto bene -
La bambina annuì, prese il fratello sottobraccio e si apprestò ad abbandonare la casa.
- Prova a fermarla e sei morta – disse Alessa, puntando il pugnale verso Lucia.
- Oh, che paura! - rispose l'altra divertita, alzando le mani.
Alessa attese che la figlia fosse effettivamente fuori dalla sua portata, poi prese un respiro di sollievo.

Lucia abbassò le mani ed accorciò la distanza fra le due.
Il salotto era irriconoscibile: i cadaveri dei due energumeni erano distesi al centro, la tappezzeria era pregna di sangue ed ovunque vi erano frammenti di vetro e legno.
- Perché ci hai messo così tanto a trovarmi? - chiese Alessa, portandosi una mano sulla spalla ancora ferita. La disperazione del momento non le aveva fatto provare dolore, ma adesso iniziava a sentirlo.
- Sai – raccontò l'altra – non sei stata la mia priorità in tutti questi anni. Le tue azioni hanno avuto conseguenze che neanche ti immagini. La Confraternita Oscura di Cyrodiil ha seriamente rischiato l'estinzione. Per anni, abbiamo semplicemente pensato a sopravvivere, mentre tutti i nostri compagni venivano uccisi da quei maiali imperiali, mentre le nostre case venivano pubblicamente bruciate, mentre i nostri avamposti venivano saccheggiati e poi distrutti. Ho vissuto nella foresta per tre anni. Tre anni, Alessa. Sai cosa vuol dire? Ero la ricercata numero uno di Cyrodiil. Tutti volevano la mia testa e non c'era nessuno a proteggermi. Ogni notte, mi sdraiavo in una fetida caverna, sperando di non essere squartata nel sonno da un orso o da una qualunque bestia. Ma l'unico pensiero che mi ha motivata in tutto questo tempo era il mettere le mie mani su di te. E adesso, con calma, mi prenderò tutte le mie soddisfazioni -
Alessa non aveva scusanti. Con la sua confessione, aveva effettivamente messo in pericolo tutta la Confraternita. Ma nel momento del suo arresto, non ci aveva pensato: era furiosa e delusa. In un certo senso, sperava in tutta questa carneficina. Anche se ora, a distanza di quasi venti anni, si rendeva conto che il sangue versato non è mai una faccenda di cui essere fieri, a prescindere dai personaggi coinvolti.
- La vita non è solo fatta di uccisioni, Lucia. C'è molto di più. Tu hai vissuto in quel mondo di violenza per tutta la tua esistenza. Ti sei lasciata circondare da psicopatici, da assassini, da mercenari. Hai solo ottenuto ciò che hai seminato. Possibile che l'idea di tirarti fuori da quel contesto non ti abbia mai sfiorata? Mai? Farsi una famiglia, trovare un lavoro rispettabile, coltivare delle passioni. Non avresti mai potuto ottenere questo dalla Confraternita. Io non avrei mai potuto ottenere questo da voi. Perciò ho preso quella decisione -
- Taci, eretica. Ma ti senti? Vivere secondo il credo non è una questione di scelta di vita. E' una vocazione. Per te la Confraternita è sempre stato un lavoro, una fonte di guadagno. Non puoi minimamente capire cosa voglia dire vivere secondo Sithis. Da quando sono diventata Ascoltatrice, sento la Trinità dentro le mie vene, sento la Madre Notte dentro di me. E i miei poteri sono enormemente aumentati da quando ciò è successo. La Confraternita Oscura è una questione di Fede, Alessa. E tu non l'hai mai avuto, nonostante quanto dicesse quello scellerato di Ambroise -
- Ah, davvero? Ma con che coraggio riesci a dire queste assurdità? Parli di Confraternita, di lealtà, di Fede, ma poi sei stata la prima a voltarmi le spalle, a cercare di uccidermi. Io, che ero una tua Sorella a quel tempo. Non avevo fatto niente di male. Ma fare discorsi di umanità con te è sprecato. Guardati. Sei una psicopatica. Sei fuori controllo. Non capisco neanche perché stia a perdere tempo a ragionare con te. Uccidimi se devi, e facciamola finita -

- Dai – disse Lucia, sfoderando i propri pugnali. Uno per mano – Mi sono stancata di sentirti parlare. Fatti sotto -
Lucia si avvicinò, armi alla mano, sguardo spettrale.
Alessa impugnò saldamente il pugnale elfico, ancora grondante del sangue dei due mercenari.

Sarebbe stato uno scontro impari e la Bretone lo sapeva benissimo. Ma, per un rinnovato senso di orgoglio, non volle lasciarsi uccidere senza combattere.

Quando Lucia fu a tiro, Alessa provò a colpirla con un fendente, che andò a vuoto. L'altra indietreggiò, poi provò un'offensiva. La Bretone schivò a sua volta il primo colpo, parò il secondo, ma dopo fu colpita a tradimento da un calcio, che la fece barcollare all'indietro. Lucia provò ad approfittarne, ma Alessa fu più veloce: reagiì a sua volta con un calcio, facendole perdere l'equilibrio. Poi avanzò decisa: tirò un colpo di lama, poi un altro, poi un altro ancora. Tutti agilmente parati, come se niente fosse.
Lucia sbadigliò.
- Mi stai annoiando – disse.
Alessa allora la caricò con veemenza, tempestandola di colpi. Lucia indietreggiava ad ogni fendente, parandoli tutti agilmente. Ma, non appena si trovò spalle al muro, reagì con un fendente che colse alla sprovvista la Bretone: Alessa cadde all'indietro, ferita all'addome. Lucia lasciò cadere i pugnali, disarmò Alessa con un calcio, poi saltò sopra di lei, iniziando a tempestarla di pugni. Avrebbe potuta ucciderla già una decina di volte, ma voleva godersi ogni singolo istante di quella sofferenza. La Bretone provò a divincolarsi, senza successo. Allora Lucia la rigirò violentemente, immobilizzandola al suolo, per poi torcerle il braccio sinistro dietro la schiena. La afferrò saldamente dal polso, restando sopra di lei per non farla muovere. Alessa provò a scalciare, ma dopo poco si accorse che la resistenza sarebbe stata futile. Pertanto si fermò: era completamente alla sua mercé.

- Troppo facile – commentò l'altra, mentre la teneva ferma dal braccio – Adesso passiamo alla lezione numero due. Sei pronta? -
Alessa non disse niente, mentre il dolore per le due ferite subite iniziava a farsi sentire sempre più di più.
- Questa lezione sarà incentrata sul subire le conseguenze delle proprie azioni. Prima ti ho insegnato cosa significa fare una scelta sbagliata. Adesso ti insegno cosa vuol dire patirne le conseguenze -

Finita la frase, afferrò due dita della mano di Alessa e le spezzò brutalmente all'indietro. La Bretone gridò di dolore, senza più riuscire a contenere le lacrime.
- Questo è per Yngvar. Per colpa tua, le guardie imperiali l'hanno catturato, torturato, ucciso e poi gettato in un fiume, senza neanche seppellirlo. La sua casa Bruma è stata data alle fiamme dalla folla. Questo è solo una parte del dolore che lui ha provato, per causa tua. Commenti? -

Alessa si morse la lingua.
Lucia poi prese altre due dita, sempre della stessa mano. L'esecuzione fu la medesima. Le ossa si spezzarono con un terrificante suono, seguito dalle urla di dolore di Alessa.
- Questo è per Wumeek. Quel bastardo è stato ucciso a tradimento da un maiale della guardia cittadina, mentre era dalla sua famiglia ad Anvil. Wumeek, tra l'altro, ti aveva salvato la vita quella volta che ti trovammo. Come ti fa sentire? -
- Ti prego, basta – supplicò Alessa, in lacrime.
- No. Abbiamo appena iniziato -

Poi fu il turno del pollice.
- Questo è per la Mano Nera ed il santuario di Blackwood, raso al suolo dai soldati della legione imperiale dopo che tu rivelassi loro la sua posizione. Altre quattro anime sulla tua coscienza, mia cara -
Ma Lucia non aveva finito. Afferrò saldamente il braccio di Alessa, la quale stava lentamente perdendo i sensi, completamente sopraffatta dal dolore. Lo torse violentemente all'indietro, dislocandole di colpo la spalla. Alessa non riuscì neanche ad urlare: collassò, chiudendo gli occhi.

- E questo è per me – disse Lucia, come se potesse sentirla – Per tutti questi anni di sofferenze e di fughe dalla legge. Per aver visto tutti i miei amici morire tra le mie braccia. Per aver visto la mia casa bruciare davanti ai miei occhi. Per aver visto il mio Credo calpestato da una miscredente senza scrupoli -
Soddisfatta del proprio operato, si rialzò in piedi, lasciando la presa. La sua vittima era chiaramente ancora in vita, sebbene avesse perso i sensi. Ma non voleva che finisse così l'incontro. Voleva ancora parlarle, voleva ancora farle del male.

- Che delusione – commentò, mentre con un incantesimo di guarigione tentò di rianimarla. Lentamente, le ferite di Alessa si richiusero, gli arti ritornarono al proprio posto, il sangue svanì. I poteri magici di Lucia erano aumentati esponenzialmente dopo la sua unione con la Madre Notte, sia nelle arti di Distruzione sia in quelle di Recupero. Non si sentiva quasi più umana.
Per concludere il tutto, la colpì con una leggera scarica elettrica. Alessa si risvegliò di soprassalto, annaspando. Era ancora più terrorizzata di prima: quell'incubo pareva non finire più.

- Alzati – le intimò, passandole il pugnale – Abbiamo un duello in sospeso -
Alessa non si mosse.
- Chi mi ha tradita? Galtus Cassiana, vero? Quel bastardo? -
- Chi? Quell'ufficiale? No, anzi. Quel poveraccio ha cercato di tenere nascosta la tua identità a lungo. Ma prima o poi, tutti si spezzano. E' solo questione di tempo. Poveraccio: era in pensione da poche settimane. Alzati, dai. Ho un'ultima cosa da mostrarti -
Lucia la alzò di peso, ponendole il pugnale tra le mani. Alessa era talmente stordita da non capire cosa stesse succedendo: sentiva solo un dolore lancinante alla testa ed una irrefrenabile voglia di farla finita.
Lucia si preparò nuovamente al combattimento, ma la sua avversaria era inerme, quasi ubriaca all'apparenza. Barcollava avanti e indietro, con lo sguardo perso. Lucia sbuffò.
- E va bene – disse – Facciamola finita davvero -

Poi si inginocchiò, in gesto di preghiera. Dal nulla, un'aura nera la avvolse e si diffuse in tutta la stanza. I suoi occhi si illuminarono di un rosso accesso, mentre l'aura le circondava lentamente tutto il corpo.
- Sithis e la Madre Notte sono un tutt'uno come me – proclamò, con un tono di voce posseduto – I miei poteri non hanno più limite. E' tempo di congiungerti al Vuoto, Alessa -
Puntò le proprie mani verso di lei, incanalando tutta la Magicka presente nella stanza. La Bretone era ancora ferma, in ginocchio, pronta ad accogliere il proprio destino. Dalle mani di Lucia scaturì un imponente raggio di colore nero, che la investì completamente. Il corpo di Alessa fu lanciato all'indietro, contro il muro di legno della capanna, che si disintegrò all'impatto. La Bretone fu scaraventata lontano, al di fuori dell'abitazione. Il corpo si perse nelle timidi luci dell'alba che iniziavano a colorare la vallata.

Lucia riprese la propria compostezza, mentre l'aura nera svanì lentamente. Si fece così strada tra le macerie della fattoria, per sincerarsi delle condizioni della Bretone. Fuori dalla capanna, notò il superbo spettacolo delle luci dell'alba, che si stagliavano dalle montagne. Davanti a lei, vi era un piccolo laghetto con un pontile di legno nel mezzo, a pochi metri di distanza dalla capanna: con sorpresa, notò che Alessa era proprio lì, a terra, al limite di questa costruzione sull'acqua. E, paradossalmente, notò che a pochi passi dalla Bretone era anche atterrato il famigerato pugnale elfico. Non che le sarebbe stato di grande aiuto, ormai.
Lucia fece alcuni passi fuori, per raggiungerla.
Alessa, incredibilmente, pareva respirare ancora: continuava a sputare sangue, mentre strisciava con le ultime forze rimastele in corpo verso l'oggetto contundente. Lo raggiunse dopo poco e lo impugnò.
Lucia arrivò alla base del pontile.
Alessa era all'altra estremità: dietro di lei, vi era solo il laghetto.
A fatica, la Bretone si mise sulle propria ginocchia, pugnale alla mano.
Lucia si fermò a guardarla.
- E così finisce tutto – disse – Finalmente mi toglierò la soddisfazione che aspetto da ventidue anni. La mia ossessione, la mia ragione di vita. Il tuo tempo è giunto Alessa. E' davvero finita, adesso. Non sei cambiata di una virgola in questi ventidue anni. Sei sempre la solita debole, ridicola, ingenua ragazzina -

Ma la Bretone aveva ancora qualcosa da dire.
- Una... Una cosa... Una cosa è cambiata... - disse a fatica, tra un colpo di tosse e l'altro.
- Cosa? - disse Lucia, sorridendo, mentre si apprestava a sferrare il colpo di grazia.
Alessa si alzò a fatica in piedi, pugnale alla mano.
- Io... Non ho più paura di morire -
Pronunciate queste parole, si colpì violentemente al cuore. Il suo copro cadde all'indietro, andando ad impattare con la superficie dell'acqua. Il suo volto era macabramente sereno.
- No! - urlò Lucia scattando in avanti per fermarla.
Ma ormai non c'era più nulla che potesse fare: Alessa se ne era andata. E così facendo aveva negato alla sua nemica la più grande soddisfazione della sua vita. Proprio Lucia, che viveva per uccidere, che aveva atteso per anni quel momento. Ed invece, vide svanire tutto davanti ai suoi occhi. Aveva avuto diverse occasioni per ucciderla quella notte. Ma la sua strafottenza e rabbia non le avevano permesso di ragionare in maniera limpida. E adesso, l'altra era morta definitivamente.

Lucia raggiunse l'estremità del pontile: il cadavere di Alessa galleggiava nella serenità e silenzio del laghetto, mentre il sangue tingeva lentamente le acque di un colore rossastro. Quella “ingenua” ragazzina era riuscita nella sua piccola rivincita.

Lucia si allontanò di fretta, in preda all'ira più totale. Doveva dileguarsi in fretta: le guardie sarebbero arrivate di lì a poco. Raggiunse il cavallo, montò e sparì nella vallata.

 

 

FINE



RINGRAZIAMENTI





Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno dedicato del tempo a leggere questo mio lavoro. Il vostro contributo non ha davver prezzo.
In particolare, mi sento di dover ringraziare enormemente, in ordine alfabetico,
Curse_My_Name ,NuandaTSP e QWERTYUIOP00
per aver avuto l'incredibile pazienza di seguirmi capitolo per capitolo.
Allo stesso modo, ringrazio sia chi ha lasciato qualche recensione sporadicamente, sia chi ha letto senza dire nulla. Ho apprezzato il contributo di tutti, attivo o passivo che fosse.

Per quanto riguarda gli screenshots, sono creati da ME, usando il motore di gioco, programmi di editing e tanta, tantissima pazienza (Per lo scatto di Lucia ci ho messo un'ora e mezza).
L'idea iniziale era quella di illustrare la FF capitolo per capitolo usando Oblivion, ma purtroppo dopo la 452esima Mod il mio gioco ha smesso di vivere (R.I.P.)

Prossima storia? Boh. Vedremo in futuro.

Buona Domenica a tutti

Royce


 

 

   
 
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